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Autore: FRC Coazze    10/02/2012    11 recensioni
E se in una notte di fine ottobre 'qualcuno' fosse corso in aiuto ai Potter? E se questo qualcuno fosse riuscito a salvare la giovane Lily? E se sempre questo qualcuno fosse una persona innamorata da sempre di lei? E se Harry fosse scomparso?
Troverete risposta (forse) a queste domande nelle mia ff!
Dal primo capitolo: "Silente si era accostato ancora. La sagoma che giaceva accanto alle ginocchia della professoressa ora aveva un volto… e, per la miseria, anche un nome! Oh, Albus conosceva bene il colore di fuoco di quei lunghi capelli… conosceva bene i lineamenti freschi di quella giovane donna: Lily Evans giaceva lì, sul freddo pavimento, svenuta e con una sanguinante ferita sul petto… ma viva!"
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Principe della Notte'
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Capitolo 35
 

NELLA TANA DEL SERPENTE



Lily si gettò un’occhiata alle spalle. Remus e Sirius la seguivano silenziosi, tutti e tre stretti nei mantelli, loro unica protezione contro il gelo del crepuscolo. Un crepuscolo spettrale che sembrava farsi ancora più cupo e pericoloso intorno a quella villa scura, come un serpente sibilante che mostrava le sue zanne velenose a quei tre stranieri.

Ma a quei tre stranieri incappucciati non importava. Quei tre stranieri dovevano entrare nella tana del serpente, dovevano entrare. E ora seguivano con passi felpati la lunga cancellata arrugginita, osservando il giardino al di là, gli occhi pronti a cogliere qualsiasi movimento. Ma di movimenti, in quel giardino dimenticato, in quella spettrale anticamera del limbo, non ce n’erano. Era tutto silenzio. Tutto calmo.

Lily si fermò, gli occhi verdi sempre puntati attenti verso la villa sulla collina, come quelli di una cerva preoccupata a non farsi cogliere di sorpresa dal lupo. Si trovava davanti un cancelletto arrugginito, ripiegato su sé stesso come un vecchio magro e contorto. Era aperto, esattamente come aveva detto Lucius, ormai dimenticato da tempo. Lily levò la bacchetta e la puntò innanzi a sé. Mormorò alcune formule, concentrata sotto gli occhi dei suoi due compagni. Rimase qualche istante ad attendere, ma non accadde nulla. Scosse il capo, preoccupata.

Si voltò verso Remus e Sirius con espressione preoccupata, confusa… non riusciva a capire. Dov’erano le barriere di cui aveva parlato Lucius Malfoy? Aveva perfino detto loro di fare molta attenzione… ma attenzione a cosa se non c’era niente?

“Niente?” Chiese Sirius in un sussurro. Lily scosse il capo.

“Meglio così, no?” Ribattè allora il ragazzo gettando un’occhiata a Lupin accompagnandola con un sorriso. Ma Remus non rispose, guardò l’altro con aria pensierosa quindi distolse lo sguardo e lo portò verso Villa Riddle, accoccolata sulla sua collinetta come un serpente avvolto tra le sue spire, silenzioso, pronto a far scattare la sua trappola.

“Non mi piace questa cosa.” Mormorò Lupin.

“Neanche a me”. Gli rispose Lily. “Ma abbiamo altra scelta?” Gettò un’occhiata decisa ai suoi due amici quindi si voltò, fece un passo in avanti, decisa a superare quel cancello, ma Remus si sporse in avanti afferrandola per un braccio e trattenendola. Lily si voltò a guardarlo irata.

“Non fare cose stupide.” Le disse duramente Remus. “Il fatto che non possiamo avvertirle, non vuol dire che non ci siano.” Disse riferendosi alle barriere.

“Chiediamo consiglio a Silente. Brix è con lui e ha l’altro specchio.” Ma Lily lo ignorò e si liberò con uno strattone. Non le importava. Lei sapeva solo che dovevano entrare, che dovevano entrare in quella casa. Sapeva solo che Harry e Severus erano là, dove riposava il serpente.

“Lily!” Ringhiò Lupin, trattenendo la sua voce in un sussurro, ma Lily aveva già superato il cancelletto con un balzo.

Sia Remus che Sirius osservarono quel movimento trattenendo il fiato, quasi dovessero vedere Lily esplodere davanti a loro con uno sfrigolare di luce.

“Allora?” Sussurrò Lily dall’altro lato del cancello, tutta perfettamente. “Vi muovete?” Aggiunse incitandoli a raggiungerla. Lupin e Sirius si scambiarono un’occhiata veloce lasciando andare un sospiro di sollievo.

