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Autore: ignorance    14/02/2012    1 recensioni
“Cercate un/una ragazzo/ragazza per San Valentino? Avete voglia di sentirVi amati e desiderati, di ricevere almeno un regalo [...]? Siete disposti a tutto purché qualcuno Vi dia una mano (...) in merito? Allora siete nel posto giusto! Il servizio di S. Valentino Weasley Tw. Vi offre una gamma di persone come Voi, alla ricerca dell’amore perduto e senza impegno!"
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Commenti dell'autrice: come promesso, il capitolo luuungo. E lungo lo è davvero, se avete mai letto qualcosa di mio. Un felice, felicissimo San Valentino a tutti, dolce e amaro o quello che preferiscono le vostre papille gustative. Le mie, per esempio, ormai sono totalmente andate. Stanotte non ho chiuso occhio e adesso sono simil-influenzata, quindi, be', spero passiate una giornata migliore della mia - non che ci voglia poi molto, hum.
Come al solito le recensioni sono immensamente apprezzate. Perché è San Valentino, perché sono influenzata e perché in cambio riceverete un sacco di ammmmore e un paio di profiteroles con la crema ricoperti di cioccolato. (Tranne a Lupin_love, lei si merita due cesti enormi di frutta, conditi di tanto amore)

Grazie a Human_, inoltre, che si è subita questa storia per prima, proprio nel periodo natalizio. Roba da strapparsi i capelli, chi è che pensa a San Valentino durante Natale? Una piccola dedica, perché se la merita tutta quanta.

Oh, e sono tanto orribile da fare pubblicità alla mia Oneshot Drarry Advantages e alla mia deserta pagina Facebook, che se terrete d'occhio vi potrebbe sorprendere (ma dove?).

Sommario: di schiuma rosa, coniglietti, grandi amori, regali azzeccati e tanto, tanto odio. Quel tipo di odio carino, però.



***



Quando Harry si svegliò, provò una sensazione di occlusione allo stomaco al solo pensiero che lampeggiò nella sua mente offuscata: San Valentino.

Serrò con decisione gli occhi, desiderando ardentemente di potersi riaddormentare e risvegliarsi due secoli dopo. San Valentino era sempre, sempre stata la sua tortura. Frotte di gufi recanti pacchi e pacchetti invadevano la Sala Grande, a colazione, per recapitare miriadi di doni a tutti. Tutti, compreso lui.

L’orrore sconfinato che gli provocavano le schiere agguerrite di gufi che atterravano nel suo calice era semplicemente indescrivibile. Gli mandavano cioccolatini, lettere sdolcinate; orsacchiotti, persino. Lo odiava. Odiava essere sotto lo sguardo di tutti, costretto ad accettare tutte quelle cose sgradite da persone sconosciute e a dover trasportare tutto in camera, infognando pacchi, pacchetti e pacchettini e spargerli per la stanza.

Ron lo trovava divertente. Non che fosse un enorme problema, Ron non era mai stato un campione d’empatia. Vederlo che mangiava i cioccolatini indirizzati a lui e leggeva i bigliettini sbattendo le ciglia era accettabile, quasi.

Il problema era lui. Quell’orribile sguardo di sufficienza, quella faccia da schiaffi e il profilo spigoloso che lo sbeffeggiavano ad ogni gesto, l’odioso sorrisetto che gli increspava le labbra mentre lo guardava arrossire ad ogni pacchetto.

Lo stomaco gli si strinse dolorosamente. Malfoy.

Pregò di essersi sbagliato, che il suo calendario biologico avesse toppato, sperò quasi di essersi svegliato morto. Però socchiuse gli occhi, e il soffitto del baldacchino era ancora lì. Che ostinazione.

Spalancò gli occhi, e il soffitto del baldacchino era scomparso. Finalmente. Al suo posto, la faccia lentigginosa e perplessa di Ronald Weasley, che lo scrutava dall’alto.

Harry si tirò a sedere con un urletto vagamente terrorizzato. “Ron?!”, esclamò, vedendo il sorriso dell’amico allargarsi a dismisura. Provò l’impulso di coprirsi il petto con la coperta, ma poi notò che aveva indosso il pigiama e si sentì un po’ stupido.

Ron ridacchiò, guardandolo. “San Valentino!”, gli fece presente, come se non ne fosse già abbastanza consapevole. “Amico, riceverai un numero enorme di regali! Ti immagini?”

