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Autore: MaTiSsE    07/02/2012    3 recensioni
"....Nessuno ha idea di quanto il tuo sorriso possa scaldarmi il cuore.
Sono degli stupidi, ovviamente.
E lo sono anch'io.
Perchè ti sento e ti amo come il primo giorno.
E perchè parlo di te - di noi - così scioccamente... come se fossimo ancora insieme..."
Louis e Constance...Due giovani uniti da un amore difficile. Un amore tormentato dallo spettro della Rivoluzione.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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louis 10 "Come lo chiamiamo?"
"Di chi parli?"

"Nostro figlio. Un giorno ne avremo uno, no?...Almeno lo spero."


Il cuore di Constance sussultò.


In un mattino di sole, mentre contemplava la Senna placida. Ancora non si erano decisi nel scegliere il giorno delle nozze e Louis le parlava di un loro ipotetico figlio!


"Ecco, io..."


Louis ridacchiò, cingendole la vita con un braccio.
I suoi capelli ondeggiarono nel vento fresco di un inizio di Settembre in cui ancora, paradossalmente, l'estate indugiava a lasciare il posto all'autunno: qualche ciocca scivolò sul suo viso, e Constance ancora lo vide sorridere mentre allontanava i ciuffi più ribelli, tirandoli dietro alle orecchie in un gesto familiare quanto disarmante.
Era sempre così bello, così tanto da far male. Gli occhi di Constance non erano mai sufficientemente sazi della sua perfezione ma, viceversa, la bramavano ancora ed ancora come l'unica dipendenza dalla quale la giovane non avrebbe mai potuto guarire.
Louis era tutta la sua vita.

Quel giorno, inoltre, appariva così inspiegabilmente rilassato, che la sua persona risplendeva ancora di più di tanta beatitudine: Constance, per un attimo, credette di avere a che fare, piuttosto, con un angelo sceso dal Cielo.

"Mi credi davvero così senza cuore? Voglio davvero un figlio da te. Un figlio tutto nostro." - Continuò.

La strinse di più al suo petto e Constance socchiuse gli occhi, aspirandone il profumo.


"E vorrei chiamarlo Etienne."
"Come?" - Rispose lei destandosi appena.

"Vorrei chiamarlo Etienne. Vedi, per i primi quattro anni della mia vita, per vicissitudini legate a possedimenti ed altre fastidiose questioni familiari, ho vissuto con una balia ed un prozio piuttosto che con i miei genitori. Di quello zio conservo un bellissimo ricordo, mi voleva bene come se fossi stato suo, nonostante fossi una creatura piuttosto ribelle e decisamente capricciosa. Si chiamava Etienne e vorrei omaggiarlo dando un giorno a mio figlio il suo nome..."
"E' un bel nome..." - Acconsentì lasciandosi accarezzare da quel vento fresco.

Tornò a poggiare la testolina scura contro il corpo di lui e sorrise, felicemente.

"E tu? Come vorresti chiamarlo?"


Attese qualche istante, prima di parlare.
Poi, respirò a fondo e rispose sicura:


"Louis. Come l'uomo che più amo al mondo."


Louis sorrise, volgendo lo sguardo al paesaggio placido che si stagliava di fronte a lui: per quel giorno, anche la Rivoluzione sembrava essersi arrestata. Una campana suonava gentile e, in lontananza, giunse sino a loro la risata dolcissima di un bambino. Nessuno schiamazzo, nessun frastuono.

Soltanto tanta pace.


"Louis Etienne de Saint Just..." - Convenne infine. - "E' un bel nome, mi piace...Ma se dovesse essere una bambina?"
"Non lo sarà..." - Rispose Constance dandogli mano. - "Il nostro primogenito sarà un bel maschietto."








Al di là del nostro amore










La Libertà che guida il popolo - Delacroix, 1830.











Autunno/ Inverno 1793 -
Gennaio 1794







Constance pensava di continuo che dentro casa Saint Just le nubi ed il sole si alternassero con capricciosa regolarità.
Tra un bacio ed un'occhiata perplessa, tra una risata e l'improvviso malumore di Louis.

Tutto sommato poteva tollerarlo. Non era così spiacevole anche perché i momenti di felicità superavano in misura ed intensità quelli più bui.


Il problema era fuori.
Fuori pioveva in continuazione. E non solo letteralmente.

Piovevano lacrime tra le famiglie cui la Rivoluzione stava portando via i figli per mandarli a morire al fronte, in una guerra priva di senso contro un nemico sconosciuto.
Perché questi Austriaci, questi Prussiani...che lingua parlavano? Che c'entravano con la Francia e con la sua voglia di riscatto?
Le buone genti parigine, ignoranti ed affamate, questo proprio non lo capivano.



Piovevano, ancora, lacrime sui corpi dei bambini morti di fame e di stenti.



E, infine, piovevano lacrime sulle teste mozzate di decine di vittime del patibolo.
Il boia, in quei tempi, aveva il suo bel daffare e certo si guadagnava il pane onestamente poiché lavorava tutto il santo giorno. Le lame scintillanti della ghigliottina non si erano mai macchiate tanto di sangue come allora.
Lo chiamavano Terrore: era la strategia attuata dagli organi repubblicani per sedare qualsiasi focolaio che potesse minare le solide basi della Rivoluzione.


La sua parola chiave?
Repressione.
Repressione ed oblio, cui seguiva, inevitabilmente, la morte. E le lacrime.