***

Albus Silente si strinse nel mantello blu. L’aria era pungente, gelida nonostante i raggi del sole che filtravano attraverso le nubi. Raggi malati, flaccidi, d’un grigio verdastro che si appoggiavano spossati alle alte mura scure della villa, lassù sulla collina, al di là di quel vecchio cancello di ferro.

C’era solo silenzio. Solo il silenzio a sorvegliare quei cancelli arrugginiti. Solo silenzio appoggiato mogiamente alla cancellata nera, gettando occhiate distratte intorno a sé, alla cupa atmosfera che avvolgeva il maniero e il paese di Little Hangleton, poco più in basso. I tetti delle case grigi e macilenti come se la cittadina stessa fosse avvolta e abitata soltanto dai fantasmi di quella casa, lassù, sulla collina, dalle grida che essa spargeva intorno. Quella villa che doveva essere stata una splendida casa signorile, un tempo, elegante e superba, ma che ora era niente più che un guscio vuoto, pieno soltanto di dolore e malvagità, le mura impregnate delle urla dei suoi prigionieri e della magia nera del suo proprietario. Quella era villa Riddle. Niente più che il covo, la tana buia e fredda di un serpente.

Silente sospirò appena, gli occhi azzurri puntati su quella lugubre dimora. Tutto era tranquillo.

Il preside si gettò un’occhiata alle spalle, sapeva che i suoi seguaci dell’Ordine era lì, pronti e agguerriti alle sue spalle, decisi, ancora per una volta, ad aver fiducia in lui. Sapevano che quella era l’unica via. Sapevano che non avevano alternative se volevano salvare Severus Piton e, con lui, il piccolo Harry. Silente scosse il capo amaramente. Il rapimento di Harry era stato l’avvenimento che aveva spinto anche i più reticenti a seguirlo lì, a seguire il comandante che li aveva delusi in un’ultima missione. Suo fratello Aberforth era uno di quelli.

E così, ora se ne stavano lì, ai margini della campagna che si apriva intorno a Little Hangleton, nascosti tra le ultime case disabitate della periferia. Erano venti. Venti contro nemmeno sapeva quanti Mangiamorte. Silente confidava nell’elemento sorpresa, era l’unico asso nella manica che avevano.

Sospirò ancora, aggiustandosi gli occhiali sul naso adunco.

“Albus?” Una voce richiamò la sua attenzione. Il vecchio preside si voltò, ritrovandosi davanti la piccola figura dell’elfo Brix.

“Siamo tutti pronti.” Gli disse Brix con voce ferma, il volto pietrificato in una maschera di decisione.

“Lily e gli altri due ragazzi sono arrivati?” Gli chiese Albus, dopo aver annuito all’affermazione precedente. Stavano aspettando solo loro. Dove diavolo si erano cacciati?

Brix tossicchiò appena, abbassando lo sguardo come a prepararsi a dire qualcosa che Albus non avrebbe gradito.

“Beh… loro… ecco…” Cominciò a dire, fissandosi i piedi.

“Dove sono, Brix?” Gli chiese seriamente Albus. C’era qualcosa che non quadrava. Quei tre avevano in mente qualcosa, oh sì…

Brix non rispose, lo sguardo puntato a terra per evitare gli occhi azzurri e penetranti del preside. Come glielo diceva ora?

Ma non ci fu bisogno di dire nulla, perché improvvisamente un lampo di comprensione balzò negli occhi cerulei del preside, scintillando come il guizzo di un piccolo pesciolino d’argento. Albus si voltò verso la cupa villa sulla collina, un’espressione incredula e preoccupata sul viso anziano.

“Perché?” Chiese sottovoce, tra sé e sé, “Perché devono sempre fare di testa loro?!”

***

“E’ questa la pietra che diceva Malfoy?” Chiese Lupin in un sussurro.

Era chinato a terra, le ginocchia poggiate contro la terra umida e gelida, appena lambite da un leggero scroscio di nebbia che copriva il terreno come un sudario. Dinnanzi a lui c’era una grande lastra di marmo, coperta appena dalle braccia ossute dell’edera che gemeva a terra, abbracciata al marmo come fosse stato il suo unico riparo contro il gelo. Sulla pietra, profondamente incisa c’era una grande croce latina, scritta indelebile e segno inconfondibile di ciò che il marmo celava. La lastra si trovava a qualche metro di distanza dalle mura cupe e scrostate della casa. Solo qualche metro da quei muri che trasudavano come pelle carbonizzata gocce di terrore, stille di veleno che scivolavano dalle zanne del serpente. Le finestre della casa erano tutte barricate, chiuse da assi come bocche cucite, come occhi ciechi che piangevano sangue. C’era solo silenzio tutto intorno. Neanche il vento si spingeva oltre i cancelli putridi di Villa Riddle, solo la nebbia strisciava sul terreno gelato in un moto di pudore a coprirne la nudità.