Già. Immaginava. Cos’avevamo detto dell’empatia?

Harry storse la bocca. “Sì, giusto.”, borbottò. “San Valentino”.

Ron non sembrò fare caso al suo umore tetro e sorrise. “Forza, Harry, vestiti! Ci perderemo la colazione!”, incalzò. “E la consegna dei regali”, soggiunse, piuttosto ovviamente.

“Come faremmo, senza?”, concordò ironicamente Harry. La stretta allo stomaco s’intensificò. Si prospettava una giornata meravigliosa. Già, meravigliosamente dimenticabile.

***

Quando scesero a colazione, la maggior parte degli studenti era già seduta. Il vociare era assordante, così come il tintinnare allegro delle posate nei piatti, che a Harry appariva semplicemente lugubre.

Mentre si serviva tristemente dalla caraffa di succo di zucca, una voce lo richiamò dallo stato d’incoscienza in cui era caduto. “Mi dispiace distoglierti dal tuo abbattimento cosmico, sai.”, brontolò Hermione, guardandolo raggiante. “Ma volevo solo consigliarti una cosa. Stai bene attento al- ehm, ai gufi che riceverai. Tra uno dei… Suppongo tanti, ci sarà quello con il luogo e l’ora dell’incontro di San Valentino”.

Fu solo allora che Ron parve prestare attenzione al discorso. Finì di masticare la sua pancetta ed alzò lo sguardo. “Oh, giusto. Ehm, siamo sicuri che sia una buona idea?”

Hermione parve oltraggiata. “Vi ricordo che avete promesso. Niente rimostranze, per due settimane”, protestò. Abbandonò il tono irato immediatamente, però. “Sicuramente ci saranno anche allegati i filtri di cui vi ho parlato”. Bevve un sorso di succo e di zucca e sorrise. “Oh, eccoli che arrivano”, osservò allegramente. Effettivamente, una schiera compatta di gufi stava planando verso le tavolate. Era impressionante. Harry cercò di deglutire il suo porridge, ma la gola gli si era seccata tanto che era come cercare di far passare una palla di piombo in un maccherone.

Un numero infinito di gufi atterrarono nel suo piatto, combattendo contro tute le leggi della fisica. All’improvviso, la sua visuale si riempì di piume, becchi e artigli. Il suo succo di zucca schizzò ovunque, il porridge e le salsicce volarono in aria, mentre tutta la tavolata Gryffindor cercava di ripararsi, chi con le mani, chi con la Gazzetta del Profeta appena ricevuta, chi correndo via strillando.

Ron rischiò di morire strozzato da una fetta di pane, mentre Hermione sfilava la sua missiva dalla zampa del gufo postino che le si era poggiato elegantemente sulla spalla, flemmaticamente.



Dopo la venticinquesima volta che Ron ripeteva la scenetta dei gufi, Harry si alzò dalla poltrona, seccato. “Vuoi piantarla, Ron?”, stridé, lanciandogli uno sguardo rabbioso.

Il rosso si bloccò nel bel mezzo della parte in cui Harry si era quasi messo a piangere dalla disperazione e un paio di primini protestarono con dei gridolini.

“Abbiamo capito tutti che è divertentissimo, ma- te ne prego, la smetti?”, Harry addolcì appena il tono, e Ron tornò a sedersi sulla poltrona, rigido. “Senti, vado ad aprire un po’ dei pacchi per cercare quello dei tuoi fratelli, vieni?”, tentò. “Hermione è già lì”, soggiunse.

Ron annuì, alzandosi dalla poltrona e affiancandoglisi con aria impettita. Salirono le scale per il Dormitorio in silenzio.

Quando entrarono, la prima cosa che videro fu Hermione Granger, i capelli persino più crespi del solito, seppellita tra cartacce colorate. Cartacce principalmente rosa confetto, a dir la verità. La seconda fu la quantità industriale di scatole e di orsacchiotti sparsi in giro. La terza, i baldacchini coperti di schiuma rosa. Un’agghiacciante schiuma rosa.

Hermione li guardò. “Oh, Harry!”, esclamò. “Menomale che siete venuti, temevo di metterci tutto il giorno.” Si passò una mano tra i capelli cercando di pettinarseli, ma rinunciò subito e la lasciò cadere, sconfitta. “Ron, vieni qui, per favore. Aiutami ad aprire queste lettere”.

