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Autore: Nettlewild    06/02/2012    2 recensioni
Ti ricordi la prima volta che mi cantasti questa canzone, Stella?
Salve a tutti.
Io sono Nettlewild e questo è il primo racconto che posto per conto mio su Efp [visto che sono, assieme a XnihalX, la scrittrice di "Tutto grazie ad una stella cadente" (una ff su Kuroshitsuji)].
Quello che posto ora è un racconto scritto di mio pugno: non è tanto lungo ma è come se ci avessi messo dentro una parte di me.
La trama è semplice, non troppo articolata: i protagonisti veri e propri, anche se un 3 "personaggio" importante è la canzone che mi ha ispirata, che si chiama proprio "Angel's song" [cantata da Chloë Agnew]
Ogni tipo di commento è bene accetto, purché non sia offensivo.
Spero davvero che il mio racconto vi piaccia :) Vi prego di farmi sapere cosa ne pensate :)
Buona lettura.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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= La canzone dell’angelo =

={Angel’s Song}=

 

“Let wind blow, let fire burn
Let sea rise to greet sky
Let sun warm, let moon cool
For all the earth to breathe”


Ti ricordi la prima volta che mi cantasti questa canzone, Stella?
Io avevo cinque anni e tu diciassette.
Io ero triste ed arrabbiata perché avevo capito che tutte le magie e le cose fantastiche che succedevano nelle fiabe non accadevano mai nella realtà.
Quando te ne ho parlato, tu mi hai guardato storto e mi hai detto, inginocchiandoti di fronte a me: << Ne sei davvero sicura? >>. Io ti ho risposto di si con la faccia delusa e sconvolta di un bambino a cui è stato tolto il suo giocattolo e tu, corrugando la fronte, mi hai detto che mi avresti dimostrato che mi sbagliavo.
<< Puoi farlo davvero? Tu puoi fare magie Stella? >> ti ho chiesto io, guardandoti con occhi pieni di stupore e di speranza.
<< Vedremo >> mi hai risposto tu, ridacchiando. Poi ti sei venuta a sedere dietro di me e mi hai poggiato le mani sulle spalle
<< Adesso fa quello che ti dico: libera la mente e non pensare più a nulla, d’accordo? >>
<< Mh – mh >>
A quel punto mi hai tappato gli occhi con le tue mani calde, e avvicinando il tuo viso al mio orecchio hai iniziato a cantare

“Let wind blow, let fire burn
Let sea rise to greet sky
Let sun warm, Let moon cool
For all the earth to breathe”

Io non sapevo dove avevi imparato quella canzone. Me lo sono sempre chiesto e me lo chiedo ancora.
Forse non te l’aveva insegnata nessuno, forse avevi soltanto messo in musica quello che sentivi dentro di te, ma non m’importava molto: la tua voce era così dolce, così soave, così morbida. Il tuo canto mi avvolgeva come una coperta calda, mi faceva stare bene.
Ad un certo punto mi hai sollevata da terra e presa in braccio: hai iniziato a camminare stringendomi forte a te. Non mi avevi detto dove stavamo andando, e quando te l’ho chiesto tu non mi hai risposto e hai continuato a cantare

“Let song speak, let hearts break
Let tears flow in heartache
Let war take, let love heal
For all on earth to breathe”

Avevi ragione, dovevo liberare la testa dai pensieri: allora mi sono lasciata portare, al sicuro nella tua stretta e avvolta dalla tua canzone.
Non ricordo quanto durò il nostro cammino, allora non ci feci neanche caso: ascoltavo solo te, nient’altro. La tua voce mi ricordava i luoghi descritti nelle fiabe, quei luoghi magici ed incantati che ero convinta non avrei mai visto.
Dopo un po’ ti sei fermata e mi hai poggiata a terra, mettendomi a gattoni ma continuando a tenermi gli occhi chiusi
<< Bene piccola, ora dimmi cosa senti >>
Io, più confusa che mai, ho iniziato a tastare il terreno
<< Erba! Erba! Stella, siamo su un prato? Stella, Stella!! Sento il rumore dell’acqua!! >>
Non potevo vederti, ma sono sicura che in quel momento hai sorriso

 

“Daylight long fall
As shadows call
Let truth stand tall
For loves soft call”

 

Dopo quella strofa hai tolto le mani ed io ho aperto gli occhi: non potevo credere a quello che vedevo.
Eravamo in una valle, una splendida valle circondata da colline e nella quale scorreva lentamente un piccolo ruscello. Il prato era morbido e fresco e la forte luce del sole di mezzogiorno faceva brillare così tanto l’acqua da farla sembrare carta stagnola.
Non capivo dov’ero, non avevo mai visto quel posto prima.
Ti ho guardata sorpresa e tu mi hai sorriso, poi ti sei lanciata al mio inseguimento gridando << Ora t’acchiappo, ora t’acchiappo!! >>. Io mi sono messa a correre ridendo: ero felice. Quel posto, nella sua semplicità e purezza, racchiudeva davvero qualcosa di magico, come il tuo canto: entrambi mi avevano colpito e avevano smosso qualcosa dentro di me.
Quel pomeriggio… te lo ricordi, Stella? Io non potrò mai dimenticarlo.
Ci siamo rotolate nell’erba e bagnate a vicenda con l’acqua fresca del ruscello, lasciando che fosse poi il sole ad asciugarci: e poi abbiamo riso. Quante risate quel giorno!
Siamo rimaste lì fino a quando il sole non ha iniziato a tramontare, dipingendo il cielo d’arancio. Io ero stanca e tu mi hai preso in braccio: << Allora, che mi dici ora sulla magia? >>. Io ti ho risposto con un verso incomprensibile: mi stavo addormentando tra le tue braccia. Timidamente ho poggiato la testa sul tuo petto, e tu, iniziando ad accarezzarmi i capelli, hai ricominciato a cantare