Gli occhi d’ambra di Lupin balzarono dalla grande lastra di marmo ai suoi piedi a Lily che se ne stava ritta di fianco a lui, guardandosi intorno circospetta.

C’era così tanto silenzio intorno a loro. Troppo silenzio. Non avevano incontrato nemmeno un Mangiamorte. Niente.

Certo, avevano seguito alla lettera le istruzioni di Lucius per evitare di essere visti, ma il fatto che non ci fosse anima viva intorno a villa Riddle non era una bella cosa. E Lily continuava a guardarsi intorno preoccupata come aspettandosi da un momento all’altro che venissero attaccati dai seguaci di Voldemort. Sirius ero teso quanto lei. Continuava a far scattare gli occhi azzurri a destra e a manca, la bacchetta stretta in pugno. Le sembrava di trovarsi in bilico su una corda tesa, sul sospiro sibilante del serpente addormentato che aspettava, e osservava, in silenzio, pronto a scattare alla prima occasione.

“Lily?” Lupin richiamò la ragazza, alzando gli occhi verso di lei. Qualsiasi rumore più alto di un bisbiglio sembrava dover infrangere con uno stridore la polla acronica in cui erano immersi. Non era così che si aspettavano il covo di Voldemort, eppure, era come se fosse giusto… come se quella calma innaturale, quel respiro velenoso che aleggiava intorno a loro forse la cosa più naturale di quel luogo, di quella tana.

Lily non diede segno di aver sentito la voce di Lupin. Si morse il labbro inferiore, ansiosa, stringendo forte la bacchetta di James, come a trarre calore da quel legno scuro, come a cercare un appiglio che le desse la forza di continuare.

“Questa calma mi mette i brividi.” Commentò Sirius a bassa voce, guardandosi intorno preoccupato. Lily non lo guardò, ancora troppa immersa nei suoi pensieri, troppe domande vagnavano nella sua testa e quella calma limbica non faceva altro che aumentare la tensione. Non c’era nulla. Non c’erano Mangiamorte, non c’erano barriere… non c’era nulla, soltanto lo sguardo ansioso del serpente nero che li osservava paziente. Malfoy aveva parlato di barriere anti-materializzazione, ma dove erano? Erano entrati nel giardino incurato e dimenticato della villa come se niente fosse, come se l’inquietante costruzione nera fosse disabitata… perché? Quella domanda le ronzava intorno dal momento in cui avevano superato il vecchio cancello, macilento e curvo sotto il peso della spessa mantella di edera.

Dov’erano i Mangiamorte? Che fine avevano fatto le barriere?

“Ho solo io l’impressione che ci stiamo infilando dritti in una trappola?” Sussurrò Sirius avvicinandosi lentamente.

Lily lo guardò distrattamente, ancora pensierosa.

“Una trappola…” ripeté sovrappensiero. Una trappola. Però… però se Voldemort aspettava lei… Le barriere non c’erano. E Voldemort non sapeva dell’Ordine.

“Sirius”, sussurrò Lily, colta improvvisamente da quel lampo di comprensione. C’era una falla nel piano di Voldemort… “Se ha tolto le barriere per intrappolare noi, ha lasciato campo libero all’Ordine.”

I due ragazzi la guardarono pensierosi. Voldemort non poteva essere così sciocco… no, Voldemort non era uno stupido, se aveva osato togliere le barriere aveva sicuramente messo qualcos’altro a guardia della villa. Non poteva aver lasciato il suo covo sguarnito… o sì?

Remus e Sirius si scambiarono una veloce occhiata interrogativa, quindi entrambi puntarono nuovamente gli occhi su Lily.

“Che cosa vuoi fare?” Le chiese Remus, ancora chinato a terra. “Andiamo o…?” Domandò poi accennando col capo alla lastra di marmo.

Lily lo guardò decisa. “Certo che andiamo.”

“Allora sbrighiamoci prima che arrivi qualche Mangiamorte.” Disse duramente Sirius.

Sia Lily che Remus annuirono decisi, quindi quest’ultimo si alzò ed estrasse la bacchetta dalle pieghe del mantello. La puntò contro la lastra di marmo e con voce appena sussurrata, disse: “Wingardium leviosa.”

La lastra scricchiolò appena sotto l’incantesimo, mormorò irritata, ringhiò nello sforzo di alzarsi dalla sua sede, cercando di stroncare la terra e le pietre che avevano chiuso, sigillato tutti i suoi bordi con l’andare del tempo.  Si mosse appena rilasciando un cupo crepitio, ma nulla più.

“E’ bloccata.” Commentò Lupin chinandosi su di essa per controllare i brodi. Passò le dita lungo di essi senza motivo alcuno se non quello di toccare con mano la realtà dei fatti.