Harry si guardò intorno e il suo stomaco sembrò arricciarsi su sé stesso dal disgusto e dalla disperazione. Mentre Ron si faceva strada tra la moltitudine di cartacce, come avrebbe fatto durante un’abbondante nevicata, si accasciò a terra; fortunatamente, la caduta fu attutita da una dozzina di lettere e una scatola di cioccolatini al Whiskey.

Hermione lo scrutò un attimo, strappando con le dita una lettera rossa. “Tutto questo stress non ti fa bene, lascia che te lo dica, Harry”, disse, seria. “Insomma, capisco dopo tutta la storia del Ministero, il fatto che tu sia il Prescelto e via dicendo, ma… Insomma, un po’ di ritegno!” brontolò, guardandosi intorno. “Se Alicia Crumbley ti avesse davvero amato tanto come proclama nella sua lettera, non vi avrebbe messo un incantesimo Schiumante accluso”, dissertò infine. “Schiuma rosa”, ricalcò schifata.

Ron scoppiò a ridere. “Ho deciso, amico. Non ti invidio, decisamente.”

Harry intuì che avrebbe dovuto sentirsi almeno un po’ rincuorato. “Oh, be’, sono veramente felice di sentirtelo dire”, ribatté, ironicamente. “Comunque, qui sotto ho una scatola di cioccolatini al Whiskey. Ne vuoi uno?”

Hermione lo guardò con una vaga aria di rimprovero. “Non dovresti mangiare cose che non vuoi”, lo rimbrottò. Harry si scrollò nelle spalle e lanciò a Ron un cioccolatino.

“Be’, cosa vorresti che facessi? Che buttassi tutti questi cioccolatini? La gente muore di fame, sai, Hermione.” Ron ridacchiò.

Lei lasciò perdere. “Piuttosto, Harry, vieni ad aiutarci!”, ingiunse infine. “Ohh, che carino questo coniglietto rosa!”, esclamò in un gridolino.

Harry sorrise. Si alzò e li raggiunse, sedendosi sul suo letto e scostando un po’ di schiuma. Prese in mano un paio di lettere imbustate e cominciò ad aprirle una ad una. “Te lo regalerei, se tu non mi avessi appena fatto capire che è una cosa terribilmente sbagliata accettare regali che non si vogliono”, disse, raccogliendo dalle mani di Hermione il suddetto coniglietto e poggiandoselo accanto. “Sai, penso che lo restituirò alla legittima proprietaria. O lo butterò, perché no.”

Agitò il coniglietto per aria, calamitando lo sguardo di Hermione, che sbuffò. “Be’, non dico che sia una cosa giusta”, ritrattò questa, dubbiosa “però è anche vero che non puoi rispedirli proprio tutti al mittente. Alcune non si sono neanche firmate!”

Harry ridacchiò e le porse il coniglietto. “Tieni, te lo regalo”, rise, un po’ rincuorato. Riprese ad aprire un po’ di lettere e riuscì a fare un largo sorriso. “Grazie”, disse.

Hermione rispose con un cenno imbarazzato, Ron arrossì e distolse lo sguardo. “E di che, amico?”, fece, impacciato, stracciando un altro paio di lettere.

“Eccola!”, ruggì Hermione, agitando una lettera e una boccetta. “L’ho trovata!”. Stracciò la busta e ne estrasse il contenuto, scorrendolo freneticamente con lo sguardo. Sospirò di sollievo e rivolse uno sguardo sorridente ad Harry. “L’appuntamento è stasera, alle cinque, al Lago Nero”, cinguettò. “Dovrai bere da questa bottiglietta poco prima, mi raccomando. Fa parte del regolamento, non potrai sgarrare. D’accordo?”

Harry annuì, un po’ preoccupato. Prese la boccetta dalle mani di Hermione e sospirò. “Allora, che ne facciamo delle altre lettere?”

Hermione mormorò qualcosa che suonava come “Scusate tanto”, e scandì: “Evanesco!”. Sia la schiuma che tutte le lettere sparirono, sgomberando finalmente la stanza. “Era l’unico modo”, spiegò, un po’ rattristata. Però si rianimò immediatamente. “Bene, adesso vado a prepararmi per l’appuntamento”, esclamò, arrossendo di colpo. Girò i tacchi e aprì la porta, però si volse indietro.

