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Autore: _lu    03/02/2012    3 recensioni
Una nuova generazione, una ragazza che si nasconde nella tranquillità di poche fidate amicizie, che ha ancora paura di esporsi al mondo. Perchè Erin-la-figlia-di-Pansy-Parkinson sa di essere diversa da sua madre, ma sa anche che gli altri potrebbero non capirla. Soprattutto il clan Weasley-Potter.
Erin cerca se stessa, cerca la sua libertà, ma solo se riuscirà ad incendiare la pioggia della sua vita potrà ottenerle. La sua ricerca procede con una lentezza esasperante, fino a quanto qualcuno si farà strada a forza tra le barriere che lei stessa si è costruita attorno per aiutarla nella sua missione piromane.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Weasley, Nuovo personaggio, Roxanne Weasley, Un po' tutti | Coppie: Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Prologo

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<< Sveglia, dai è tardi, alzati. Abbiamo delle cose da fare oggi. >>

Odio profondo. Ecco che cosa suscita in me la sveglia di mia madre, che irrompe in camera interrompendo i miei sogni beati con tutta la sua fretta e le sue regole.

Odio che cresce esponenzialmente quando, come al solito, spalanca le finestre per “farmi svegliare meglio” e “cambiare l’aria della stanza”.

<< Merlino Pansy, un po’ di pietà! Devo ancora abituarmi al fuso orario! >> borbotto assonnata. Mi rigiro nel letto e nascondo la testa sotto il cuscino, cercando di proteggermi da quell’invasione di luce.

<< Non tentare di arrampicarti sugli specchi, signorina. Un’ora di differenza tra qui e la Francia la puoi superare benissimo. >>

Mi chiamo Erin Lemaire ed ho una madre sadica.

Sbuffando, mi libero dalle lenzuola aggrovigliate e scendo dal letto, sorvegliata a vista da Pansy. Inarco un sopracciglio e porto il mento in avanti nella sua direzione, invitandola silenziosamente ad andarsene. Senza aggiungere altro, mia madre esce e mi lascia vestire in santa pace.

Reprimo il desiderio di rimettermi a dormire: Pansy se ne accorgerebbe subito e tornerebbe in camera come un falco sulla preda. Certe volte penso che mi tenga costantemente sotto controllo con la Legilmanzia. Poi mi convinco che non è possibile, perché se mia madre conoscesse tutti i miei pensieri a quel modo, ne avrei prove ben diverse dalle mie ipotesi inconsistenti.

Lancio un’occhiata alla sveglia sul comodino. Le otto e mezza. Stronza.

Non che di solito Pansy rispetti il dovuto riposo estivo che mi spetta, in quanto impegnata studentessa in momentanea pausa da Hogwarts, ma perlomeno di mattina generalmente mi lascia dormire.

Naturalmente il generalmente non comprende i giorni immediatamente successivi il mio ritorno dal tradizionale mese di vacanza in Francia, ospite della famiglia di mio padre.

Pansy disprezza quell’uomo. Vorrebbe che io semplicemente non lo considerassi, come fa lei: ogni anno, quando torno da Hogwarts e subito pianifico le vacanze per trascorrere il mio consueto mese in Francia, lei disapprova, e cerca di dissuadermi.

Non ho ancora capito se lo fa perché veramente è gelosa e ci tiene ad avermi sempre con sé, o solamente perché nel suo strano modo di vedere la nostra - la sua – famiglia, la figura paterna non è assolutamente significante o contemplata. Non le è mai importato niente di mio padre quando si frequentavano, nemmeno quando si è accorta di essere incinta. In un certo senso possiamo considerarci entrambi degli errori di percorso nella vita della mia cara mammina, risalenti al periodo nero che corrisponde al matrimonio del suo grande amore adolescenziale. Draco Malfoy.

Buffo considerare come la mia vita dipenda in gran parte da un uomo che a malapena conosco.

Se Draco Malfoy si fosse seriamente fidanzato con mia madre, lei in questo momento sarebbe felicemente sposata con lui.

Oppure lui avrebbe fatto lo stronzo, si sarebbero lasciati e lei si sarebbe felicemente sposata con un altro uomo.

Ma comunque, sarebbe stata felice.

Se Draco Malfoy fosse morto in guerra, lei probabilmente sarebbe rimasta casta e addolorata a vita e io non avrei mai visto la luce del sole.

Ma Draco Malfoy non ha fatto niente di tutto questo. Lui è rimasto ambiguo fino alla fine, tenendo mia madre sulle spine. Non si sono mai completamente sbilanciati l’un con l’altro, non hanno mai chiarito i propri sentimenti, hanno rimandato quel momento fino a quando è stato troppo tardi per farlo, quando la Guerra Magica li ha separati, se non fisicamente, psicologicamente.