“Su, levati.” Gli bisbigliò Sirius deciso, afferrandolo per un braccio e facendolo alzare. Black aspettò che Remus si fosse scostato dalla pietra, quindi levò la bacchetta con fare deciso.

“No, aspetta…” Tentò di fermarlo Lily, ma Black aveva già scagliato con impeto l’incantesimo. La lastra si spaccò da un capo all’altro, sputando polvere bianca schegge di marmo dalla profonda crepa che si aprì lungo la linea dello stipes della croce, producendo uno schianto sordo che nel silenzio che invadeva il giardino sembrò risuonare come il ruggito di un drago, il ringhio di rabbia di una creatura scossa dal suo sonno, spandendosi tutt’intorno nella leggera foschia, rapendo il respiro agli altri due ragazzi in piedi a poca distanza.

Sirius si guardò intorno con fare circospetto, gli occhi spalancati, aspettandosi da un momento all’altro di sentire grida d’allarme provenire dalla villa, aspettandosi di vedere decine di Mangiamorte sbucare dai lati della villa. Ma tutto ciò non avvenne e lo scrocchio profondo del marmo si perse nella nebbia, fagocitato dal silenzio stesso.

Lily e Remus tirarono un sospiro di sollievo, rilassandosi appena, senza comunque abbassare la guardia.

“Scusate.” Sussurrò appena Sirius quando si fu assicurato che il rumore non avesse richiamato l’attenzione di altri.

“Tu ci farai ammazzare tutti.” Commentò Remus, avvicinandosi nuovamente alla lastra di marmo e lanciando nuovamente l’incantesimo di levitazione. Questa volta la pietra si mosse, le due parti si levarono dolcemente da terra, in silenzio rivelando il profondo di quella gola di cui erano le labbra, buia e fredda. Remus fece adagiare i blocchi di marmo sull’erba alta accompagnandoli con la bacchetta, mentre Sirius e Lily si chinavano sull’apertura.

Ricevettero in pieno volto il respiro asfittico di quella creatura sotterranea, uno sbuffo di aria viziata, densa e pesante, il sospiro di una creatura che aveva trattenuto il fiato per secoli e che ora, finalmente, poteva svuotare i suoi polmoni di quella melma che da tempo immemore li colmava, sputandola verso il cielo con un sibilo, un sospiro appagato.

Lumos.” Sussurrò Lily, puntando poi la luce azzurra e fresca della bacchetta verso quelle fauci buie che si aprivano dinnanzi ai suoi piedi. I raggi turchini sfiorarono la sagoma di alcuni scalini di pietra rivelandoli agli occhi dei ragazzi.

“Bene”, fece Sirius, “chi entra per primo nel buio tunnel delle catacombe?”

Lily fece una smorfia, scuotendo il capo sconsolata, quindi strinse meglio la bacchetta nella destra e posò il primo passo sulla scala. Cominciò a scendere gli scalini lentamente, con molta attenzione, non sembravano più di tanto rovinati, ma erano comunque molto stretti tanto che doveva poggiare il piede di lato tenendo la schiena contro la parete di pietra che delimitava la scala. Sirius aspettò che Lily avesse sceso i primi scalini, quindi accese a sua volta la bacchetta e la seguì. Ultimo fu Remus, poi le fauci del buio si richiusero su di lui ingoiando la luce azzurra con un sorriso soddisfatto, gustandosi il pasto.

***

“Ma io dico, elfo”, ruggì Alastor Moody facendo un passo verso la piccola creatura, “perché diavolo glielo hai permesso?!”

Brix lo guardò con gli occhi a palla. Si sentiva un imputato accerchiato dagli indici tesi e accusatori dei giudici. Tutti e quattro i membri di spicco dell’Ordine. Eccoli lì: Aberforth Silente, Minerva McGranitt, Alastor Moody e Albus Silente. Tutti e quattro lì che lo scrutavano e lo analizzavano con occhi di fuoco. Ma perché? Perché aveva dato retta a quei tre?

“Non lo so.” Rispose piantando bene i piedi per terra e incrociando le braccia magre sul petto. “So solo che mi fido di miss Lily. Forse è per questo che ho accettato.”

“Insomma, Brix”, fece Minerva McGranitt, “anche io mi fido di Lily, ma questa è pazzia.”

“Tanto ormai saranno già entrati.” Rispose l’elfo.

“Certo, visto che ci hai informato solo dieci secondi fa.” Ribatté piccato Malocchio.

Brix lo guardò in cagnesco, arricciando le sopracciglia e lanciandogli un’occhiata cupa quanto quella dello stesso Alastor. Sospirò profondamente fronteggiando l’auror con risolutezza.

“Albus”, fece la McGranitt alzando lo sguardo verso il preside, in cerca di appoggio, “non possiamo lasciarli da soli. Sono solo dei ragazzi.”