“Ehm, Harry, che ne farai dei pupazzi?”, domandò, in imbarazzo.

Harry sorrise. “Puoi prenderli, Hermione”, concesse, divertito. “Considerali come un ringraziamento per tutto quello che hai fatto.”

Lei arrossì ancor più furiosamente e con la bacchetta fece levitare tutti i pupazzi, il coniglietto rosa in testa, e se li portò via richiudendosi la porta alle spalle.

Fu allora che Ron si alzò faticosamente in piedi e gli posò una mano sulla spalla. “Be’, anche il mio appuntamento è tra poco”, mormorò, frettolosamente. “Ecco, io dovrei… Sì, insomma…”

Harry lo guardò e rise. “Vado a fare due passi, Ron. Fai pure con comodo.” E ridendo uscì dal Dormitorio, portandosi dietro le scuse imbarazzate del rosso. Decise di concedersi un po’ di tempo da solo, sulla Torre di Astronomia, prima di andare a prepararsi. Insomma, le cinque gli apparivano una meta ancora molto lontana.

Uscì dalla Sala Comune indossando un paio di jeans e un maglione nero e a passi lenti si lasciò condurre dall’inerzia fino alla Torre.

Rimase ad ammirare il sole che calava inesorabilmente per qualche ora, poi dissertò che era il momento di andare. L’ansia lo assalì a tradimento, martoriandogli lo stomaco mentre si metteva addosso un semplicissimo dolcevita al posto del magione e cercava di rendersi presentabili i capelli.

Ah, al diavolo. Lasciò cadere la mano, che stava cercando di sistemarsi le impossibili ciocche nere, lungo il fianco e tirò un lungo sospiro. Che idea terribilmente stupida.



***



L’idea di star per incontrare una persona sconosciuta ed essere costretto a baciarla non lo galvanizzava affatto. Oppure, ancor peggio, incontrare una persona conosciuta ed essere costretto a baciarla.

Harry si sistemò il mantello, prese il regalo che aveva comprato il giorno precedente ad Hogsmeade – sotto la benedetta supervisione di Hermione, ovviamente – ed ingollò il liquido rosso della boccetta inviatagli dai gemelli Weasley.

Una sensazione bruciante lo percorse da capo a piedi, come se il sangue gli si fosse trasformato in fuoco nelle vene. Durò solo qualche istante, ma Harry dissertò che l’avrebbe ricordata per tutta la vita. Haa, che andassero tutti al diavolo.

Scese le scale con il cuore in gola, e con ancor più apprensione uscì in giardino, occhieggiando al cielo terso e al sole ormai al tramonto. Cercò di allungare il passo più che poteva, e solo quando arrivò in prossimità del Lago Nero si fermò. Non c’era ancora nessuno. La stretta al cuore si allentò notevolmente. Be’, se non altro non era in ritardo.

Si sedette su di una roccia, guardando distrattamente la superficie del lago che s’increspava al vento e occasionalmente l’emergere della punta di uno dei tanti tentacoli della Piovra Gigante, che si arricciavano su sé stessi e poi scomparivano.

Senza rendersene conto, si perse nei suoi pensieri. Vagolò tra reminiscenze del passato, pensieri sconnessi, cose da fare, e si dimenticò di ogni altra cosa, persino del freddo. Quando finalmente scorse una figura avvolta in un lungo mantello che avanzava verso di lui, era totalmente rilassato.

La guardò lottare contro il vento, che si era levato furioso all’improvviso, sotto la luce piacevolmente aranciata. Non gli passò nemmeno per la mente di andarle incontro.

I problemi cominciarono quando la figura cominciò a farsi più vicina, e le forme cominciarono a distinguersi. Capelli biondi, quasi bianchi, viso affilato, occhi grigi come il cielo in tempesta. Dannazione, che diavolo voleva Malfoy?

Malfoy non sembrò meno sorpreso di lui. Solo, lo diede meno a vedere. Lo scrutò per qualche istante, e le sue labbra assunsero il solito ghigno maligno e beffardo. “Potter.”, salutò freddamente, tenendosi a distanza.

Harry si accorse di essersi alzato in piedi. Rispose allo sguardo con una buona dose di rabbia e replicò con un “Malfoy” che avrebbe gelato il sangue nelle vene a chiunque. Peccato che quello che si trovava davanti fosse proprio Malfoy, il Re dei Ghiaccioli.

