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Autore: Dony_chan    08/02/2012    9 recensioni
Una one-shot saltata in testa d’improvviso che si trasforma in una fan fiction a più capitoli. Mi sorprendo, alle volte! Questa storia si concentra sui protagonisti di Detective Conan, in un mondo dove l’Organizzazione non è mai esistita, dove l’APTX non ha fatto nessun danno, dove le vite dei personaggi scorrono tranquille e indisturbate, e dove... bè, sta a voi scoprirlo!
Enjoy!
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hi, nice to meet you!
1.


 
Il fragrante profumo di caffè inondò la piccola cucina di casa Mouri, mentre lo sbadiglio della giovane ragazza che vi abitava spezzò il fragoroso silenzio in cui era immersa.
Si strinse meglio nella camicia da uomo un po’ troppo larga che era diventata il suo pigiama preferito, e si passò una mano sui capelli scompigliati.
La sera prima aveva fatto molto tardi a causa della festa di compleanno della sua migliore amica, Sonoko, che si era protratta ben oltre le due di notte e quella mattina aveva litigato con la sveglia, che la richiamava da un sogno bellissimo per ricordarle prepotentemente che doveva correre a lezione.
Era sempre stata una ragazza mattiniera e alzarsi dal letto non era mai stato un particolare problema per lei, ma ultimamente aveva preso il brutto vizio di impiegarci ore.
Tutta colpa sua... pensò sbuffando.
Ran spense il fornello e si riempì la tazza di caffè, afferrando sotto il mento una confezione quasi finita di biscotti e nell’altra mano una mela da portare all’università come spuntino post lezione.
Appena si sedette a tavola, il suo sguardo si immerse nella bellissima giornata di sole che era iniziata parecchie ore addietro, e che si mostrava invitante dalla finestra che dava sulla strada trafficata di Beika.
Sarebbe stata la giornata ideale per uscire, per divertirsi... e invece quelle che la attendevano erano sei noiosissime ore di lezione, chiusa in un aula con i condizionatori ancora spenti nonostante giugno fosse iniziato da un bel po’.
Trattenne a stento uno sbadiglio, mentre inzuppò nel caffè bollente un biscotto. Sentì la porta di casa aprirsi lentamente, sicuramente suo padre, venuto a controllare che la bella addormentata si fosse destata per andare all’università.
Ran guardò la tazza bollente supplichevole. “Ti prego, svegliami come solo tu sai fare” le mormorò, avvicinandola per bere il primo sorso.
Una mano stranamente gelata le si posò sul collo, facendola sobbalzare e macchiando così la sua camicia preferita.
La giovane scattò in piedi all’istante, pronta a liberarsi con una mossa di karate.
Questo non è papà! ringhiò la sua mente pronta all’attacco.
“Non sapevo che parlassi da sola” sghignazzò una voce alle sue spalle.
Il cuore di Ran perse un battito.
 
