Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: TuttaColpaDelCielo    03/02/2012    5 recensioni
«Ho sbagliato qualcosa?» chiedesti, tremando nel fuoco.
«No. Non hai sbagliato nulla.» ti risposero «Non è colpa tua.»
Ti condannarono ugualmente.

Nata dalle proprie ceneri come l'araba fenice, si chiede Chi sono? e impazzisce lentamente, senza memoria di ciò che fu prima.
Senza passato non c'è futuro; se non eri, non sarai. Allora che senso ha essere?
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1 – Sacrificio in divenire

 
 
 
Una luce calda e soffusa accarezzava le sagome distese, ammorbidiva i contorni e li rendeva incerti. Capelli sciolti sui guanciali, ali avvolte al busto, gambe piegate al petto, tutto sfumava in macchie rossastre poco definite.
Era impossibile capire da dove provenisse: le ampie finestre erano oscurate dalle tende, nessuna torcia ardeva alle pareti. Sembrava che l’aria stessa avesse assunto quel colore, senza produrre alcuna ombra. Semplicemente, la luce c’era.
Il fuoco vegliava i propri figli e ne guidava il riposo.
Lei poteva quasi sentire la sua carezza sulla pelle, simile al tocco del sole che muore, ma infinitamente più dolce, più avvolgente, più calda. Troppo, per permetterle di dormire a lungo: l’intensità della Presenza iniziava a diventare fastidiosa, anziché indurle il sonno, come una madre apprensiva e soffocante.
Lasciò scorrere lo sguardo lungo la camera, sulle otto compagne addormentate. Solo Cassiel, oltre a lei, era sveglia: ritta di fronte al letto, scuoteva le ali per riprendere sensibilità, senza accennare alcun dolore – gli squarci della nascita dovevano aver già smesso da tempo di sanguinare.
Cassiel era stata creata da poco, ma era giunta senza difficoltà alla classe di mezzo del ciclo inferiore, e già si mostrava troppo matura anche per quella. La fascia rossa che portava in vita era visibilmente più scura delle piume, tra cui iniziavano ad intravedersi rare macchie tenui, quasi bianche – l’aspetto tipico dell’ultima classe, a cui probabilmente sarebbe stata assegnata a breve, saltando quinta e sesta; ma nessuno dubitava che avrebbe ben presto abbandonato anche quella, entrando nel ciclo superiore sotto la guida del miglior mentore disponibile.
Avrebbe completato il ciclo inferiore nel tempo in cui di solito si avanzava di una classe. Mostruoso.
«Esci, se la Presenza ti infastidisce così tanto.» sussurrò, notando che si aggirava inquieta tra i letti.
Quella le puntò addosso gli occhi dal taglio obliquo, contrariata. «È vietato.»
«Ma così non riuscirai a riposare bene.»
«Non ne ho bisogno, per gli esercizi di oggi. Li trovo semplici.»
Cassiel avrebbe anche potuto piacerle, se solo non fosse stata così arrogante. Un se irrealizzabile.
Si voltò su un fianco, soffocando l’irritazione con uno sbuffo nel cuscino: lei, invece, di riposare bene ne aveva bisogno.
Il rosso delle sue ali era leggermente più chiaro della fascia ai fianchi, e gli squarci della nascita si trovavano in situazione migliore rispetto a quelli dei compagni; anche la Presenza che accompagnava la quarta classe nel sonno iniziava ad essere troppo intensa per farla dormire al meglio. La maturazione era quindi a buon punto, ma ancora non abbastanza per avanzare di fascia, come testimoniavano le difficoltà durante l’allenamento. E di certo il riposo inquieto non aiutava.
Era una situazione logorante, che si ripeteva nell’ultima fase di ogni classe, e che tutti conoscevano bene. Tranne, a quanto pareva, Cassiel e gli altri rarissimi geni come lei – che probabilmente non si potevano neppure definire cherubini, ma adulti in un involucro troppo immaturo.
La porta si schiuse, distogliendola da quei pensieri.
Entrò silenziosamente una figura alta, sottile. Alla luce della Presenza i ricci biondi si illuminarono di riflessi rossastri, e gli occhi chiari si puntarono a terra, infastiditi. La schiena, lasciata nuda per metà dall’abito, era spoglia; la giovane doveva essere quasi adulta, per saper ritirare le ali, e infatti i fianchi erano cinti dalla fascia grigia del ciclo superiore.