Forse mia madre lo avrebbe dimenticato, se non ci fossero stati quei maledetti processi dopo la Guerra. Allora si scoprì che Draco Malfoy si era isolato da tutto e da tutti per compiere una missione da cui dipendevano la sua vita e quella della sua famiglia, salvo poi fallire mantenendo intatta la sua bella innocenza. Una specie di martire agli occhi di Pansy. E chi se lo dimentica, l’innamorato martire? Solo che mentre lei languiva nel suo rinnovato amore, l’oggetto delle sue attenzioni annunciava il fidanzamento con Astoria Greengrass. Boom.

Mia madre allora si è buttata in una travagliata relazione con un francese momentaneamente impiegato al Ministero. Mio padre. Che poi si è scoperto aver moglie e figlioletta in Francia, anche se i felici coniugi stavano attraversando un periodo di crisi durante il soggiorno di lui in Inghilterra.

Comunque, qui entro in scena io. La vendetta di mia madre, se vogliamo metterla in questi termini. La prova vivente che lei può sopravvivere senza Draco Malfoy. Circa. Di mio padre, l’ho già detto, non le interessava e non le interessa minimamente: lui se n’è tornato in Francia poco dopo la mia nascita, a rimettere insieme i pezzi della sua vera famiglia, lei si è presa cura di me. Assieme a nonna Parkinson mi ha cresciuta senza farmi mancare nulla, ma era sempre distante, sempre seria, rigida. Mai uno scherzo, un gesto affettuoso, spontaneo.

Da piccola provavo a compiacerla. Ce la mettevo tutta per renderla orgogliosa di me, mi sforzavo di comportarmi come lei, di parlare come lei, di pensare come lei.

Crescendo, chiamatela ribellione adolescenziale, chiamatela disillusione, ho smesso di cercare di avvicinarmi a mia madre. Per un periodo l’ho quasi odiata, adorando contemporaneamente il paparino lontano. Ma neanche il suo affetto contenuto mi era più sufficiente: il mio quinto anno ad Hogwarts passavo le giornate a tormentarmi, ero arrabbiata con il mondo intero, maledicevo il Destino e la famiglia sconclusionata che mi aveva affibbiato.

Poi, poco prima dei GUFO, come se lo stress per gli esami avesse preso in me il sopravvento, impedendo a qualsiasi altro pensiero di turbarmi, il mio mondo impazzito si è riassestato, calmandosi nuovamente e permettendomi di riordinare i pensieri.

Cominciavo a rivalutare la mia vita, la mia famiglia, a dare loro il giusto peso. Scoprivo che potevo sopravvivere anche se mio padre e mia madre non erano i genitori ideali, sapevo badare a me stessa. Ritrovavo il mio equilibrio, e dopo quell’anno fatidico sono sempre stata ben attenta a tenermelo stretto, a non incrinarlo neanche minimamente.

Adesso, ormai quasi diciassettenne, comincio a comprendermi, a capire chi e cosa sono veramente, anche se spesso ancora mi nascondo dietro le maschere, gli schemi del passato. Non ho ancora acquisito una tale fiducia in me stessa da esibirla quotidianamente al mondo, sfidandolo a farmi vacillare.

Convivo con i miei familiari, con mia madre in Inghilterra e con mio padre in Francia. Evito nonna Parkinson. Per lo più preferisco prendere le distanza da tutti loro, e sono ben contenta di rifugiarmi a scuola ogni anno. È più facile essere libera, lontano da tutti loro.

***

 

Pansy ed io passiamo quelle che sembrano delle ore da Madama McClan a scegliere un abito da cerimonia ciascuna.

Normalmente non mi dispiacerebbe affatto provare decine di abiti eleganti, specie se, come oggi, Pansy è disposta a sborsare una quantità di denaro non indifferente. È l’occasione per cui lo fa che mi rende tanto insofferente: stasera ci sarà una cena formale con tutti i parenti di mia madre. Nonna Parkinson, mio zio Charles e famiglia e tutti i cugini di mia madre di cui non ho voglia nemmeno di imparare i nomi. Trascorrere con tutti loro un’intera serata mette a dura prova il mio limite di sopportazione.

Ad ognuna delle tradizionali cene di famiglia, nonna Parkinson tiene banco (aiutata dal vino elfico, di cui brandisce sempre un bicchiere ben colmo) disquisendo sull’importanza del sangue puro e del mantenimento delle antiche famiglie, e non manca mai di raccomandarsi con tutte le nipoti di scegliere intelligentemente il futuro consorte. E con intelligentemente intendo accertandosi che sia ricco, facoltoso ed influente. E Purosangue ovviamente.

Mi guarda sempre male quando parla così. È convinta che il mio sangue francese mi possa portare a fare le scelte più sbagliate. Io spero vivamente che lei abbia ragione, considerando i suoi criteri di giusto e sbagliato.

