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Autore: shotmedown    13/02/2012    4 recensioni
No, lei non ci credeva più. Inutile negarlo, c'era qualcosa che non andava nella sua vita, e non poteva far altro che crogiolarsi nella sua ignoranza; un giorno, forse, qualcuno le avrebbe fatto capire quanto contasse, e le avrebbe donato un mondo fatto di sicurezza e passione, ma per ora, si limitava a partire, ad andare lontano. Boston le stava stretta, Montréal era la libertà.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cinque amici e un paio di chitarre.'
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Ammetto di aver riso più in questo weekend che durante tutto il corso della mia esistenza. No, in diciotto anni non mi sono mai divertita tanto.
THESE ARE BANANAS! And where the hell is my wild tiger?! How am I supposed to be a wild animal on the stage when there are no wild animals  in my backstage environment?!
Come faccio a descrivere un Pierre combattuto e serio quando mi si presenta questo dinanzi agli occhi? 
Li adoro.
Sempre sia lodata la chioma corvina di Jeff.
 
Yesterday all my troubles seemed so far away.
The Beatles, Yesterday






"Arrivo." 
Asciugai le mani, chiudendo il rubinetto e dirigendomi verso l'entrata. Aprii la porta, trovandomi dinanzi a una donna bionda, con uno sguardo stanco e spossata dal peso della borsa. 
"Samantha?" Annuii, facendola entrare, mettendo da parte l'istinto di sopravvivenza e facendola accomodare. Le offrii dell'acqua fresca, che con il caldo di quel periodo, era l'ideale. Montréal, nel mese di Giugno, era più calda di Boston. Decisamente. Mi misi a sedere di fronte a lei, e attesi che iniziasse a parlare. 
"Sono Lachelle." Annuii, non ricordandomi di lei. Ero certa di non averla mai incontrata prima in vita mia, e il fatto che mi parlasse con un tono sì melodrammatico mi lasciò intendere che invece su di me sapesse molte cose. "L'ex fidanzata di Pierre." 
"Oh." Mormorai, distogliendo immediatamente lo sguardo. Non mi sembrava il caso di continuare a fissarla come una perfetta estranea; non dopo che con lei avevo inconsapevolmente condiviso l'affetto del ragazzo per tre lunghi anni. 
"Come...Perché sei venuta qui?" Chiesi, con fare incerto. Avevo timore di quello che era potuto accadere nei mesi in cui io e Pierre non ci eravamo visti nè sentiti, pur incontrando le medesime persone quasi ogni weekend. Si alzò dalla sedia con un po' di fatica, e mi diede le spalle, sospirando. 
"Ho bisogno del tuo aiuto. Devo vederlo." 
 
Pierre p.o.v 
Mi distesi in giardino e socchiusi gli occhi, sorridendo. Era giunto il momento tanto attesp. Quella sera ci sarebbe stata una gran festa per celebrare l'uscita del nuovo CD, quel 21 Giugno. Io e i ragazzi eravamo entusiasti del risultato a cui avevano portato mesi di duro lavoro e grandi collaborazioni e tra i fan regnava il delirio. Perfetto, proprio la situazione che . David aveva intanto costruito una solida amicizia con lei. Non che mi dispiacesse, ma sopportare e cercare di reprimere i sentimenti che provavo risultava difficile se ero costretto a vederla ogni qualvolta il mio amico si offriva di andarla a prendere a lavoro, per fare un favore a Jack. In quei momenti infilavo gli auricolari e guardavo altrove, per non essere costretto a mordermi la lingua nel caso in cui avessi deciso di parlare. Erano passai tre mesi da quando avevamo innalzato un muro tra di noi, e nessuno sembrava intenzionato a buttarlo giù. O meglio, io ne avevo una gran voglia, ma non avevo i mezzi adatti. Le scuse non erano abbastanza, e quando avevo deciso di ricorrere a quello che meglio mi riusciva di fare, avevo lasciato perdere. Neanche una canzone sarebbe servita, e lo sapevo. Mi ero ricreduto su tutto quanto le avevo detto, e avevo capito di fidarmi di lei come di nessun altro a parte chi di dovere meritava la mia fiducia. Ma in quel momento, forse, era lei ad avere il diritto di decidere. L'avevo offesa e solo il tempo avrebbe potuto guarire le ferite. 
Iniziai a sentire la pelle d'oca, sicché pensai fosse ora di prepararsi per il grande evento. All'arrivo di mia madre, iniziai a preoccuparmi e lasciai a lei l'arduo compito di scegliere cosa suo figlio dovesse indossare per una sera così importante e andai a fare una doccia. Tornato di sotto, non ebbi il tempo di sedermi. 
"Jay!" Salutai mio fratello, e lo invitai ad entrare. 
"Molto bene Pierre, dov'è la grana?" 
"Nel frigo, se proprio ti interessa." Nostra madre ci colpì lievemente dietro la nuca, per poi dirigersi in cucina.
"Jay, smettila di chiedere denaro a tuo fratello, e Pierre, tu non fare stupide battutine." Mi passò la mia giacca preferita e un paio di jeans. La fissai esterrefatto. "Hey, conosco il genere. Non puoi presentarti in smoking." 
Annuii, filando a prepararmi. Nel frattempo cercai di capire cos'avessero intenzione di fare i ragazzi con i nostri strumenti. Chuck, ovviamente, avrebbe suonato anche il bongo pur di farmi tranquillizzare. Ma era troppo importante; tre anni di silenzio. Questa era una sorta di rinascita. Tornai di sotto ed entrai in garage per prendere l'auto, rimasta a lungo ferma. Parcheggiai nel vialetto e suonai il clackson per avvisare i miei dell'imminente partenza. David mi informò che erano già lì, e aspettavano solo il mio arrivo per fare il loro ingresso. 
"Mamma!" Gridai, ricevendo un semplice "eccomi!" come risposta. Presi a tamburellare sul volante, impaziente. Mio fratello Jay, ovviamente, se la rideva di gusto. Facendo attenzione a non andare troppo veloce - in tal caso mia madre non avrebbe esitato a sequestrarmi la patente per una settimana, nonostante i miei trentadue anni suonati - mi diressi in centro, dove, ad aspettarci, c'era una marea di gente. Parcheggiai nel retro, e consegnai i pass ai miei per non correre il rischio di non essere riconosciuti. Attraversai un corridoio abbastanza stretto, seguito a ruota da Jay, e imboccai un'uscita. In poco tempo riuscii a trovare il camerino. Entrai e salutai tutti; fui felice di constatare che Alex aveva accettato il nostro invito ad esibirsi per il lancio del CD. Nel bel mezzo di una conversazione il nostro manager fece il suo trionfale ingresso, annunciandoci che entro cinque minuti avremmo dovuto essere sul palco. Sentii l'adrenalina crescere e un desiderio immenso di cantare impossessarsi di me. Mentre mi dirigevo dietro le quinte, presi una decisione.
"E' qui?" Chiesi a David, armato di basso. Mi sorrise e assentì, avviandosi sul palco. Udii le grida delle persone perforarmi i timpani. Fu un dolore piacevole, e dovevo ammettere mi era mancato più di ogni altra cosa. 
 
