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Autore: Arrow    11/02/2012    4 recensioni
Quando arrivarono nei pressi di un piccolo parchetto, Jude tirò fuori dalle tasche il cellulare e controllò l’ora. Le 11.45.
« Senti Rob io de- »
« Bene! Qui sarà perfetto! » lo interruppe.
Il biondo guardò male l’altro che gli sorrise di rimando per poi avviarsi all’interno del parco.
Jude lo seguì con fare nervoso, sì, si stava incazzando. Quella mattina Robert era più strano del solito e, se inizialmente credeva che tutto fosse dovuto alla rottura con la sua ragazza, ora cominciava a pensare che fosse solo una banale scusa per dare di matto, per dare sfogo ad un qualche cumulo di frustrazione che gli si era venuto a creare dentro.
{ Il rating potrebbe subire variazioni. }
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-In my veins.

~ Capitolo 4 - All that you rely on will leave in the morning .

 

Se avesse continuato a inspirare aria anche solo un istante di più, i suoi polmoni sarebbero di sicuro esplosi. Non fece, però, caso alla leggera fitta che sentì all’altezza dello sterno, tanto era concentrato.

Ora o mai più. Pensò.

« Ehi, Rob! » disse. Tono di voce piatto; stava cercando di trattenere il più possibile le emozioni.

Il moro si fermò, passando il libro da una mano all’altra, grattandosi poi la testa.

Jude ebbe un lieve mancamento quando questi si voltò. Ancora quello sguardo… silenzioso, ma rabbioso. Il biondo si ritenne quasi soddisfatto, però… In fondo il fatto che si fosse fermato e voltato stava a significare che lo avrebbe ascoltato –e se gli fosse andata bene, anche risposto!-.

« Potremmo smetterla adesso, che ne dici? » domanda retorica. Abbozzò un sorriso, di sfida, iniziando ad avanzare verso l’altro. Sentiva il brivido del pericolo invadergli la spina dorsale, sudore freddo imperlargli la fronte. No! Non avrebbe ceduto!

« Di che parli? » da quanto non sentiva la sua voce? Poco importava. Quel suono era incredibile e allo stesso modo inquietante.

« Mi stai evitando, è palese! Ma lo faccio anche io. » disse, aprendo ancora un po’ gli occhi, puntandosi le mani al petto. Smise di camminare quando Robert parlò: « Oh, andiamo Jude! » tono sarcastico, sorriso forzato. « Sii onesto con te stesso almeno ‘sta volta. » suggerì il moro, inarcando un sopracciglio e allargando le braccia. C’era nel suo tono di voce un qualcosa di accusatorio.

« Che diavolo dici? » non capiva. Si sorprese poi nel constatare che la distanza tra loro era diminuita. Capì che era stato Robert ad averla ridotta, quando questi fece un altro passo verso di lui.

« Come al solito non ci arrivi, Judsie. » rise lievemente. Quel ghigno sadico che dì li a poco gli si era stampato sul volto, stava facendo pian piano crollare le sue certezze –ma quali?- iniziali.

Un rumore metallico gli ferì l’udito, tanto che si portò la mano destra al corrispettivo orecchio. L’altra rimase ferma, costretta da qualcosa. Sentì freddo, poi immediatamente caldo alla nuca. Questa volta costrinse gli occhi a restare aperti, perché sapeva; sapeva che se li avesse chiusi anche solo per un secondo tutto sarebbe svanito nel buio.

Gemette, colto di sorpresa. Girò la testa di lato e realizzò che Robert lo stava letteralmente spalmando agli armadietti. Solo quando la stretta al polso sinistro aumentò, si rese conto della reale vicinanza dei loro volti, dei loro corpi. I loro nasi quasi si scontravano e una scossa attraversò tutto il corpo di Jude quando il ricordo del sapore di quel bacio passato gli annebbiò i sensi.

« Ho notato che te la sei passata bene! Come si chiama?! Ah sì, Sarah! Un modo niente male per non pensare, vero? » inveì, provocando l’eco del metallo alle spalle di Jude.

Cos’era quella? Gelosia? O solo pura e semplice voglia di rinfacciargli cose non inerenti ai fatti?

