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Autore: Zelfa95    06/02/2012    1 recensioni
Non avrei mai pensato che una frase, una semplice frase, avrebbe cambiato la mia vita. Trascinandola in qualcosa di fantastico irreale … e suo malgrado totalmente irresistibile.

Non mi resi conto di quanto sarebbe stato pericoloso, o forse non volevo rendermene conto, rischiavo di diventare la sua cena. Ogni minuto che passavo con lui rischiavo di morire. Ma non me ne importava.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5° distacco
Mi svegliò il rumore di un bip.
Ero frastornata, due voci si confondevano l’un l’altra nella mia testa.
Cos’era successo?
Dov’ero?
Il mio ultimo ricordo era una scena del film che stavo vedendo con i miei amici, l’ultima scena.
Ricordavo perfettamente l’intensità di quel bacio, l’intensità dell’amore tra il vampiro e l’umana.
Il coraggio del vampiro e la tenacia nel reprimere la sua voglia di sangue.
L’amore perfetto, che forse nella realtà non sarebbe mai esistito.
Quelle due voci maschili confuse divennero a mano a mano chiare.
Fino a diventare delle urla. 
 ringhiò Riven.
Di cosa stavano parlando?
La sua voce era aggraziata anche se era così tormentata.
 disse Daniel inorridito.
Ci fu una breve pausa, poi Daniel riprese a parlare, anzi no ad urlare.
 ruggì Riven.
Insieme all’udito iniziarono a tornare tutti i sensi.
Sentivo di nuovo il resto del mio corpo, era ancora un po’ intorpidito.
Non riuscivo ancora ad aprire del tutto gli occhi ma scorgevo delle sagome sfocate che si muovevano molto velocemente sembravano preoccupate e non erano molto lontane da me.
Ero sdraiata in un letto. 
Ero scomoda, il cuscino era ruvido e bitorzoluto. Probabilmente non ce n’era solo uno, ma tanti piccoli cuscini ammassati dietro la mia schiena.
Erano veramente scomodi, avrei voluto alzarmi.
Sentivo anche qualcosa di appiccicoso sul naso, e diversi aghi nelle braccia che pungevano la mia pelle indolenzita.
Capii dov’ero.
Tutti quei particolari mi facevano pensare ad una stanza d’ospedale.
C’era anche l’odore strano di medicinali.
Intanto la schermaglia fra i due continuava.
Sarebbe durata per molto?
Avrei voluto dire qualcosa, ma la voce non usciva dalla mia gola secca.
 ci fu una pausa.
 diceva Daniel in tono freddo.
Ma di chi stavano parlando?
Di me?
 disse Riven. La sua voce era arrabbiata.
 continuò Riven. Poi la voce gli si bloccò in gola.
Non terminò la frase.
Daniel ricominciò ad urlare
 a quel punto era chiaro, stavano parlando proprio di me. Ma se Riven mi amava perché mi aveva respinta?
Era impossibile.
Daniel continuò.
Nessuno rispose … ci fu solo silenzio. I secondi saettavano veloci. Ma nessuna voce rompeva quel silenzio. 
Ad un certo punto dubitai che ci fosse ancora qualcuno. 
A quel punto anche lo scorrere del tempo ricominciò ad avere un senso.
Era scandito dai bip irregolari che sentivo al mio fianco.
Poi sentii Riven parlare
 la sua voce si ruppe e si fermò. La sua voce era gonfia di dolore ed ero sicura che se avessi aperto gli occhi avrei trovato il suo viso dolorante.
Perchè a quelle parole avevo sussultato? 
Cosa voleva dire?
Feci fatica a sentirlo a  concentrarmi su quelle parole per dargli un senso.
Cosa intendeva con "dovrei lasciarla a te"?
Che mi avrebbe abbandonata?
Fui pervasa dalla paura, quell’opzione non volevo nemmeno prenderla in considerazione.
Era così difficile pensare a una vita senza di lui.
E improvvisamente ricordai quelle settimane senza di lui. 
Erano state una tortura, e non volevo provare di nuovo quel dolore.
Non riuscivo ad immaginare la mia vita senza Riven.
Non avrebbe avuto senso.