"E' stato il debutto migliore di tutti i tempi!" Affermò Chuck, saltandomi sulle spalle. Stanco com'ero, non sarei riuscito a sopportare il peso del suo corpo se solo non mi fossi retto a Seb. 
"Ragazzi, riuscite a suonare un'ultima canzone?" Chiesi, implorando. Si guardarono l'un l'altro, e ammiccarono. 
"Ma certo." Sorrisi, tornando sul palco.
 
Samantha p.o.v 
Lachelle sollevò il cappuccio della sua felpa e mi seguì, fino alla zona sottostante il palco. Credevo che Dan, un tecnico, avrebbe potuto indicarci la strada per il loro camerino, ma ad un tratto distolse lo sguardo e lo puntò sullo stage. Pierre era tornato. Testò la funzionalità del microfono, per poi invitare gli altri a non andare via. Mi chiesi cosa avesse intenzione di fare, ma tutto ciò che portò avanti fu l'inizio di una nuova canzone. 
 
*I'm coming home, to an empty room. My head is spinning, on a Sunday afternoon.*
 
Continuavo a guardarlo e ad ascoltarlo, e in breve dimenticai tutti coloro che mi circondavano, compresa la ragazza che avevo accompagnato.
 
*I never should have let you go, 'cause I'm falling to pieces. I just wanna let you know that I can't keep pretending, I never should have let you go. You're so far away and I just can't live without you, I just can't breathe without you. I never should have let you go.*
 
Sentii il calore della mano di Lachelle e la sua stretta si fece ferrea. Mi voltai verso di lei e la vidi sorridere, per poi rivolgermi a Pierre. L'aveva riconosciuta. 
 
Scese dal palco e ci venne vicino, con sguardo interrogativo. Preferii lasciarli soli, sicché raggiunsi David, intento ad uscire, e insieme ci dirigemmo dai ragazzi, felici come non mai. Rivolsi loro un sorriso di circostanza, ammettendo a me stessa di essere fin troppo curiosa di sapere cosa si stessero dicendo. 
"La smetti di tremare?" Chiese David, spazientito. Mi accorsi che teneva ancora un braccio lungo le mie spalle, e che il mio corpo era impegnato in una sorta di movimento non voluto. Mi scusai e cercai di calmarmi, con scarsi ed esigui risultati, sicché mi alzai dal divanetto e presi a camminare avanti e indietro, armeggiando con il cellulare. 
"Eccoli." Annunciò Seb, indicando la porta. Tutti zittirono quando Pierre e Lachelle entrarono, tenendosi per mano. Sul volto di entrambi era stampato un sorriso felice, soddisfatto. Iniziai a provare fitte profonde alla bocca dello stomaco, e la malinconia crebbe quando dalla bocca di Pierre a uscire furono parole che mai e poi mai avrei voluto sentire. Non da lui, almeno, non in quella situazione.
"Ragazzi, Lachelle aspetta un bambino."  
  
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