A differenza di quanto accadeva in quello inferiore, non esistevano distinzioni di classe e di colore: vi era un’unica tonalità, poiché unico era il passo da fare, che poteva richiedere tanto un secolo quanto un millennio. Lei, in particolare, stava impiegando più tempo degli altri.
Fu probabilmente per questo, e non perché era vietato abbandonare il proprio dormitorio, che Cassiel la accolse con un’occhiata di altera insofferenza; forse anche per invidia, per le libertà e i privilegi concessi agli allievi del ciclo superiore, a cui lei non era ancora ammessa.
La nuova arrivata intercettò il suo sguardo intollerante e sogghignò: «Non preoccuparti, Cassiel, non vi metterò nei guai. È difficile che qualcuno ti veda uscire, se dormi da sola.»
«Potrebbero vederti nei corridoi.»
«Ma in fondo a me è quasi permesso. Le Custodi al massimo mi fanno un rimprovero. A me
L’altra strinse le labbra e si preparò a rispondere, ma una voce infastidita interruppe la discussione: «Cassiel, torna a dormire, o cammina, o fai pensieri filosofici, quello che vuoi, ma taci. Anane, sei qui per me, non per lei. E abbassate la voce, non ci tengo a svegliare tutte.»
«Scusa, Amitiel.» ridacchiò la più matura, raggiungendo il suo letto e sedendosi a gambe incrociate.
Lei la imitò, ormai completamente sveglia. «Allora, novità?»
«Due. Quale vuoi per prima, quella bella o quella brutta?»
«Brutta.»
«Dunque, quella brutta è...» non riuscì a soffocare un sorriso entusiasta, annullando qualsiasi inquietudine dell’altra «che d’ora in avanti dovrò allenarmi ancora di più.»
«E perché sorridi?»
«Questa è la notizia bella.»
Anane si voltò e mostrò la schiena spoglia e nuda, coperta solo dai fitti ricci.
«Sai ritirare le ali. Oooooh.» mimò un’espressione sorpresa «Che novità.»
«Non dare troppo sfogo all’invidia, cara.» rise, e raccolse i capelli su una spalla «Ecco, adesso puoi.»
Amitiel trasalì, rimanendo per lunghissimi istanti a fissarle le scapole; anche Cassiel, dopo qualche passo poco casuale nella loro direzione, sussultò.
In Anane, gli squarci della nascita non avevano più ragione d’essere chiamati così. Non erano le ferite aperte e sanguinanti dei Cherubini appena creati, né quelle in via di guarigione dei meno immaturi, e neppure i graffi profondi del ciclo superiore: erano segni in rilievo, quasi rimarginati, solo leggermente lucenti per l’irritazione.
«Ridwan ha detto che presto saranno cicatrici.» annunciò, orgogliosa per le parole del maestro «E anche le ali migliorano. Tra poco potrei svilupparmi.»
«Ridwan ha deciso di averti sopportata abbastanza a lungo, deduco.» celiò l’amica.
Amitiel non avrebbe mai detto quelle parole a qualcun altro, ma era Anane; e Anane non avrebbe mai accettato quelle parole da qualcun altro, ma era Amitiel. Dovettero pensarlo entrambe nello stesso istante, perché si sorrisero, con la sincronia di chi ha passato secoli a conoscersi.
Continuarono a parlare sino a quando la Presenza non si fece più lieve, per preparare i cherubini al risveglio. Amitiel si lasciò scivolare sdraiata, percependola finalmente ad un’intensità riposante.
«Certo che è infantile. Avere ancora bisogno della Presenza per dormire, intendo.» sogghignò Anane.
Lei la colpì con un calcio. «È infantile deridere per qualcosa di naturale, invece.»
«Come farai al ciclo superiore, povera piccola? Nel nostro dormitorio la Presenza non c’è.»
Altro calcio. «Anane, sparisci.»
Quando quella fuggì verso la propria stanza, sorridevano ancora, senza sapere che non sarebbe più accaduto – non con quella serenità, almeno.
Che l’una stava per immolare tutto in nome del nulla.
Che l’altra stava per offrire la gola alla lama crudele dell’inganno.
E che altri ancora stavano per essere intrappolati in una lotta a loro estranea – pedine che l’ambizione e l’egoismo non avrebbero esitato a distruggere.
Il sacrificio si preparava, nell’ombra dell’ignoranza.
 