Lo Slytherin non parve turbato di vederlo lì, coi nervi tesi e rigido come una statua. Aspettò, semplicemente. Harry si chiese cosa stesse aspettando, quindi scattò. “Sei venuto a rovinarmi l’appuntamento, Malfoy?”, stridé tra i denti, guardandolo in cagnesco.

Malfoy si trattenne per non ridergli in faccia. “Ma guarda, pensavo di chiederti la stessa cosa.”

Harry sembrò confuso. Si grattò la nuca, dimenticando la sua rabbia, e gli lanciò uno sguardo indagatore. “Quindi non sei qui per questo?”, domandò.

Invece che rispondere male, come avrebbe fatto di solito, Malfoy annuì. “Certo che no, Potter. Non sei così importante da monopolizzare anche il mio San Valentino.”, flautò, sardonico.

“Quindi…”, cominciò Harry, scrutandolo torvo. “Tu…?”

“Sarei il tuo Valentino, sì”, replicò Malfoy, vagamente divertito, come registrò Harry. Divertito, sì, ma malvagiamente, si appuntò. “Potter, sei davvero così squallido?”, chiese quindi Malfoy, guardandolo ironico. “Ti sei davvero proposto per questa buffonata organizzata da quegli idioti dei Weasley?”

Harry lo guardò. “A quanto pare anche tu, direi”, ribatté, piccato.

Malfoy si scrollò nelle spalle. “Una scommessa con Zabini”, chiarì, tagliente.

“Be’, anche io”, replicò subito Harry, mentendo con una certa nonchalance. Hmm, doveva essere l’effetto della pozione.

A proposito, gli effetti della pozione quali erano, precisamente…? Harry non aveva pensato di informarsi, in quanto aveva pensato che se Hermione era così sicura non sarebbe stato niente di terribile. Ma trovarsi Malfoy come Valentino non era contemplato in nessun piano, ecco.

“Malfoy, ma tu sei un maschio!”, realizzò Harry, fissandolo.

“Be’, è già tanto che tu l’abbia notato, imbecille come sei” Malfoy scrollò le spalle. “Sì, sono un maschio, allora?”

Harry lo guardò ancora. “Io non sono gay”, chiarì, serio. “E Hermione lo sa bene. Almeno quanto tutta la scuola sa che tu, invece, lo sei”, disse.

Malfoy sembrò risentito. “Ma come, Potter, non hai neanche avuto il coraggio di compilarti i moduli da solo?”, indagò, ghignando. “Comunque, dev’esserci stato qualche errore, evidentemente”, scrollò ancora le spalle e gli girò la schiena. “Andiamo a lamentarci con quei cretini dei Weasley e risolviamo la cosa”. Guardò distrattamente il cielo che imbruniva e sbuffò. “Che tu sia dannato, Potter”, ringhiò. “Anche a San Valentino dovevi capitarmi tra capo e collo”.

Harry non ci fece caso. Deglutì e cercò di non guardarlo. Perché diavolo Malfoy gli sembrava… Affascinante? Di schiena, per di più! Haa, che orrore. Quello stupido damerino stronzo.

Malfoy cominciò a camminare, e Harry lo seguì a poca distanza. Camminarono in silenzio fino a che raggiunsero il Secondo Piano.

“Be’, ti sei divertito a leggere tutte quelle lettere adoranti, Potter?”, buttò lì Malfoy, sogghignando, a quel punto. “Chissà che tra quelle non ci fosse anche quella della Lenticchia femmina, che ti dichiara il suo imperituro am-”

Ma si interruppe, perché venne sbattuto al muro con forza da un pugno nello stomaco. Harry non l’aveva nemmeno fatto intenzionalmente, i suoi muscoli erano scattati da soli. Malfoy emise un gemito, poi cercò di divincolarsi dalla stretta ferrea con cui Harry l’aveva intrappolato contro il muro e scalciò un po’.

“Che diavolo, Potter?”, gridò, tirando invano il braccio che lo teneva inchiodato alla parete, schiacciandogli lo stomaco, per tentare di sfuggirgli.

“Devi stare zitto, Malfoy”, scandì Harry, rabbiosamente. Il mal di testa lo stava distruggendo. Aveva cominciato a martellargli le tempie da quando erano rientrati nel Castello, e non aveva smesso un attimo di trapassargli il cervello come una lama. Lentamente, si fece indietro, aspettandosi perlomeno un gancio.