Un’esistenza senza di lui sarebbe stata come il cielo senza il suo sole.
Il buio avrebbe avvolto la mia intera esistenza.
Non potevo accettarlo.
 chiesi quasi urlando, avrei voluto mantenere un tono di voce sereno ma non ci riuscivo.
Non so come, ma la voce mi tornò di colpo.
Entrambi si voltarono, mi guardarono e tirarono un sospiro. 
Chissà quanto avevo dormito.
Poi si avvicinarono.
 disse Daniel e mi prese la mano.
chiese dopo una pausa. Sembrava che scandisse le parole apposta. Sembrava temere che non capivo.
Daniel era li vicino a me, che mi cominciava già a coccolare, mentre Riven si avvicinava al mio letto.
Nel complesso stavo bene.
 ripresi fiato. Tutti quei tubicini mi davano fastidio.
 dissi con voce ferma.
Ovviamente a rispondermi fu Daniel
 sorrise a quella parole, detta da lui sembrava così banale.
Poi ricominciò a parlare
. Sgranai gli occhi.
<14 ore.> corresse Riven
 aggiunsi svelta.
Non era questo il mio obbiettivo.
 mi sforzai e feci un sorriso voltandomi verso Daniel.
 dissi nella maniera più dolce che potevo assumere.
 disse in tono implorante e confuso.
Ecco la calma era finita, sempre se fosse mai iniziata e il mio tono dolce si frantumò
 urlai. 
Rimasi sorpresa.
Dove avevo trovato tutta quella grinta?
Volevo veramente così tanto parlare con Riven di una cosa che mi faceva soffrire?
Beh in ogni caso Daniel, senza aggiungere nulla, uscì dalla stanza lasciandoci soli. Ripresi un respiro regolare e spostai il mio sguardo su Riven
Si sedette sul bordo del letto. 
Il più lontano possibile da me.
 Poi prima di parlare si schiarì la gola.
 
Ma cosa stava dicendo?
Aveva capito benissimo di cosa stavo parlando.
Perché continuava a fare l’indifferente?
Sbottai esasperata
 si irrigidì un po’
Attesi una risposta che però non arrivò e forse non sarebbe mai arrivata.
Riven teneva gli occhi bassi e stava muto.
Era una cosa che mi snervava.
Così formulai una nuova domanda
Ancora nessuna risposta e di nuovo stette muto.
Cercai di alzarmi.
Volevo con tutto il cuore che almeno mi guardasse.
Che abbattesse quel muro che si stava innalzando tra noi.
Che con i suoi occhi scrutasse all’interno della mia anima per vedere quanto stavo male.
Ma quando feci leva sulle braccia per mettermi a sedere lui mi rimise giù dicendo
 si rabbuiò.
Si sentiva colpevole ma non lo era, non per me.
Io gli toccai un braccio per tenerlo vicino a me e per confortarlo
lui si alzò bruscamente.
Facendo cadere la mia mano sullo spazio vuoto dove prima c’era lui.
Invece di rispondermi formulò una nuova domanda
 sembrava avere l’affanno.
 
Perché ora era arrabbiato?
Cos’avevo fatto?
Sgranai gli occhi. 
Quindi, secondo lui, ero io quella che sbagliava?
Non ci credevo, non potevo crederci. 
La voce mi tremava.
Provai a dire qualcosa, ma inizialmente non ci riuscii
Poi tentai di nuovo. La mia voce era instabile, infatti ora era di nuovo bassa.
 mi fermai un attimo. Poi con tono più alto continuai.
Ma prima devi guardarmi negli occhi, essere sincero e dirmi che non provi niente per me>
Dovevo chiarire quella situazione una volta per tutte.
Non poteva continuare a ferirmi così.
Lui rimase immobile per qualche secondo.
Poi, senza cenno di alcun tipo di emozione, strinse i pugni, alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono i miei
Lacrime mute iniziarono a bagnarmi le guance. Le sue parole mi trafissero come una pugnalata in pieno petto.
Ma facevano più male.
Bruciavano più di ogni altra ferita.
 dissi quasi senza fiato. Le lacrime continuavano a scendermi spudorate.
Bruciavano sulla mia pelle. La ustionavano.