Per Constance, tutto quel teatrino altro non era che un omicidio collettivo legittimato dallo Stato, se Stato era quella confraternita di folli votata all'altrui disperazione.

Ormai, neanche più usciva di casa: le sembrava di percepire ovunque l'odore ferroso del sangue. La folla impazzita la spaventava. E le espressioni scellerate, quasi demoniache, dei suoi concittadini accecati dal desiderio pressante di morte e devastazione, le davano il disgusto.



In ogni caso, le notizie giungevano comunque sino alle sue orecchie, pur senza volerlo.
E così apprese che la destituita sovrana - quella che un tempo era stata la sublime Maria Antonietta di Francia e che, in tempi più recenti, veniva definita semplicemente come la cagna austriaca - aveva seguito il regale consorte nel suo tragico destino il 16 Ottobre del 1793.
Allo stesso modo, scoprì che il 31 Ottobre era toccato ad un rivoluzionario - sì, proprio ad un rivoluzionario! -  rimetterci la pelle sulla ghigliottina. Il malcapitato di turno, tra l'altro, aveva un nome piuttosto familiare: Jacques Pierre Brissot, quel rivale politico di cui, nonostante tutto, Louis non le aveva mai parlato in modo sprezzante. Piuttosto, una sera a cena, le aveva confessato che se l'uomo non avesse mantenuto posizioni tanto discordanti dalle sue, avrebbe persino potuto stimarlo. Dopotutto, Jacques era un gentiluomo, onesto e leale. E teneva in grande considerazione Louis, pensava che avesse una mente pronta, una lingua lunga e grandi doti di stratega.


In ogni caso, il rispetto che Louis provava nei confronti dell'uomo non era bastato a salvargli la vita: la testa di Jacques era rotolata comunque sul patibolo in una fredda giornata di pioggia.




A seguire, anche il cugino del re era stato decapitato. Proprio lui, il buon Luigi Filippo, che aveva votato personalmente a favore della morte di Luigi Capeto nell'insulso quanto ridicolo tentativo di crearsi una facciata rispettabile ed aver salva la pelle.


Ma la morte che aveva destato più scalpore nel cuore di Constance era stata, senza alcun dubbio, quella di Madame Roland, donna di incommensurabile bellezza ed eleganza, uno spirito delicato votato all'amore delle arti e della letteratura. La giovane fioraia l'aveva intravista più volte, nelle occasioni in cui Louis le dava il permesso di portargli il pranzo alla Convenzione, ed era rimasta affascinata dall'idea di quella donna tanto bella e delicata quando coraggiosa e sicura di sè. Era in grado di aggirarsi tra i lupi famelici della Rivoluzione con la stessa disinvoltura che avrebbe mostrato ad un ballo in maschera. Al braccio di quel consorte molto più grande di lei, distribuiva sorrisi e commenti intelligenti e Constance se ne era innamorata immediatamente, considerandola come emblema della donna che avrebbe potuto essere e che non era.


"E' una Girondina." - Aveva tuttavia commentato con astio Louis nell'esatto istante in cui si era reso conto del fascino che Manon Roland esercitava, non voluto, sulla sua giovane fidanzata.
"E con questo?"
"I Girondini meritano soltanto disprezzo e derisione. Non guardarla neppure!"



Così Constance, abbattuta e delusa di fronte a tanta ostilità, aveva chinato il capo, certa, ancora una volta, che la Rivoluzione non fosse cosa sua.
Non ne avrebbe mai capito i meccanismi. Girondini, Giacobini, nobili e plebei: non erano fosse tutti figli di Dio? Perché accanirsi di fronte ad una diversa ideologia, ad un pensiero contrastante? Ognuno aveva diritto a crederla come voleva.



In ogni caso, quel giorno in cui Manon Roland aveva espiato i propri peccati da tiepida rivoluzionaria sulla ghigliottina, Constance aveva pianto sommessamente nel buio della propria stanza, dopo che Louis l'aveva lasciata dicendole di non aspettarlo, che dopo l'esecuzione avrebbe avuto da fare.
E quando, nei giorni a venire, gli aveva chiesto di lei con fare distratto - tanto per non dargli troppo l'impressione che quella donna mai conosciuta direttamente le fosse stata cara, nonostante tutto - Louis le aveva raccontato che Manon Roland, mentre veniva trascinata a morire, aveva pronunciato, dinanzi la statua raffigurante la Libertà, parole intrise di fervore e disperazione:


"Oh Libertà! Quanti delitti si commettono nel tuo nome!"




A Constance, ascoltare quel racconto - seppur per bocca di Louis che ne dava un sunto breve con aria indifferente - aveva causato un brivido  inaspettato.



C'era una tale, dolorosa verità in quale frase sconnessa, che la giovane fioraia si convinse sin da subito che quelle parole sarebbero passate inevitabilmente alla Storia.
Quella vera.






In ogni caso, la ghigliottina sembrava il male minore.
Quantomeno era autorizzata dallo Stato.
Ma Constance sapeva che, oltre gli omicidi legittimizzati, ce ne erano decine di altri molto più anonimi e silenziosi. Quelli che, provocati da canali non ufficiali e dalla pazzia scatenata della folla incontrollata, finivano nel dimenticatoio dopo due ore.