« Che cazzo c’entra questo? » Non gliene fregava nulla della questione del ballo, di lui che aveva visto tutto, in quel momento.

« Te la sei scopata? » chiese, aggressivo.

« Smettila! Smettila di sfuggirmi! Non è di questo che volevo parlare… » cercò di divincolarsi usando il braccio libero, ma prontamente Robert catturò anche quello. Iniziò a dimenarsi, si sentiva quasi in pericolo.

« Non ti agitare… Non voglio farti nulla stavol- »

« Non è cambiato niente! Non te ne devi vergognare, Rob! » sussurrò il biondo.

Robert venne colto di sorpresa, e anche se quello del ragazzo appiccicato a sé era stato solo un sussurro, a lui era sembrato un grido, un fortissimo grido. Proprio non se l’aspettava.

« Eri confuso… Suzan ti aveva appena lasciato ed eri in cerca di confor- » smise di parlare. Robert l’aveva lasciato andare di scatto. Sentì improvvisamente freddo; sentì la mancanza di quel corpo contro il suo.

Il moro s’era voltato verso le finestre del corridoio, aveva le mani sui fianchi. Era agitato, nervoso, incazzato. Le sue gambe si muovevano come animate da impulsi di frenesia.

Si voltò e Jude credette di poter morire. « Non hai capito niente, Jude… » sguardo fisso, ma vuoto. Colmo di lacrime che lottava per trattenere e non far precipitare sulle sue guance, oramai arrossate. Tutta la rabbia che aveva scorso poco prima, era svanita; sostituita da amarezza e rassegnazione.

« Io- »

« No! » lo interruppe. Ma non c’era davvero nulla da interrompere. Jude non sarebbe riuscito comunque a dire altro. Sempre io, io, io. « Non ero confuso, cazzo! Non cercavo “conforto”, come dici tu! Ho fatto quel che ho fatto perché volevo farlo! » urlò alla fine, agitando le braccia. Una lacrima –bastarda!- lo tradì. « Ho avuto paura e sono fuggito. Paura di quello che avevo appena fatto. Paura di perderti… e tutto… per uno stupido bacio. »

Tutto gli fu chiaro. Comprese che Robert stava mettendo in gioco, in quel preciso momento, tutto se stesso. Preoccupato a morte delle conseguenze, ma stufo… Stufo di tenersi tutto dentro. In un certo senso era simile a lui… No! Non poteva fare nemmeno un lontano paragone. Lui era un codardo, un egoista. Aveva pensato solo a sé sin dall’inizio.

« Mi capisci, Jude?! Mi sono semplificato la cosa! Ho facilitato la vita a me e a te. Non avrei sopportato di sentirti dire “Con te non voglio avere più nulla a che fare, sei un frocio del cazzo!”. » rise, amaramente. « Mi sono risparmiato quest’umiliazione e sai perché? Perché io lo sono davvero… sono davvero gay. » confessò infine. Le lacrime smisero di scendere, come se la realtà fosse penetrata nel suo io, dopo quella frase, asciugando ogni dolore. « Ci ho riflettuto. Cazzo, se ci ho riflettuto! Sono corso via col cuore a mille; spaventato per quel che avevo fatto, ma mi sentivo –nel profondo- bene. » disse. « Sai? Credo di essere stato un po’ egoista… ma era la prima volta in tutta la vita ed ero soddisfatto. Ero… contento? Ma sì, diciamo così… » smise di sorridere, quel sorriso amaro che ogni secondo di più stava attorcigliando l’animo di Jude. « Com’è Jude? Com’è essere egoisti? »

Jude fece scivolare le mani vicino ai fianchi. Colpito a morte, da quelle parole…

Non vedendo alcuna reazione da parte dell’altro, Robert piegò un angolo della bocca verso l’alto, in un ghigno, soffiando via dal naso quell’aria che vi era rimasta per troppo a lungo, in attesa, anch’essa, di una risposta.

Raccolse il libro che aveva inconsapevolmente lasciato cadere a terra, quando aveva costretto Jude alla parete, e si infilò una mano in tasca. Un passo, un altro ancora… risuonavano come i rintocchi di un orologio. Era l’ora dell’addio.

