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Autore: Margaret Moonstone    06/02/2012    3 recensioni
Morte disse: "Specchio specchio delle mie brame, chi è la più potente del reame?". Quello rispose: "Ahimè padrona, tu sei forte, ma qualcuno lo è più di te... Amore."
E fu così che Morte cercava, Amore scappava, Dio assisteva, e venne fuori un Pandemonio. E Pandemonio generò le creature che persino Morte teme, tutti temono...tutti tranne Amore.
Una storia fantastica di avventura,mistero,passioni,bugie e soprattutto...Amore.
Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia sul roseto
 
                                                        PROLOGO
 
Beatrìce ascoltava la pioggia, assorta.
 
Era la sua musica preferita, una dolce melodia che non era mai uguale; le dava sicurezza.
Percepiva il suono di ogni singola goccia che cadeva dal cielo abbandonando la soffice culla delle nuvole per andare a morire sulla terra, nel giro di un attimo, infrangendosi sulla pietra dura delle strade già bagnate dal sangue trasparente delle sue compagne.
 
Si avvicinò alla finestra.
Il vetro trasparente e rigato dalle lacrime del cielo rifletteva l’immagine del suo viso.
La pelle candida, bianchissima, sfumata solo sulle gote di un rosa lieve e gentile.
Non un’imperfezione su quel volto angelico; la bocca pareva dipinta da un artista con un pennello sottile intinto in un colore estratto da petali delle rose più pure, il collo lungo e minuto, il corpo perfetto, dalle curve morbide e sinuose, la pelle soffice e profumata.
I capelli ricadevano lunghi ben più sotto le spalle, in eleganti ciocche ondulate del colore del grano, dai riflessi infuocati.
Gli occhi, di un blu che chi non li avesse visti di persona non avrebbe mai potuto immaginare, continuavano a fissare fuori dalla finestra, la pioggia.
 
Beatrìce era bellissima, una bellezza impossibile, inumana.
 
La sua perfezione era …sbagliata: nessuna creatura sulla terra poteva permettersi di essere perfetta.
Proprio per questo, la Natura l’aveva punita, impedendole di poter vedere la propria bellezza.
 
Beatrìce era cieca.
 
Era questa l’unica cosa che faceva di lei una donna, che ricordava al mondo che anche una creatura così splendida non era perfetta, che lei era un essere umano come tutti, e non un angelo.
 
Due occhi blu, specchi di un mondo interiore che apparteneva solo a lei; era il suo mondo, unico, fatto di suoni, sensazioni e sogni.
 
Solo sognando Beatrìce vedeva le immagini scorrerle nitide davanti agli occhi, immagini che le rimanevano impresse, scolpite nella memoria come tutti i ricordi che invano cercava di cancellare.
 
Beartrìce ascoltava la pioggia, assorta.
E ogni goccia che si infrangeva al suolo era un nuovo proiettile nel suo cuore, una nuova lacrima da quegli occhi che non potevano fare altro che piangere
  
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