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Autore: Shainareth    05/02/2012    8 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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CAPITOLO TRENTATREESIMO - JOWAN




Lasciammo Fratello Genitivi poco lontano da Haven, in un posto in cui avrebbe potuto ricevere cure adeguate senza doverlo obbligare ad un lungo ed estenuante – per lui e per noi – viaggio verso Redcliffe. Oltretutto, egli stesso espresse il desiderio di rimanere nei pressi del tempio per poter continuare i suoi studi con solerzia non appena fosse stato in grado di farlo. Nel periodo di inattività dovuto al suo infortunio, ci disse, avrebbe per lo meno analizzato tutti gli appunti presi per conto suo durante le ore che avevamo impiegato per raggiungere l’Urna, quando lo avevamo lasciato solo all’entrata del santuario in rovina in cui lui stesso ci aveva condotti.
   Leliana aveva appena finito di allietarci con la sua voce melodiosa, rinfrancando i nostri cuori stanchi e afflitti, quando Bodhan Feddic e Sandal ci salutarono per la notte, mentre Levy Dryden cominciò a discutere con Pether degli strani eventi che si diceva accadessero intorno a Picco del Soldato. Quanto agli altri due emissari che ci stavano seguendo, Caron dei Dalish pareva ancora intenzionato a parlare con gli altri solo se interpellato e Fellhammer di Orzammar non si sforzava certo di fare di più.
   «Ehi…» Quel suono fievole e roco proveniva da Oghren. Se ne stava un po’ in disparte, come se stesse riflettendo su qualcosa di personale – o smaltendo l’ennesima sbornia.
   Lasciando il tepore del fuoco, diedi voce ad Alistair di seguirmi, poiché a quanto pareva ero stata la sola a udire la voce del nostro compagno nano. Ci sedemmo insieme a lui a gambe incrociate, aspettando che dicesse qualcosa.
   «Devo parlarvi», cominciò.
   Oh, dunque si trattava di un discorso serio? Fatto da lui? Magari era davvero ubriaco. O meglio, Oghren era sempre ubriaco, ma forse questa volta lo era più delle altre. Lo fissammo per un istante con diffidenza, indecisi se dargli corda o meno, viste tutte le allusioni che continuava a fare sulla povera Wynne.
   Lui dovette indispettirsi lievemente per quell’esitazione, perché subito commentò: «Oh, aye, non ditemi che avete tutto il tempo che volete per trascinarci dietro la Prole Oscura ma neanche un po’ per il vostro amico Oghren…»
   E il solo fatto che si considerasse già nostro amico mi riempì il cuore di gioia ed eccitazione, per cui, tutta contenta, mi umettai le labbra pronta a parlare. Alistair però mi anticipò, un sorriso sulle labbra. «Di che si tratta, Oghren?»
   «Ecco, il fatto è che…» Ci fissò con i suoi occhi azzurri e lucidi – se per l’alcol, il sonno o qualche altro tipo di sentimento non avrei saputo dirlo – e, con aria appena impacciata, cominciò il suo discorso: «Voi e io… siamo…» Si fermò, cercando le parole migliori per continuare. «Come si dice quando passi il tempo con… delle persone e delle cose…?»
   Non avevo idea di ciò che voleva dirci, ma mi fece una tenerezza enorme. Non glielo dissi, chiaramente, sarebbe stato troppo per il suo orgoglio virile. «Ti voglio bene anch’io, Oghren», fu la sincera osservazione che mi permisi comunque di fare, inducendo Alistair a inarcare un sopracciglio e a passarsi una mano davanti alla bocca con fare divertito.
   Sulle labbra di Oghren affiorò un sorriso sciocco e lui si lasciò andare ad una breve risata appena accennata. «Ah! Bene, mi raderò, mi laverò e mi appenderò ad asciugare!» esclamò poi, facendo ridere me e indispettire il mio amante. «È ancora troppo presto, però, mia giovane fanciulla. Troppo presto.» In realtà non era quello l’unico motivo che mi avrebbe fatto desistere dal dormire con lui, ma apprezzai comunque la sua delicatezza al riguardo. Sospirò. «Volevo solo chiedervi un favore.»
   «Se possiamo aiutarti…»
   «Conosco alcune persone, qui in superficie… Una persona, in verità. Una ragazza.» Io e Alistair ci scambiammo uno sguardo, ma lui non vi badò. «La conobbi tempo fa, ad Orzammar. Prima che noi ci incontrassimo, chiaramente.»
   Benché io non ci trovai nulla di male in quella sua affermazione, il verso che sfuggì dalla bocca del mio compagno Custode mi lasciò il dubbio che in realtà sotto la storia di Oghren ci fosse qualcosa di più che io, tanto per cambiare, non avevo afferrato. «Una ragazza che voi avete conosciuto… o una ragazza che voi avete… conosciuto.» E nel dirlo, Alistair, si curò di dare una sfumatura eloquente all’ultima parola. Arrossii, sentendomi una sciocca per non aver compreso prima.
   «Eh?» parve non capire il nano, sulle prime. «Intendi quando avevamo la fregola? Oh, aye», ammise il guerriero di Orzammar con un certo orgoglio, infischiandosene come sempre del fatto che ci fosse una signora con loro. «Dopo che Branka se ne andò nelle Vie Profonde. Il suo nome era Felsi, ed era una veramente passionale.»
   E lo confessava così candidamente? Ricordo che per qualche istante rimasi senza parole, ma poi ragionai sul fatto che, in effetti, la prima ad averlo lasciato e tradito era stata proprio Branka – con una donna, per di più. Non potevo davvero rimproverarlo per aver cercato consolazione altrove.
   «Oh, ce la siamo spassata, eh?» lo prese in giro Alistair con fare cameratesco.
   «Aye, puoi dirlo forte, ragazzo», gli rispose lui, tutto contento. «Sono certo che ormai mi abbia perdonato.»
   «Perché, che le avete fatto?»
   Oghren glissò la domanda, fingendo di non aver sentito. «Pensavo perciò di mettermi sulle sue tracce… vedere il posto in cui vive. Lasciò Orzammar circa un anno fa e da allora non l’ho più vista.»
