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Autore: xkissmejdbieber    05/02/2012    4 recensioni
"..cominciò a cantare con lui, erano due voci sole. Si guardavano negli occhi perdendosi e rincontrandosi, lasciando scorrere la musica nell’aria. Liberi di essere."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioveva a dirotto, era il due di ottobre e nessuno si aspettava quel temporale. Guardò Justin intento a guardare le nuvole scure, l’aria era cupa e la temperatura si era abbassata di molto rispetto a quando quella mattina erano entrati. Lui si girò a guardarla, dovevano tornare a casa ma si sarebbero bagnati tutti. Angela era dietro di loro che rideva chissà perché , le avrebbe voluto spaccare tutti i denti con un cazzotto, ma non poteva. Justin deciso le prese la mano, le sorrise e le disse: “Non smetterà di piovere certamente. Corriamo.”
Sentì lo sguardo pungente e rabbioso di Angela sulla schiena, invidiosa, smise di ridere, ne fu lieta. Cominciarono a correre sotto la pioggia che cadeva fitta, i vestiti leggeri che si bagnavano, lo zaino sulle spalle. Justin la guardò negli occhi e le sorrise. Lei arrossì ma per non farglielo capire abbassò il volto. Era completamente bagnata, erano quasi sotto casa di Justin. Si girò a guardarlo. I capelli bagnati erano attaccati alla fronte, minute goccioline d’acqua gli imperlavano le guance, colavano giù per il mento sotto quella pioggia insistente. Lo sentì tremare, la sua mano era meno calda di prima, aveva freddo. Erano davanti a quel palazzo rosa antico che le piaceva tanto dove Justin abitava. Lui guardò distrattamente casa sua, non le lasciò la mano. Le chiese: “Ora c’è tua madre a casa?”
Scosse la testa. Sarebbe andata a pranzo con Paolo, il suo nuovo ragazzo, un modello di sette anni più giovane che lei detestava. Era molto bello lo ammetteva, ma aveva il quoziente intellettivo di un cocomero ammaccato, cioè pari a zero. Non avrebbe visto la madre fino alle cinque se tutto andava bene, meglio così. Justin le sorrise e riprese a correre, mano nella mano sotto la pioggia. Si ritrovò a riflettere che sembrava la scena di un film, con la piccola differenza che loro due erano solo buoni amici e mai ci sarebbe potuto essere qualcosa di più. Lui non era mai stato a casa sua, così nella loro corsa stavano per passare l’edificio panna in cui abitava. Piantò i piedi per terra e strinse la presa, lui si fermò.
“E’ qui che abito.” Disse indicando con un cenno del capo il palazzo. Prese le chiavi e aprì il portone. Cominciarono a salire le scale, Justin era dietro di lei. Si augurò che non le stesse guardando il culo come chiunque avrebbe fatto. Si girò improvvisamente e lo trovò che le fissava il culo. Si rese conto di essere stato scoperto e arrossì violentemente.
“Scusa, non volevo. E’ stato più forte di me.”
Lei cominciò a ridere. Sembrava un bambino colto a rubare merendine. Erano arrivati, aprì la porta e buttò lo zaino per terra. Lo fece entrare e richiuse la porta. Si rese conto che per terra c’erano delle pozze d’acqua dovute all’acqua impregnata nei loro vestiti. Si tolse le scarpe.
“Justin stai fermo qui, non ti muovere, potremmo bagnare tutta la casa.”
Salì le scale che la mamma aveva fatto costruire per unire i due appartamenti, uno sopra l’altro sotto, che aveva comprato e si cambiò. Prese il phon, una sua felpa di tre taglie più grande e i pantaloni della tuta che sua madre usava quando era più grassa, molto tempo prima. Tornò di sotto e porse i vestiti a Justin.
“Indossali, almeno non sarai tutto bagnato.”
Si voltò e andò in bagno dove cominciò ad asciugarsi i capelli corti. Justin sopraggiunse con i vestiti bagnati in mano, lei li prese e cominciò ad asciugarli. Si girò verso Justin che guardava i vestiti che lei aveva in mano e sentendo il suo sguardo su di lui la fissò negli occhi. Si perse in quegli occhi color miele, grandi e dolci, espressivi. Ruotò il polso della mano destra con cui teneva il phon verso di lui e glie lo puntò in faccia. Lui sobbalzò e glie lo tolse di mano per asciugarsi i capelli, quando furono quasi asciutti la fece girare e glie li asciugò dietro prendendo con delicatezza ogni ciocca corta e facendole venire i brividi. La fece girare e le asciugò del tutto i capelli. Poi le puntò in faccia il phon spegnendolo con l’indice della mano sinistra dato che era mancino e le urlò:
“Mani in alto, questa è una rapina.”
Lei si girò e cominciò a correre, lui posò il phon e la ricorse per tutto il salone poi le balzò addosso facendola finire sul divano. Era sopra di lei e tutti e due erano persi negli occhi dell’altro, si guardavano e sorridevano come due ebeti poi lui rotolò giù dal divano cadendo per terra sul sedere. Si alzò massaggiandosi il deretano dicendo: “Oh che dolore.”
Lei rise e lo vide avvicinarsi al pianoforte in uno degli angoli del salone e sedersi lì. Justin appoggiò le mani sui tasti, cominciò a suonare. Le note che uscivano dal pianoforte erano cariche di tristezza, di dolore, sembrava che a suonare fosse l’anima del ragazzo che si riversava sul pianoforte che per uscire fuori e diventare libera diventasse musica.
“I never thought that it’d be easy,
‘cause we’re both so distant now,
and the walls are closing in on us
and we’re wondering how..
no one has a solid answer
but just walking in the dark
and you can see the look on my face it just tears me apart."
La sua voce chiara e dolce era struggente.  Si alzò e si sedette accanto a lui sullo sgabello. Lui suonava ad occhi chiusi, sapeva dove poggiare le dita. La canzone finì e aprì gli occhi come se si fosse appena svegliato, come se fosse ritornato di nuovo per terra, ancorato alla realtà dopo aver volato.
“Era stupenda.. ma l’hai scritta tu?”
“Si, adoro suonare e soprattutto cantare. Sin da bambino adoro la musica, mia mamma amava cantare e mio padre suona la chitarra.”
“come hai imparato a suonare il pianoforte?”
“Provando.. non è l’unico strumento che so suonare, sono bravo con la chitarra e la batteria ma so suonare anche la tromba.”
“Caspita.”
Lo vide poggiare di nuovo le dita sui tasti e cominciare a suonare con forza “let it be”. Conosceva la canzone e cominciò a cantare con lui, erano due voci sole. Si guardavano negli occhi perdendosi e rincontrandosi, lasciando scorrere la musica nell’aria. Liberi di essere. Gli accordi terminarono e i loro volti erano vicinissimi, a separare le loro bocche qualche centimetro..  quando sentirono sul parquet il rumore di un paio di tacchi a spillo e entrò sorridente nel salone la mamma si Sofia. Rovinava sempre tutto quella donna.





ANGOLO AUTRICE.
non l'ho aggiornata per un po' di tempo,mi  auguro che vi piaccia.
Nel prossimo capitolo ci saranno dei colpi di scena èè
Se vi è piaciuta fatemelo sapere,
@kissmejdbieber on Twitter.

                                                                                                                      
 






  
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