* *
 
Il gruppo era schierato su due file di fronte all’insegnante: venticinque giovani – quindici della sezione maschile e dieci di quella femminile – nella divisa morbida e aderente da esercizio fisico. Il tessuto candido lasciava scoperte le scapole e le braccia, annodandosi al collo; in vita, la fascia era sostituita da una sottile striscia rossa, che non disturbava i movimenti ma identificava ugualmente gli allievi.
La tonalità indicava la classe; gli asterischi bianchi sul lato destro, il numero del gruppo.
Quarta classe, ottavo gruppo.
Come ad ogni prima lezione, attendevano tutti l’ordine di uscire.
L’uomo tuttavia rimase a fissarli in silenzio, prestando attenzione ora all’uno ora all’altro, come soppesandoli. Sembrava cercare differenze nell’uniformità mostrata dagli abiti identici; differenze che andavano oltre la semplice fisionomia. Non si soffermava sugli occhi dal taglio obliquo e sui capelli neri e lisci, comparsi da poco tra i nuovi creati; né sui ragazzi con la pelle scura, che spiccavano tra i compagni pallidi; né sull’allieva dai colori chiarissimi, quasi bianchi. Lasciava vagare lo sguardo sulle ali, sul petto, sugli occhi, senza logica apparente – impegnato in un’analisi a loro incomprensibile, poiché erano ancora troppo immaturi per percepire le essenze così profondamente.
Questo, secondo il parere dell’insegnante, era un motivo sufficiente per escluderli da qualsiasi incarico che superasse la bassa difficoltà. Secondo il parere delle Autorità, no.
«Bene.» disse infine, rompendo il silenzio, ma dalla sua espressione non sembrava andare bene per nulla «Raphael, Cassiel, Amitiel, voi rimanete qui. Gli altri, fuori. Per oggi farete esercizio con il sesto e il settimo gruppo.»
Gli allievi si affrettarono ad uscire, inquietati da quel comportamento singolare, e lui fece cenno ai tre rimasti di sedersi.
«In basso, Amitiel.» precisò, quando lei tentò di risalire la gradinata che occupava gran parte dell’aula.
Quella si sistemò con palese insofferenza accanto a Cassiel, sul livello inferiore, e osò chiedere: «Cosa succede, Nelchael?»
«Fuori i taccuini.» la ignorò «Dimensione umana. Prima che me lo facciate notare, sì, è argomento della quinta classe e no, non ho idea del perché debba spiegarvelo ora.»
Amitiel si curvò entusiasta a prendere appunti, dimentica di qualsiasi domanda, come se quell’argomento – di solito ritenuto noioso – fosse di enorme interesse.
Nelchael serrò le labbra. Non andava bene, non andava bene per niente. Si sarebbero fatti ammazzare. Doveva impedirlo, doveva evitare che venissero sacrificati per un errore di valutazione, doveva... doveva solo comunicare alle Autorità che la loro proposta – no, il loro ordine – era fuori discussione. Non esattamente come battere le ali.
 
