Sognai tutta la notte Bryan.
Sognavo di baciarlo con avidità
senz'alcun imbarazzo, di abbracciarlo con amore e lui ricambiava con
eguale passione e tenerezza, ero felice nel sogno i nostri cuori
battevano all'unisono creando una musica perfetta, la musica
dell'amore puro.
Quando mi svegliavo e mi accorgevo che
lui non c'era, ed ero soltanto sola nel mio letto, quel sogno
stupendo, si trasformava in un orrendo incubo, Bryan non sarebbe
più
stato così dolce con me, non sarebbe più stato il
mio Bryan. Avrei voluto dormire per sempre
solo per sentire i brividi delle mie labbra sopra le sue, solo per
sentire le sue braccia accogliermi e stringermi, come se fossi la sua
ancora di salvezza.
Le lacrime di
amarezza allora ricominciavano a scendere, piangevo troppo, ma io non
ero mai stata così forte, non sapevo serrare il mio dolore,
avevo
provato con i miei genitori, ma avevo tenuto nascosto per poco il mio
strazio.
Avrei potuto
chiamarlo, ma a cosa sarebbe servito? Non mi avrebbe mai dato
ciò
che stavo cercando, aveva costruito un muro tra noi ed io non potevo
certo distruggerlo. Guardai la sveglia erano già le otto,
dovevo
andare a lavorare, non avevo molta voglia, ma forse mi avrebbe
distratto un po'. Andai in bagno decisa a farmi una doccia calda, mi
misi la cuffia per non bagnarmi i capelli e aprii l'acqua.
La doccia non diede gli effetti
benefici che di solito aveva sul mio corpo, ero troppo tesa e
agitata, uscii e mi accoccolai nel mio accappatoio.
Mi vestii velocemente: indossai il primo
jeans che trovai nell'armadio e una maglietta a maniche lunghe rossa,
le mie solite scarpe da tennis, ed eccomi pronta per andare a
lavorare. Presi
al volo la borsa e uscii di casa di corsa, mi avviai verso la fermata
del pullman e attesi che arrivasse.
Il viaggio durò si e no dieci minuti ed eccomi di nuovo
davanti alla
libreria, entrai e l'odore della carta e dell'inchiostro mi infuse
una tranquillità innaturale.
Chiusi gli occhi e mi
concentrai su quell'odore inebriante, la mia mente volò ai
giorni in
cui stavo rintanata nella biblioteca per non pensare a Bryan, poi
apparve l'ultimo ricordo che avevo di lui della scorsa notte, il
sogno di baciarlo... aprii di scatto gli occhi, poiché
qualcuno mi
aveva toccato una spalla. Vidi il viso sorridente di Ambra,
dall'espressione
pareva sinceramente sorpresa di vedermi, ma sempre e comunque felice.
-Onestamente pensavo non saresti venuta- cominciò
Ambra.
-Perché mai non dovrei essere venuta?- le
domandai sicura che mi avrebbe dato una risposta sincera.
-Forse perché ieri ti ho fatto soffrire, e
sembravi arrabbiata con me quando te ne sei andata- pensò ad
alta
voce guardandomi fissa negli occhi.
-Primo non è colpa tua la mia sofferenza, secondo non
ero arrabbiata con te ieri volevo semplicemente andare a casa il
più
presto possibile- mi dispiaceva averle dato l'impressione di essere
in collera con lei, in verità non so neanche io cosa mi
aveva fatto
scattare la voglia di tornare a casa ieri sera, forse il destino era
scritto? Forse qualcuno voleva che incontrassi Bryan? Non lo
saprò
mai!
-Se è così...
basta perderci in stupide chiacchiere, al lavoro! Ho detto al capo
che non eri affatto una scansa fatiche vuoi o no dimostrarglielo?- il
tono era giocoso, capii che si fidava molto delle mie parole.
-Si signora!- esclamai.
Il lavoro
era abbastanza piacevole, si trattava di sistemare negli scaffali i
libri e di aiutare i clienti a trovare i testi di cui chiedevano
informazioni, non era difficile sapere se un libro era presente nel
negozio, bastava digitare al computer il titolo o l'autore e sullo
schermo appariva all'istante in quale scaffale si trovava il libro
cercato, oppure se non era presente appariva l'opzione che permetteva
di prenotarlo all'istante.
I pensieri malinconici lasciavano stare il mio corpo mentre
lavoravo, la maggior parte della gente dice che il lavoro è
stressante invece per me era l'esatto contrario.