“Let skies shine, let souls fly
Let down break before us
Let day grow, let night flow
For all the earth
For all on earth to breathe”

Cullata dalla tua voce da angelo sono caduta in un sonno profondo e di quel giorno non ricordo più altro.
Da allora quella canzone che non aveva neanche un titolo diventò la mia ninna-nanna, e tu hai iniziato a cantarmela tutte le sere, quando venivi a rimboccarmi le coperte.
Tra di noi è sempre stato così, ricordi?
Noi eravamo orfane e non avevamo nessuno che ci aiutasse: siamo cresciute in un orfanotrofio gestito dalle suore e l’unica cosa che avevamo era l’altra, ma, purtroppo, mentre tu, che eri una ragazza, potevi fare tanto per me, io non potevo darti una mano in nessun campo. A te però questo non importava e nonostante la nostra solitudine, noi due eravamo felici: vivevamo delle piccole cose che ci dava la vita e ci sentivamo serene, qualunque cosa accadesse. D’altronde, finché eravamo insieme niente avrebbe potuto buttarci giù: poi però tu hai iniziato a peggiorare.
Non mi avevi mai detto di essere malata, l’unica a saperlo oltre a te e al dottore era la superiora. La tua unica preoccupazione era quella di farmi sorridere, non volevi vedermi triste: non so ancora come ringraziarti per questo.
Se penso però a tutte le volte in cui tu eri stanca e io venivo a dirti “Stella, Stella, andiamo a giocare!”: non c’è stata una volta sola in cui ti sia rifiutata e non puoi immaginare come mi faccia soffrire il fatto che tu mettessi da parte le tue sofferenze e il tuo riposo per venire a soddisfare i miei stupidi capricci!
Come mi dispiace Stella!
Ti prego, ti prego, perdonami se puoi.

“Let wind blow, let fire burn
Let sea rise to greet sky
Let sun warm, let moon cool
For all the earth to breathe”

Mi ricordo gli ultimi giorni in cui ti ho vista: la notte prima della tua morte sei venuta a rimboccarmi le coperte e a cantarmi la canzone, come facevi sempre: ma io avevo capito che non stavi bene
<< Stella, che hai? >> ti ho chiesto, ma tu, più testarda che mai, hai scosso la testa. Mi hai detto “Niente, tesoro”, poi mi hai abbracciato forte mi hai sussurrato << Ti voglio tanto bene, solo questo >>. Io ti ho detto che te ne volevo anch’io e tu mi hai dato un bacio sulla guancia e ti sei diretta verso la porta. Prima di uscire, però, mi hai guardata e mi hai detto: << Lucy, promettimi che sarai felice >>. Io te l’ho promesso e tu te ne sei andata.
Il giorno dopo sono venuta a chiamarti perché era tardi e tu dormivi ancora, ma non ti sei svegliata.

“Let song speak, let hearts break
Let tears flow in heartache
Let war take, let love heal
For all on earth to breathe”

 

L’ultima volta che ti ho vista è stata al tuo funerale. Tu stavi lì, ferma nella bara, con gli occhi chiusi.
Dopo la messa mi sono alzata e sono venuta da te: ti ho stretto la mano, era così fredda.
Mi sono inginocchiata al tuo fianco e ti ho cantato la nostra ninna-nanna. Non ero brava quanto te Stella, non avevo una voce bella come la tua: e non immagini neanche quanto sia stato brutto riascoltare quelle note e vedere che a cantarle non eri tu. Sarò anche stata stonata, lo so, ma quello era il nostro augurio speciale: quella canzone mi ha trasportato in sogni stupendi e se te l’ho cantata era perché volevo che ciò succedesse anche a te. Non so se ci sono riuscita, perché la mia voce era spezzata dalle lacrime.
Quelle dannate lacrime! Ho cercato di trattenerle il più possibile. Non potevo piangere, capisci? Ti avevo promesso che sarei stata felice.

“Daylight long fall
As shadows call
Let truth stand tall
For loves soft call”

Da quel giorno io non so più niente di te: non so dove sei, non so che fai, non so se mi stai guardando. Però Stella, credimi se ti dico che nonostante siano passati tanti anni, ancora adesso quando mi corico e chiudo gli occhi sento la tua voce cantarmi quella canzone.
Mi rattrista ogni volta dovermi ripetere che non sei tu ad emettere quei suoni: l’unica cosa di cui sono sicura è che ora che sei in cielo stai incantando gli angeli con il tuo dolce canto, come hai fatto per tanti anni con me. Riposa in pace, sorella mia.

“Let wind blow
And fire burn
Let sea rise
To greet sky
Let sun warm
And moon cool
For all the earth
To breathe”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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