Silente le gettò un’occhiata distratta. “Sono ragazzi molto in gamba.” La corresse con un sorrisetto.

Minerva lo guardò esasperata. “Non vorrai permettere questa follia, Albus!” Esclamò, gli occhiali rettangolari che fremevano d’indignazione sul naso arcuato, gli occhi chiari spalancati come la bocca.

“E’ inutile stare a discutere.” Disse Silente, con tono autoritario, gettando occhiate decise ai tre di fronte a lui. “Ormai è fatt. L’unica cosa che possiamo fare è approfittare di questa situazione e cercare di aiutare Lily e gli altri ragazzi.”

La professoressa McGranitt scosse il capo, aprendo le braccia rassegnata di fronte all’affermazione del collega, mentre Moody si faceva pensieroso.

Aberforth fece un passo in avanti portandosi all’altezza di Brix, deciso a fronteggiare il fratello.

“Aiutarli?” Gli fece eco, con tono vagamente sarcastico. “E come? Noi siamo qui e loro sono…” Ma Albus non gli permise nemmeno di finire la frase. Sorrise sibillino sollevando le sopracciglia e spiando Aberforth da sopra gli occhiali.

“Con uno specchio a doppio senso, Ab. E con cosa se no?” E sotto le occhiate confuse dei compagni, Albus Silente fece scattare un occhiolino verso il piccolo elfo, sorridendo enigmatico.

***

Lily…

Lily aveva raggiunto la fine della scala di pietra, davanti a lei si apriva una galleria spoglia, vuota, abitata soltanto dal tintinnio sinistro delle gocce d’acqua. Alla luce azzurra della bacchetta, le pareti di pietra luccicavano di lacrime blu, viscide, sporche gocce che scivolavano sulle loro guance ruvide per perdersi in quelle due dita d’acqua che coprivano il pavimento della galleria.

Sirius, dietro di lei, balzò giù dagli ultimi scalini schizzando il velo d’acqua tutt’intorno. Gettò un’occhiata ai suoi piedi e fece una smorfia notando la pellicola scura e fredda che copriva il pavimento.

“E’ pieno d’acqua qui sotto.” Disse puntando la bacchetta in basso per poi analizzare le pareti di pietra intorno a lui.

Lily…

Lily guardò distrattamente Sirius, mentre anche Remus li raggiungeva. Si guardò intorno circospetta e alzò la bacchetta verso il basso soffitto ad arco solo per vedere le gocce d’acqua stillare lente attraverso le fessure. Anche Remus e Sirius si guardavano intorno incuriositi. Si sentivano al riparo dal respiro malefico della casa, lì sotto, si sentivano più al sicuro, lontani dalla calma e dal silenzio che regnava nel giardino.

Lily!

La ragazza si riscosse improvvisamente di fronte al quel fermo richiamo che proveniva dalla sua tasca. Abbassò un attimo la bacchetta per poter infilare una mano nella tasca dei pantaloni. Ne estrasse lo specchio a doppio a senso e lo portò alla luce della bacchetta, richiamando Remus e Sirius pochi passi più indietro. Tutti e tre si chinarono sullo specchio vedendone il vetro ondeggiare quasi liquido per qualche istante, poi, tra l’argento e il bianco dello stesso, comparvero due occhi azzurri.

“Albus.” Sussurrò allora la ragazza con un lieve sorriso.

“Dove siete?” Chiese Albus Silente dallo specchio, mentre andava comparendo anche il resto del viso, occhiali a mezzaluna compresi.

“Nella galleria della cripta, ma…” Cominciò Lily, Silente la interruppe.

“Lily, fate molta attenzione. C’è qualcosa di strano, Tom ha in mente qualcosa.” Disse il preside.

“E’ probabile”, disse Lily determinata, “ma ho intenzione di andare fino in fondo.”

Silente sorrise scuotendo il capo. “Lo so, Lily. Lo so. Ma a volte il coraggio da solo serve a poco.” Il viso del preside si fece più duro, gli occhi azzurri si caricarono di un colore più cupo. “Ragazzi”, disse rivolgendosi a tutti e tre, “fate attenzione. L’Ordine è pronto a muoversi, attaccheremo tra un’ora. Se volete portare via Severus ed Harry da lì, o almeno questo Brix mi ha detto essere il vostro piano, sbrigatevi: non vorrei dovervi venire a cercare nei meandri della terra per salvarvi. Non mi resta che augurarvi buona fortuna.” Concluse facendo scattare un veloce sorriso, quindi la sua immagine tremolò per qualche istante e stava per svanire quando Lily lo trattenne.

“Preside.” Lo chiamò. L’immagine di Albus si fece nuovamente più nitida, e il preside sollevò appena un sopracciglio in attesa di udire le prossime parole di Lily.

