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Autore: Woland in Moskau    09/02/2012    1 recensioni
"Ci sono tante di quelle storie che ognuna delle sette miliardi di persone che popolano la Terra potrebbe raccontare. Storie di amore, di odio, di guerra, di pace, banali, interessanti, brevi o lunghe. In ogni caso, ognuna di questa è un piccolo frammento di chi la racconta, che in un certo senso decide, per i più svariati e biasimabili (o non) motivi, di condividerla con chiunque abbia voglia di ascoltarlo.
Al che dirai, ebbene? Ebbene oggi sento che sia arrivato il mio turno di spartire qualcosa con una piccola -o grande- parte di mondo che abbia voglia di ascoltarmi, ossia tu."

(OC! Yaoi!)
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV
“Ovvietà”


 

 
 
Questa volta l’aveva combinata grossa, eccome se l’aveva combinata grossa. Già vedeva i verdi tizzoni ardenti di Arthur saettare furenti dai suoi occhi sino al luogo del delitto, storcendo la bocca come se avesse dovuto sfogare tante di quelle parolacce e alzando ritmicamente una delle due mastodontiche sopracciglia –solitamente era quello sinistro- come se gli occhi fossero dovuti uscirgli dalle orbite.
-Ahi, fai piano! Così ci rimetto la mia dolce lingua.-
-Non che tu la usi in qualche modo utile comunque.-
La bionda si tolse con un gesto stizzito i guanti in lattice e si passò la lingua sui denti bianchi, contrastanti con il livido color rosso delle labbra carnose. Le sorrise poi in modo comprensivo, o forse sarcastico.
-Hey brutta stronza, guarda che non ti pago!-
La piercer alzò un sopracciglio dipinto di nero e mise una mano sul fianco prominente.
-Honey, sgancia la grana prima che chiamo mio fratello.-
Sam rise ma subito si sentì la morte dentro, pensando alla gatta da pelare che aveva a casa. Certo che immaginarsi Arthur con un bel fiocco di raso azzurro e un campanellino legato a una coda spettinata (chiaramente sarebbe dovuto essere in tema con l’Arthur umano) non aiutava a prepararla ad affrontare la situazione con il giusto spirito. Si coprì piano la bocca con la mano e porse alla donna le banconote stropicciate che le doveva, mentre questa non faceva che pensare che di gente strana come quella bruna ragazzina ne aveva vista raramente.


* 


-Arthur, Sam, sono a casa!-
Alfred sbatté piano la blindata dietro di sé, per evitare che i vicini del pianerottolo gli rinfacciassero per l’ennesima volta di disturbarli a causa del modo in cui erano soliti chiudere le porte. Sbuffò e si tolse velocemente la giacca pesante, buttandola malamente sull’appendiabiti. Si passò una mano tra i capelli e avvicinandosi al tavolino dell’ingresso notò che Arthur doveva aver portato in casa la posta quel giorno, ma per qualche strano motivo non l’aveva letta. Chissà poi che fine aveva fatto.
Iniziò a scartare con disinteresse numerose bollette e cataloghi di supermarket, fino a che non notò una busta giallastra, di carta che sembrava riciclata. C’era scribacchiato con una calligrafia sghemba e lunga il loro indirizzo, ma prima che leggesse il mittente (o il destinatario) la porta si aprì ed entrò un Arthur trafelato e abbastanza nervoso, che imprecava per l’imminente temporale che lo aveva preso alla sprovvista.
-Un inglese doc come te non dovrebbe mai uscire senza ombrello, Arthie!-
L’altro alzò lo sguardo furente in sua direzione, solo dopo aver tolto il soprabito e le scarpe fradice.
-Non farmi incazzare più di quanto non sia già, Alfred. Oggi non è giornata.-
L’americano rise e avvicinandosi a lui, abbandonata ormai la lettera sul tavolo, gli scompigliò i capelli e lo strinse forte a sé, talmente tanto che le proteste –finte proteste- di Arthur erano pressoché inutili.
-Anche quando mi ero appena trasferito a Londra prendevi sempre l’ombrello quando non pioveva e non te lo ricordavi mai quando invece diluviava. È bello sapere che certe cose non cambiano mai, sai.-
L’inglese era rimasto con il viso leggermente bagnato nascosto nella felpa calda di Alfred, che non aveva smesso di toccargli delicatamente la testa, con un fare quasi fraterno.
-Ma se le persone cambiano, com’è possibile che tutto rimanga immutato?-
Arthur si scostò appena dal nido d’amore che da anni lo accoglieva per guardare teneramente il compagno e scorgere una reazione a ciò che aveva appena asserito. Nel dire quelle parole lo aveva accarezzato dolcemente, come avesse sentito il bisogno di tastare la morbidezza della sua pelle, tradita da una barba appena incolta. Posò il pollice sulle labbra carnose di Alfred, che si aprirono di riflesso e abbassò i grandi occhi verdi su di esse e sui movimenti stuzzicanti a cui le invitava con il dito.
Era un implicito consiglio a baciarlo e difatti non tardò molto prima che le labbra dei due si unissero in un dolce idillio, fatto di sospiri, piccole riprese e assaggi famelici.
-Per me tu non sei mai cambiato Arthur. O forse ho avuto la fortuna di cambiare insieme a te.-
-Adoro la tua amabile ovvietà.-
Arthur sussurrò quelle parole, quasi l’orgoglio lo fermasse, quasi violenti ricordi di un passato dolceamaro tornassero in superficie. Lui e Alfred avevano sempre avuto un rapporto molto borderline. Solo quando il destino, il karma, Dio aveva dato loro Sam avevano trovato un equilibrio più arrogante, che si era imposto sulle loro dinamiche non  a passo con il mondo e con ciò che, soprattutto, il mondo pretendeva da loro.
 