 
Il ragazzo scoppiò in una risata divertita, mentre osservava l’espressione sbigottita e allarmata della sua fidanzata.
“Mi hai fatto venire un colpo!” lo rimproverò Ran, una mano sul cuore e l’altra ancora in posizione, pronta per colpire il presunto aggressore. Lo sapeva, che aveva fatto un errore nel lasciargli le chiavi di casa sua. Non era il primo scherzetto che le faceva, e stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di riprendersele.
Il giovane continuò a ridere, e alla fine si prese lo stesso un pungetto non troppo gentile sul petto.
I due ragazzi si sedettero l’una di fianco all’altro, mentre Ran allungava un paio di biscotti al ragazzo che, da un anno e mezzo a quella parte, amava.
Il giovane si rilassò sulla sedia, sorridendo alla ragazza.
“Che fai già in piedi? I tuoi piani non erano poltrire fino a tardi?” domandò Ran, per poi affondare nel caffè tiepido.
Il giovane rimase a fissarla con un sorriso, perso nella bellezza della ragazza. Nonostante si fosse appena alzata e sul suo viso non vi fosse una sola traccia di trucco, non poteva evitare di pensare che era comunque la ragazza più bella del mondo. Anche con i capelli arruffati e un principio di occhiaie.
Amava rimanere a guardarla, soprattutto quando era appena sveglia ed indossava la camicia che era stato costretto a regalarle perché troppo affezionata. Era la camicia che lui aveva deciso di indossare per la sua dichiarazione. Non ce l’aveva più fatta a trattenersi, ed era dovuto correre da lei per rivelarsi una volta per tutte, anche se aveva avuto una forte apprensione per un suo rifiuto. E, quando finalmente l’aveva incrociata sul suo pianerottolo, le si era quasi inginocchiato davanti, gridando a gran voce il suo amore.
Ran aveva sorriso. Lui portava ancora i pantaloni del pigiama. E, nonostante fosse stata presa in contropiede da quella improvvisa – e inaspettata – confessione, gli concesse di uscire assieme un paio di volte.
Ma, quel paio di volte, erano bastate per farle capire che lei si era innamorata di lui. E da lì era nata la loro insospettata storia.
Ran lo riscosse alzandosi da tavola e iniziando a sparecchiare, sottraendogli il pacchetto di biscotti che aveva iniziato a smangiucchiare avidamente. Prima che lei andasse in camera sua per cambiarsi, lui le afferrò un polso e fece per tirarla a sé, costringendola delicatamente a sedersi sulle sue gambe.
La giovane sbuffò, nonostante il contatto con il ragazzo le facesse piacere, e mantenne una perfetta faccia stizzita e seccata. “Sono in ritardo. Lasciami andare”.
Il ragazzo allungò una mano e le circondò il mento, avvicinando così il viso della sua innamorata al suo. Gli occhi chiari di lei che si chiudevano appena erano un toccasana per il cuore palpitante di lui, che ancora non ci credeva che finalmente quella ragazza, che tanto aveva amato di nascosto, gli appartenesse. Nessun altro poteva sottrargliela, ora. Lei era sua, come lui era completamente suo.
Ran appoggiò la mano sulla bocca del ragazzo, poco prima che le sue labbra toccassero quelle del fidanzato e sorrise trionfante quando lui riaprì gli occhi, visibilmente scocciato.
“Ho detto che sono in ritardo” ribadì divertita e, approfittando del momentaneo spaesamento di lui, scivolò via dalle sue braccia e corse nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Si svestì alla velocità della luce ed indossò un vestito stampato leggero, un cardigan giallo per coprire le spalle nude e improvvisò una treccia spettinata da far ricadere sulla sua spalla, dando un po’ più d’ordine a quei capelli scombinati.
Indossò un paio di ballerine comode e afferrò la borsa dell’università, dove dentro stavano tutti i suoi appunti e libri, e corse verso l’ingresso, dimentica della presenza del suo ragazzo nell’altra stanza.
“Ehi!” la chiamò lui andandole incontro.
La ragazza, che stava già armeggiando con le chiavi per la porta, tornò alla realtà al suono della sua voce e sussultò appena quando lui le sfiorò la spalla.
Il ragazzo spalancò delicatamente la porta, ricordandole che lui l’aveva aperta appena entrato e le fece segno di passare per prima, quasi per ribadirle il fatto che lui fosse anche un cavaliere, quando l’occasione si presentava.
Ran gli sorrise e gli concesse un rapido bacio sulle labbra. Lo prese per il polso e se lo trascinò di sotto, in strada, per poi abbracciarlo con forza e baciarlo di nuovo.
Le guancie di entrambi si imporporarono molto, e i passanti attorno li guardavano divertiti ed invidiosi allo stesso tempo.
Tutti l’avevano sempre detto: loro formavano una coppia perfetta e bellissima. Quando li vedevi assieme, e notavi l’amore che li legava, ti sentivi una pace interiore. Sapevano trasmettere sicurezza agli altri, e il legame che li teneva stretti da un anno e mezzo a quella parte sapevano che non si sarebbe mai dissolto.
Ran fu la prima ad interrompere il loro contatto, sbuffando leggermente. Controllò l’ora sul display del cellulare e gemette mentalmente. Erano le dieci passate, e la lezione sarebbe cominciata di lì ad un quarto d’ora. Con gli autobus non ce l’avrebbe mai fatta, con la metropolitana forse, ma solo se si fosse data una mossa.
“Scappo. Ci sentiamo più tardi!” gli disse, dandogli un ultimo bacio sulle labbra, ma lui la trattenne per il polso.
Stava sorridendo, cosa che sorprese Ran.