“Non ci sono barriere intorno alla villa.” Lo informò la ragazza.

Silente annuì deciso, senza un minimo di sorpresa negli occhi. “Lo so.” Le disse. “Per questo dovete fare molta attenzione. Tom vi aspetta. E noi siamo qui pronti a venirvi a salvare.” Concluse con un sorriso, quindi fece schioccare l’occhio nello sprizzo azzurro di un occhiolino furbo e sibillino che nascondeva sicuramente qualche strano piano.

“Buonanotte.” Disse infine il preside, con il suo solito sorriso enigmatico sul viso e gli occhi azzurri scintillanti e astuti dietro le lenti degli occhiali, mentre la sua immagine sfumava di nuovo nel vetro e questa volta scompariva, lasciando Lily a fissare i suoi stessi occhi verdi nello specchio.

“Buonanotte?” Ripetè Remus, dopo qualche secondo, confuso, gettando un’occhiata svelta a Sirius come a cercare una risposta dall’amico, ma quello si strinse semplicemente nelle spalle.

“Sbrighiamoci.” Ordinò di tutta risposta Lily. Non sapeva cosa aveva in mente Silente, ma se era davvero una trappola l’Ordine era la loro unica chance. Dovevano trovare Harry e Severus e poi sarebbe arrivato Silente ad aiutarli: questo aveva capito.

La ragazza ritirò lo specchio infilandolo nuovamente al sicuro nella tasca dei pantaloni, quindi si avviò lungo la galleria con gli schiocchi dell’acqua ad accompagnare i suoi passi. Remus e Sirius la seguirono all’istante, in silenzio.

Avevano percorso solo pochi metri che Sirius si protese in avanti, verso Lily.

“Dove credi che sia Harry?” le sussurrò all’orecchio.

Lily scosse il capo senza smettere di avanzare. “Non lo so.” Gli rispose. “Lo troveremo.” Aggiunse convinta, benché dentro di lei Lily sapeva che non sarebbe certo stata un’impresa facile. La casa era immensa, Harry avrebbe potuto essere ovunque, e il fatto che Albus avesse dato loro solo un’ora di tempo non facilitava certo la cosa. In fondo, però, Lily aveva la sensazione che Harry sarebbe venuto da lei. Se davvero era una trappola, e Voldemort li stava aspettando, allora era anche probabile che avesse con sé suo figlio. Buffo, stava entrando nella rete di sua volontà perché sapeva che l’esca era Harry.

“Se dici così, mi fido.” Commentò Black con una smorfia, poi gettando uno sguardo a Remus dietro di lui, notando lo sguardo cupo dell’altro ragazzo, attento e circospetto.

Uno spiraglio di luce fredda, giallastra, malatainvestì il volto di Lily. Dinnanzi ai suoi occhi smeraldini  si presentò una bassa arcata di pietra che, a quanto pareva, segnava la fine della breve galleria e dava sulla cripta della famiglia Riddle. L’arcataera interamente scolpitacon motivi geometrici che si inerpicavano lungo le due colonne e l’arco a tutto sesto che sorreggevano per unirsi nella chiave di volta in cui un tempo doveva essere scolpito lo stemma della famiglia Riddle, ormai però, era completamente cancellato, ad eccezione soltanto del contorno dello scudo. Un po’ più in rilievo rispetto alle decorazioni spiccavano le lettere di alcune parole, in una scritta gotica indecifrabile, a destra ed a sinistra della chiave, ormaianch’esse corrosedal tempo.

Tuttavia, Lily porse poca attenzione all’arcata, ciò che la stupiva e al tempo stesso la spaventava era quella luce. Quella luce malata, flaccida che portava con sé un odore di morte e di muffa che quasi le bloccava il respiro. La luce fresca della sua bacchetta era stata completamente avvolta da quei raggi appiccicosi e giallastri, soffocandola come un panno bagnato nella cera.

Lily si bloccò di colpo. Non le piaceva quella luce. C’era qualcosa di malvagio in essa, come una sirena che tendeva la sua mano putrida e gonfia verso di lei chiamandola, però, con un canto armonioso a cui lei non poteva sottrarsi, pur sentendo perfettamente le note malvagie e depravate che erano in esso.

La ragazza si gettò un’occhiata alle spalle, per un attimo insicura. Remus e Sirius ricambiarono l’occhiata altrettanto titubanti: anche loro sentivano che qualcosa non andava, sentivano che stavano per entrare direttamente nelle fauci del serpente che, tranquillo, aspettava di gustarsi le loro carni già assaporandone il gusto con un ghigno spietato.

Lily deglutì. Chiuse gli occhi per un secondo, cercando dentro di sé la forza di entrare in quella stanza che olezzava di morte. Era al punto di non ritorno, ormai. Non poteva tirarsi indietro. Non poteva…

“Lily…”

 “Mi dispiace.”