   Mi stropicciai le palpebre, cercando di riordinare le idee. Probabilmente, pensai, anche Oghren voleva regolare i conti lasciati in sospeso prima del Flagello, così come già Alistair aveva fatto a Denerim quando aveva incontrato sua sorella. Non era stata una bella esperienza, quella, ma per lo meno adesso lui non aveva alcun rimpianto.
   «Avete un’idea di come trovarla?» domandò al nostro amico.
   «L’ultima volta che ho avuto sue notizie, mi dissero che era andata a vivere con sua madre vicino al lago… Cleanbad? Boh, non mi ricordo…»
   «Calenhad», lo corressi, tornando a guardarlo. Non era un grande indizio, visto quanto era grande il lago, ma di certo non ricordavo di aver visto dei nani a Redcliffe. Che Felsi e sua madre avessero deciso di andare più a nord per sfuggire alla Prole Oscura?
   «Potremmo chiedere a Redcliffe se qualcuno la conosce», propose Alistair, accarezzandosi la barba con fare pensoso. «Lì dobbiamo andarci comunque.»
   Il viso di Oghren si rallegrò ulteriormente e lui si lasciò andare ad una nuova risata divertita. «Bene. Siete dei buoni amici. Penserò a voi, nel qual caso io e Felsi… No, in realtà è meglio di no, sarebbe troppo disgustoso per tutti.»
   «Sì, è meglio», lo pregai, non sapendo se ridere o piangere mentre Alistair si lasciava scappare un verso non proprio di gratitudine e agitava un braccio a mezz’aria per scacciare dalla testa chissà quale idea. «Ci accontenteremo della tua amicizia.»
   «Ora che vi ho raccontato tutto, scusatemi», riprese Oghren, rimettendosi faticosamente in piedi sulle gambe forti e tozze. «Vado a pisciare.»
   «E lavatevi le mani, stavolta», gli raccomandò il mio compagno Custode, vedendolo allontanarsi.
   Non posi domande al riguardo, poiché ritengo che a volte sia meglio rimanere ignoranti su certe questioni. Avevo tuttavia qualcosa da discutere con lui prima di arrivare a Redcliffe, e sperai che Alistair non la prendesse troppo a male.
   «Ho visto Jowan», iniziai allora, pur con una certa titubanza. Non potevo nasconderglielo, non avrebbe avuto senso, e non solo perché avevo promesso che non gli avrei più taciuto nulla – benché un segreto lo avessi ancora tutto per me.
   Lui mi fissò con fare incerto, lasciandomi intuire di aver bisogno di altre spiegazioni, visto che mancavamo da Redcliffe da diverse settimane. «Lassù, al tempio», aggiunsi allora.
   Il suo viso si rischiarò in parte ed io lo vidi annuire, mentre i suoi occhi si spostavano altrove. «Lo immaginavo, dato quello che ti ha detto il Guardiano.» Avrei potuto chiedergli se lui aveva visto Duncan, ma non volli riaprire la sua ferita, a meno che Alistair per primo non avesse sentito il bisogno di confidarsi con me.
   Non lo fece, non in quel momento, per lo meno, ed io mi sentii in diritto di proseguire. «Gli voglio bene, molto.»
   «Lo so.»
   «Come a un fratello.»
   Quella mia precisazione lo fece sorridere e lui tornò a guardarmi. Mi passò una carezza dietro alla nuca e mi baciò la fronte, attirandomi a sé per abbracciarmi. «Non vuoi che venga condannato, è così?»
   Mi strinsi a lui, nascondendo il viso contro il suo petto. «Non… Non sei arrabbiato, per questo?»
   «Non potrei mai esserlo», rispose senza esitazione. Alzai lo sguardo per cercare il suo e lui mi sorrise di nuovo. «Credo inoltre che il suo pentimento sia sincero, altrimenti non si sarebbe lasciato catturare e torturare dalle guardie del castello.»
   Mi scostai di scatto da lui, allibita e terrorizzata. «Torturare…» ripetei con un filo di voce. «Come… Come sarebbe…?»
   L’espressione di Alistair si fece confusa. «Credevo lo sapessi…» farfugliò, mortificato per quel fraintendimento. «Me lo ha detto Bann Teagan mentre aspettavamo che ti svegliassi, subito dopo che hai salvato Connor dal demone…»
   «A me non l’ha detto…» biascicai, infastidita dall’essere stata tenuta all’oscuro della cosa.
   «Pare che sia stata Lady Isolde a ordinarlo», iniziò a spiegarmi lui a onor del vero, prendendomi le mani nella speranza che servisse a farmi calmare almeno in parte. «Credeva che la colpa di quanto stava accadendo al castello fosse di Jowan e non di Connor…»
   Anche quella donna aveva le sue ragioni, certo. Ma non potei fare a meno di provare risentimento nei suoi confronti. «Se avesse detto la verità sui poteri di suo figlio fin dall’inizio, tutto questo non sarebbe successo», ribattei, stizzita.
   «Jowan era comunque stato incaricato di avvelenare Arle Eamon», mi ricordò Alistair con voce meno morbida di prima. Abbassai lo sguardo, ben sapendo che aveva ragione. Lo sentii sospirare con pazienza e mi diede un altro bacio fra i capelli. «È un Maleficar e, al momento, anche un eretico», prese a dire, poggiando la guancia sul mio capo e abbracciandomi di nuovo. «Sarebbe da incoscienti lasciarlo in libertà», considerò. «Tuttavia… prima ancora che Leliana cominci uno dei suoi sermoni, penso che tutti abbiano diritto a una seconda possibilità. Almeno chi è sinceramente pentito degli errori commessi.» E questo escludeva categoricamente Loghain dal suo ragionamento. «Tu lo conosci meglio di me.»
   Stirai le labbra in una smorfia, cercando di non analizzare la questione in balia dei miei sentimenti per Jowan, e mi resi conto che mi era impossibile farlo. «Quella volta… al Circolo… quando Uldred stava distruggendo tutto… ho lasciato fuggire una ragazza che si era schierata con lui…» rammentai a tutti e due.