Poi chiusi gli occhi e mi sdraia coprendomi il volto col lenzuolo. 
Quello era il punto di non ritorno.
Il punto in cui la mia vita non avrebbe avuto più senso.
Avevo perso il mio tesoro più grande.
Il mio Riven.
Stava per andarsene. 
Io farfugliai
Esitai ma poi risposi.
Si irrigidì.
 desse con voce seria
Lui si rabbuiò.
Quelle parole risvegliarono la mia rabbia.
 continuai a piangere.
 sapevo che sarebbe stata dura. Ma dovevo farmene una ragione.
Lui non mi amava.
Non mi amava come io amavo lui.
Dopo quell’ultimo “chiarimento” sentii la porta chiudersi.
E ora cosa sarebbe successo?
Avrei mai trovato una risposta a questa domanda?
Passai due settimane in ospedale.
C’era Daniel che veniva puntualmente ogni giorno verso le 5.
Mi portava sempre fiori diversi.
Riven non era venuto nemmeno una volta.
Nemmeno per vedere da lontano se stavo bene.
Ma ormai sapevo che non gli interessava.
Come sempre guardai fuori dalla finestra. 
Ormai era l’unica cosa che facevo.
Aspettavo sempre di trovare una volvo blu nel parcheggio.
Sarebbe venuto oggi?
Era la domanda che mi facevo tutti i giorni.
 disse Daniel traducendo i miei pensieri in parole.
 risposi solo questo. Ormai non mi andava più di parlarne. 
Mi faceva solo male
 rispondevo solo con risposte brevi e concise.
 in quella stanza avevo parlato per l’ultima volta con Riven. 
Quel nome faceva male più di uno schiaffo.
In quella stanza lo avevo visto per l’ultima volta.
Daniel sbuffò.
 non ero interessata a cos’avesse ma non volevo ferirlo.
 
Mi stava innervosendo.
<È in pausa. Accontentati di questa Avril. Sennò va via.> ecco stavo cacciando anche lui. 
Mi aspettavo che se ne andasse arrabbiato.
Ma non lo fece.
Si alzò, si avvicinò a me e mi baciò la fronte.
 disse.
 
Era una promessa?
 mi spostai un po’.
 aveva ragione. Avevo bisogno di aiuto. 
Ma il problema era che non volevo farmi aiutare.
 si arrese e salutandomi andò via.
Passarono alcune settimane.
Stavo sempre in casa.
La mia routine sarebbe diventata scuola casa, casa scuola.
Non uscivo più perché non mi divertivo più. Ma di certo non potevo continuare così.
Stavo cadendo in depressione.
Dovevo trovare qualcosa che mi distraeva anche di poco. 
Decisi che quel giorno sarei andata a scuola.
Mi sentivo molto meglio.
Erano ancora le 7.00 così scesi in cucina per fare colazione.
Presi dalla credenza una tazza e i soliti cereali. 
Poi aprii il frigo. 
D’improvviso alle mie spalle sentii una voce.
Sobbalzai e il cartone del latte mi cadde. 
Rovesciai quasi metà del latte a terra.
Era mia madre.
 mi chinai per prendere il cartone con quel che rimaneva dentro.
 sembrava preoccupata.
 
Mia madre sgranò gli occhi.
 dal giorno che ero tornata a casa non mi faceva fare quasi niente.
 ovviamente non sapeva niente di quello che era successo tra me e Riven. La mia famiglia, come la sua, sapeva solo che avevamo litigato.
 sorrise.
Decisi di non fare colazione, anche perché pensando a lui mi era passata la fame.
Lo stomaco mi si era chiuse.
 posai il latte sulla mensola della cucina.
 mi accarezzò la guancia.
 sorrisi e andai a cambiarmi.
La giornata a scuola passò tranquilla.
Anche se sentivo costantemente gli occhi di Riven addosso.
Nell’ora di mensa, Riven si sedette al tavolo di Cristina. Ormai passava tutto il tempo con lei.
Li stavo fissando quando Daniel mi parlò.
Distolsi lo sguardo.
 aggiunsi svelta e afferrai il panino al prosciutto che c’era nel mio vassoio.