Molte fanciulle di buona famiglia erano state violentate in quelle notti in cui, tentando di abbandonare una città ormai nemica, si nascondevano con le proprie famiglie in carrozze dimesse - nella speranza di sfuggire all'occhio vigile di quelle genti più povere che tanto bramavano il sangue dei nobili - sino a raggiungere l'agognata meta. Quella dove il pericolo era ormai scampato 

Ovviamente l'accortenza raramente serviva allo scopo.



Chi aveva fatto della Rivoluzione un'ossessione, il modo unico per riscattarsi e sfogare anni di fame e soprusi, aveva fiuto ed i nobili sapeva riconoscerli sempre, anche quando si fingevano miseri borghesucci accucciati in carrozze troppo logore per le loro aristocratiche abitudini.
Ed allora, quando si riusciva a scovarli questi nobili, non si poteva degnar loro di una morte semplice. Una morte da pistolettata o coltello nella pancia, tanto per intenderci.
Nossignore, meritavano la fine peggiore. E poiché nessuna donna avrebbe dovuto morire vergine, tutte le fanciulle di età superiore ai quindici anni subivano la medesima tortura prima di spirare dicendo addio ai loro giorni migliori. Dicendo addio al profumo delle rose di Versailles, al ricordo delle sonate di Mozart nel salotto buono di casa, al sorriso della mamma mentre le imprigionava in un bustino dalle stecche di balena perché la bellezza ha un prezzo e per mostrare le forme bisogna soffrire.


E certamente non era migliore la vista di aristocratiche teste mozzate e nobili viscere portate in giro, su picche di legno come macabri trofei, dalla folla festante.

Una sera, una di queste inquietanti processioni era passata persino sotto le finestre di casa Saint Just e Louis aveva dovuto trascinare via di peso una Constance in lacrime. Per tutta la notte a venire aveva dovuto cullarla, sino a quando i singhiozzi non si erano convertiti in un tremito leggero e, dopo, in un respiro affannato. Soltanto un caso fortunato le aveva evitato di sognare quelle atrocità, altrimenti Louis avrebbe avuto il suo bel da fare per tranquillizzarla, per dirle piano che andava tutto perfettamente e non era necessario urlare perché si trattava soltanto di un incubo: in realtà si trovava tra le sue braccia e non avrebbe dovuto temere nulla.


O forse sì?




Dunque, tutto questo era la Rivoluzione.
Pianto e disperazione.
Sangue e violenza.
Una savia follia.

Ed il sorriso di Louis quando rientrava a casa, dopo l'ennesimo atto di guerra, pronto a baciarla.
Con tutto l'amore del mondo.









*









"E in che mese siamo adesso?"

Constance, quel mattino, giocherellava con le dita di Louis. Le spingeva e le piegava, intrecciando poi la propria mano alla sua, con fare distratto.
Louis, sorridendo, la lasciava fare. Piuttosto, steso nel letto su di un fianco, tenendosi il capo con la mano, osservava la sua Constance con occhio amorevole, quasi orgoglioso.
Ne contemplava la figura delicata, le forme morbide e le nudità che sfuggivano alle coperte pesanti e come sempre pensava di essere fin troppo fortunato ad averla accanto, nonostante l'essere immondo che era.



"Allora? Che mese è?" - Constance sollevò gli occhi di cristallo su di lui e Louis le scostò lentamente i capelli neri dalla fronte prima di rispondere.


"Frimaio." - Disse piano.

Constance ridacchiò.



"E' un nome buffo."
"Un po', sì..."
"Perché cambiarlo? Il calendario ufficiale non andava bene?"
"Il calendario ufficiale si chiama calendario gregoriano. Ed è enormemente legato al tema religioso. Tu sai, amor mio, che il cattolicesimo è superstizioso e menzognero. Noi vogliamo un nuovo stato libero da certi sotterfugi."
"...Libero dalla religione, in altre parole."

Louis annuì.

"Esatto, anche da quello."


Constance, titubante, fece per ribattere - dopotutto lei amava Dio, vi credeva fermamente e non comprendeva cosa ci fosse di tanto sbagliato nel pregare nel silenzio di una chiesa -  quando qualcuno bussò alla porta di casa.
Così forte che la giovane finì col trasalire.



"Aspettavi qualcuno, Louis?" - Domandò quasi preoccupata.


Louis aveva lo sguardo sorpreso e vagamente infastidito: tanta irruenza non era gradita neppure a lui.
In ogni caso, scosse la testa.


"No. Resta qui, vado a vedere io di che si tratta."


Lo guardò infilarsi rapidamente la vestaglia da camera, senza indossare la camicia da notte.
Louis detestava quel genere di abbigliamento e, a prescindere. Trovava meno disdicevole presentarsi mezzo nudo all'ospite di turno piuttosto che indossare un indumento del genere.
Quindi, Constance non s'impressionò troppo nel vederlo allontanarsi conciato in quel modo. Piuttosto, trasalì allorché una voce femminile giunse sino alle sue orecchie dall'atrio.




"E' così che accogli i tuoi ospiti?"






Una donna.
In casa mia?






"Che ci fai tu qui?" - Rispose Louis con tono non troppo indifferente. Era evidente che la visita, oltre che inaspettata, fosse anche fastidiosa.


"Buongiorno anche a te. Vedo che la tua proverbiale gentilezza aumenta a dismisura con il passare degli anni."
"Anche la tua proverbiale sfacciataggine, direi."




Proverbiale?
Passare degli anni?


Con chi diavolo stava parlando Louis?