Che non arrivò.

Malfoy lo stava fissando. “Potter?”, chiese. “Stai per morire?”, ironizzò, per smorzare la tensione. “No, perché mi farebbe piacere saperlo. Sai, per godermi meglio il momento.”

Harry prese un respiro e riaprì gli occhi, che aveva serrato inconsciamente. “Assolutamente no”, disse, amaramente. Represse un gemito e guardò Malfoy. “Tu hai preso la pozione dei Weasley?”, chiese.

Malfoy strinse gli occhi. “Certo che no”, sbottò. “Vai a fidarti dei Weasley. Potrebbe essere stato anche un veleno, per quanto ne sapevo.” Parve individuare l’espressione angosciata di Harry, perché ghignò. “Ma sicuramente tu l’hai presa, no?” Non attese nemmeno risposta. “Stupida fiducia e lealtà Gryffindor”, borbottò. “Un filtro strano che t’impone di baciare una persona che nemmeno conosci”, esclamò, quasi incredulo. “Sei proprio un imbecille, eh?”

Harry si massaggiò freneticamente le tempie. “Pensi che sia una specie di effetto collaterale?”, domandò, affidandosi suo malgrado alle sue abilità pozionistiche.

Malfoy ci pensò su qualche istante. “…No”, comunicò quindi. “Niente del genere. Piuttosto, considerando il tipo di divertimento che piace a quegli idioti, dovrebbe essere una sorta di punizione per non aver… Fatto quello che dovevi fare”, e qui ammiccò, sogghignando.

Harry lo fissò per una manciata di secondi. Poi gli si gettò addosso, e Malfoy fu costretto a immobilizzarlo a sua volta con le braccia. “Che diavolo fai, Potter?”, esclamò, impettito.

Harry avvampò, staccandosi e facendosi indietro. “Non mi dire, Potty”, soffiò lo Slytherin, ridacchiando senza ritegno, indietreggiando verso il muro opposto. “Stavi seriamente cercando di baciare… Me?”

“Sei fuori di testa, Malfoy?”, gracchiò Harry. “Non voglio farlo! Non voglio assolutamente. Ma fa dannatamente male, dannazione!”, imprecò. Avrebbe ucciso Fred e George. Li avrebbe ridotti in minuscoli pezzettini e li avrebbe sparsi al vento, ma solo dopo averli torturati crudelmente per ore ed ore.

Malfoy rise. “Oho, dov’è finito il Potty dall’animo nobile e gentile di cui si narra nelle leggende?”

Vide Potter girarsi verso il muro. Non ebbe il tempo di reagire, che egli vi sbatté la testa contro.

Rimase di sasso. Tanto di sasso che si precipitò a prenderlo per le spalle e lo sbatté a sua volta con le spalle contro il muro e lo scrollò. “Potter, ti sei rimbecillito?”, stridé, allacciando lo sguardo al suo. “Ti ammazzerai!”

Potter esibì un sorrisetto amaro. “Be’? Non volevi festeggiare?”, ironizzò, stropicciandosi la fronte con la mano.

Malfoy tossicchiò. “Certo che no, Potter. Voglio essere io ad ucciderti, io solo. Il tuo suicidio non mi darebbe alcuna soddisfazione. Troppi pochi urletti terrorizzati e grida di pietà”.

Harry rise. “Sei proprio uno stronzo, non è così?”, borbottò, accasciandosi contro il muro con un sospiro dolorante. Malfoy si chinò verso di lui e lo scrutò, torvo.

“Ovvio che sia così.”, fece, con tono di sufficienza. “Fa così male?”, indagò quindi, vagamente incuriosito ma senza un briciolo di pietà.

Potter alzò lo sguardo al cielo e storse la bocca. “No, è una meraviglia”, assicurò, ironico, lasciandosi però sfuggire un gemito. “Pensi che ci sia un antidoto o roba del genere? Voglio dire, se andassi in Infermeria.”

“Chissà”, rispose Malfoy, compiaciuto. “I Weasley sono dei professionisti indiscussi, nel creare pozioni stupide e senza antidoti”.

Harry serrò gli occhi. “Ti odio, Malfoy”, sbottò.