“Sev… Non devi scusarti. Non è colpa tua.”

 “Io non posso.” “Io devo farlo”

“Io non ti lascerò. Mai, mai più. Ti prego, non essere tu a lasciarmi. Guardami. Io… Io ti amo. Ti prego, torna da me.”

Furono quelle parole. Furono quelle parole che trovò dentro di lei. Quelle parole, insieme al viso di Severus e al sorriso di Harry. Quelle parole insieme all’immagine di suo figlio accoccolato contro il petto di Severus e lei non poteva abbandonarli. Mai.

Riaprì gli occhi di scatto, verdi scintillanti di piccole lacrime, aghi appuntiti del ricordo, eppure al tempo stesso fresche gocce che ridavano vita al giardino verde delle sue iridi. Prese un lungo respiro, quindi, decisa, superò l’arcata della cripta, affrontando le fauci acuminate del serpente, lasciandosi afferrare dalle mani putride delle sirene.

Rimase immobile sulla soglia per qualche istante, pietrificata. Di fronte a lei c’era… niente.

Di fronte a lei c’era una stanza piuttosto ampia completamente vuota, invasa soltanto dalle acque limacciose di quella luce che pareva non avere una fonte precisa, come la nebbia appiccicosa del sole. Niente. Soltanto una camera vuota, le pareti decorate da strappi d’affreschi, brandelli macabri che macchiavano i muri umidi e giallastri trasudanti salnitro, come croste bianche a coprire le ferite putride. Al centro della stanza c’erano sei tombe. Sei. Disposte in due file da tre. Nient’altro. Sei tombe di cui una aperta, l’ultima, quella opposta ai tre ragazzi.

Lily si guardò intorno confusa, avanzando di qualche passo per permettere anche a Sirius e Remus di entrare nella camera. Sui volti dei due ragazzi si dipinsero espressioni stupite quanto quella di Lily quando poterono guardare il nulla, il vuoto di quella cripta.

Tutti e tre strinsero più forte le bacchette. Si guardarono intorno circospetti analizzando ogni angolo della stanza, ogni ombra, ogni pietra, ma tutto era invaso da quella luce malata che mostrava senza veramente mostrare, che mascherava i suoi fondali come le acque sporche di una palude. Non c’era nulla.

Lentamente, seppure guardinghi, i tre abbassarono le bacchette, permettendosi di tornare a respirare liberamente dopo aver tenuto il fiato sospeso fino ad allora.

I loro occhi colsero subito, appoggiato su un blocco di pietra all’estremità della camera, un vecchio cappello sdrucito. Sirius si avvicinò confuso e incredulo. Non poteva essere…

Ma quando fu a pochi passi da esso, capì che, invece, lo era eccome. Quello non era un semplice cappello: era il Cappello Parlante. Che diavolo ci faceva lì?

Sirius tese le mano libera dalla bacchetta e lo afferrò. Sì, era proprio il Cappello Parlante.

“Questa storia mi piace sempre meno.” Disse, rigirandosi il Cappello tra le mani, osservandolo attentamente. Si voltò verso i suoi due compagni, senza sapere cosa pensare, il Cappello sempre stretto in mano. Ridicolo. Un cappello in una cripta? Perché?

“Sembra sia stato messo lì apposta.” Commentò Remus.

“Sì, è per questo che non mi piace.” Gli rispose piccato Sirius.

“Come se fosse stato preparato per il nostro arrivo.” Continuò Lupin, ignorando le parole dell’amico e prendendo il cappello dalle sue mani cominciando ad analizzarlo a sua volta.

L’attenzione di Sirius si posò allora sulla tomba più vicina a loro. Vi si chinò sopra incuriosito. Ne analizzò il coperchio. Su di esso era raffigurata una donna in stile chiaramente medioevale, il viso tondo appena abbozzato, le vesti lunghe rovinate dal tempo. Era in piedi e teneva le mani incrociate in grembo, tutto intorno, sui quattro lati della tomba, correvano scritte gotiche in latino. Black scosse il capo, allontanando lo sguardo dalla tomba e alzandolo verso Lily.

“Questa gente è morta da secoli.” Sussurrò.

Ma Lily non gli ripose. La sua attenzione era calamitata da quella tomba aperta. Sentiva come un richiamo provenire da quella bocca spalancata nel terreno, era come ipnotizzata da essa. La ragazza non sapeva cosa fare, i suoi piedi sembravano muoversi da soli verso quella voragine che dava sull’oltretomba. Sentiva il suo cuore battere talmente forte nel petto. Non voleva vedere cosa ci fosse lì dentro… non voleva… eppure voleva sapere. Deglutì, gettando un’occhiata al coperchio di pietra scostato di lato, appoggiato al pavimento, era impossibile capire chi vi fosse stato raffigurato perché ormai la sua figura era completamente cancellata, si notavano appena le linee di alcune lettere sul lato destro, nient’altro. Ma a Lily non importava sapere cosa fosse stato raffigurato su quel macabro blocco di pietra, quello che voleva era soltanto allontanare gli occhi dal buco vuoto che si apriva davanti a lei.

