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Autore: angelady    03/02/2012    11 recensioni
Tutto può iniziare come un gioco, ma alla fine a giocare le nostre carte, siamo solo noi. Oscar respinta dal conte di Fersen trova rifugio nell'amore di Andrè, ma le situazioni posso prendere pieghe inaspettate ^__^ !!
Genere: Romantico, Malinconico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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PER SEMPRE RESTERA’ IL RICORDO

Si era svegliata con un peso allo stomaco quella mattina, un pensiero che non voleva lasciare, forse una sensazione…arrivata al reggimento le fu dato l’ordine di unirsi agli altri soldati per pattugliare le strade di Parigi e fermare i rivoltosi. Una rivolta, la fine.
La testa poggiava pesantemente sul tavolo, non era mai stata così confusa in vita sua, non aveva mai dovuto fare scelte simili; avrebbe dovuto seguire il suo dovere di comandante, i principi della sua famiglia nobile, o seguire l’uomo che amava in una causa in cui lui si batteva? L’avrebbe perso se si fosse imposta diversamente alle sue aspettative, perché era ovvio che pensava che lei sarebbe restata insieme a lui.
Per un attimo, ma solo per un vacuo momento, le ritornò alla mente la proposta di Fersen, in quel caso non avrebbe dovuto scegliere con chi schierarsi, semplicemente limitarsi a combattere contro i suoi ideali e l’uomo che amava.
Non si accorse della porta che si aprì finchè non ne sentì il cigolio, si girò di scatto guardando perplessa un viso dai lineamenti duri e marcati, Alain abbassò lo sguardo, come impaurito di un qualsiasi contatto.
-Che c’è Alain?-
-Tutti gli uomini sono riuniti comandante…-
-Mh-
-Comandante…noi, noi abbiamo deciso che non combatteremo contro il popolo-
Le era tutto sembrato un brutto sogno, fin dall’inizio, l’idea di poter tradire la fiducia delle persone che le stavano vicino l’avevano fatta sentire una foglia persa, invece da quella confessione le spuntò un sorriso, incoraggiata dal fatto che ora sapeva da che parte stare. Alain la guardò perplesso, non capendo tra se e se, a cosa illudeva quel sorriso, le sue mani tremavano, aveva paura che quanto detto la avrebbe fatta arrabbiare, cercò una risposta in più guardandola negli occhi, e ne vide soltanto la sua bellezza, un immensità dove specchiarsi dentro, un mondo irraggiungibile, almeno per lui.
-Alain, a questo punto ho preso la mia decisione: ci uniremo al popolo e combatteremo per la libertà-
-Comandante!-
-Dillo agli altri!-
-Si…certo, agli ordini!-
Si rigirò verso la luce che proveniva dalla finestra, il suo sguardo immobile sul piazzale deserto, quanti ricordi, chiudendo gli occhi poteva rivedere quella stessa scena come se stesse accadendo in quel momento, la prima volta che lo aveva avuto, un ricordo lontano ormai, da dimenticare.
Dimenticare…dimenticare che era stata felice, che si era sentita viva per la prima volta, dimenticare che nel cuore celavano ancora nascosti i suoi sentimenti, ma ad Andrè non lo avrebbe mai detto…dimenticare che dentro di lei poteva crescere il frutto di quei sentimenti.
Non era mai stata una donna con un gran senso materno, e la consapevolezza che presto lo sarebbe stata non la sfiorava minimamente, eppure prima o poi avrebbe dovuto confessare a suo padre che era la donna di Andrè e che aspettava un figlio, soprattutto avrebbe dovuto dirgli che non avrebbe combattuto per la stessa causa. Socchiuse gli occhi, riparandoli dalla luce che si era spostata e che ora la colpiva in pieno viso.