“Oh, grazie mille, Potter! Era questo il regalo che volevi farmi? Lo apprezzo immensamente”. Malfoy finse di asciugarsi una lacrimuccia, melodrammaticamente, ma Harry si perse quel meraviglioso sfogo artistico, in quanto aveva gli occhi chiusi.

Quando sbirciò tra le ciglia, vide Malfoy che girava i tacchi e cercava di fuggire. Si tirò in piedi con uno scatto di reni e lo afferrò per la spalla, tirandoselo addosso e schiacciandolo contro il muro. “Sei un vero codardo”, gli ringhiò contro la guancia. Poi premette con forza le labbra sulle sue e lo costrinse ad allargarle con la lingua, mordendogliele e graffiandole coi denti.

Mentre gli esplorava il palato, si accorse che Malfoy cominciava quasi inconsciamente a ricambiare il bacio. Il suo corpo si avvinse a quello di Harry, le sue dita si arricciarono contro il suo dolcevita, e Harry gli passò le dita tra i capelli, strattonandoli forte e costringendolo a esporsi ancora di più.

A corto d’aria, si staccarono. “Dannato, dannatissimo Potter”, sputò Malfoy, boccheggiando in cerca d’ossigeno. Harry gli strattonò di nuovo i capelli e cominciò a mordergli il collo, mentre lo Slytherin gemeva scandalizzato, ma non si sottraeva. “Hai scoperto un tuo lato omosessulae sconosciuto, Potter?”, soffiò sprezzante, con il poco fiato rimastogli.

Harry gli ridacchiò contro. Attese che riprendesse fiato mordicchiandogli la carne pallida, poi catturò di nuovo le sue labbra, stavolta senza incontrare una così agguerrita resistenza. Si baciarono a lungo, quasi saggiandosi a vicenda, mentre il corpo di Malfoy sembrava tradirlo su tutta la linea, spingendosi di più contro quello di Harry.

Alla fine di quel bacio, Potter poggiò la fronte contro quella di Malfoy e si tenne tanto vicino che condivisero l’aria, mentre cercavano di riprendersi. “Il dolore è sparito”, mormorò Harry, incredulo.

Malfoy allora contrasse le dita sul suo dolcevita e lo scostò lentamente. “Bene, adesso che stai meglio, possiamo andare a protestare?”, sbottò, cercando di recuperare un po’ di dignità.

Vide Potter piegare leggermente la testa e le sue labbra incresparsi d’un sorriso. “Fai pure”, mormorò, girandogli la schiena.

“Cosa?”, protestò. “Tu non vieni, Potter?”

“Perché dovrei?”, fece Harry, incamminandosi verso la direzione opposta in cui sarebbe dovuto andare.

Malfoy gli corse dietro e lo bloccò prendendolo per un braccio. “Sei veramente uno stronzo, Potter”, ringhiò. “Io ti ho aiutato, tu ora dovresti aiutare me. Non fa parte di quelle regole da rincoglioniti dei Gryffindor? Dove sono la lealtà, il cazzo di altruismo?”, quasi gridò, rabbioso. “Adesso tu vieni con me. Mi aiuti a fare una testa così a quei coglioni dei Weasley, a spaccare tutto quello che mi capita sotto tiro e poi ci prendiamo a pugni, capito?”, stridé.

Harry sorrise. “Non ci penso nemmeno”. Si girò a fronteggiarlo e lo guardò diritto negli occhi. “Però se vuoi posso prenderti a pugni”.

Malfoy rimase interdetto. “Cos’è, ti è dato di volta il cervello?”, borbottò. “Solo per un bacetto? Ti prego, Potter, sei patetico!”

Potter si strinse nelle spalle, poi si divincolò e si rigirò, cominciando a camminare. Malfoy lo prese alle spalle e gli tirò un pugno sul naso. Harry non ricambiò, rimase semplicemente fermo. Allora lo Slytherin gli tirò i capelli e se lo tirò contro le labbra, sentendo il sapore del sangue sulla lingua. Cercò di infondere in quel bacio tutto l’odio e il risentimento del mondo, e morse forte la lingua di Potter, che però non si staccò.

Gli ansimò in faccia. “D’accordo”, brontolò. “Niente proteste contro i stupidi Weasley. Perlomeno, posso avere il mio regalo di San Valentino?”

