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Autore: HermyLily89    03/02/2012    9 recensioni
Fanfiction su Harry/Hermione, vista con gli occhi di lei.
Siamo dopo la Seconda Guerra Magica e il mondo ha trovato la sua pace. Hermione è sta partendo per l'Australia per trovare i suoi genitori, mentre Harry resta ad Hogwarts per dare una mano.
Possono i sentimenti di lei cambiare verso di lui? O, in realtà, sono sempre stati forti, ma per evitare disastri erano stati mascherati?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Toc toc toc.
I miei passi risuonano rapidi e penetranti sul marmo dei gradini verso la Sala Grande, una scalinata ritornata quasi al suo vecchio splendore, se non fosse per la polvere che aleggia e per qualche maceria che ancora giace ai piedi dei corrimani, tra uno scalino e l’altro.
Un’emozione grandissima mi pervade, totalmente, più di quanto potessi credere o pensare.
Il cuore che addirittura batte più velocemente dei miei passi, così forte da rimbombarmi nelle orecchie, da darmi qualche attimo di annebbiamento, come se stessi per svenire da un momento all’altro.
Il portone immenso della Sala Grande è di fronte a me, socchiuso ed imponente come non lo è mai stato; mi ritrovo a pensare a quasi sette anni fa, alla mia espressione eccitata e felice di dodicenne all’inizio di quello che sarebbe stato il mio futuro, nuovo, estraneo, lontano da casa.
Sospiro e sorrido, aggrappandomi a quei ricordi, a quell’innocenza che mi manca così tanto.
Avrei mai creduto sarei arrivata fin qui, a lottare per questo posto assieme alle quelle persone che vedevo attorno a me, indecise e tremanti davanti all’entrata della Sala Grande in attesa di conoscere a propria casa?
Sento una timida lacrima spuntare e scorrere lievemente fino a lambirmi il collo; la asciugo velocemente senza trattenere un sorriso carico di emozioni, di sentimenti e di avvenimenti che ormai fanno parte di me.
Ero la diversa, per alcuni, la feccia. La figlia di Babbani, quella col sangue sporco.
Nella mia ingenuità di bambina credevo che il mondo magico fosse diverso da quello che conoscevo fin dalla nascita, credevo che io potessi essere come loro, una strega a tutti gli effetti, ma mi sbagliavo.
Il razzismo esiste, c’è sempre, in ogni mondo e società, perché è insito nell’uomo.
Questa scuola mi ha formata, mi ha fatto diventare la donna che sono, mi ha guidata e indirizzata, e mi ha fatto trovare loro, Harry e Ron.
Harry e Ron.
Sento il cuore perdere un battito, le lettere piegate con cura nella mia tasca dei jeans pungono un po’ sulla coscia, come per punirmi, come se mi dicessero che il mio futuro è tracciato, intrappolato in quelle parole di inchiostro: io e Ron, Ginny ed Harry.
Perché è giusto così, perché Ron mi ama da sempre e perché Ginny ha una cotta per Harry dalla prima volta che l’ha visto.
Sì, la sua è una cotta, non è amore. Lo desiderava quando ancora non lo conosceva, senza averci mai parlato, mentre io lo conosco, so cosa gli dà fastidio e cosa no, comprendo ogni suo pensiero; no, lei non lo ama.

Perché ora, sentiamo, sei pure così ferrata in questioni di cuore da capire se lei è innamorata di lui? Sentiamo, Hermione Jean Granger, sono curiosa.

Sono una presuntuosa, credo sempre di sapere, anche quando qualcosa non mi riguarda, mettendo becco in situazioni in cui io non c’entro.
Harry e Ginny, questa è la verità, loro sono una coppia, tanto quanto lo siamo io e Ron e il suo “noi”.
Una fitta fortissima mi fa piegare in due dal dolore, mi appoggio al portone, per evitare di scivolare giù, sul pavimento polveroso. Una fitta al cuore, che pervade anche lo stomaco, una pugnalata, come quella che con i miei discorsi sto infliggendo alle persone che amo.
Deglutisco , passandomi una mano sul viso madido di sudore, e respiro profondamente. Inspiro ed espiro.
Il dolore diminuisce la sua intensità, l’aria che entra nei miei polmoni è come dittamo.

Harry, mi prenderesti dell’altro dittamo dalla borsa? Ron sta perdendo ancora sangue.”
La luce nella tenda era tenue e tremolante, a malapena riuscivo a scorgere le sue ferite, un gioco di ombre a volte più marcate ed altre meno.
Harry aveva mormorato l’incantesimo di Appello nella mia borsetta che giaceva accanto a lui e senza una parola mi aveva appoggiato nella mano libera la boccettina contenente ciò che mi serviva.
Le nostre mani si erano sfiorate per un attimo, come tante altre volte prima di allora, eppure avevo sentito qualcosa, come una scarica elettrica tra le mie e le sue dita.
Avevo sussurrato qualche parola di ringraziamento e subito mi ero rigirata verso di Ron; le sue ferite erano la mia priorità e quel brivido l’avevo probabilmente immaginato.
Saremmo persi senza di te”.
Un mormorio all’orecchio, le sue labbra così vicine al mio viso che avevo creduto sarei svenuta.
Mi aveva stretto la spalla con la mano e poi si era allontanato, avvicinandomi la lampada perché io potessi vedere meglio.