Poi quando ingoiai anche l’ultimo boccone di quel panino la campanella suonò
Arrivati davanti casa Daniel spense il motore.
Io aprii la portiera, stavo per scendere.
Si, senza che me ne rendessi conto era arrivato sabato. 
Io sarei rimasta a casa come al solito.
 sembrava imbarazzato.
 sgranai gli occhi. Ecco il perché del passaggio. 
Non era semplice gentilezza quella?
 si, avevo proprio bisogno di distrarmi. Ero dubbiosa.
Ci pensai un attimo, esaminai la proposta con cura e alla fine arrivai alla conclusione che non mi sembrava il caso di passare del tempo da sola con lui
 dissi gentilmente.
Lui non smise di sorridere, abbassò lo sguardo.
Sembrava arreso.
Quante volte erano che lo vedevo così?
Mi stavo comportando veramente male con lui.
In fin dei conti cercava solo di aiutarmi.
Poi disse qualcosa con un tono di voce basso.
Scesi dall’auto. Stavo per andarmene in aula quando Daniel abbasso il finestrino per dirmi qualcosa.
 poi sorrise e la macchina partì a velocità impressionante verso lo sfrecciato che passava per il bosco e portava a casa sua.
Entrai in casa.
Non c’era nessuno. 
Nella casa regnava il silenzio più totale.
Dov’erano finiti tutti?
Sul tavolino dell’ingresso dove poggiai le chiavi c’era un bigliettino da parte di mamma.
Amore io e papà portiamo Kevin dai nonni. 
Torniamo domani sera.
Cambiare aria non può che fargli bene. 
Sai che adora la natura.
La cena è nel frigo.
Divertiti con i tuoi amici.
Bacioni mamma
Avrei passato due giorni sola.
Andai dritta in camera.
Buttai la cartella a terra. 
Mi sdraiai un po’ sul letto.
Chiusi gli occhi e come sempre vidi il suo volto. Vidi Riven.
Mi mancava veramente tantissimo.
I giorni passavano vuoti. Ogni rintocco di orologio non aveva più alcun senso per me.
Mi affacciai alla finestra.
Da li potevo vedere la casa di Riven. Mi mancava troppo. Dovevo vederlo anche solo da lontano.
Non lo notai subito, ma dopo un attimo mi accorsi che nel giardino c'erano due persone. 
Una era molto riconoscibile e particolarmente familiare per me, era Riven.
Mentre l’altra feci un po’ più di fatica per riconoscerla, era Cristina.
Si tenevano per mano.
Sentii qualcosa nascere nel profondo del petto.
Mi concentrai.
Volevo sentire cosa dicevano.
Ci riuscii e sentii Riven felice.
 aveva un tono dolce.
Fui pervasa da una furia assurda.
Non tanto perchè ero gelosa x lui, ma perchè al posto di Cristina dovevo esserci io!
Da quanto non sentivo Riven così felice?
Lei lo rendeva felice e questo mi dava più fastidio di tutto forse.
Andai a recuperare il cellulare.
Svelta composi un numero che non avrei mai creduto di dover chiamare.
Rispose al primo squillo
 ero imbarazzata.
 pensavo sarebbe stato più difficile chiamarlo e parlargli.
Ma in realtà sembrava una cosa del tutto semplice e naturale.
 la sua voce si rianimò.
 sorrisi e le mie guance si colorarono di rosso.
 dissi con una punta di malinconia. Stavo ancora guardando fuori dalla finestra. Quel giardino ora era vuoto.
Mi ritornò in mente quando in quel giardino io e Riven ci divertivamo da matti da bambini.
 chiese Daniel preoccupato.
 riaggancia prima che lui potesse rispondere. 
Chiusi la tenda e mi sedetti a fare i compiti.
Come al solito la giornata trascorse lenta.
Non impazzivo all'idea di passare una giornata da sola con Daniel.
Ma ne avevo bisogno.
Non potevo continuare a torturarmi così.
Dovevo togliermi Riv … emm … lui dalla testa.
Feci una doccia.
Mi vestii.
Indossai un paio di Jeans neri e una maglia rossa con dei disegni in nero.
Iniziavo a diventare psicopatica. 
Ogni cosa, ogni minima cosa mi ricordava lui.