Colta da un improvviso quanto irragionevole moto di gelosia, Constance si tuffò fuori dal letto, avvolgendosi il lenzuolo intorno al corpo.
Di indossare camicia da notte e vestaglia non si curò neppure: dopotutto, era pur sempre una donna quell'impudente che aveva osato entrare in casa sua e rivolgersi in modo tanto sgraziato al suo futuro marito, no? Quindi non si sarebbe particolarmente impressionata nel vederla conciata in modo tanto disdicevole.


Raggiunse a passi svelti l'ingresso, quindi: i piedi poggiavano sul pavimento freddo eppure Constance non riusciva a percepirlo. La gelosia le aveva causato un'inaspettata vampata di calore, a dirla tutta.
Nell'atrio, incontrò dapprima gli occhi funesti di Louis, quelli scurissimi che mostrava di solito quando qualcosa gli causava enormemente fastidio. Ma l'irritazione maggiore la provò Constante nel riscontrare la presenza, accanto al beneamato, di una donna di inaudita bellezza.

Altera ed elegante, avvolta in una mantella di ermellino, la giovane sogguardò Constance con evidente disgusto.
Neppure un ricciolo sfuggiva alla sua pettinatura austera ed accurata. Le sue labbra, carnose e rosse per natura,erano atteggiate in una smorfia disappunto così familiare che Constance, per un attimo, credette di aver già conosciuto quella donna in passato.
I suoi penetranti occhi...





...verdi....
Verde scuro.
Verdi come...



"Constance, ti presento mia sorella. Louise de Richebourg de Saint Just. Sì, abbiamo lo stesso nome. Ed anche nostro padre si chiamava Louis. Avrai compreso che l'originalità non è una delle doti migliori, in famiglia."



Constance guardò l'ospite ad occhi sgranati, incapace di proferir parole e, soprattutto, incapace di comprendere se essere più felice nell'aver appreso che quella donna non fosse un amante di Louis o più dispiaciuta all'idea di essersi fatta scoprire mezza nuda dalla futura cognata.
In ogni caso  Louis,  piuttosto che turbato dalla mise succinta della fidanzata, sembrava infastidito dalla presenza di sua sorella e proprio a lei riservò un'occhiata decisamente astiosa.
Occhiata ricambiata da uno sguardo semplicemente...disgustato.




"Ora tieni in casa anche le sgualdrine? E' raccapricciante. Pensavo di aver sentito di tutto sul tuo conto ed invece riesci sempre a tirarne fuori una nuova!"


"Io..."



Constance avrebbe voluto dire: io non sono una sgualdrina, sto per sposarlo Louis.
Ma non le riuscì di parlare perché, nell'impeto del momento, incespicò nella coda di quel lenzuolo che si trascinava dietro e, piuttostò, lottò per evitare che il medesimo le scivolasse via di dosso, scoprendo definitivamente le sue nudità. Ne aveva già combinate troppe e non era il caso di peggiorare la situazione.
Tuttavia, la sua mano sinistra raggiunse velocemente il bordo del lenzuolo ed il suo anello di fidanzamento brillò alla luce di tenue raggio di sole che faceva capolino timidamente dalla feritoia della cucina, scatenando, in questo modo, l'ira di Louise con ancora maggior foga.



"Perché questa puttana indossa l'anello di mia madre?!" - Gridò allora, indicando la povera fioraia.



Constance ingoiò un groppo di lacrime e saliva. Questa volta neppure tentò di spiegarsi: la vergogna fu troppo grande.
Dopotutto, Louise aveva ragione: chi, vedendola conciata a quel modo, in casa di un uomo con il quale non era ancora sposata per giunta, non avrebbe pensato lo stesso?
In fondo, lei e Louis vivevano nel peccato, davanti a Dio e agli uomini, questo era innegabile.



Ed allora, perché a lei non sembrava mai di essere nel torto?
Se si trattava di amore - ed era amore - cosa c'era di sbagliato?


In ogni caso, di fronte alle parole impudenti di sua sorella, Louis s'inalberò enormemente e prima ancora di guardare gli occhi tristi di Constance. Evitò apertamente di rivolgersi a lei per prima: se avesse incontrato lo sguardo mortificato della fidanzata - ed ovviamente l'avrebbe incontrato - difficilmente avrebbe saputo come tenere a bada il desiderio di uccidere Louise con le sue stesse mani.



"Questa fanciulla, sorella cara..." - Pronunciò le prime parole con gelida fermezza. Aveva quel tono di voce agghiacciante che sempre sapeva tirare fuori quando la rabbia cominciava a montare dentro di lui - "...E' la mia fidanzata. Nessuna sgualdrina da bettola per intenderci. Sei quindi pregata di chiederle immediatamente perdono, a meno che tu non voglia uscire da questa casa a calci. Come meriteresti, tra l'altro. E quell'anello, detto per inciso, è una mia proprietà: nostra madre mi chiese personalmente, anni addietro, di donarlo alla donna che avrei reso mia moglie un giorno. Bene, ce l'hai davanti: Constance, a breve, diventerà l'unica, vera Madame de Saint Just dopo Mamàn. Chiudi la bocca quindi, e porta rispetto a tua cognata."



Constance, a bocca spalancata, alternò lo sguardo tra Louis e sua sorella finché non si soffermò qualche istante di più su quest'ultima, osservandola mentre stringeva furiosamente un lembo della sua mantella. Tanto che le nocche della sua mano finirono con lo sbiancare enormemente.