Jude lo seguì con lo sguardo… incapace di fare altro. Eppure una vocina nella sua testa stava urlando e impazzendo. Gli ordinava di fermare Robert, ma non le diede retta… non ci riuscì.

Era finita. L’aveva perso.

 

*

 

Aveva chiuso la questione. La loro amicizia era finita, era vero; ma non poteva continuare a vivere a lungo in quel modo. Si sentiva una merda, ma non doveva.

Ho fatto la cosa giusta, continuava a ripetersi.

Sarebbe andato avanti, come rinato, con la sua nuova vita. Non gli riusciva ancora facile accettare quello che era, ma non aveva nessuna intenzione di rinnegarlo.

Prima di tutto, però, doveva porre fine anche al resto. Non voleva allontanarsi per sempre, ma voleva prendere le distanze per un po’.

« Yo, Shà! » disse quando il maggiore dei Leto rispose al telefono. « Possiamo vederci? Dobbiamo parlare. »

« Ehi, così mi spaventi davvero! Eravamo fidanzati e non me l’ha detto nessuno? » rise.

Robert sghignazzò leggermente « Dai, sono serio! »

« Oh sì, non ne ho dubbi! » lo stava prendendo per il culo, era chiaro.

« Che ne dici della vostra saletta? »

Sentì Shannon smettere di respirare per qualche istante. « Rob, sei sicuro che vada tutto bene? »

« Non me l’hai chiesto… » constatò, iniziando a giocherellare col bordo della sua t-shirt di Iron Man. Capì di aver spiazzato l’amico quando questi sospirò.

« Avevi detto che non volevi più tornarci. » disse infine.

« Lo so, ma… mi pare l’unico posto ideale. »

Alla fine Shannon non aveva obiettato oltre. C’era un qualcosa di profondo e solenne nella voce di Robert che stava iniziando a farlo preoccupare; non l’aveva mai sentito così serio.

 

*

 

Percorrere quella strada gli faceva riaffiorare troppi ricordi, tanto che dovette iniziare a contare quanti alberi vedeva pur di tenere la mente occupata.

Era lì che aveva passato tutti i pomeriggi della sua adolescenza da quando aveva conosciuto i fratelli Leto, ovvero otto anni prima.

In quella via avevano distrutto a colpi di mazza da baseball la macchina del guardiano del parco poco distante da lì perché li cacciava sempre dando loro dei “teppistelli dei miei stivali”; aveva fatto il suo primo giro in motorino e aveva rischiato di investire il povero Tomo; aveva provato la sua prima canna e aveva abbordato una ragazza che passava di lì. E infine tutti insieme avevano avuto quell’idea malsana che l’aveva poi portato ad abbandonare per sempre quel luogo.

Quella strada rappresentava una parte della sua vita a cui teneva più di ogni altra cosa, ma non avrebbe mai voluto tornare a quei tempi.

Si insinuò, dopo aver contato trenta alberi, in una viuzza privata e aprì un cancelletto diroccato ornato da un cartello che proclamava a grandi lettere “Keep out!”.

Quel piccolo giardino non sembrava essere cambiato per niente, eppure Shannon, Jared e Tomo continuavano a recarvisi.

Ebbe una fitta al cuore, quando si trovò di fronte all’entrata; rimase immobile sul tappetino d’ingresso senza riuscire ad andare oltre. Ridacchiò e si diede del coglione.

Si sedette sui gradini poco distanti che portavano ad un’abitazione e decise che nell’aspettare l’amico avrebbe fumato un po’.

Pensò che quasi sicuramente il moro avrebbe inveito contro di lui, gli avrebbe dato dell’idiota codardo e avrebbe minacciato di picchiarlo se avesse solo provato ad allontanarsi, ma lui era fermo e convinto della decisione che aveva preso. Se avesse continuato a vivere allo stesso modo di prima sarebbe rimasto schiacciato.

« Yo! » si voltò; era arrivato. « Siamo sicuri che non sei un miraggio? » Robert sorrise e l’altro gli si avvicinò.

« E’ davvero strano essere qui… » confessò, con una nota di malinconia nella voce.

« Ma per nulla al mondo torneresti indietro, giusto? » fece l’altro, allungandogli un braccio. Robert lo afferrò, senza rispondere, e i due si avviarono all’interno della saletta. Il minore cercò di trattenere l’ansia che gli stava martoriando corpo e anima.