In quello stesso momento un uomo dai lineamenti fini e la carnagione chiara se ne stava sdraiato sul letto, le braccia gli coprivano il volto, portava ancora le scarpe ai piedi, e la camicia era slacciata per metà, al suo fianco rovesciato situava un bicchiere, il contenuto si era versato sul copriletto macchiandolo di rosso.
La sua mano si avvicinò piano ad uno dei cuscini, stritolandolo a se come in cerca di un appiglio, sfogando un dolore che lo stava distruggendo da mesi. Un uomo può ridursi in questo stato? Lui, che di donne ne aveva fatto una collezione di conquiste, ora piangeva per chi l’aveva respinto.
Una proposta di matrimonio, la decisione di passare l’intera vita con lei, la rinuncia all’amore vero per lei, tutto per un rifiuto. Si sentiva usato, offeso nel suo ego maschile, dalla persona che un tempo non pensava minimamente che si sarebbe coinvolto in quel modo.
L’unica soluzione a tutti problemi ora ce l’aveva in mente, doveva ripartire, voleva e lo avrebbe fatto, si sarebbe lasciato alle spalle tutto il resto, si sarebbe tolto dalla testa un amore con la regina di Francia e lei, l’unica con cui sarebbe stato disposto a passare tutta la vita e da cui avrebbe avuto un figlio.
Si, l’avrebbe dimenticata, sarebbe rimasto il ricordo sfuocato e senza senso, perché non averla accanto era come non averla mai avuta. Si alzò di scatto come se un insetto lo avesse punto, si strofinò le tempie coi pollici e cercò di cancellare definitivamente la sua immagine.
Si diresse verso la finestra, osservando in lontananza la carrozza che stava venendo a prenderlo, e che lo avrebbe accompagnato al porto, non sarebbe più tornato, pensava, non avrebbe nemmeno salutato quelli che un tempo erano i suoi amici, si sistemò la giacca e le maniche, un ultimo aggrado alla finestra, l’ultima volta che avrebbe visto la vista da quella angolazione, poi girò i tacchi e si diresse alla carrozza.
-Buon viaggio signore-
La governante gli passò i guanti bianchi, gli occhi lucidi tradivano la sua voce, tenuta prepotentemente controllata, quando Fersen le posò una mano sul viso, quest’ultima scoppiò in lacrime.
-No, non dovete piangere-
-Oh signore, è stato un onore lavorare per voi-
-Addio, e grazie di tutto-
Salì sulla carrozza che non perse tempo ad andare, mentre la donna rimaneva con le mani impugnate al petto a guardare il conte che se ne andava per sempre.
Quando Oscar tornò a casa trovò una lettera da parte di Fersen: stava per togliersi gli indumenti militari per indossare abiti quotidiani, quando la vite, la busta bianca sul tavolino coi fiori, si avvicinò lentamente, con disinvoltura, la prese debolmente in mano, si aspettava una lettera dall’ordine superiore, ma lo stemma era quello del conte di Fersen. Si bloccò un istante, indecisa sul da farsi; se avesse aperto e letto quella lettera il ricordo del suo amore per lui sarebbe tornato, ma se non l’avesse letta se ne sarebbe pentita. Si sedde sul letto guardando la busta bianca, aveva il desiderio di aprirla, di immortalare ogni parola che vi era scritta, di pensare a lui. Strappò decisa il sigillo e poi la lesse, poche righe, per tutto quello che avevano passato erano troppo poche.
Furono le prime parole che le fecero male, più di quanto aveva immaginato…
Se ne era andato, per sempre, per amore di lei, quell’amore che non le aveva mai dimostrato, detto, non sarebbe tornato, quella frase continuava a ripetersi nella sua testa, il resto della lettera era inutile, strizzò gli occhi bagnati, e si portò le mani al viso, non aveva la forza per finire. Poi il pensiero, l’idea di poterlo raggiungere prima che fosse già imbarcato prese il suo istinto, di precipitò a prendere il cavallo e a correre verso il porto, non aveva mai corso così veloce, quasi che il vento potesse ferirla. Si ritrovò al porto in brevissimo tempo, non voleva perderne di più, scese dal cavallo e cominciò a correre verso la folla radunata a salutare i propri cari che stavano partendo, ma non c’era l’ombra di Fersen, si fece spazio attraverso dei marinari, continuando a cercare…non poteva essere già partito, non senza salutarlo, dirgli addio, non se lo sarebbe mai perdonato, non sarebbe più riuscita a pensare al suo ricordo senza stare male, senza accorgersene, in preda al panico all’idea di non riuscire a salutarlo, incominciò a chiamarlo. Ormai era allo stremo delle forze, i passeggeri stavano già salendo sulla passerella, e lei continuava a chiamarlo senza sosta, da lontano un uomo teneva il capo basso, fingendo di non sentire.
Quando la nave partì con Fersen a bordo, lei si ritrovò sola in mezzo al piazzale. Non lo avrebbe mai più rivisto.
Sdraiata sul letto pensò che forse era stato meglio così, quelle lacrime che ora cadevano sul cuscino presto sarebbero cessate e lei non avrebbe più pianto per lui, eppure un nodo le si stringeva al petto lasciando la sensazione che non se ne sarebbe mai andato.
I giorni seguenti furono tragici, per lei, per Andrè, e per tutti gli altri soldati; quando Oscar se ne andò insieme al suo uomo per affiancarsi al popolo, il loro destino fu segnato in modo indelebile, presto la metà degli uomini da lei comandati furono uccisi in uno scontro frontale con altri soldati, lasciando i superstiti afflitti e delusi, che dovettero nascondersi.
-Cerchiamo di goderci gli ultimi giorni comandante-
-Gli ultimi…gli ultimi giorni-
-Ormai siamo rimasti solo noi, e Dio solo sa se ce la caveremo, se ne usciremo vivi…perciò, meglio se ci godiamo quel poco che rimane-
-Rinchiusi qua dentro, la vedo un po’ dura Alain. Non abbiamo nemmeno di che sfamarci, stiamo finendo le munizioni, e le spade non ci aiuteranno per molto, non contro i fucili dei nostri nemici, che non esiteranno a spararci!-
-Allora lottiamo Oscar, come abbiamo sempre fatto-
Si girò stupita verso Andrè, incredula che nei suoi pensieri c’era ancora la forza di lottare.
-Andrè…-
-Dobbiamo lottare per far si che la Francia diventi migliore-
Si avvicinò a lui, sedendosi accanto, Andrè le circondò le spalle con un abbraccio, e un lieve bacio che scivolò sulla fronte. Si avvicinò al suo orecchio, con la mano se accarezzò la guancia.
-Dobbiamo resistere e combattere per noi, per il bambino-
-Andrè-
Lo strinse più forte nascondendo il volto sul suo torace, incapace di farsi vedere debole.
La decisione che perse non fu facile, sapeva che sarebbero morti altri uomini, sapeva che nulla era certo, che rischiava di perdere tutto quello che aveva in un minuto, ma non poteva fare altrimenti; si alzò in piedi e sguainò la spada, guardava orgogliosa i suoi soldati, era fiduciosa, sapeva che erano uniti e che avrebbero combattuto fino all’ultimo, con tutte le loro forze.
-Non moriremo in una lurida fogna! Quindi alzatevi e andiamo a combattere! Cosa state aspettando?-
-Ma…comandante…-
-Preferisci morire di fame? Aspettare che ci trovino?-
Alain sorrise mesto, si alzò in tutto il suo vigore, l’avrebbe seguita in capo al mondo .
-No comandante, non ci arrenderemo proprio adesso-
Anche gli altri superstiti del gruppo si aggregarono, e senza esitazione si precipitarono contro i nemici…