"E ritieni che questo tuo presunto fidanzamento..." - Rispose tremando, la voce che le vibrava per la rabbia. - "...sia vissuto in modo lecito, Louis? A quanto pare avete già..."
"Basta così, Louise. Questi non sono affari che ti riguardano."
"Sai cosa ne penserebbe nostra madre? Se soltanto lo venisse a sapere!"
"Per quanto mi riguarda puoi anche dirglielo. Io e la mia Constance non abbiamo nulla di cui vergognarci."
"Certo!" - Louise alzò la voce, il tono volutamente sarcastico - "Corro subito a dirglielo, stai tranquillo! Così le faremo venire l'ennesimo colpo! Dì, fratello caro...non ti basta tutto quello che hai già combinato? Non hai già infangato abbastanza il buon nome della nostra famiglia? Prima il furto dell'argenteria, poi quegli ignobili libri che hai messo in circolazione...Credi che non si sappia perfettamente che sono opera tua? E adesso..."

"Ti ho detto basta, Louise, ora mi hai stancato per davvero! Esci di casa mia immediatamente!"



Louis si affrettò a spalancare la porta d'ingresso, strattonando la sorella per un polso.
Constance tentò di fermarlo, di tranquillizzarlo e di spiegarsi a sua volta ma neppure una sillaba fuoriuscì dalle sue labbra. Era troppo sconvolta da quella scena (oltre che evidentemente imbarazzata a prescindere), per potersi comportare lucidamente. Piuttosto, rifletteva che se Dio le avesse fatto dono, a suo tempo, della meravigliosa presenza di un fratello o di una sorella, non l'avrebbe mai trattato così. L'avrebbe amato e rispettato come la creatura più cara al mondo poiché sarebbe stata l'unica degna di condividere con lei le medesime radici, l'alba dei loro giorni assieme, ed il medesimo sangue che scorreva nelle  vene.
Era innegabile che osservare Louis, viceversa, mentre si fronteggiava così aspramente con la sua stessa carne, con una sorella che di lui aveva i medesimi occhi e la stessa piega severa della bocca, faceva male al cuore.





E' colpa mia?
E' colpa mia se stanno litigando così?
Della mia sfrontatezza, della mia impudenza...ma certo!





"Mi stai scacciando, Louis?"

La voce della giovane donna giunse rapidamente alle orecchie di Constance, risvegliandola dai propri pensieri, da quegli orribili sensi di colpa. Era acuta, quasi stridula ad essere onesti.
Era evidente che la reazione del fratello l'avesse sorpresa, oltre che profondamente mortificata.



"Tu che ne dici, sorella cara?"
"Nostro padre si rivolterebbe nella tomba, lo sai?"
"Nostro padre è morto, Louise. E' un mucchietto di ossa sotto terra, adesso, cui tu vai a portare dei fiori molto, molto scioccamente. Quindi sta' tranquilla, non ci sta giudicando. Nessuno ci sta guardando dall'alto ed io posso cacciarti di casa mia a piacimento perché nessuno verra a punirmi per questo nel cuore della notte."


Constance rabbrividì ed anche Louise tremò chiaramente di fronte a tanta vergognosa risolutezza.


"La Rivoluzione ti ha fatto perdere anche il rispetto dei tuoi morti, Louis?"
"Certo. Oltre che l'amore verso la mia famiglia, a dirla tutta. O forse quello non c'è mai stato prima, non saprei dirti. In ogni caso, addio, Louise, è stato bello rivederti." - Commentò con un sorrisetto ironico. Ovviamente, non vedeva l'ora di togliersela di torno.



La donna comprese l'antifona e sollevò le sue pesanti gonne di broccato. Rivolgendo un'ultima occhiata a Louis - un'occhiata così carica di risentimento che a Constance, per un istante, mancò l'aria - si affrettò ad uscire di casa a passo svelto ed aria superba. Sembrava, in un attimo, aver riacquistato tutta la dignità persa nel momento in cui aveva chiesto al fratello se la stava realmente scacciando.



"Addio, allora. Pensare che ero venuta a chiederti come stavi. Ma ormai dovrei averlo compreso che tu non meriti nulla."
"Anziché pensare a me, pensa ai tuoi figli. Povere creature, hanno avuto l'orribile sfortuna di nascere dal tuo ventre! Saranno marchiati a vita."

In risposta a quell'offesa, gli occhi di Louise si ridussero ad una fessura e, anziché proiettarsi sul volto del fratello, finirono con l'inchiodare Constance, costringendola ad annaspare.




"Sì, è proprio così. Accade a tutte le persone che hanno a che fare con i Sant Just, del resto. Quindi, anche tu sarai marchiata a vita, mia cara Constance. Pensaci bene a quel che stai per fare, se davvero vuoi sposare mio fratello. La felicità sarà l'unica cosa che non potrà mai regalarti."




Non aggiunse altro, la sua bella cognata. Anche perché Louis non glielo consentìe: le aveva già chiuso la porta in faccia velocemente, mentre l'eco delle ultime parole pronunciate ancora doveva spegnersi nell'atrio.


A seguito della sfuriata e dopo aver definitivamente scacciato la sorella di casa, Louis s'immobilizzò, letteralmente. E se ne stette quieto, in silenzio, le mani poggiate sul legno della porta.
Mentre prendeva lentamente grossi respiri, dandole la schiena.