   «E nessuno di noi ti ha fermata, nemmeno Wynne», osservò Alistair, dando prova di ricordare bene l’episodio che avevo preso in esame. Però quella volta c’era una schiera di templari ad attendere quella maga all’uscita della Torre, e a tutt’oggi non ho idea di che fine ella abbia fatto. «Vuoi lasciar fuggire anche Jowan?» mi domandò il mio compagno. Non c’era alcun tono accusatorio nella sua voce e, sebbene in quel momento avrei voluto chiedergliene la ragione, non riuscii a farlo.
   Soffocai un singhiozzo e lui mi strinse più di prima. «A che servirebbe?» risposi invece con voce tremula. Di certo i templari gli avrebbero dato la caccia. Ormai la sua vita era segnata.

Quando le guardie poste all’ingresso del castello lo avvisarono del nostro arrivo, Bann Teagan ci venne incontro a passo veloce, accogliendoci nella sala delle udienze senza alcuna vera cerimonia. Non ce n’era alcun bisogno tra noi, e per di più al momento era l’ultimo dei nostri pensieri, quello. Dall’espressione del suo volto, in ogni caso, non era difficile capire che si aspettava da noi buone notizie.
   «Come sta vostro fratello?»
   «Stabile, come sempre», ci spiegò, divorandoci con lo sguardo per sapere se avevamo novità da portargli. «E voi…?»
   Leliana estrasse un sacchetto di pelle dalla scarsella e glielo mostrò. «Esiste davvero. L’Urna, intendo.»
   Gli occhi di Bann Teagan si illuminarono di commozione. «Che il Creatore vi benedica», ci disse, mentre la nostra compagna gli consegnava le Sacre Ceneri. «C’è un Guaritore, di sopra», riprese l’uomo, rigirandosi la reliquia tra le dita con una certa cautela. «Lo avevamo già mandato a chiamare da tempo, in realtà… Vorrei portargliele subito, col vostro permesso.»
   «Non avete neanche bisogno di chiederlo», gli fece notare Alistair, pronto a seguirlo.
   Benché conoscessimo la strada, Bann Teagan ci guidò al piano superiore del castello, dove si trovavano le stanze dell’Arle. Quando entrò, rimasi ferma sulla soglia insieme ai miei compagni, e, capendo quant’era accaduto, Lady Isolde subito ci venne incontro in lacrime di gratitudine. Non aveva parole, disse, per esprimere quanto fosse debitrice nei nostri confronti: avevamo salvato il suo bambino, le loro terre, e adesso anche suo marito. A dire il vero non era detto che quest’ultimo si sarebbe ripreso sul serio, ma la fiducia che quella donna mostrava in Andraste e nelle proprietà miracolose delle Sue Ceneri era incrollabile.
   Il Guaritore, aiutato anche dalla solerte Wynne, preparò quanto occorreva per utilizzare al meglio la santa panacea che avevamo recuperato sulle Montagne Gelide, e io, Alistair e Leliana – Oghren e Morrigan avevano preferito rimanere di sotto con Merlino, i mercanti e gli emissari dei nostri alleati – ingannammo l’attesa andando a parlare con Connor, spiegandogli che c’erano buone speranze che di lì a poco avrebbe potuto riabbracciare suo padre.
   «Quando lui sarà guarito… dovrò andare al Circolo?»
   Sebbene il bambino non stesse guardando nessuno in particolare quando parlò, sapevo che quella domanda era rivolta principalmente a me. «No», risposi allora, invitandolo a sedermi accanto, visto che per l’entusiasmo non era capace di stare fermo. «Lì ci andrai quando anche il Flagello sarà finito.» Ammesso che fossimo riusciti a debellarlo prima che il Ferelden fosse stato annientato. Inoltre, Irving sapeva dove trovare il ragazzino e poteva mandare i templari a prenderlo in qualunque momento; se non lo aveva fatto, probabilmente significava che, allo stato attuale delle cose, il Circolo poteva non essere ancora preparato ad accogliere nuovi apprendisti.
   Connor alzò gli occhi su di me, ciondolando le gambe a mezz’aria. Sembrava indeciso riguardo a qualcosa, ma poi scelse di parlare. «Vi ricordate quando vi feci vedere che ero in grado di creare il fuoco sul palmo della mano?»
   «Sì, certo», risposi, circondandogli le spalle con un braccio e passandogli una carezza fra i capelli castani. «Spero non abbiate incendiato nulla, dall’ultima volta.»
   Lui rise, scuotendo il capo. «È che… io sapevo già farlo», confessò poi, tornando serio.
   Aggrottai la fronte. «Avevate imparato da solo?»
   «No. Mi aveva insegnato quel mago…» mormorò, abbassando le ciglia sul viso. Non ero certa che Connor sapesse chi era il responsabile delle condizioni critiche di suo padre, ma vista quella reazione non era da escludere che glielo avessero detto o che lo avesse capito da solo.
   Nessuno mi aveva tradita con i Guerrin, raccontando loro che Jowan era stato un mio buon amico, anche perché i miei compagni non volevano che mi tormentassi ancora a causa di questo. Gli eventi recenti mi avevano comunque dimostrato quanto fosse impossibile, per me, dimenticare ogni cosa. La stessa Wynne, quando aveva saputo, aveva stretto le labbra come ogni volta che c’era qualcosa che incontrava il suo disappunto; ma, pur guardandomi con un’espressione grave, era stata indulgente a farmi notare che, nonostante tutto, Jowan avrebbe comunque potuto fuggire da solo, dal Circolo, senza bisogno del mio aiuto – e che dunque le cose sarebbero andate ugualmente allo stesso modo, anche se io non mi fossi resa sua inconsapevole complice.
   «Che altro vi ha insegnato?»
   Connor si strinse nelle spalle. «Non molto», spiegò, prendendo a rimirare uno dei ricami della mia modesta tunica da incantatrice. «Mi sarebbe piaciuto imparare incantesimi più… potenti», ammise con una smorfia, rendendosi ormai conto che non si trattava di un gioco e che, anzi, la magia poteva avere dei risvolti assai pericolosi. «Ma lui non ha voluto spiegarmeli. Diceva che dovevo procedere un passo alla volta e che, come prima cosa, avrei dovuto imparare a… gestire…»
   «Gestire la magia che c’è nel vostro corpo», conclusi per lui, vedendolo in difficoltà nel trovare parole che probabilmente non usava di frequente nel quotidiano, vista la sua età. Quindi Jowan non ci aveva raccontato bugie. Sorrisi mestamente, passando un’altra carezza sul capo del bambino.
