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Autore: orphan_account    10/02/2012    2 recensioni
Dal primo capitolo:
Mi chiamo Alexandra, ma potete chiamarmi Alex. Ho quindici anni e una lista di cose che voglio fare prima di morire. Su un totale di più o meno 50, per ora ne ho completate sei. Quindi, vi chiederete, dov'è il problema? Ecco, è che questo non rientrava nella lista...
Dal tredicesimo capitolo:
Mi chiedo dove sarei ora se non mi avessero costretta a venire qui. Sicuramente mi sarei persa tutto questo, e non li avrei mai incontrati. Ho idea che insultare... lui... sia stata una delle migliori idee del secolo.
Però un po' mi dispiace...
[...]
"Stai scherzando." gli dissi con voce atona. La sua risata riempì la stanza.
"Decisamente no, sono serissimo." disse lui scompigliandomi i capelli.
Questa era una follia, pura e semplice: "Ma questa da dove l'hai tirata fuori?"
Mi prese la mano. Era calda e sicura: "Vedrai."
Si sentì un urletto: "Posso venire con voi? Ti prego Zayn, ti prego!"
"Uhm, come vuoi Louis."
STORIA IN REVISIONE
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.A. Questo capitolo non mi piace per niente... Comunque...

 

Mia madre ci aveva appena scaricate all'aeroporto con la promessa di chiamarci appena fossimo atterrate a Londra. E ci aveva lasciate così, al check-in, io con la mia mascherina antibatterica e una piccola valigia e Marianna con tre valigie che a parere mio avrebbero intasato l'intero aereo. Tanto avevano pagato tutto i miei, eravamo perfino in prima classe.

I miei genitori erano convinti che visto che stavo per morire, allora dovevo avere tutte le comodità del mondo e a me non dava fastidio. Io non ero preoccupata di morire, oramai ci avevo fatto l'abitudine, ma mi dava veramente fastidio essere trattata come un esserino fragile e tutte quelle cavolate. Posso riposarmi quando muoio. Certo, questo non significa che dovrei essere libera di andare in altri paesi, solo per vedere un concerto.

Erano le cinque di pomeriggio e l'aereo non sarebbe decollato se non fra due ore. Più o meno altre due ore per arrivare e si sarebbero fatte le nove di sera. Però c'era il fuso orario, per cui saremmo arrivate alle otto di sera. Oh gioia! Quindi avevamo un bel po' di tempo per fare quello che volevamo.
In quel momento eravamo sedute ad un tavolino di un bar semivuoto. Io non potevo togliermi la mascherina e la cosa era particolarmente imbarazzante. Voglio dire, non è che si veda proprio tutti i giorni una ragazza “emo” con una specie di maschera per l'ossigeno, no? Tutti, e dico proprio tutti, mi fissavano, i più piccoli con interesse e gli adulti con compassione. Giusto per la cronaca: io non sono un'animale dello zoo.

Marianna invece, disinvolta e a suo agio con una bottiglietta d'acqua in mano, non la smetteva più di parlare di come sarebbe stato divertente il concerto e di qua e di là. La mia testa ne aveva decisamente avuto abbastanza.

E poi era partita la suoneria di un cellulare. Mi si era gelato il sangue nelle vene. Mia cugina aveva estratto il cellulare alla velocità di una lumaca e aveva dato tempo al mio stomaco di ribellarsi a dovere.

You're insecure, don't know what for, you're turning heads, when you walk through the door, don't need make up, to cover up, being the way that you are is enough, everyone else in the room can see it, everyone else bu-

E questo che diavolo era? Il tizio Bieber, per caso? O forse... Com'è che si chiamava quell'altro depravato? Ah sì, Joe Jonas o qualcosa del genere. Solo loro possono cantare certe cavolate su una ragazza che è bella senza trucco e che quando entra lei si girano tutti. Ma per favore...

Pronto?” chiese lei con voce seccata, “Sì mamma, sono con Alex. Che?”

La sua faccia era così scocciata che mi concessi un breve sorriso, tanto nessuno l'avrebbe visto con la mascherina.

Alex, togli un secondo quella cosa dalla faccia che mia madre ti vuole parlare.” mi disse sottovoce.

Non potevo farlo, ovvio, ma lo feci lo stesso, giusto perché io sono stupida così.

Presi il cellulare che mi stava offrendo con una certa curiosità, le volte che avevo parlato con sua madre si potevano contare sulle dita di una mano, e, diciamocelo, mi spaventava a morte.