Quella maglia l'avevamo comprata due mesi prima insieme, 
in quella stanza qualche settimana prima ci eravamo quasi baciati e la borsa che pensavo di prendere me la aveva regalata lui.
Dovevo trovare una distrazione o sarei impazzita.
Dopo circa dieci minuti scesi al piano di sotto, stavo cercando il mio lucidalabbra, non lo trovavo.
Sentii suonare alla porta, infilai le ballerine nere che erano vicino all’ingresso, ravvivai i boccoli buttandoli in avanti ed andai ad aprire.
Come immaginavo era Daniel che tutto sorridente mi aspettava sulla porta. 
#Disse dandomi un bacio sulla guancia.
Era come se la sera del film non fosse successo niente per lui.
Mi prese per mano e disse dolcemente
 la mia espressione era confusa.
 spiegò ed io arrossii, ma non mi tirai indietro.
 ero curiosa.
I suoi occhi si illuminarono
Rimasi senza parole e lui fraintese pensando che non ne avevo voglia.
<… Se ti va naturalmente> concluse speranzoso.
Era davvero molto tempo che non andavo in spiaggia.
Adoravo il male, e dove vivevo io faceva sempre troppo freddo per fare il bagno se non in luglio o agosto.
Sorrisi.
In effetti mi avrebbe fatto piacere
Era una buona idea. Mi avrebbe distratta sicuramente.
L’ebbrezza del mare poteva fare miracoli.
Salimmo in macchina Daniel diceva che per un tratto, fino in centro, avremmo proseguito con la macchina ma che poi saremmo dovuto proseguire a piedi. 
L’idea non era male come sembrava.
Mentre guidava lo fissai.
Aveva veramente un bel viso. Ma niente di distraeva del tutto da Riven.
Ma stare con Daniel, a dire il vero, mi risultava più facile di quanto pensassi.
Mi bastava solo lasciarmi andare.
Divertirmi. 
Come avevo sempre fatto.
A parte alcuni particolari era tutto come prima.
Quando iniziammo ad incontrare i primi pedoni Daniel iniziò a cercare un parcheggio. Era sabato e ovviamente i parcheggi erano quasi tutti pieni.
Tra tutte le macchine notai una molto famigliare.
Una Volvo blu.
Ma sicuramente era di qualcun altro.
Non poteva essere li.
Trovammo un po’ di spazio.
Io avrei scommesso che la sua BMW non ci sarebbe mai entrata. Ma con estrema facilità lui parcheggiò e aprendomi la portiera mi invitò a scendere.
Parcheggiata la macchina mi fece scendere e iniziammo a camminare assieme.
Mi comprò anche un gelato.
Io non avevo fame, ma insistette per comprarmelo ed io senza tante storie accettai.
Mi trovavo bene con lui. Mi riempiva la mente.
Finalmente dopo tanti giorni avevo qualcuno con cui sfogarmi, con cui poter essere una persona normale.
Era come dire … la mia ancora di salvezza …
Con lui potevo parlare liberamente.
Ma per ora non me la sentivo di parlare di Riven.
Era un bel momento quello e volevo godermelo.
Scendemmo le scale che portavano in spiaggia e iniziammo a comminare sulla sabbia.
Era di un colore strano sotto i riflessi della luna.
E si, quella sera la luna splendeva in alto felice.
Presi con la mano libera le ballerine.
Lasciai la mano di Danirl e corsi per alcuni metri.
Mi godevo la brezza fresca sulle braccia nude, la sabbia fra le dita dei piedi e il tessuto leggero del vestito aderire al mio corpo.
Poi mi immobilizzai.
Ero assalita da un ricordo, un ricordo vivido nella mia testa.
Io e Riven pochi mesi prima, non più di tre comunque, su quella spiaggia, intorno a quella stessa ora a fare il bagno.
Ricordavo benissimo la scena. Era chiara e impressa nella mia mente, il cuore mi bruciava. Portai le braccia al petto.
Eravamo usciti per fare una passeggiata, ma arrivati sulla costa io avevo voluto immergere i piedi. Alla fine ero entrata in acqua testardamente, e mi ero bagnata tutta, con Riven al seguito.