Ambra
mi spiegò tutto ciò che c'era da sapere e mi
aiutò durante tutta
la giornata, anche la sua presenza era una sorta di antidoto, la sua
felicità era contagiosa, e per un attimo giurai che forse
avevo
dimenticato tutto. Ma ogni tanto qualche parola o qualche persona mi
faceva
tornare in mente Bryan, o la mia ormai defunta famiglia e ancora
sentivo lo stomaco schiacciato. Pareva
che qualcuno mi avesse colpito con una sorta di maledizione.
Le mie quattro ore di lavoro terminarono ben
presto.
-Per
oggi abbiamo concluso- annunciò Ambra, facendo finta di
togliersi il
sudore dalla fronte candida.
-Mi piace questo lavoro- esclamai estasiata, mi sentivo
stranamente appagata.
-Certo... io sapevo che ti sarebbe
piaciuto...- disse così e poi si mise una mano sulla bocca
come se
avesse detto qualcosa che non doveva dire.
Tolse la mano dalla bocca con un gesto teatrale, e mi
guardò con occhi terrorizzati. Non riuscivo a capire
perché
la sua espressione fosse cambiata tanto.
-Ambra c'è qualcosa che non va?- il mio tono era preoccupato
Non reagiva sembrava non
sentirmi, cosa le stava accadendo? Mi guardai attorno per vedere se
c'era qualcuno o qualcosa che
potesse averla spaventata, ma non c'era niente a parte alcuni signori
intenti a curiosare tra gli scaffali per passare un po' di
tempo.
-Ambra mi vuoi rispondere?- mi prese la mano e
mi trascinò verso una porta che conduceva nel magazzino, la
mia
preoccupazione salì e il cuore cominciò ad
accelerare. Entrate mi
fece accomodare su uno scatolone, mi guardò negli occhi con
la
stessa faccia terrorizzata.
Per la prima volta osservai bene il suo viso.
Il viso di Ambra se pur
contorto dalla paura era perfetto, bellissimo. La sua bellezza era
quasi surreale, simile a quella di
Bryan: quei tratti sembravano disegnati da un esperto pittore e poi
era avvolta da una luce strana, una luce mistica. Tutte
caratteristiche che conoscevo abbastanza bene , che avevo
già
incontrato, e che mi avevano già insospettito.
Non era possibile...Ambra era un... Adesso capivo
perché era così terrorizzata pensava che quella
la frase l'avesse
compromessa, pensava di avermi detto chiaramente che era lei la causa
di questo nuovo lavoro, perché sapeva perfettamente chi ero
e che
cosa mi piaceva. Ma cosa ci faceva qui?
Soprattutto perché era venuta da me? Con quale
scopo?
-Giada hai capito...- parlava a bassa voce.
-Sì tu sei...-
mi tappò la bocca con una mano zittendomi.
-Zitta per pietà non vorrai cacciarmi
nei guai, io ho capito che tu sai - un'altra, ma gli Angeli soffrivano
per caso di qualche virus che non permetteva loro di dire
ciò che
pensano, detto ciò mi tolse la sua mano da davanti.
-Sei qui per Bryan? Sei qui per
conto suo?- la mia voce era stizzita, ma se la risposta fosse stata
“si”, voleva dire che interessavo ancora a Bryan.
-No- il mio umore tornò a terra -Ascoltami bene,
io faccio parte di un gruppo molto famoso nel mio mondo, dei
rivoluzionari che sono contro il capo del mondo, io sono qui per
aiutarti, sono stata mandata da un uomo di nome Paride-
Così come Ambra mi era
apparsa da subito una persona speciale, così perse subito la
mia
fiducia.
Ero veramente
infuriata, non la volevo più vedere: primo perché
mi ricordava
troppo Bryan, secondo perché non ero sicura se mi avessero
condizionato i suoi poteri ad avvicinarmi a lei. Ed ora cosa stava
blaterando: mondo? Capo del
mondo? Cos'è lingua farfallina? Ma a me in fondo non me ne
fregava
un bel niente di quello che stava dicendo anche se fosse stata la
ricetta della formula della vita eterna. L'unica cosa che mi
interessava era se
avesse usato qualche strana influenza su di me! Io non volevo essere
la marionetta di nessuno!
-Hai usato qualche potere su di me? Voglio la
verità!- la sua mano ritornò sulla mia bocca per
farmi zittire,
cercai di divincolarmi, ma era troppo forte, eppure era così
piccola.
-Andiamo
alla Grotta delle Meraviglie- non ho avuto neanche il tempo di
pensare alle sue parole, che una luce accecante mi aveva abbagliato
costringendomi a chiudere gli occhi.