   «È stato gentile, con voi?» volle sapere Alistair, esprimendo a voce alta lo stesso dubbio che avevo sempre avuto anch’io.
   «Era divertente, soprattutto», annuì lui, incurvando le labbra verso l’alto con un certo entusiasmo. «Una volta mi ha raccontato di aver dato fuoco per sbaglio ai capelli di una sua amica.» Ai miei, certo. Ed era stata quella la ragione per cui avevo dovuto dire addio alla mia lunga chioma, prodotto di anni e anni di cure e di orgoglio per la mia sciocca femminilità. Ormai stava ricrescendo, tanto da arrivarmi sulle spalle, e mi ero ripromessa già da tempo di non tagliarla mai più.
   «Allora aveva ragione a dire che dovevate prima imparare a gestire la magia», osservò Leliana, mordicchiandosi le labbra e portandosi istintivamente una mano al caschetto rosso che le incorniciava il viso.
   «Specie considerato ciò che è successo dopo», sospirò Alistair, chinando la testa e passandovi su una mano. Ancora mi chiedevo perché mai, nonostante tutto, non fosse arrabbiato con me per via dei miei sentimenti per Jowan. O meglio, perché mai non reputasse così grave l’idea che io potessi cercare di intercedere in suo favore.
   E mentre dall’altra parte del corridoio arrivavano le prime esclamazioni di gioia per il risveglio del signore del castello, ancora una volta mi convinsi che, a prescindere da tutto e da tutti, avrei dovuto parlare con Jowan. Solo allora avrei preso la mia decisione.

«Non sei fuggito.»
   La mia ovvia constatazione lo indusse ad alzare lo sguardo su di me. Se ne stava seduto in fondo alla cella, le spalle curve, gli occhi infossati, la barba e i capelli lunghi a incorniciargli il volto emaciato che gli conferivano un aspetto quasi lugubre. E adesso che sapevo che lo avevano anche torturato, sarebbe stato ulteriormente insensibile lasciarlo chiuso lì dentro: dal mio punto di vista, amici o meno che fossimo stati, quel ragazzo aveva già pagato il fio. Tuttavia, ormai non potevo agire alla luce del sole senza consultare almeno Bann Teagan, e sicuramente lui avrebbe voluto aspettare che suo fratello Eamon si fosse ripreso del tutto per poter prendere una decisione sulla sorte del detenuto.
   «Dove credevi che andassi?» fu la risposta che pronunciò quest’ultimo attraverso un fievole sorriso, simile eppure assai diverso da quello dello spirito che avevo visto al tempio in cima alla montagna in cui erano custodite le Sacre Ceneri di Andraste.
   Quando Morrigan mi aveva chiesto del perché Jowan, pur essendo mago, non si fosse liberato dalla prigionia, le avevo detto che il mio amico non aveva mai brillato per intelletto. Non era vero, e anche Alistair lo aveva capito. Forse lo avevamo capito tutti. Se Jowan non aveva usato la magia quando era stato scoperto ad avvelenare l’Arle era perché non voleva fuggire. Ed io gli volevo tanto di quel bene che il mio risentimento, adesso che Arle Eamon era salvo, non aveva davvero più ragione di esistere. L’unica ad averci rimesso, in tutto quello, era stata Lily, e per Jowan questa era già di per sé una punizione più che sufficiente. Certo c’era anche il mio reclutamento tra i Custodi Grigi, ma non era da escludere che, con una minaccia così vicina e reale come purtroppo lo era il Flagello, Duncan avrebbe potuto obbligarmi comunque a seguirlo per mezzo del Diritto di Coscrizione. E ormai, dopo tutto quello che avevo passato in quei lunghi mesi di viaggio e di sangue, ero riuscita a perdonare Jowan anche in nome dell’affetto che avevo sempre provato nei suoi confronti. Ma, come Maleficar, avrebbe avuto vita breve se fosse caduto nelle grinfie dei templari. Non era capace di essere malvagio, Jowan, perché se così fosse stato non si sarebbe lasciato facilmente catturare dalle guardie del castello di Redcliffe una volta compiuto il suo misfatto.
   «Come mai sei da sola, stavolta?» mi chiese, senza muoversi dal punto in cui era. Potevo davvero confidarmi con lui come un tempo? Forse sì, ma non ne avevo modo, perché chiunque avrebbe potuto scoprire che ero scesa nei sotterranei e interrompere la nostra conversazione. Poteva apparire sospetto, quel nostro incontro – e lo era. Per questo avevo voluto la fida Leliana con me, intenta ora a distrarre la guardia posta all’entrata dei sotterranei con una delle sue storie e i suoi modi civettuoli, gli stessi che avevano incantato quasi tutte le sue vittime, in passato. Non potevo correre il rischio di essere accusata di aver voluto parlare di nascosto con uno degli improvvisati sicari di Loghain, benché una volta fosse colui che consideravo mio fratello.
   «Arle Eamon si riprenderà», gli feci sapere, glissando la sua domanda. «Siamo riusciti a recuperare l’Urna delle Sacre Ceneri.»
   Jowan appuntò mentalmente quell’informazione annuendo e abbassando il capo. «Meglio così», mormorò. Si passò entrambe le mani fra i capelli, che poi afferrò tra le dita strette a pugno. «Sono contento che anche lui, dopo Connor e Redcliffe, riuscirà a salvarsi.»
   Non stava chiedendo perdono ancora una volta, e nemmeno pietà. «Non appena ne sarà in grado, sicuramente prenderà provvedimenti sul tuo conto», gli feci notare.
   Scosse le spalle. «È giusto, avrò quello che mi merito», rispose, atono.