So che Arthur era una sorta di fratello per Alfred. So anche che tutto ciò può risultare effettivamente strano e, soprattutto, conosco quel poco che negli anni loro hanno voluto dirmi. Non che ci sia nulla di male. La concezione che ho io dell’amore è ben lontana da quella canonica. Che poi se Dante, Shakespeare, Wilde e company hanno potuto avere una propria opinione dell’amore perché io non potrei? Comunque il più figo di tutti è Platone. Dici che ami la letteratura (sì ok, qui parliamo di filosofia…), magari ti è capitato di leggere il Simposio: lì spiega bene come secondo lui ognuno di noi sia la metà di una cosa sola (una mela, mi pare) che si è divisa all’origine di tutto. Chiaramente, l’altra metà non è più perfettamente coincidente a causa delle asperità a cui la vita ci sottopone, ma rimane comunque complementare. Capisci cosa intendo? Arthur e Alfred sarebbero l’orgoglio di Platone.
 
« Finalmente Zeus ebbe un'idea e disse: "Credo di aver trovato il modo perché gli uomini possano continuare ad esistere rinunciando però, una volta diventati più deboli, alle loro insolenze. Adesso li taglierò in due uno per uno, e così si indeboliranno e nel contempo, raddoppiando il loro numero, diventeranno più utili a noi »
 
Alfred spinse Arthur contro il muro dietro di loro, riprendendo a baciarlo dolcemente, come a volergli trasmettere tutto l’affetto che gli avrebbe potuto aver negato in quegli anni. Non aveva mai avuto particolari sensi di colpa, anche perché la sua superficialità ogni tanto gli faceva dimenticare come poteva far star male chi aveva vicino, Arthur in primis. Arthur che più di tutti era stato ferito dall’americano. È strano come a volte siano le persone che più amiamo a stare peggio a causa nostra, è forse che queste decidano che valga la pena soffrire per noi? Alfred non lo sapeva; ma di sicuro per l’inglese le dinamiche erano tali, o le aveva rese lui stesso tali, altrimenti non lo avrebbe riaccolto a braccia aperte (non proprio aperte) dopo il periodo movimentato dell’adolescenza del più giovane.
-Alfred smettila! Sam potrebbe tornare da un momento all’altro…-
Difficile desistere davanti all’oggetto del proprio desiderio. Se poi in una mise arruffata e scarmigliata. L’americano stava per iniziare una sequela di lamentele a cui raramente Arthur sapeva resistere, ma improvvisamente un trillo meccanico li riportò alla realtà. Il campanello aveva suonato.
I due si sistemarono i capelli arruffati e, dopo essersi scambiati uno sguardo interrogativo, Alfred andò in cucina, mentre l’inglese si diresse con passo incerto verso la blindata. Un’improvvisa morsa allo stomaco lo aveva sorpreso mentre fissava meditabondo la porta, ci mise un po’ ad aprirla.
-Salve, sono Margareth Powell.-
Una donna castana di mezza età gli rivolgeva un sorriso meccanico, che le tirava i lineamenti stravolgendoli appena in lievi rughe di espressione, accentuate dal passare degli anni. Indossava un elegante trench color crema, che risultava più scuro dove bagnato dalla pioggia. Aveva un viso triste e spento, con occhi piccoli e verdastri, opachi. Era nel complesso un'ombra, confusa con il grigiore della parete dietro di lei, nonostante l'apparente audacia di quel falso sorriso.
-Ha bisogno?-
Arthur deglutì, si sentì paranoico e alquanto esagerato, ma quella donna e la capriola del suo stomaco dovevano necessariamente essere collegate.
-Sto cercando Samantha Jones, mi han detto che vive qui. Sono la madre biologica.-
Appunto.

 

*

 



Salve a tutti gente! Ho fatto passare un bel po’ di tempo dall’ultima volta che ho aggiornato, miserere me! Tra l’altro con un capitolo che non ha soddisfatto molto le mie aspettative… Spero che questo sia maggiormente di vostro gradimento!
Non fatevi prendere dal panico (o sì?), la situazione verrà spiegata successivamente. Arthur e Alfred hanno adottato Sam, ma a quanto pare qualcosa non è andato come doveva, o qualcuno è spuntato fuori all’improvviso, come in questo caso. Il rapporto dei due, inoltre, è ancora abbastanza in sospeso nella mia mente, ci sto lavorando su e pian piano lo sto elaborando bene, per rimanere IC e al contempo soddisfare le mie idee pazzerelle.
Con la scuola, purtroppo,  aggiornerò più raramente, specialmente in un periodo di merda come questo. Che disastro il liceo, non smetterò mai di ripeterlo, considerando poi il futuro che mi si prospetta… Ma questa è tutta un’altra storia!
Ah sì, il cognome è quello di Alfred (vivono in Inghilterra, quindi per parcondicio ho deciso così) e so che Sam risulta effettivamente omonima di Samantha Jones di Sex and the City, ma la cosa non è voluta. In ogni caso mi ha fatto sorridere!
Altra cosa: amo la filosofia e Platone e ho letto il Simposio un sei mesi fa. Inutile dire che mi sia oltremodo piaciuto e non ho resistito ad inserire questa metafora qui, mi piace così tanto. La trovo così adatta ad Alfred ed Arthur. 
Bacioni, commenti sono sempre graditi ;)
 
Amy
  
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