Quando entrò gli sembrò che l’odore di tutti i momenti passati là dentro gli si insinuarono nelle narici, come a volerle pregare di non dimenticare. Robert ricordava che in quel buco di stanza c’era sempre stato un odore particolare di un qualcosa che nessuno era mai riuscito ad identificare.

Shannon sparì per qualche istante in un ripostiglio adiacente e ricomparve con due birre in mano.

« Wow, pure il frigobar adesso! » esclamò Robert, sorpreso.

« Era l’unico modo che avevamo per sopravvivere. » si giustificò l’altro.

Si sedettero, il maggiore dei Leto sul suo sgabello da batterista e Robert su una delle casse dell’amplificatore e subito dopo essersi sistemato, iniziò a parlare.

Lì, in quella via avevano tutti insieme avuto l’idea malsana di formare un gruppo. Avevano tutti gli elementi a disposizione. Jared sarebbe stato il cantante, Tomo suonava la chitarra, Shannon era batterista già da appena nato e lui avrebbe fatto la seconda voce e il tastierista. I primi tempi tutto era nuovo e sembrava andare a gonfie vele… Avevano affittato quella stanza per tre pomeriggi la settimana e non c’era una volta che fossero mancati. Potevano essere dei perdigiorno per il resto, ma il loro gruppo, la loro musica veniva prima di tutto.

Un giorno, però, venne la fine… Robert si infortunò gravemente una mano durante una partita di baseball e, nonostante l’operazione andata a buon fine, gli era stato annunciato dai dottori che non avrebbe più potuto suonare. Dopodichè si creò l’inferno... Il loro gruppo si sciolse e lui iniziò a bere e scappò anche di casa. Suonare il pianoforte, la tastiera, era tutto per lui… era la sua passione. Quando un giorno vide Jared e Shannon fare a pugni a causa sua, capì che non era giusto; capì che loro avrebbero dovuto continuare quel sogno anche per lui. Disse loro che se non avessero riformato il gruppo entro una settimana lui non avrebbe rivolto loro più la parola e i tre ubbidirono, col pensiero che non sarebbe comunque più stato lo stesso.

Il proprietario della sala, loro grande amico e fan, essendo venuto a conoscenza della storia, aveva regalato loro quel piccolo angolo di paradiso.

« Hai delle cose da sistemare nella tua vita, eh? » chiese infine Shannon.

Cos’era quello? Cosa aveva appena visto sul volto del suo amico? Era… un sorriso di approvazione e rassegnazione? Gli stava tacitamente dando il suo appoggio nonostante non avesse accennato a tutti i particolari che lo spingevano ad allontanarsi dal loro gruppo?

« Io… » cominciò, ma un gesto della mano dell’altro lo fece tacere.

« Prenditi il tempo che ti serve… A Jared e gli altri lo spiegherò io. » si rigirò tra le mani la lattina di birra ormai vuota, sorridendo per chissà quale motivo. Alzò lo sguardo, vedendo che Robert non diceva null’altro. « Che c’è? »

« Perché non controbatti? Perché non mi picchi? Perché non cerchi spiegazioni?! » era sconvolto.

Shannon rise e parlò: « Robert… sai dove sei, vero? » l’altro annuì. « Ecco, questo mi basta a capire che è davvero importante quello che devi fare. Il resto non conta. Fa’ ciò che ti farà stare meglio e torna da noi ancora migliore. » ricevette una pacca sulla spalla.

Da quando il suo amico era diventato così? Cosa si era perso? Con chi aveva passato i suoi giorni fino a quel momento? Non lo sapeva, ma non voleva essere da meno. Voleva trovare anche lui e fare sua quell’armonia che traspariva chiara e forte dagli occhi di Shannon.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ok, ecco il secondo nodo importante della storia. Spero di essere riuscita a rendere bene la parte iniziale di Rob e Jude; ci ho davvero sudato sette camice! =__= Non so per quanto ancora si prolungherà la fic, ma credo che entro una decina o quindicina di capitoli si concluderà... Boh, vedremo! Ringrazio tanto chi mi segue e chi recensisce! Vi adoro *w* Al prossimo capitolo! <33

   
 
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