Sì?” chiesi con la voce più sicura che riuscii a raccogliere.

Il suo tono era più gentile di quello che mi ricordassi: “Alexandra, cara, come ti senti?”

Uh, io sto bene, grazie. E lei?” le chiesi con un pizzico di paura. Le davo del lei perché nonostante fosse mia zia non avevo il permesso di chiamarla per nome.

Non si degnò nemmeno di rispondere alla mia domanda, “Senti, ma sei sicura che andare ad un concerto sia la migliore delle idee nel tuo stato?”

Ora ero confusa: “Ma... Guardi che è stata sua figlia a-” Marianna mi sfilò il cellulare dall'orecchio e mise giù senza un'altra parola.

Ehi! Io stavo parlando.” dissi con voce atona.

Lei cercò di cambiare discorso, ma l'avevo capito benissimo che qualcosa non tornava, ma chissenefrega, erano affari suoi: “Hai sentito la mia suoneria?”

Io annuii, ormai certa che quella canzone appartenesse al tizio che canta Baby baby ohh: “Justin Bieber? Oh sì, se la sento ancora un volta vomito.” dissi mentre mi rimettevo addosso la mascherina.

La bottiglia d'acqua ruzzolò per terra e la faccia di mia cugina era sconvolta.

Io mi sbattei una mano sulla fronte e dissi con molto sarcasmo: “Oh no! Come ho potuto fare questo errore fatale? Non era Bieber, era Joe Jonas!” rotolai gli occhi, “Sai che danno, tanto fanno schifo tutti e due.” scollai le spalle e mi appoggiai più comodamente alla sedia di plastica. Senza quel maledetto coso davanti alla bocca le mie parole sarebbero state perfette, ma la mascherina soffocava in parte il mio tono.

La faccia di Marianna era nera, ma proprio nera: “Bieber? Jonas?” la sua voce era freddissima.

In quel momento capii di aver commesso un errore alquanto imbarazzante. Mi frugai la testa alla ricerca di altri gruppi maschili di un genere molto lontano dal mio.

Ci misi qualche istante a connettere il cervello.

Mi schiarii la gola e dissi in un tono veramente disperato: “Ti prego, ti scongiuro! Dimmi che quelli non erano i One Direction.” era un pensiero orripilante.

La sua faccia si calmò un poco: “Brava cuginetta, noi andremo a sentire proprio loro!”

Mi uscì un suono poco lusinghiero, ma fortunatamente lei non lo sentii.

Non pensavo ce l'avrei fatta a resistere un intero concerto. Quando finalmente ci decidemmo a lasciare il bar stavano per cominciare ad imbarcare. Io mi sistemai vicino a uno di quei piccoli oblò che fanno da finestra e Marianna si sedette di fianco a me, dandomi un colpetto sulla mano. Mi girai e notai che l'aereo era assurdamente pieno di ragazze fanatiche che con ogni probabilità erano su un aereo solo per andare a vedere il concerto di cinque ragazzini. Per l'amor di Dio! Il più grande non aveva nemmeno vent'anni! O forse sì... bah, non lo so...

Ero già stanca, la leucemia mi aveva veramente incasinato la vita. Per principio non mi soffermavo mai a pensare a cosa sarebbe successo se non mi fossi mai ammalata, altrimenti sarei scoppiata a piangere.

Quindi mi concentrai sull'hostess bionda che stava parlando delle uscite di emergenza, ma che stava riscuotendo così tanta attenzione che avrebbe fatto prima a parlare con un muro.

Quando ebbe finito di parlare si avvicinò a me con fare provocatorio: “Mi scusi signorina?”

Sospirai lentamente prima di guardarla, “Sì?” la mia voce suonava così debole!

Lei non è affetta da una malattia trasmissibile, vero?” la sua voce era particolarmente fastidiosa da così vicino.

Lo sapevo che mi sarei dovuta aspettare una domanda del genere. Era la prima volta che prendevo un aereo da quando mi avevano diagnosticato questa malattia, ma quando prendevo i mezzi pubblici tutti si allontanavano da me, neanche avessi la lebbra.

No signora, ho la leucemia.” le dissi cortesemente. Tutti nell'arco di tre metri mi stavano guardando. Imbarazzante...

La hostess mi lanciò un'occhiataccia e le ne andò.

Ricordavo il decollo, ma mi dovevo essere addormentata subito dopo, perché quando mi svegliai...

Eravamo arrivate a Londra.

   
 
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