“Dove credi di andare?” le domandò con una risatina. “Sapevo che ti saresti alzata tardi, quindi ci ho pensato io” e, detto questo, si spostò di lato e le mostrò la sua moto parcheggiata a qualche passo dalla sua abitazione.
Gli occhi di Ran si spalancarono, e fece guizzare lo sguardo dalla moto al suo ragazzo parecchie volte. Con la moto, ci avrebbe messo decisamente meno tempo, e all’università sarebbe arrivata giusta giusta per l’inizio della lezione.
“Sei un genio” sussurrò la ragazza, avvicinandosi al mezzo con passo spedito, seguita dal ragazzo. Il giovane estrasse dalla sella i due caschi che si affrettarono ad indossare e poi fece l’occhiolino alla fidanzata.
“Lo so. E senza di me, non so che faresti” la prese in giro.
Salirono entrambi con agilità, e partirono sfrecciando in direzione del centro di Tokyo. Ran si accoccolò alla schiena del ragazzo che amava, sentendo le guancie calde.
Aveva ragione: senza di lui non sapeva cosa avrebbe potuto fare. Si sentiva persa senza saperlo al suo fianco. Era la sua metà. Glielo ripeteva quasi ogni giorno.
Nel mentre che decelerarono per via di un semaforo rosso ostile alla puntualità di Ran, la giovane estrasse il cellulare ed inviò un messaggio a Sonoko, per chiederle di aspettarla fuori dall’università. L’Ateneo distava ancora un paio di chilometri, e la lezione sarebbe cominciata di lì a cinque minuti. Anche quella volta, era salva.
Il ragazzo diede di gas appena scattò il verde, e Ran si dovette tenere forte alla sua schiena per non scivolare all’indietro. Svoltarono a destra e poi percorsero ad un andatura più normale l’ultimo tratto di strada, anche perché di fianco all’università si trovava la sede staccata della Centrale di Polizia.
Ran intravide appoggiata ai cancelli la sua migliore amica, con indosso un grosso paio di occhiali da sole quasi sicuramente per oscurarle lo sguardo stanco, e intenta a smanettare con il telefonino.
Ran scese con un balzo dalla moto, si slacciò il casco e si diresse verso Sonoko.
“Ehi, grazie per avermi aspettata” le disse con un sorriso di scuse, mentre questa alzava lo sguardo su di lei. Nonostante gli occhiali, Ran intravide gli occhi assonnati dell’amica, ma nonostante questo riuscì a sorriderle. “Fa niente. Andiamo?”.
Ran annuì e fece per voltarsi, per salutare il fidanzato e per riconsegnargli il casco, quando venne letteralmente travolta da qualcuno.
Cadde rovinosamente a terra e la borsa sparse tutt’attorno i libri e gli appunti. Il cellulare volò in strada, aprendosi in due.
“Ma guarda te!” esclamò adirata la sua migliore amica, ergendosi minacciosa sulla persona che aveva investito Ran, intenta a massaggiarsi il didietro.
“Oh, scusa, mi dispiace!” esclamò il ragazzo, iniziando alla velocità della luce a rimettere in ordine i libri e gli appunti della ragazza. “Non ti ho proprio vista! Sono in ritardissimo” spiegò affannosamente e porse a Ran i libri ammucchiati alla bell’e meglio.
Ran scosse la testa, cercando di non far trapelare la lieve irritazione. “Tranquillo” disse solo, e il ragazzo le sorrise di cuore.
“Grazie!” esclamò alzandosi in piedi di scatto. Raccolse la sua tracolla universitaria e corse verso l’ingresso dell’Ateneo, salutandola con la mano. “Scusa ancora!”.
Ran si rialzò spazzolandosi il vestito impolverato, mentre Sonoko, con ancora le mani sui fianchi, continuava a guardare torva nella direzione dove il ragazzo era sparito. “Non è l’unico in ritardo, ma almeno noi non buttiamo la gente gambe all’aria!” borbottò innervosita.
Ran stava per dirle che non c’era problema, e che non si era fatta male nella caduta, quando la voce del suo fidanzato la richiamò alla realtà per la seconda volta di quella mattina.
“Mi dispiace, Ran” lo sentì mormorare.
La ragazza si voltò, per poi spalancare gli occhi inorridita. Il suo cellulare, comperato appena due mesi prima, era graffiato e sformato, con lo schermo tagliato e spento.
Lo afferrò e rimase in silenzio a contemplarlo, mentre Sonoko si accorse della presenza del suo fidanzato. Si alzò gli occhiali sulla testa e alzò le sopracciglia. “Oh. Ci sei anche tu” disse con tono piatto, ma lui era intento a guardare la sua ragazza.
“Mi dispiace, ma appena è volato in strada è passata una macchina. Credo che sia... andato” le disse lentamente, ma Ran sbuffò lo stesso.
Se lo cacciò in tasca e scosse la testa, ponendo il problema della lezione già cominciata come prerogativa rispetto al cellulare nuovo miseramente andato distrutto.
“Ci penso dopo. Grazie per il passaggio” gli disse cercando di stare calma. Gli passò il casco e lo salutò con un bacio sulla guancia, per poi prendere la sua migliore amica per il polso e trascinarsela dietro.
“Ci vediamo, Sonoko” la salutò il ragazzo, gentile.
La giovane corrugò la fronte, cosa di cui Ran non se ne accorse. “Sì, ciao... Shun

 
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Okay,questa doveva essere una one-shot, con finale completamente diverso. Il ragazzo di Ran doveva essere un certo ‘Shin’ di nostra conoscenza, e non uno sconosciuto ‘Shun’.. ma, mentre scrivevo... è uscito questo e... le idee sono nate… XD Perdonate la mia ennesima pazzia :)
Bè, che mi dite? Sappiate che come andrà a finire questa mia idea non lo so nemmeno io... ho solo poche cose in mente, per il momento, ma so che scrivendo la storia si farà da sé...!
Aspetto i vostri commenti! ^^
Un abbraccio,
 
Dony_chan 
  
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