Quando Pansy finalmente si è decisa su quale tonalità di crema si sposi meglio con la mia carnagione, usciamo dal negozio, lei con un raffinato abito blu notte, io con una veste un tantino meno classica della sua, color crema, appunto.

L’elfa domestica di famiglia si è già occupata dei miei acquisti per la scuola, quindi io e mia madre stiamo per lasciare Diagon Alley quando una slanciata sagoma familiare ci viene incontro, salutando educatamente.

Jack Zabini, come me Serpeverde, come me iscritto al settimo anno. Una delle poche persone su cui posso realmente fare affidamento.

Lui è più estroverso e solare di me, anche se con mia madre nasconde abilmente la sua esuberanza, comportandosi da elegante damerino come gli è stato insegnato a fare fin da piccolo. La convince a lasciarmi sola con lui, assicurandole di portarmi a casa ad un orario ragionevole con la smaterializzazione congiunta. Compiendo gli anni in febbraio lui ha già fatto l’esame lo scorso anno scolastico, io dovrò aspettare almeno fino a dicembre.

Pansy si lascia abbindolare rapidamente dai modi gentili di Jack, e si congeda sorridendo.

<< Salutami Blaise! >> si raccomanda.

Inutile, penso io, a Zabini Senior non interessano minimamente i saluti di mia madre. Sua moglie Daphne invece la manda sempre a salutare quando mi incrocia, ma lei finge di non conoscerla nemmeno. Evidentemente il cognome Greengrass pesa sulla madre di Jack più dei lunghi anni trascorsi in dormitorio con Pansy.

Non appena mia madre scompare dietro l’incrocio che porta al paiolo magico, Jack mi abbraccia, affettuoso come sempre.

Anche se ci dimostriamo sempre freddi, non è vero che noi Serpeverde non sappiamo dimostrare calore, solo che alcuni, come Jack, lo dimostrano meglio di altri, come me.

Jack ed io gironzoliamo senza meta per Diagon Alley, lui a raccontarmi della sua mirabolante vacanza in Egitto, io a ridere, contagiata dal suo entusiasmo.

Dobbiamo sembrare fratelli agli occhi della gente: stessa carnagione olivastra, stessi capelli e occhi scuri, stessi modi aggraziati. Siamo fisicamente molto simili, ed è evidente l’affetto che ci lega.

Solo quando passiamo affianco ai Tiri Vispi Weasley Jack si zittisce un momento, lo vedo rivolgere un’occhiata strana all’interno della vetrina del negozio.

Ma tira dritto, come facciamo sempre, e ricomincia a parlare. A scuola io e i miei amici evitiamo di venire a contatto con i membri del clan Weasley-Potter, a maggior ragione evitiamo i loro genitori. Forse i fantasmi dei nostri parenti ci influenzano più di quanto vogliamo dare a vedere.

Curiosamente, l’unico ad avere un minimo di rapporto con gli Weasley e affini è Scorpius.

Jack mi trascina letteralmente da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch, dice che deve assolutamente mostrarmi il nuovo modello di Firebolt uscito: spera che i suoi glielo regalino per il compleanno. Un’occhiata al prezzo e << Uomini >> mormoro scuotendo la testa. So bene che gli Zabini possono permettersi una spesa del genere, io stessa potrei permettermela, ma anche se il Quidditch mi piace, preferisco investire una tale somma di galeoni in altro.

Anche se al momento non so dire con precisione a Jack in che altro.

Abbiamo appena tempo per un gelato da Florian che Jack deve riaccompagnarmi a casa, non vuole violare gli orari di miss Parkinson.

Ci ritroviamo davanti alla villa con dieci minuti di anticipo, e a malincuore mi separo da Jack.

Nuovamente sola, respiro profondamente, cercando di trovare la forza di non darmela a gambe.

Mi rincuora il pensiero che, se riuscirò a sopravvivere alla cena di stasera, domani rivedrò Jack e gli altri miei amici.

Domani sarò di nuovo libera.

 

Nda

Dunque! Mi è venuto lo spunto per questa storia all’improvviso, e non ho potuto trattenermi dal buttarla giù. Quindi, ecco questo prologo. Magari ora le dinamiche, i rapporti che legano i personaggi vi sono poco chiari, ma state tranquilli: verranno “sciolti” e spiegati nei prossimi capitoli.

Se qualcuno di voi seguisse l’altra mia fanfiction, comunque, non si preoccupi: vedrò di aggiornare alternativamente le due storie, in modo di non lasciarle in sospeso. Tutto sommato, ho sempre lavorato meglio con un po’ di pressione J

Baci, Lu

P.S Sappiate che le recensioni non mi fanno schifo ^^

 

  
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