Allora Constance comprese istantaneamente quanto quel litigio gli avesse fatto male. Nonostante l'avesse scatenato lui per primo.
Dopotutto, quella donna era sua sorella e Constance non credeva che l'amato la detestasse tanto quanto dava a vedere.

Dunque, raccolse tutte le sue forze e sospirò, prima di aprir bocca.
Voleva dirgli qualcosa di intelligente e molto emozionante. Voleva fargli sapere che avrebbe avuto il suo appoggio e la sua consolazione, che sapeva di per certo che fosse un uomo buono, nonostante tutto, e che quanto era accaduto era ancora risolvibile.
Se lo desiderava realmente, avrebbe potuto parlare lei con Louise e spiegare.
Ed avrebbe anche potuto scusarsi per esseri presentata in vesti tanto indecenti.



"Louis..."

Stese una mano nella sua direzione mentre, con l'altra, ancora si teneva il lenzuolo aggrappato al seno.
In quell'istante, quasi risvegliandosi dal proprio torpore in risposta al richiamo dell'amata, Louis si voltò.


Sorrideva.
Sorrideva tantissimo.


"Amore! Mi dispiace tanto! Noi Saint Just abbiamo davvero un pessimo carattere, te ne sarai accorta. Avrei preferito mille volte che avessi fatto la conoscenza di Françoise, lei è decisamente più docile e mite. Ma Louise! Credo che sia il nome a fare la differenza...ci rende persone orribili." - Concluse staccandosi dalla porta ed avviandosi in cucina.

Passò accanto a Constance con passo certo: sembrava di ritorno da uno spettacolo divertente, piuttosto che da una disputa fraterna.


"Louis! Ma..."

"Che c'è, tesoro?" - Domandò lui voltandosi a guardarla, quasi sorpreso. - "Perché te ne stai lì impalata? Non hai freddo? Dovresti vestirti...E dopo vieni in cucina, mangiamo qualcosa velocemente. Devo uscire il prima possibile, sono molto impegnato oggi."



Constance osservò la figura dell'amato sparire dietro la piccola porta della cucina. Lo sentì armeggiare con pentolacce e focolaio, prima di riprendere coscienza di sé.

Ed allora comprese e si rassegnò.

Louis stava male, di questo era certa.
Poteva fingere quanto voleva, lei ne era a conoscenza comunque.

Tuttavia, le dispiaceva ancor più pensare che la stesse evitando.
Poiché Constance sapeva di per certo che, per quel giorno, Louis non aveva impegni.

Aveva montato l'ennesima bugia per uscire di casa e star da solo con i propri pensieri.
Ancora una volta, quindi, la stava tenendo fuori dal proprio mondo. Qualsiasi fosse la causa, il perché, la stava allontanando.



Sospirò quindi Constance ed un po' si asciugò una lacrima impertinente all'angolo dell'occhio. Infine, guardò alla porta della cucina e passò oltre.



Sarebbe stato più ragionevole andare semplicemente a vestirsi, per  quella mattina.








*







Al risveglio, il giorno seguente, non trovò Louis accanto a lei.
Dopo il litigio con sua sorella, aveva prima ciarlato a vanvera. Infine, chiudendosi in un ostinato mutismo, le aveva lasciato un bacio silenzioso tra i capelli prima di andar via.
Per tutto il giorno non si era più fatto vivo.

Giunta la sera, Constance, ormai rassegnata, si era decisa ad addormentarsi da sola, senza di lui.

Louis aveva fatto ritorno a casa a notte inoltrata: Constance lo sapeva perché il suo sonno leggero aveva risentito di ogni singolo rumore, costringendola a sobbalzare ogni mezz'ora senza mai riposare adeguatamente. Tuttavia, quando Louis si era seduto accanto a lei, aveva finto di dormire come un sasso.

Poiché il sonno era il suo unico alleato, l'unico che avrebbe potuto aiutarla a scoprire i gesti di Louis nei suoi confronti quando la credeva incosciente ed inconsapevole.

Così percepì la mano del suo giovane amore mentre carezzava la sua chioma scura lentamente, stringendola piano a sé per non svegliarla.

Quella sera, tra mille dolci baci lasciati sulle sue guance, Louis seguitò nel sussurrarle più volte il suo "mi dispiace".
E proprio tra quei mille dolci baci, finalmente rilassata, Constance era finita con l'addormentarsi per davvero, con un sorriso sulle labbra, mentre Louis ancora le diceva piano: "sei l'unica, per me".
Chissà se aveva inteso che Constance, in realtà, aveva ascoltato tutto.


In ogni caso, al mattino, la giovane non lo trovò accanto a sé.
Delusa, si girò e rigirò più volte nel letto, stropicciandosi gli occhi. Si era ormai convinta che le braccia di Louis che la stringevano nella notte fossero state soltanto frutto della sua immaginazione quando, accanto a lei, trovò diversi ritagli di stoffa.
Stoffa molto pregiata, tra l'altro, accompagnata da un biglietto scritto da Louis, nella sua calligrafia appuntita e familiare:



"Penso che a breve dovremo fronteggiare l'ira di mia madre, oltre
che l'irruenza di mia sorella (a proposito, scusala: noi Saint Just abbiamo un pessimo carattere).
Credo che la mia famiglia mal sopporterebbe la nostra unione. Sembra che sia vergognoso ed immorale che un uomo ed
una donna vivano assieme prima del matrimonio.
La nostra epoca è ancora così vergognosamente moralista!
E' anche per questo che lotto tanto per la Rivoluzione: penso che potrà scardinare facilmente
certi precetti ormai antiquati, certe basi dell'Ancien Régime e dell'etica comune che io trovo fortemente
sorpassati.
In fondo, mia piccola Constance, cosa c'è di male nel nostro amore? La tua presenza lo rende
qualcosa di così puro e sublime da conferirgli un significato quasi sacro. Talvolta, credo di non meritarlo: sai che ci metto davvero
poco per sporcarlo con i miei atteggiamenti ostili. Ma quando penso al tuo sorriso quando mi guardi, ogni
dubbio si dissipa. Ed allora comprendo bene che tu sia stata la mia più grande fortuna.
Il nostro amore è prezioso e nessuno dovrà rovinarlo.
Ecco perché, per una volta, mi abbasso alle tradizioni ed alla convenzionalità, affinché
nessuno più abbia da ridire al riguardo, e ti chiedo di scegliere
uno tra gli svariati pezzi di stoffa che troverai accanto a te al tuo risveglio.
Quello che gradirai di più
sarà il tessuto con il quale verrà cucito il tuo abito da sposa.




Perdonami se questa notte non son stato accanto a te: avevo bisogno di riflettere.
Che la tua giornata sia meravigliosa, amor mio.

Tuo Louis."






Eccolo, il buongiorno che attendeva.
Ed ecco perché amava Louis: sapeva causarle del male, sapeva ferirla e, con un solo gesto, era successivamente in grado di farla sentire la persona più importante al mondo.
Il loro amore non convenzionale ed assolutamente prevedibile aveva incatenato il suo cuore: come avrebbe potuto mai sottrarsi ad una relazione
tanto inquieta quanto coinvolgente? Era una trappola bellissima e, dopotutto e per quanto potesse piangerne, Constance aveva scelto volontariamente di esserne parte.


Cosicché, sorridendo come una bambina, prese a contemplare le decine di ritagli di stoffa adagiati sul suo letto. Prima l'uno, poi l'altro, poi l'altro ancora, alternandoli velocemente. Guardandoli sempre ad occhi sgranati per la meraviglia: erano splendidi.
Incapace di decidere, felice come poche altre volte nella sua vita (ed i suoi momenti di felicità dipendevano sempre da Louis, ovviamente), saltò giù dal letto in gran fretta. Si lavò velocemente, sciacquò il bel viso più volte, e indossò un vestito pulito di un giallo chiaro e splendente.
Quando fu pronta, si lanciò fuori casa tenendo tra le mani tutti quei pezzi di stoffa, pronta a dirigersi verso il suo vecchio quartiere: Marie, Lotte e tutte le altre buone signore che l'avevano cresciuta, avrebbero dovuta aiutarla nella scelta.
Da sola, non ci sarebbe mai riuscita per davvero: era troppo emozionta per farlo con giudizio.














Nonostante tutte le buone intenzioni di Louis, tuttavia, e nonostante le buone amiche di Constance si fossero messe subito d'impegno per cucire il più bell'abito di sposa che la Francia avesse mai potuto ricordare (a loro dire) il matrimonio tra i due giovani non venne celebrato in tempi ragionevoli.
Mentre il bel vestito di broccato d'argento prendeva forma sotto le mani esperte di Marie, Rose e Diane, infatti, Louis fu costretto a ripartire, nel Gennaio del 1794, per il fronte, presso le Armate del Nord, di nuovo con il ruolo di commissario straordinario, così come deciso per l'ennesima volta dalla Convenzione.


"Ordini superiori", diceva sempre Louis per giustificarsi di quelle partenze improvvise.

Ma se dunque della Convenzione era membro attivo, quasi un capo indiscusso ormai assieme al suo amico Maximilien, perché tendeva sempre a parlarne come se vi fosse sottomesso?
Constance cominciava a pensare che quel suo atteggiamento fosse null'altro che una scusa bella e buona per dedicarsi ad una missione che considerava, in realtà, fondamentale.
Magari si era anche offerto volontario per la partenza, chi poteva dirlo?

E, tuttavia, la giovane non riusciva mai ad arrabbiarsi veramente con lui. Non se, salutandola sulla porta di casa, le regalava  una camelia rossa - le sue camelie! - dicendole: "Ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti? Ti ho amato sin da subito. Ti amo molto, molto più di allora."




E neppure al suo ritorno si decise infine a parlare seriamente della loro unione, poiché la Rivoluzione, pur restituendole Louis in carne ed ossa, non faceva altro che allontanarlo da lei con la mente e con il cuore.
Per ogni giorno di lui che le concedeva se ne prendeva altri dieci: Constance non sapeva più come comportarsi ed ormai le era chiaro che Louis fosse totalmente suo soltanto la notte.
Quando si decideva infine a restare in casa con lei.
Per questo sperava sempre che il buio non avesse fine: ormai non lo temeva più. Era diventato il suo amico, l'unico alleato nella lotta sanguinolenta contro quel nemico invisibile che troppe vittime mieteva sulla ghigliottina.
E quando spuntava l'alba, a Constance, veniva puntualmente da piangere.

Poiché, all'alba, tornava a perderlo di nuovo.