Era un tempo stupendo.
Quando stavamo insieme senza problemi e io adoravo stare con lui, anche stare con lui bagnata e con i vestiti che aderivano al corpo.
Non provocava nessun imbarazzo.
Nessun timore. Mentre ora non ci sfioravamo nemmeno.
Lui era parte naturale di me.
Esattamente come io lo ero di lui.
Daniel che mi aveva seguito, al suo passo in quel momento, mi corse incontro abbracciandomi e sussurrando preoccupato
 vide le mie guance bagnate da lacrime mute e provò a consolarmi.
Tirai su col naso e dissi
 
Dopo un attimo Daniel senza sciogliere l'abbraccio mi fece sedere a terra con lui.
Mi prese il viso con una mano e disse
Non ti farei mai soffrire> quelle sue parole mi alleviavano il dolore, le sue braccia mi cullavano.
Poi si fermò.
Alzai un po’ la testa per vedere che stesse facendo.
Avvicinò lentamente il suo viso al mio.
Forse troppo lentamente.
Feci in tempo a notare le due sagome alle sue spalle.
Li riconobbi entrambi. Erano mano nella mano, sembravano due innamorati. Alle nostre spalle Riven e Cristina stavano parlando. 
La mia reazione fu tanto stupida quanto insensata.
Non l’avrei fatto se Riven non fosse stato li.
Avevo molta confusione in testa.
Il mio cuore era ferito e ormai non batteva più come prima. 
Mancavano alcuni ingranaggi.
Con le lacrime agli occhi avvicinai con meno lentezza il mio volto a quello di Daniel
Lo baciai, senza motivo, con un passione così intensa che tutto avrebbe potuto prendere fuoco.
Si, tutto intorno a noi stava prendendo fuoco.
Quella passione però mi feriva, quel bacio mi feriva.
Un dolore forte, penetrante infliggeva colpi duri al mio cuore instabile.
Mentre le mie labbra premevano vigorosamente sulle sue, i miei occhi erano sgranati.
Cosa stavo facendo?
Che mi passava per la testa?
Non guardavano Daniel fra le mie braccia.
No,fissavano Riven.
I miei occhi erano gonfi di lacrime.
Dentro avevo un odio e una potenza che cercavo di sopprimere baciando Daniel.
Quel bacio era privo di amore.
Lo sguardo di Riven incrociò il mio.
Si, lo capiva anche lui.
Era così evidente il mio sforzo, il mio tentativo di farlo infuriare.
Una scintilla, probabilmente di rabbia, brillò nei suoi occhi.
Forse ci stavo riuscendo.
Forse quello che mi aveva detto in ospedale non era vero.
Impossibile.
I suoi occhi quel giorno nei miei erano così sinceri.
Lasciò la mano di Cristina, che rimase a bocca aperta a fissarlo, e corse verso di me.
Sentivo qualcosa nascere dentro.
Cos’era felicità?
Era così tanto tempo che non lo ero.
Mi sembrava un’eternità.
Io feci finta di nulla, chiusi del tutto gli occhi e continuai a baciare Daniel.
Poco dopo sentii il suo corpo scomparire della miei braccia.
Dov’era finito?
Riaprii gli occhi e vidi Riven che teneva Daniel per un braccio e urlava arrabbiato
Quelle parole avrebbero dovuto rendermi felice, ma mi urtavano.
Io mi alzai in piedi e lo raggiunsi
Urlai.
La mia voce era stridula, ora non piangevo più per il dolore ma per la rabbia.
Lui batté le ciglia incredulo.
 a quella parola arricciò il naso.
Non mi amava.
L’aveva detto lui.
Allora perché continuava a farmi soffrire intromettendosi nella mia vita? Io allargai le braccia e poi mi avvicinai a Daniel
 feci una pausa.
Perché una volta per tutte non spiegava come stavano realmente i fatti?
Detta così sembrava una cosa da nulla.
Riven mi fulminò con lo sguardo poi strattonò Daniel via da me.
 
Quello era veramente troppo.
E da quando?
Da quando ero diventata proprietà privata?
No, non poteva fare così.
Questa frase mi fece davvero arrabbiare.
Come si permetteva?