   Per un terribile attimo ebbi la sensazione di avere già a che fare con l’Adepto della Calma che probabilmente sarebbe diventato nel qual caso non lo avessero direttamente condannato a morte. Mi pianse il cuore al solo pensiero. Potevo fare qualcosa, per lui? Qualcosa che non compromettesse i miei buoni rapporti con il resto dei maghi? Perché, paure personali a parte, ormai ero costretta anche a pensare e ad agire come un Custode Grigio. Presi un profondo respiro quando nella mia mente tornò imperioso il ricordo di un’informazione di cui, pur con riluttanza, Alistair era stato costretto a rendermi partecipe qualche tempo dopo aver lasciato la Torre del Circolo di nuovo in mano ai templari: anche se agli occhi della gente comune non sono visti per nulla di buon occhio, ci sono stati – e ci sono ancora – diversi Maleficar nel nostro ordine, perché i Custodi Grigi non sono soggetti alle leggi di nessuno, nemmeno a quelle della Chiesa. Ma io davvero potevo fare una cosa del genere proprio a Jowan? Forse nessuno di noi due aveva più nulla da perdere, forse nemmeno il Ferelden ce l’aveva, non davanti al Flagello.
   «Mi riporteranno al Circolo o mi uccideranno?»
   «Non lo so», bisbigliai, la voce instabile. Ero stanca di stare male, e ancora più stanca di vedere gli altri soffrire, di vedere le persone che amavo allontanarsi da me. Prima la mia famiglia a causa dei miei poteri, poi Winifred per via del suo Tormento, Wynne per la guerra, Jowan per la Magia del Sangue… e ancora Wynne a Ostagar. Non era nemmeno da escludere che dovessi dire addio ad Alistair per il futuro del Ferelden. E adesso toccava di nuovo a Jowan. Se me lo avessero portato via per sempre, se mi avesse abbandonato anche lui, come avrei potuto fare? Il Flagello, poi, rischiava di annientare ogni cosa, me compresa. Avremmo dovuto lasciarlo fare, così che nessuno di noi fosse più costretto a soffrire?
   «Sai… I templari mi avevano trovato e mi avevano portato a Denerim per la pena capitale.» Il solo sentirlo mi fece stringere lo stomaco. Ma capivo che, adesso che potevamo parlare con più calma e a mente fredda, Jowan volesse confidarsi fino in fondo in vista della condanna che gli sarebbe toccata di lì a poco. «Teyrn Loghain mi salvò dicendo che avrei potuto fare qualcosa per il regno. E che se lo avessi aiutato, oltretutto, avrebbe trovato un modo per accomodare le cose con il Circolo. Sono stato davvero un cretino a credergli.»
   «Eri spaventato…»
   «Sempre pronta a giustificarmi, tu…»
   «Non sempre, te l’assicuro.»
   «Avrei voluto innamorarmi di te.» Quella frase mi fece scoppiare a ridere e piangere al contempo e Jowan alzò di nuovo lo sguardo su di me, rischiando di cedere lui stesso alle lacrime nonostante il sorriso che gli incurvava il volto magro. Era ancora capace di scherzare, era ancora capace di provare dei sentimenti, era ancora vivo. Non lo avrei condannato. Non potevo farlo. «Non sto scherzando», infierì.
   «Mi odieresti se sapessi a cosa ho pensato poco fa.» Reclutarlo fra i Custodi Grigi. Avrei potuto farlo, perché poco dopo il rito dell’Unione, quando ancora mi sentivo poco lucida e frastornata per quello che era appena accaduto, Duncan mi aveva dato un ciondolo da portare sempre con me. Solo il giorno dopo, mentre eravamo stati impegnati nel riordino del magazzino, prima della battaglia di Ostagar, avevo avuto il coraggio di confessare ad Alistair che non avevo capito cosa fosse quel gingillo, e lui, dopo avermi presa affettuosamente in giro, mi aveva spiegato che al suo interno era sigillato il sangue del quarto Arcidemone, Andoral, ucciso durante il Flagello che si era abbattuto sul Thedas quattro secoli prima. Ogni Custode avrebbe dovuto portarlo sempre con sé nel qual caso avesse avuto bisogno di reclutare qualcuno tra le fila dell’ordine.
   «Mi odi per ciò che ti ho fatto?» mi sentii domandare in tono debole e contrito. Jowan si ostinava a fissarmi con quegli occhi scuri e lucidi, che per tanti, troppi anni avevo amato. «Perché, per quanto possa sembrare inumano nei confronti di tutti quelli a cui ho fatto del male, è questo il dubbio che non riesco a togliermi dalla testa, il più crudele di tutti. Tu e Lily mi odiate?»
   Mi presi qualche attimo, ma poi dovetti convenire con me stessa che, giunti a quel punto, la sincerità era d’obbligo. Come d’altra parte lo era sempre stata, fra noi. «Non posso parlare per conto di Lily, non l’ho più vista», gli spiegai a malincuore. Quando Jowan aveva rivelato di essere un Mago del Sangue, Lily lo aveva rinnegato esattamente come avevo fatto io, e nonostante questo era stata immediatamente condotta ad Aeonar, la prigione dei maghi, la cui posizione è nota solo a pochissimi. «Ma io…» Sospirai, scuotendo il capo e passandomi la punta delle dita sul viso bagnato. «Forse l’ho fatto, all’inizio. Soprattutto perché temevo che fosse stato a causa tua se ero stata portata via dal Capo dei Custodi Grigi», gli confessai. «Adesso, però, mi sono resa conto che, per quanti errori tu possa aver commesso, non potrei mai arrivare a odiarti per davvero.»
   «Grazie», mormorò Jowan, guardandomi con affetto sempre crescente. Ma doveva esserci dell’altro nei suoi occhi, come lui stesso ammise. «Amo Lily», ribadì, come se lo ritenesse necessario per chissà quale ragione. «Però sarei un bugiardo se dicessi che è stato solo questo amore insoddisfatto a farmi cadere in tentazione.» Esitò un attimo prima di aggiungere: «Tu.»
   Aggrottai le sopracciglia, non capendo cosa c’entrassi io in tutta quella storia. «Di che parli?»
   Lo vidi tirarsi le ginocchia al petto e nascondervi contro il volto per qualche istante, forse per prendere coraggio. Poi lo rialzò e ammise una verità che mai mi sarei aspettata da lui. «Ero invidioso.» La sua voce vibrava per un rancore che, dal modo in cui ancora mi guardava, era impensabile fosse destinato a me. Forse era arrabbiato con se stesso, e a ragione. «Avrei voluto essere bravo come te. E come Winifred, anche.»