Il 10 Febbraio Louis fu eletto presidente della Convenzione.
Corse a casa, da Constance, per darle la notizia.
Era raggiante, la giovane non l'aveva visto mai, mai così felice. Le comprò un dolce, festeggiarono assieme.
La riempì di baci e ridevano entrambi mentre Louis la sospingeva sul letto. Si amarono più e più volte e risero entrambi ancora mentre lui, spogliandola per metà, le solleticava la pelle candida delle gambe ed il suo seno immacolato.

"Sei bella, Constance" - Le diceva - "Ti amo tanto..."

A Constance il cuore scoppiava per la gioia.
Perché Louis stava bene, era fiero di se stesso. Perché, prima o poi, l'avrebbe sposata.
E perché l'amava. A modo suo, ma l'amava davvero.




Il mattino dopo Louis l'abbandonò di nuovo molto presto per tornare al proprio lavoro.
Constance non poteva saperlo, ma lui, in tasca, già conservava la sua prima arringa da presidente della Convenzione.




Tale arringa costituì il primo passo grazie al quale si rese responsabile, unitamente all'amico Robespierre, della morte di due acerrimi nemici: Jacques Danton e Jacques Herbert, entrambi ghigliottinati tra Marzo ed Aprile del 1794.


L'Arcangelo della Morte, bello e spietato come pochi, stava tornando all'opera ufficialmente, con maggior foga e consenso rispetto al passato, mentre Constance riposava beatamente nel suo letto dalle coperte morbide.
Se soltanto l'avesse saputo, avrebbe creduto alle parole di Louise che adesso le suonavano tanto estranee e lontane.
E si sarebbe infine arresa all'evidenza che Louis avrebbe potuto donarle tutto, nella sua vita: la passione travolgente, l'amore sincero, l'assoluta imprevedibilità, anche il tormento.

Ma non la felicità, semplice e pura come una camelia bianca.
La felicità sarebbe stata l'unica cosa che Louis, con quel suo spirito inqueito, non le avrebbe mai regalato.




















Buonsera ragazze :)

Bentrovate, come sempre.
Come vi dicevo già la scorsa volta, Al di là si avvia alla sua fine e non avete idea della fatica che ci sto mettendo per abituarmi all'idea che non avrò mai più nulla a che fare con questi due.
Louis e Constance, per quanto creati da me (oddio, Louis non proprio ma comunque...) mi hanno fatta piangere ed emozionare più di una volta, come se avessi vissuto in prima persona la loro epoca e quei giorni tormentati. Sarà che ho sempre particolarmente amato il finire del 1700, non lo so, ma davvero in questa storia ci sono entrata con tutta me stessa! =)
(sarà colpa di Lady Oscar che guardo sin da piccina ;D)

Qualche noticina storia:

  1. Nel capitolo ho riportato tutte le date originali delle esecuzioni capitali di cui vi ho parlato, partendo da Maria Antonietta (che qui viene definita "la cagna austriaca", così com'erano soliti chiamarla molto maleducatamente, a mio avviso, rivoluzionari e popolani, sino ad arrivare a Manon Roland, ossia la viscontessa Marie - Jeanne Roland de la Platière, donna intelligente ed assennata, animatrice dei più importanti salotti girondini di Parigi. Morì sulla ghigliottina l'8 Novembre del 1793 e, passando accanto ad una statua raffigurante la Libertà, pronunciò proprio quelle parole che vi ho riportato nel capitolo. Mi è piaciuta molto la sua figura...Si vi andasse di leggerne la storia, eccovi qui il link a Wikipedia: Manon Roland
  2. La sorella di Louis si chiamava davvero LouisE de Saint Just, così come il padre, mentre l'altra sorella si chiamava Marie Françoise. Ora, mi è piaciuto ipotizzare che la giovane Saint Just avesse lo stesso caratterino del fratello, visto il nome ;) Non so se fosse sposata o avesse figli, quel che avete letto a riguardo è frutto della mia fantasia. Il padre di Louis morì l'8 Settembre 1777. Ah, dimenticavo: è vero che Louis, per i primi quattro anni della sua vita, sia stato allevato da uno zio e da una balia...Non chiedetemi il perché, non l'ho trovato da nessuna parte, quindi ho inventato anche su questo punto! ;)
  3. Louis fu eletto presidente della Convenzione il 10 Febbraio del 1794 e successivamente si scagliò in maniera vigorosa contro Danton ed Herbert, anch'essi uomini politici e rivoluzionari ma dalle idee contrastanti (Louis accusò Danton di moderazione, di essere un "indulgente" e lo definì "disertore di pericoli"). Morirono entrambi nella primavera del 1794 e Louis si guadagnò l'appellativo di Arcangelo della Morte che, però, vi ho già riportato in qualche capitolo precedente, non ricordo quale.
  4. Il calendario rivoluzionario fu introdotto definitivamente nell'Ottobre del 1794 ed utilizzato ufficialmente fino al 1801. "Frimaio", cui faccio riferimento nel capitolo, è il mese che va dal 21 Novembre al 20 Dicembre. Dal 21 Dicembre al 19 Gennaio, viceversa, cominciava il mese di Nevoso.


Le note storiche sono finite, almeno credo (lo so, state tirando un sospiro di sollievo...Sempre che le abbiate lette tutte! xD)
Il dipinto che vi ho messo ad inizio capitolo è "La Libertà che guida il popolo"...E' del 1830 ma spesso viene associato alla Rivoluzione del 1789...Ed a me piace molto il suo significato, quindi oggi ci fa da copertina! ;)

Passo a rispondere alle recensioni!
Grazie di tutto :)
Matisse


   
 
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