Remus e Sirius la osservano in attesa, senza osare farsi avanti, attendendo che la ragazza trovasse il coraggio di guardare in quella ferita nera.

E quando finalmente gli occhi verdi si abbassarono, sul volto di Lily si dipinse una strana espressione, un grottesco misto di orrore e felicità. Là sotto, poggiato solo su una coperta rossa a separarlo dal freddo della terra di quella tomba vuota, rannicchiato nell’angolo che si guardava intorno sperduto e spaventato c’era Harry.

Lily deglutì. La vista del suo bambino, lì al freddo, in una… in una tomba. In una tomba vuota. La raggelava. Per un attimo rimase stordita, lì, in piedi, le lacrime gelide, come gelido era il buio di quella macabra tomba che tratteneva il suo bambino. Rimase lì, immobile a fissare suo figlio guardarsi in torno terrorizzato, gli occhi verdi spalancati e arrossati dalle lacrime.

“Lily?” Fece Remus, preoccupato, avvicinandosi a lei, il Cappello ancora stretto in mano. Sirius fece altrettanto, balzando di fianco alla ragazza e posandole un braccio intorno alle spalle, incoraggiante. Entrambi rimasero pietrificati come Lily di fronte alla vista che avevano dinnanzi.

Proprio in quell’istante, il bimbo alzò gli occhi. Non si può descrivere l’espressione di pura felicità che si formò sul suo volto di bimbo nel rivedere il viso della mamma.

“Harry.” Disse Lily, rispondendo con un sorriso a quello sguardo felice e completamente abbandonato del bambino, un cucciolino ferito e spaventato.

“Harry!” Esclamò di nuovo la ragazza, finalmente libera dalla morsa di orrore che si era impadronita di lei poco prima. Si chinò sul bordo della tomba protendendo le braccia verso il bambino.

Harry tese le sue manine verso l’alto per afferrare le dita di Lily, la bocca aperta in un largo sorriso felice, gli occhi illuminati di gioia nonostante i segni profondi del pianto.

Lily lo afferrò decisa, tirandolo fuori dal quel luogo freddo, da quell’anticamera dell’aldilà a cui nemmeno riusciva a pensare mentre guardava il suo bambino. Lo strinse forte a sé, cullandolo tra le braccia, cercando di infondergli un po’ del calore di cui era stato così a lungo privo. E Harry si strinse a lei, finalmente fuori da quel posto freddo e abbondato dove lo avevano messo pochi istanti prima. Si appoggiò al petto della sua mamma, godendo del suo calore e del suo profumo, la manina premuta contro le labbra, mentre Sirius si chinava a sua volta, e tendeva una mano ad accarezzare il capo spettinato del suo figlioccio.

“Sempre nei guai, eh birbante?” Fece allegramente Sirius cercando di strappare un sorriso al bimbo. Sorriso che non tardò ad arrivare, calamitato dalla voce del padrino.

E poi… poi nella luce malata che invadeva la cripta echeggiò un applauso.

Un applauso di due sole mani che risuonava gelido in quel luogo silenzioso, una lama tagliente caduta ad infrangere la delicata bolla di vetro che si era andata a formare intorno alla felicità di una madre che ritrovava il figlio.

E poi la voce. Gelida, sibilante, sarcastica. La voce di uno spettro che trovava il giusto essere in quel luogo. La voce del serpente che li aveva attesi con pazienza e libidine.

“Ma che dolce quadretto familiare.”
 

*******
 

Muahahahahahah! Cliffhanger!

Già riesco sentire le vostre voci scagliarmi contro Cruciatus e altre maledizioni.  Pazienza. Le vostre fatture mi scivolano addosso… XD

Ammetto che inizialmente non volevo chiudere qui questo capitolo, ma alla fine il lato crudele di me ha prevalso. Ciò significa che il prossimo capitolo sarà molto più lungo di questo.

Vi dirò, non sono granchè soddisfatta di questo capitolo. Gli manca un certo non so che e le parti di Silente trovo che spezzino un po’ troppo la tensione. Boh… lascio a voi la sentenza.

Dieci punti a chi coglie il significato nascosto delle tombe ;)

A presto! Con l’ultimo capitolo che, se non cambio idea nei prossimi giorni, dovrebbe intitolarsi ‘La spada di Grifondoro’. Ah, e sicuramente ci sarà l’epilogo.

Ciao a tutti!
 
 
 
 
  
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