   «E tu…» boccheggiai, incredula e frastornata. «E tu sei ricorso alla Magia del Sangue per questo?» Annuì più volte, apparendo mortificato proprio come ci si sarebbe dovuti aspettare per quell’enorme idiozia. «Sei uno sciocco…»
   «Lo sono sempre stato.»
   «Lo so.»
   Sorrise mestamente, facendo spallucce. «Eppure sei sempre stata con me.»
   «Perché sono una sciocca anch’io», risposi, sentendo ancora una volta la mia voce tremare e le lacrime averla vinta. «Ti voglio bene…»
   «E io ne voglio a te», affermò con determinazione e tenerezza verso quel lato troppo emotivo del mio carattere. «Non sai quanto.»
   Che fosse vero o meno, non mi importava. Volevo credergli, se lo meritava. In più, avevo bisogno di tutto l’affetto possibile adesso che, me lo sentivo, la minaccia di vedermi portato via per sempre quello di Alistair si faceva sempre più vicina.
   Alistair. Jowan non sapeva chi era. Oltre che il probabile futuro re del Ferelden, Alistair era anche quell’apprendista templare che avevamo visto entrare con irruenza nella cappella del Circolo subito dopo il Tormento di Winifred, uno di quelli che l’avevano uccisa quando ormai lei aveva ceduto al potere di uno dei demoni dell’Oblio senza possibilità di recupero e col rischio di liberarne altri. Forse Jowan avrebbe dovuto saperlo, ma doveva essere Alistair a dirglielo, non io.
   Mi inginocchiai davanti alla sua cella e gli feci cenno di avvicinarsi. Lui obbedì solerte, portandosi a poca distanza da me, così esigua che potevamo ormai sentire l’uno il respiro dell’altra. E quando le sue mani si chiusero attorno alle sbarre della grata che ci separava, le mie dita scivolarono su di esse. Jowan mi scrutò con imbarazzato stupore; l’ultima volta che ci eravamo parlati, avevo accuratamente evitato quel contatto.
   «Non lascerò che ti uccidano», gli giurai in un soffio. I suoi occhi indugiarono nei miei con timore e speranza a un tempo. «Ti fidi di me, vero?»
   Jowan si liberò gentilmente di una delle mie mani per allungare la sua oltre le sbarre e accarezzarmi il viso, le labbra incurvate verso l’alto. «Sei la sola persona al mondo a cui affiderei la mia vita.» E me lo aveva dimostrato al Circolo, subito dopo il mio Tormento, quando mi aveva messo al corrente dei suoi piani per fuggire da lì con Lily.
   Ingoiai altre lacrime per timore di non riuscire più a fermarle. «Anch’io… Anch’io avrei voluto innamorarmi di te…» Se lo avessi fatto, forse sarei riuscita a dissuaderlo da quella follia della Magia del Sangue. Ed io non avrei sofferto all’idea di vedermi portato via il mio Alistair, come se mi stessero strappando il cuore dal petto.
   Per un attimo, mi parve di scorgere una certa confusione nello sguardo di Jowan e la sua mano tremò. Preferii non indagare, preferii dimenticare quella sua esitazione. Avevo troppi problemi da risolvere senza sapere da che parte cominciare, e pertanto non potevo permettermi il lusso di accollarmene un altro di quell’entità.
   «Ti porto via di qui.» Sgranò gli occhi e schiuse la bocca, ma gli feci cenno di tacere. «Se non posso lasciare che ti uccidano, non posso neanche sopportare l’idea che tu perda te stesso a causa del rito della Calma», gli spiegai in un bisbiglio. Sorrisi. «Allontanati dalle sbarre», gli raccomandai, alzandomi in piedi. E poiché non gli riusciva di spiccicare parola, di nuovo eseguì i miei ordini senza protestare.
   Leliana, quella notte, non fu la mia unica complice. Ne avevo un’altra, che per la prima volta si dimostrò d’accordo con lei, e con me, nel salvare quell’anima infelice.
   Poco prima che scendessimo nei sotterranei, dopo essere riuscito a recuperare indisturbato uno degli anelli con lo stemma dei Guerrin dagli effetti personali dei proprietari del castello, un grazioso topolino si era introdotto nelle segrete per rubare anche una delle copie delle chiavi delle celle. Quindi, non visto, era fuggito via per riprendere le sembianze di Morrigan solo una volta arrivato nei pressi del mulino del villaggio, dove stavo aspettando. Lì c’era il passaggio segreto che Bann Teagan ci aveva rivelato mesi prima, lo stesso che io e i miei compagni avevamo percorso per capire cosa stesse accadendo a Redcliffe, quando ancora il demone che si era impossessato di Connor spadroneggiava su tutta la zona. Era stato a quel punto che Morrigan mi aveva passato chiavi e anello, assicurandomi che di lì a poco, grazie al mio udito fine, avrei potuto sentire le chiacchiere che Leliana avrebbe iniziato a scambiare con la guardia di turno. E quando questo era accaduto, avevo varcato il portone che mi garantiva l’ingresso nei sotterranei e mi ero presentata a Jowan.
   Non appena la serratura scattò, allungai una mano verso di lui. «Andiamo, non abbiamo tempo da perdere», lo rimbrottai vedendolo esitare.
   «Sei… Sei sicura di quello che stai facendo?» mi domandò, ancora perplesso.
   «Se non lo facessi, non potrei mai perdonarmelo.»
   Accettò il mio invito e, tenendo le sue dita strette fra le mie, richiusi la cella come se non fosse mai stata aperta e portai via le chiavi insieme a noi. Attraversammo il più in fretta possibile il tunnel segreto, benché mi rendessi conto che le gambe di Jowan, ferme da troppo tempo, non erano più abituate a tutto quel movimento. La scala a pioli che si era rotta sotto al peso di Alistair non era stata riparata, perciò, aiutati anche da Morrigan, fummo costretti ad uno sforzo extra.
   «Seguitemi», ci disse la figlia di Flemeth, assumendo le sembianze di un corvo sotto ai nostri occhi non appena fummo inghiottiti dal buio della notte. Per i miei sensi di elfo non era difficile distinguere la sua piccola figura volare sopra le nostre teste, per questo non lasciai andare la mano di Jowan neanche per un attimo. Era tutto un grande imbroglio, quello, ma la vita ci aveva forse lasciato scelta?