Dopo tutto ciò che aveva fatto, come si permetteva LUI di giudicarmi?
Urlai
E detto questo mi buttai addosso a lui.
Non so ben cosa volessi fare, non gli avrei fatto nemmeno un misero graffio.
Era ovvio che Riven era molto più forte di me.
Ma combattevo da troppo tempo contro la voglio di prenderlo a cazzotti.
Continuavo imperterrita a picchiarlo.
Lui con un gesto abile mi prese le mani e me le alzò dicendmi sorpreso
Continua a dimenarmi.
Non mi importavano le sue parole in quel momento.
Continuavo a prenderlo a calci.
Esasperato sbuffò.
Con facilità mi sollevò da terra e mi mise delicato su una spalla.
Io continua a prendere a pugni la sua schiena e a calci il petto.
Ma era come picchiare una roccia.
Non gli avrei mai fatto niente.
Non mi accorsi  dove mi stava portando fin quando mi getto nell'acqua salata.
Ero ancora più arrabbiata di prima e di reazione lo presi per un braccio e lo tirai giù.
Sarei stata capace di affogarlo.
Ma si tirò su e si scansò un po’.
Mi voltai a fissarlo, per un attimo ci guardammo in cagnesco, poi scoppiammo entrambi a ridere.
D’improvviso sembrava che eravamo tornati quelli di un tempo.
E per un attimo il mio cuore cominciò a sperare in qualcosa che forse non ci sarebbe mai stato.
Con indosso la camicia bianca bagnata era ancora più bello del solito.
Guardare tutta quella bellezza sotto la luce della luna era magnifico.
Il tessuto aderiva ai muscoli del petto evidenziandoli e la pelle era bianchissima a contrasto con l‘acqua scura.
Probabilmente io non dovevo essere messa meglio.
Quando smisi di ridere lo guardai e gli chiesi con calma, senza provocarlo
La mia domanda era tanto ovvia come la sua risposta.
Lui tornò subito serio e disse
.
E così dicendo uscì dall'acqua lasciandomi li infradiciata e confusa. 
Ero rimasta lì immobile.
Riven e Cristina erano andati via e io fissavo il vuoto.
Il vuoto che lasciava sempre Riven dietro di se.
Daniel ,cercando di bagnarsi il meno possibile, mi raggiunse e mi aiutò ad alzarmi. 
Non lo guardavo in faccia.
La mia testa era affollata da mille domande.
 mi chiese preoccupato. 
Non risposi. 
Cosa avrei dovuto dirgli? 
Che stavo male?
 continuò frettoloso e mi porse la sua giacca.
Io la infila.
Il freddo iniziava a entrarmi nelle ossa facendomi tremare e battere i denti.
Mi sentii un po’ meglio con il suo giubbotto asciutto addosso. 
 cercai di sorridere.
Per tutto il viaggio nessuno dei due parlò.
Eravamo muti in macchina e quel silenzio era imbarazzante.
Io ero troppo frastornata per parlare e probabilmente Daniel voleva lasciarmi pensare con calma.
Mi persi nei miei pensieri.
Avevo tante domande e nessuna risposta.
Senza che me ne accorgessi arrivammo davanti a casa mia-
Mi affrettai a scendere.
 volevo essere almeno gentile.
Lui lo era sempre con me.
E senza aspettare una risposta mi fondai in casa.
Mi chiusi la porta alle spalle.
Probabilmente ci era rimasto male.
Ma non c’era spazio dentro di me x altre preoccupazioni.
Decisi che sarebbe stato il caso di farmi una doccia, avevo l’odore del mare.
Era piacevole.
Mi ero portata un po’ del mio posto preferito con me.
Mi misi sotto la doccia, e mi lavai con cura i capelli.
Sembravano un cespuglio così affondai senza pietà la spazzola per sciogliere i nodi.
Non volevo rendermi conto del mio dolore.
Continuavo a negare che non potevo dimenticare Riven.
L'acqua calda della doccia mi aveva rilassata e mi fece riprendere.
Ma l’agitazione tornò subito.
Ero ancora scombussolata da ciò che era successo.
In particolare dal quel momento.
Quel momento magico in cui sembrava essere tornato tutto come prima.