Odio i miei pensieri, i miei ricordi così pieni di lui, così imbevuti di Harry e della sua gentilezza, del suo modo discreto di starmi accanto, facendomi sentire speciale. Speciale.
Vorrei poterli cancellare, smettere di avere questi flashback che mi mettono ancora più in crisi.
Vorrei che Ron fosse il centro della mia mente, dei miei pensieri, così come io lo sono per lui.
Spingo appena in avanti il portone, creandomi appena lo spazio per poter passare, senza disturbare nessuno; non voglio mi vedano, non voglio mi facciano domande, vorrei solo vederlo.
Guardarlo negli occhi e capire quello che da sola non riesco a districare, per comprendere se il destino è quello che ho letto tracciato in quel “noi” impresso su carta e in quello ipotetico, sussurrato da un cuore che non ha bisogno di parlare.
Entro piano, camminando lentamente, cercando di non fare il minimo rumore; so che è tardi e che molto probabilmente in molti stanno dormendo, ma non potevo più stare lontana da qui, non resistevo più. Dovevo tornare.
Senza le quattro lunghe tavolate delle casate, la Sala Grande sembra ancora più immensa, ma almeno si respira un’atmosfera calma e distesa, interrotto solo da qualche bisbiglio qua e là.
E’ piuttosto buio e l’unica fonte di luce è la luna che filtra appena tra le vetrate, allungando le sagome degli oggetti e delle persone presenti.

“Hermione! Sei tu?”

Una voce roca proveniente da qualche metro più avanti mi blocca, facendomi voltare verso un’ombra piuttosto lunga e ben piazzata.

“Neville! Come stai?”

Con uno slancio lo stringo forte a me, sollevata, stampandogli un bacio sulla guancia.
Sollevata perché non è Ron, sollevata perché non mi parlerà di un “noi”.

Ti stai ossessionando, ragazza. Ogni cosa a suo tempo.
Non crederai mica che a Ron venga in mente di chiederti di sposarlo dopo quel misero bacetto, suvvia.

Scuotendo la testa, facendo zittire la mia coscienza, mi faccio raccontare da Neville tutto ciò che in quel mese mi sono persa: dal trasferimento dei malati al San Mungo alla ricostruzione quasi integrale della scuola.
Lo vedo ancora piuttosto emaciato, ma il suo sorriso riesce a mascherare tutta la fatica che stanno facendo.
E’ felice, orgoglioso e credo di non averlo mai visto così bene e sono contenta per lui.
Gli racconto del mio viaggio in Australia, dei miei genitori e di quanto mi mancasse Hogwarts.
Poi è un attimo.
Mi volto, guardandomi appena intorno, e li vedo seduti sul freddo pavimento, vicini, le mani di lei sulle cosce di lui.
Parlano sottovoce e non si sono accorti del mio arrivo, non mi hanno vista, estraniati come sono da tutto ciò che li circonda. Si parlano, immergendosi l’uno negli occhi dell’altra, scavando alla ricerca di quel pezzo d’anima che ciascuno conserva dell’altro dentro di sé, per tenerlo al sicuro quando sono lontani.

Ho paura, Harry”.
La mia voce era rotta dal pianto, attutita nell’abbraccio del mio corpo con il suo.
Mi ero aggrappata con forza ai suoi vestiti, quasi temessi di essere strappata via da lui, e lui mi stringeva, delicatamente, accarezzando i miei capelli di tanto in tanto.
Per Ron?”
Ron era lontano ormai da diverse settimane e nei giorni precedenti avevo fatto di tutto per evitare di crollare davanti a lui, ma non ce la facevo più: quella maschera di finta forza era rotolata per terra, producendo un suono cupo.
Non lasciarmi anche tu”.
Le parole mi erano uscite senza che io fossi riuscita a controllarle, il mio cuore aveva parlato per me.
Le sue braccia mi avevano avvolta completamente, potevo respirare solo il suo profumo e sembrava essere l’unica cosa a tenermi in piedi.
Io ci sarò sempre, Hermione. Non me ne andrò mai.”

“… Non me ne andrò mai”.

Sento quelle parole rimbombarmi nel cervello ed è in quell’istante che si accorge di me, quasi come se quel flashback ci avesse uniti e avesse portato il suo sguardo su di me, distogliendolo da quello di Ginny.
Non si muove, sta lì e mi guarda, immobile.
Improvvisamente sento delle braccia attorno a me e un profumo diverso mi pervade le narici, facendomi mancare l’aria.

“Mi sei mancata così tanto”.

E’ sincero, gli sono mancata davvero e me lo sussurra anche il suo cuore battendo all’impazzata contro il mio collo.
Eppure il suo battito dovrei avvertirlo accanto al mio battito, dovrebbero muoversi all’unisono, non dovrebbero essere così poco accordati.
Perché ci sia un “noi” dovrebbe esserci armonia tra i palpiti.
Mi lascio stringere a lui, il mio sguardo fisso in colui che non dovrei guardare, i miei occhi che cercano di scavare in un’anima che non mi appartiene.

“Anche tu mi sei mancato, Ron”.


 

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Ed eccoci giunti anche
al sesto capitolo :)
Rinnovo i miei ringraziamenti
a tutti coloro che mi recensiscono
e leggono ciò che la mia mente malata produce!
Un grazie particolare
ad una persona speciale
che legge sempre in anteprima 
quello che partorisco,
salvandovi da strafalcioni e amenità varie ;)
Fatemi sapere che ve ne pare
di questo ritorno :)
Baci,
HermyLily89

   
 
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