Accanto al fiume due figure guardavano con occhi lontani un paesaggio cambiato dagli eventi. Il ricordo furente dei cannoni e degli spari risuonavano ancora in quella quete rossa, accolta dal tramonto del sole, come se il tempo non avesse cancellato nulla. Il dolore della perdita, di quegli amici caduti, di una Francia che stava cambando erano impresse nella memoria, per sempre. Nonostante gli anni fossero passati il suo viso era sempre lo stesso, segnato appena dai suoi anni, il corpo stanco era diventato più magro e i suoi vestiti non erano più abiti da nobile, ma stracci comuni che si asssicevano alla sua nuova vita. Prese per mano una bambina che distratta guardava il sole che moriva nel lago, dirigendo uno suardo sorridente strinse più forte quella presa e si alzò da terrà, dove erano state sedute fino a poco prima. Oscar ricambiò quel sorriso innocente e si incamminò verso casa, ora al centro del paese dove si era trasferita.
-Cosa vuoi fare domani?-
La bambina si arricciolava una ciocca di capelli castani contanto i passi che faceva. Oscar si avvicinò dolcemente picchiettando con le dita la piccola mano.
-Che vuoi fare allora?-
-Voglio tornare qui-
-Vuoi che ti racconti ancora la storia?-
La bimba annuì, oscar la guardava pensierosa; quel viso, quei capelli castani, e gli occhi verdi erano ciò che le ricordavano il passato, tutto quello che avrebeb potuto raccontare stava nel foturo di quella bambina, la sua bambina.
Mentre si allontanavano un uomo le guardava da lontano con indosso un cappello vecchio e un mantello che gli nascondeva la figura imponente, e anche se Oscar se ne accorse, non si girò a guardarlo, lasciò che il suo sguardo continuò a fissarla malinconico. Il ricordo ormai si era perso col tempo e anche se faceva male reprimere lui lo sapeva. Un sorriso gli sfuggì da sotto il mantello saldamente stretto sul volto, si sistemò per un attimo il cappello e se ne andò. Non l'avrebbe più spiata, non l'avrebe più cercata, eppure nel suo profondo l'avev aamata e forse l'amava ancora...un sentimento che aveva portato alla luce troppo tardi.