   «Da qui in poi potrai accendere una luce magica per rischiarare il sentiero», mormorai quando, vedendo Morrigan appollaiata sul ramo di un albero, compresi che dovevamo essere sufficientemente distanti dal villaggio, ormai in salvo. Gli passai una sacca piena di provviste che avevo portato con me fino al mulino prima di introdurmi nelle segrete del castello. «Va’ a nord. Lì la Prole Oscura pare non sia ancora arrivata.»
   Jowan mi fissò con amore e gratitudine. «Io non… non so cosa dire…»
   «Sta’ zitto, allora», replicai, lisciandogli la tunica d’apprendista, ormai sgualcita e sdrucita, all’altezza del petto. «Lì dentro troverai anche un cambio d’abiti.»
   Sorrise, stringendo le dita che ancora teneva allacciate alle mie. «Cosa diranno gli altri, per questo? Passerai dei guai?»
   «Sono un Custode Grigio», mi vantai, ostentando un orgoglio che ero ben lungi dal possedere. «Cosa vuoi che mi facciano? Sono invincibile, ormai.»
   «Oh, vorrei tanto che lo fossi… Vorrei… Vorrei che le cose fossero andate diversamente», mormorò con un sospiro, abbassando lo sguardo. «Perdonami per tutto il dispiacere che ti ho procurato. E grazie. Di nuovo.»
   Al tempio di Andraste non avevo potuto farlo, ma quello che adesso si trovava davanti a me era proprio Jowan, quello vero. Lo abbracciai con tutto l’affetto che provavo nel profondo dell’anima, scoppiando per l’ennesima volta in singhiozzi, e lui non tardò a imitarmi, affondando la bocca fra i miei capelli. Probabilmente, quello sarebbe stato il nostro ultimo incontro.
   «Non farti prendere», lo supplicai quando fui di nuovo in grado di parlare.
   «Neanche tu. Dalla Prole Oscura», mi rispose, allontanandosi da me. Mi prese il capo fra le mani per guardarmi meglio negli occhi e mi sorrise. «Farò tesoro di questa seconda opportunità», disse. E sigillò quella sua promessa baciandomi in viso con tenerezza.

Avevo tradito la fiducia dei Guerrin, quella di Wynne e probabilmente anche quella di Alistair. Ne avrei pagato le conseguenze e le avrei accettate senza alcuna lamentela: mio fratello Jowan era una delle ultime sicurezze che mi erano rimaste al mondo, e sapere di dover proteggere anche lui dal Flagello e di avere forse la possibilità e la fortuna di rivederlo, un giorno, mi dava forza sufficiente per continuare per la mia strada.
   Tuttavia, troppi erano i sentimenti contrastanti che si rincorrevano nel mio animo, sensi di colpa verso Redcliffe e l’anziana maestra che mi era cara quanto una madre. Silenziosa, avanzai lungo il corridoio alle prime luci dell’alba, pronta almeno a costituirmi ad Alistair, al quale proprio non potevo nascondere quanto avevo appena fatto. Quando fui davanti alla porta della sua camera, però, mi venne il dubbio che fosse quella sbagliata. Non ricordavo più quale fosse. La confusione che albergava nella mia mente e nel mio cuore mi fece tentennare e alla fine, per paura che altri mi sentissero o che io entrassi nella stanza di qualcun altro, accostai le spalle contro la parete e mi lasciai scivolare a sedere sul freddo pavimento di pietra. Raccolsi le ginocchia al petto con le braccia e vi poggiai la fronte. Aspettando.
   Non so quanto tempo passò prima che alcune voci mi destassero dal dormiveglia in cui ero crollata a causa della notte insonne. Avevo persino paura di alzare il capo.
   «Sapete… è sonnambula», stava dicendo qualcuno, accanto a me. «Una volta l’abbiamo trovata addormentata sul ramo di un albero a testa in giù, abbracciata a una forma di formaggio.» Dall’idiozia, nonostante il mio stato mentale poco lucido, supposi fosse Alistair.
   Sbirciai nella sua direzione e due paia d’occhi mi sorpresero. Il sorriso gentile di una delle donne della servitù mi diede il buongiorno. «Tutto bene?» mi domandò.
   Non risposi, non sapevo che dire. Alistair mi passò un braccio dietro la schiena e uno sotto le gambe. «La riporto nella sua camera», si offrì. E senza aspettare una qualunque reazione da parte nostra, mi sollevò da terra apparentemente senza sforzo. Trovai rifugio nell’incavo del suo collo riempendomi le narici del suo odore, meraviglioso conforto in quel momento di totale annebbiamento.
   «Ma sta bene?» si preoccupò di sapere la donna.
   «Noi Custodi non ci ammaliamo mai», le garantì il mio compagno, come se fosse stato quello il problema. «In ogni caso, dopo andrò a chiamare Wynne. Grazie per l’interessamento.»
   «C’è qualcosa che posso fare? Volete che chiami Lady Isolde?»
   «È tutto a posto, vi dico.» E prima che lei potesse continuare con le sue domande, Alistair si avviò lungo il corridoio.
   Una volta che la porta fu richiusa alle nostre spalle, mi adagiò dolcemente sul letto ed io non persi tempo a rannicchiarmi contro il materasso. Lo sentii sospirare mentre si sedeva accanto a me e mi accarezzava la schiena. «Amore… che è successo?» volle sapere, sinceramente preoccupato. «Non posso credere che tu sia sonnambula per davvero, me ne sarei accorto da tempo, ormai.»
   «Sarebbe un’ottima scappatoia, però…» supposi, cominciando a riordinare le idee e i ricordi. Sapevo di aver commesso un crimine, forse, ma non riuscivo a pentirmene.
   «Per cosa? Per le tue losche malefatte?» mi prese in giro lui, chinandosi per sbaciucchiarmi la nuca.
   «Ti fidi troppo di me…» biascicai, non osando ancora voltarmi a guardarlo.
   «Non dovrei?»
   «Come fai ad essere certo che io non ti tradisca?»
   «Sei troppo onesta. Non lo faresti mai.» La sua voce era calma e sicura, e questo fece sentire anche peggio.