* * *
 
«Anane.»
L’interpellata alzò il capo biondo verso l’altra, smettendo di sottolineare sul libro. «Sì?»
«Cos’è il buio?»
«...il contrario del caldo, credo.»
Amitiel aggrottò la fronte, poco convinta, e tastò attorno a sé per trovare il taccuino. Erano in camera della più matura, sedute a gambe incrociate sul letto, immerse nello studio – situazione insolita, ma avevano trovato entrambe un motivo per impegnarsi. L’una vedeva finalmente concreta la possibilità di svilupparsi, l’altra aveva un’infinità di appunti fuori programma per uno scopo ancora ignoto.
Peccato che i suddetti appunti non avessero alcuna utilità, finché se ne stavano sul pavimento, ben lontani dalla proprietaria. Lei si sporse a prenderli, con una smorfia per il dolore agli squarci, e iniziò a sfogliare rapidamente le pagine.
«Contrario del caldo... no, quello era il freddo.»
«Ah, allora della luce.»
«E com’è?»
«È... strano.»
«Strano?»
«Sì.» afferrò una penna e iniziò a ricoprire il bordo della pagina di inchiostro «È come se fosse tutto così. Gli Umani vedono nero, se ho capito bene. E non fare quella faccia, l’ho detto che è strano!»
«Ma com’è possibile che vedano nero
«Anche noi vediamo quasi così, eh. Non so spiegarlo, è come... come... come la Presenza, ecco. Solo che invece di essere rossa è nera.»
Amitiel provò a immaginare la Presenza in quel modo, senza successo. Come poteva l’aria non essere luminosa? Come poteva essere scura, opaca? Per lei, nata e cresciuta in un mondo senza ombre, era un concetto estraneo quasi quanto il freddo.
Spostò lo sguardo sui propri capelli: arrivavano oltre le scapole, una cortina nera che accarezzava l’attaccatura delle ali. Li lasciò ricadere di fronte al viso, ma l’aria continuava ad essere luminosa e si rifletteva sulle lunghe ciocche mosse, colpendole gli occhi.
Quella era la migliore imitazione di oscurità a cui potesse giungere.
«Quindi... si vede nero.» riassunse, appuntandolo sul taccuino.
«Non proprio.» la corresse Anane «Il nero è il buio proprio più buio. Di solito però c’è un po’ di luce. Di giorno c’è il sole... sai cos’è, vero? E di notte invece ci sono la luna e le stelle... presenti? No? Sono come il sole, ma più più piccole, e sono meno luminose. Ultimamente poi gli Umani hanno imparato a crearla, la luce. La portano in mano, ci credi?»
«E quindi?»
«Questa è una cosa ancora più strana. Adesso riderai.»
Amitiel si sporse verso di lei. «Perché?»
«Eh... non mi crederai. Però è vero, era così, quando sono stata nella dimensione umana.»
«Sì, ma che cosa?»
«Più c’è luce» si morse le labbra per non ridere «più c’è buio.»
La guardò come se avesse perso il senno. «Anane, sii seria.»
«Ma sono seria!»
Riuscì infine a spiegarle che, quando la luce colpiva qualcosa, dalla parte opposta si formava un alone scuro. In che modo fosse possibile, nessuna delle due ne aveva idea; doveva essere una di quelle stranezze della dimensione umana, come il freddo.
«E fa paura, il buio?» chiese Amitiel dopo qualche istante di silenzio.
L’altra rabbrividì. «Molta. È angosciante. Dà più fastidio di quando la Presenza è troppo forte. Però...»
«Però?»
«C’è un momento bellissimo. Sai cos’è il tramonto?»
Sfogliò gli appunti e scosse la testa.
«È quando il sole si sposta in basso. Diventa tutto rossastro, come con la Presenza, e ci sono luce e buio, sembrano fondersi. È... magnifico.»
Amitiel chiuse gli occhi, tentando di visualizzarlo. Una sfera gialla, luminosa, che crea aloni scuri sugli oggetti. La sfera che si sposta, rendendo l’aria rossa. Luce e buio... no, era un’immagine troppo complessa, perché dove c’è luce non c’è buio, e dove c’è buio non c’è luce, ed è impossibile che l’una causi l’altro, o che si mescolino.
Ma il cielo infuocato, quello poteva immaginarlo. Poteva sentire la carezza tiepida del sole sulla pelle, vedere il mondo tingersi di fiamme e di sangue; sembrava una scena già vissuta, persa tra i ricordi e tornata alla mente all’improvviso. Una risata infantile, di quelle acute dei bambini umani. Il richiamo di una madre per la cena. Una presenza a stringerle la mano. Parole in una lingua sconosciuta, ma dal significato sorprendentemente chiaro.
«Il sole muore.» sussurrò, ancora ad occhi chiusi.
 