Se chiudo gli occhi, in questo istante, posso ancora vedere la fine di quella battaglia, posso ancora sentire il rumore dell’incrocio delle spade, e il rombo dei fucili…
Posso ancora vedere i volti fieri e alteri di quegli uomini che lottavano per la vita, senza esitare ad avanzare contro la morte, se stringo le mani, sul petto, sento ancora il cuore battere forte e le mie tempie pulsare dall’eccitazione di quel momento…
Anima mia, ora posso dirlo con certezza, il mio amore per te mi ha spinto fino a qui, alla salvezza delle nostre anime.
Cammino inerme su questo sentiero e so che tu sei al mio fianco, che mi stringi la mano e che ancora, come allora mi baci le labbra.

Anima mia percorro questo momento pieno di ricordi, il nostro ricordo, il tuo, di quando sei stata mia. Ma il tempo cambia e modifica tante cose, e anche se in quel dubbio non ebbi mai una risposta, provo a rassegnarmi. Perchè tu sei felice, perchè tu sei innamorata e io mio malgrado tolgo il disturbo.
Ora lo so come si vive un amore, ora so che amare non è solo passione...potessi ancora stringere il tuo cuore non lo farei sanguinare, ma vivere...potessi perdonarmi amore, ora stringerei la tua mano.


Questo è l'ultimo capitolo, magari un pò lasciato dubbioso, mi sono lasciata ispirare da quello che potrebbe essere successo se Fersen si fosse innamorato poi alla fine di Oscar, e a mio avviso, avrebbe perso ogni previlegio. Per quanto riguarad Andrè...spero sia capibile nelle ultime righe...ma lascio comunque l'immaginazione a voi lettori.
Grazie per averla seguita. A presto!
Angelady
  
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