   Mi venne voglia di mordere la coperta sgualcita che si trovava sotto di me, ma mi limitai a stringerla tra le mani. Mi sottrassi alle sue coccole e mi tirai goffamente su a sedere, trovando finalmente il coraggio per incrociare lo sguardo di Alistair. «L’ho fatto, invece», confessai infine. E poiché non volevo creare alcun tipo di malinteso, mi affrettai ad aggiungere. «Non nel senso carnale del termine, certo. Ma resta il fatto che stanotte ho tradito la tua fiducia.»
   Lessi confusione, nel suo volto, ma volevo che mi dicesse qualcosa prima che io continuassi col mio discorso. Puntellò i gomiti sulle ginocchia e si osservò le mani, come se non le avesse mai viste prima di quel momento. «L’hai lasciato fuggire?» mi chiese dopo qualche attimo.
   «Sei arrabbiato con me?»
   Stese le labbra verso l’alto, ma non in un’espressione felice. «Sono l’ultima persona che avrebbe il diritto di arrabbiarsi per quello che hai fatto.»
   Ancora non mi rimproverava? Nonostante tutto? «Ha avvelenato l’Arle… E quello che è successo a Redcliffe…»
   «L’Arle è vivo», mi corresse, tornando a guardarmi con benevolenza. «Si sta riprendendo. E il demone è stato richiamato da Connor per colpa dell’ottusità di sua madre. Jowan non c’entra, non in questo. Ed è persino stato un bravo insegnante, pare.» Tuttavia la sua colpa rimaneva, Alistair non poteva negarlo. Sospirò. «Ho… Io gli ho portato via un’amica. A Jowan, dico. Come l’ho portata via a te», mormorò, abbassando di nuovo il capo con aria mesta. «Adesso che lo so, non posso fare finta di niente. Va bene così. Se il suo pentimento è sincero, va bene così.»
   Pensava ancora a Winifred e al dolore che tutti noi portavamo nel cuore a causa della sua morte.
   Mi feci più vicina a lui e poggiai la fronte contro la sua spalla. «Hai già pensato a una scusa plausibile?» mi domandò. «Oppure vuoi che ti aiuti a giustificare la sua fuga?»
   «Non ce n’è bisogno», risposi. «Morrigan e Leliana mi hanno aiutata in modo che sembri che Jowan si sia volatilizzato dalla cella, magari tramite la Magia del Sangue.»
   «Femmine…» sospirò Alistair con ostentata mal sopportazione. «Ne sanno sempre una più dei demoni dell’Oblio…» Sorrise, allungandosi per abbracciarmi. «Non dire niente nemmeno a Wynne», mi pregò, ben sapendo quanto lei avrebbe disapprovato quella decisione.
   «Potrebbe sospettare comunque… e io non sono brava a mentire alle persone che amo…»
   «Dovresti prendere lezioni dalle tue complici.»
   «Forse», gli concessi, lasciandomi andare ad un sorriso senza allegria.
   Le sue labbra si posarono ancora fra i miei capelli, poi scesero sulla mia fronte e sul mio zigomo. «La prossima volta che sei in difficoltà, vieni a chiedere il mio aiuto», mi pregò, facendo scorrere una mano dietro la mia nuca.
   «Non volevo coinvolgerti in questa storia…» farfugliai, sentendomi sull’orlo delle lacrime, commossa come sempre dal suo buon cuore.
   «Promettimi che d’ora in poi condivideremo ogni cosa», mi fece giurare, baciandomi e spingendomi all’indietro per schiacciarmi sotto al peso del suo corpo.













Stranamente, questo capitolo mi piace. Sarà perché, a parte la scena iniziale con Oghren, tutto il resto è farina del mio sacco. O forse perché mi ha preso tanto da un punto di vista emotivo. In ogni caso, sono contenta.
La fuga di Jowan, in realtà, è la prima cosa che, in questa fanfiction, si discosta dalla partita che ho giocato con Nimue. Ho dovuto apportare questa modifica alla storia perché, per come ho descritto ed evoluto il suo personaggio, non potevo davvero permettere che lei rispedisse al Circolo il suo amico fraterno. A farmi prendere questa decisione hanno influito anche le shot della raccolta Frammenti, dove i due sono molto uniti. Confesso che il problema di Jowan mi ha tenuta in sospeso per un paio di giorni, perché non avevo idea di come affrontarlo ed ero persino tentata di farlo reclutare davvero fra i Custodi; certo questo avrebbe costituito una gran bella novità, però avrebbe anche sconvolto il resto della trama in alcuni particolari non certo irrilevanti.
Spendo due parole per alcune precisazioni. Anzitutto riguardo alla tortura di Jowan: quando scrissi della quest di Redcliffe non ricordavo nel dettaglio il dialogo avuto con lui, ma alla mia seconda partita e ricercando anche dei video online, mi sono resa conto che avevo dimenticato questa faccenda (che ho inserito solo adesso, nel dialogo iniziale tra Nimue e Alistair). In secondo luogo, l'esitazione che Jowan ha avuto davanti alle parole di Nimue riguardo all'innamorarsi di lui: nella Mage Origin questo accade davvero; se con il vostro personaggio femminile fate allusioni al riguardo, lui rimane come spiazzato (chiaramente qui Nimue e Jowan non hanno davvero interessi amorosi l'una per l'altro). Ancora, l'impassibilità di Alistair riguardo alla fuga di Jowan: nel videogioco sulle prime si dimostra contrario, ma se riuscite a persuaderlo che sia la cosa migliore da fare, non si opporrà alla vostra decisione (e allora mi sono avvalsa della questione Winifred, che potete leggere nella quarta shot della raccolta Frammenti, quella intitolata Tormento).
E credo di aver detto tutto. Spero.
Ringrazio come sempre tutti i lettori (e non credevo ce ne fossero ancora tanti! Sono davvero commossa!), chi commenta (a cui ormai rispondo direttamente, senza dilungarmi qui) e tutti coloro che hanno aggiunto questa long e la raccolta tra le storie preferite/seguite/da ricordare. In ultimo, un grazie speciale alle mie due beta: Ike_ e Atlantislux.
Shainareth





  
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