* * *
 
«Non sono pronti.» sbottò Nelchael, passandosi una mano tra i capelli.
La donna di fronte a lui strinse le labbra, infastidita. «Nessuno lo è, la prima volta.»
«Ma tutti sono preparati. Loro no. Non hanno la minima idea di come sia la dimensione umana.»
«Sono vicini alla quinta classe, sapranno cavarsela.»
Occhiata ironica, feroce. Una mancanza di rispetto tollerata solo per l’antica amicizia che li univa: nessun’altra Autorità avrebbe accettato un simile comportamento. «Senza nemmeno un insegnante?»
«Ci sarà il ciclo superiore, con loro. Gli insegnanti hanno altri impegni.»
«Li mandate allo sbaraglio.»
«Li mandiamo ad osservare.»
«Si osserva alla fine della quinta, non della quarta.»
«Prima, ma ora non c’è più tempo. Hai sentito del patto, sì? Loro saranno in molti, noi troppo pochi.»
«Perché noi non facciamo combattere i Cherubini appena creati.»
«Non sono poi così giovani, Nelchael, presto arriveranno alla quinta classe.»
«Quinta classe contro millenni di esperienza. Chi vince?»
«Per questo devono maturare in fretta.» ribatté, irritata «Ne sono capaci, devi solo dare loro un po’ di fiducia, e una piccola spinta per farli crescere.»
«Ma non possiamo forzare troppo il processo, potrebbero non essere pronti, e allora-»
«Ci servono adesso. Per il futuro ne abbiamo a centinaia.»
Rimase per qualche istante a soppesare quelle parole, neppure troppo stupito. «Sono... sacrificabili?»
«Se per maturare più in fretta devono correre dei rischi, li correranno. Altrimenti sarebbero inutili.» rispose gelida.
Un ghigno amaro. «Sono sacrificabili.»
La donna batté con forza la mano sul tavolo e scattò in piedi, furente, abbandonando ogni parvenza di pacata cortesia; sei enormi ali da serafino si materializzarono alle sue spalle, rendendola ancor più minacciosa, e per un istante sembrò quasi che dalla sua pelle e dai suoi occhi si propagassero lingue di fuoco candido. Guardandola, Nelchael ricordò perché fosse stata designata Autorità sin da giovanissima, e tremò internamente.
«Non tollererò ancora a lungo questa tua continua mancanza di rispetto.» ringhiò «Bada a come ti comporti. E ora va’ a comunicare l’incarico ai tuoi allievi. Se tra due cicli temporali, all’inizio del secondo periodo, non si troveranno alla Via, ne risponderai tu. Te la ricordi l’Espiazione, sì?»
«...obbedisco.»
E il sacrificio mutò da un’idea instabile alla solida architettura della concretezza. Una mostruosa cattedrale costruita sul sangue.
 
 

 
***
Angolo autrice:
Capitolo di introduzione. Serve per chiarire un minimo l'ambientazione, che ho molto personalizzato. Dal prossimo, ma in particolare dal terzo, si inizierà con l’azione. Se qualcosa non vi è chiaro, chiedete pure, se posso risponderò ^^
Quando parlo di ferite "lucenti per l'irritazione", mi riferisco al sangue angelico. L'ho immaginato bianco, quasi luminoso, e quindi la rottura dei capillari provoca un leggero chiarore - simile a quello che capita a noi con l'arrossamento, insomma.
Gli squarci della nascita sono, nel caso non si fosse capito, ferite che permangono per tutta la giovinezza, in corrispondenza dell'attaccatura delle ali. Sempre per tutta la giovinezza le piume mantengono un colore rosso, di tonalità sempre più chiara man mano che i cherubini maturano, fino a diventare completamente bianche con l'età adulta - il cosiddetto "sviluppo". Riferito alla schiena, "spoglia" significa senza le ali.

Come avrete notato, utilizzo molti dialoghi. Saranno uno dei punti focali di questa storia: mostrano chi si vorrebbe essere, chi si deve essere e chi invece si è davvero. Spero che li apprezziate, nei dialoghi ci sono i personaggi così come li ha concepiti la mia mente ^^

Grazie a chiunque abbia letto, pareri e critiche sono come sempre ben accetti.
Aggiornerò ogni domenica. Inizialmente avevo pensato a venerdì, ma per questioni di tempo ho scelto di cambiare. Perciò, al 12 con il secondo capitolo! ^^
   
 
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