Mi ero sentito finalmente viva. Libera.
Il mio cure si era permesso di sperare. 
Riuscivo di nuovo a sentirmi me stessa.
Ma quel momento magico scomparve, proprio come lui. Tra l’oscurità della notte.
Però tra tutti i pensieri che mi affollavano la mente c'era anche Daniel.
Lo vedovo da due prospettive diverse.
La prima prospettiva era completamente illogica.
Mi ricordavo quel bacio, la passione, ma non l'amore che ci avevo messo.
Pensai anche che stare con lui non sarebbe stato troppo difficile. 
Dovevo solo lasciarmi andare.
Se glielo avessi permesso mi avrebbe fatto dimenticare Riven forse.
Ma il problema era quello.
Io non volevo dimenticare.
L’altra prospettiva invece era più reale.
Sapevo che non avrei potuto amare Daniel.
No, perchè il mio cuore apparteneva ad un altro.
Lo avrei solo preso in giro.
E non se lo meritava.
Uscii dalla doccia e tornai in camera.
Mi infilai il pigiama ed andai alla finestra.
Dalla quale vedevo la finestra della camera di Riven.
Le due finestre erano l’una di fronte all’altra.
La luce era ancora accesa.
Era tornato a casa prima di me e non sapevo se fosse ancora sveglio.
Ma la luce di camera sua accesa chiariva ogni mio dubbio e per un attimo mi sentii sollevata.
Ero quasi tentata di bussare alla sua porta.
Vedevo la sua ombra perfetta muoversi dietro il vetro.
Dopo un 'attimo però notai che non era solo.
Quel particolare non mi piaceva.
Cristina mi aveva vista.
Si affacciò alla finestra.
Prima sorrise con aria di sfida e poi, solo dopo avermi lanciato un'occhiataccia, aveva tirato le tende.
Mi chiesi cosa stessero facendo.
Ma poco dopo mi ricordai che non mi doveva importare.
Non ne dovevo avere ragione.
Lui non era mio!
Scesi in sala ed accesi la televisione giusto per distrarmi.
Non c’era nulla di interessante e cominciavo ad annoiarmi.
Feci scorrere i canali.
C’erano solo film sdolcinati che sinceramente non mi andava di vedere. Infine mi fermai su un film per adolescenti.
Non era proprio la solita lagna.
Lasciai quel canale
La solita storia del ballo di fine anno.
Fra le copie di cui parlava il film ce n'era una che mi interessò in particolare.
Ritraeva due ragazzi che stavano vivendo il loro momento di intimità, quel momento speciale per tutti. 
Chissà se anche Riven era così con quella biondina
Dal quale però io ero esclusa. 
Il ragazzo con cui desideravo vivere quel momento non era più al mio fianco, non era più mio. 
Non mi colpì la scena particolarmente ma l'idea che essa evocò.
Riven …
Cosa potevano fare due ragazzi di 19 anni in camera da soli?
La risposta era solo una ed era tanto ovvia che mi sentii una stupida solo a pensare quella domanda.
In quel momento non mi importava nulla delle sue parole, del fatto che non mi amasse.
Dovevo sapere cosa succedeva.
Presi il cellulare.
Le miei mani tremavano.
Feci vari tentativi prima di riuscire a scrivere bene l'opzione sconosciuto e composi il numero di Riven alla svelta.
Rispose al quarto squillo, cattivo segni.
Voleva dire che era occupato
disse dall'altra parte del telefono.
La sua voce era così soave.
Io fui molto attenta a non dire nulla.
Intanto dall’altra parte del telefono Riven continuava a parlare.
Poi d’un tratto  una voce bassa, femminile, mi fece sobbalzare
Era Cristina.
Allora era vero?
Stava davvero succedendo?
Non riuscivo a pensare! 
Stavo andando in iperventilazione.
Si sentì il mio respiro affannato forse.
Ma non ebbi il tempo per capirlo o per preoccuparmi,
Lascia cadere il telefono, e senza piangere mi rialzai.
Lo avevo perso, lo avevo perso per sempre. 
Questa volta non avevo altra scelta.
Non potevo più fare niente.
Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi che iniziavano già a bruciare di lacrime amare.
  
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