Harry ridacchiò. “Non ci penso nemmeno. L’hai detto tu, tutte quelle cose sull’idiozia di passare il San Valentino con gente che nemmeno ami”.

Malfoy parve offeso. “Non mi ami?”, esclamò, melodrammaticamente. “Ma come, e io pensavo che la nostra fosse una relazione basata sulla fiducia reciproca e via dicendo”, strascicò.

Vide Potter fermarsi a pensare. “Be’, potrei anche decidere di dartelo. Se…”

“Okay, Potter, mi avrai”, lo interruppe. “Ti bacerò, sarò meno stronzo, usciremo insieme e saremo una perfetta coppietta felice, se è proprio questo che vuoi.”, concesse, passandogli una mano sul petto con fare malizioso e un po’ scocciato.

“Ho detto qualcosa del genere?”, domandò innocentemente Harry, posando la mano sulla sua con aria casuale. “Io pensavo di chiederti di toglierti dai piedi e basta, ma se ci tieni tanto…”

Malfoy gli diede un pugno sul braccio, secco ma non abbastanza forte da fargli veramente male. “Te l’ho già fatto sapere che ti odio, Potter?”, indagò, seccato.

“Sono sei meravigliosi anni che non fai altro che ripetermelo”, gli fece presente quello, schiacciando le labbra contro le sue e tirandogli i capelli. “Ti odio anche io, nel caso volessi saperlo.”

“Bene, Potter. Ora che siamo arrivati a questo grado della nostra relazione, dammi il mio regalo”.

“Opportunista”, sbottò Potter, però allungò la mano e gli porse una minuscola scatolina di velluto rosso.

Malfoy la prese, la guardò piuttosto male e la aprì. La richiuse immediatamente e le sue guance si arrossarono. “Cosa sei, un dannato prestigiatore?”, borbottò.

Harry sorrise, enigmatico. “Se non lo vuoi, me lo riprendo”, disse, tendendo la mano.

“Non ci penso nemmeno, Potter!”, esclamò Malfoy, stringendo la scatolina tra le dita. “Sai come si dice, a caval Donato non si guarda in bocca”, motteggiò, prendendo il braccialetto d’argento in essa contenuto e rigirandoselo tra le dita.

Harry gli prese il polso e vi agganciò il braccialetto, occhieggiando soddisfatto e un po’ stranito i serpenti intrecciati tra loro che andavano a costituirne la complessa struttura. Si appuntò mentalmente di ringraziare Hermione - e di farle un interrogatorio, anche - e lasciò un bacio leggero sulle nocche di Malfoy, che arrossì. “Cosa sei, scemo?”, lo rimbrottò questi, però un angolo delle sue labbra si arricciò verso l’alto.

“Stupido, sdolcinato Potter, cosa fai stasera?”, chiese, guardando distrattamente il soffitto.

“Esco. Vado ad Hogsmeade con Draco Malfoy. Lo conosci?”, tentò. “Quell’idiota che odio tanto”.

“Hum, sì, mi pare di aver sentito parlare di lui. Dicono che sia il più affascinante della scuola.”

“Ah, ma davvero? Devono essermi sfuggite, quelle voci.” Potter rise. “Comunque, il mio regalo dov’è?”

“Stai scherzando, Potter? Il tuo regalo, ovviamente, sono io!”

“…Spilorcio.”





***





Il Pertugio:

Siete contenti? Era davvero lungo, dài. Cioè, magari non siete contenti, però io lo sono abbastanza, per essere ridotta ad uno starnuto/colpo di tosse vivente. Okay, non mi lamento più.

Recensioni immensamente gradite, vi ricordo. E grazie a tutti, quelli che seguono, preferiscono, recensiscono, ricordano o semplicemente leggono e poi dimenticano.
Buon San Valentino! (Personalmente, sono riuscita a rimediare una piccola fedina d'argento come regalo, direi che sono estremamente felice). Vi lascio con una piccola perla che non guasta mai, nonstante sia stata usata e riusata in un sacco di occasioni, purtroppo, persino da gente che Il Piccolo Principe non l'ha nemmeno mai letto. O, se l'ha fatto, non l'ha capito.

"Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”
Il Piccolo Principe - Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry, perché è giusto ricordare tutto il nome.



Non credete di esservi liberati di me! Mancano i due Spin Off, che posterò domani e dopodomani. Alla prossima!
   
 
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