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Autore: Carolus_Draken    14/02/2012    10 recensioni
Questa Shot partecipa al Contest di _Loveless_ e Bloody_Alice97, St' Valentine's Day
Un solo errore può sconvolgere anche la più forte amicizia.
Un solo errore basta per far sprofondare nell'abisso.
Un solo errore basta per scrivere la parola FINE.
Ma, in fondo, non esiste una fine: forse, ogni errore è solamente un nuovo, sfolgorante inizio. Non esistono tenebre assolute: sempre c'è una luce, per quanto tenue, una luce che non svanisce nemmeno quando la persona amata è lontana.
Una luce, una musica, sempre presente nel cuore.
Perché le persone che amiamo non ci lasciano mai veramente, ma rimangono sempre con noi, e trovano sempre il modo per tornare: in senso metaforico, certo, ma anche in senso letterale.
Perché il ritorno segue sempre la partenza, e l'amore non conosce confini.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ahem … questa Shot partecipa al contest “St. Valentine Day” indetto da _Loveless_ e Bloody_Alice97. Il genere romantico non è proprio il mio genere, ma io ci ho provato.

Pairing: Shindou\Kirino

Rating: Giallo

Parole: 2797 (non uccidetemi, comunque sono nel limite indicato …)



 

13 Febbraio, 02.30 A.M.

<< Shindou Takuto, sei un idiota >>

La severa voce di Kirino Ranmaru penetrò come un trapano nel cervello di Shindou, facendogli rimbombare la testa come un tamburo. Non che il ragazzo dai capelli rosa avesse urlato, ovviamente: il problema era che il pianista, in quel momento, si trovava in una situazione di estrema sensibilità.

Per essere più precisi, aveva bevuto fino a sentirsi male.

La causa di quell’avventato gesto era stata la festa organizzata da Hamano: festa che si era brutalmente conclusa quando metà degli invitati aveva cominciato a dare di stomaco e a non capire più niente, dal tanto che avevano tracannato alcol.

Hamano, infatti, aveva dato fondo a tutti i suoi risparmi (e anche a quelli di Hayami), per comprare da mangiare, ma soprattutto da bere, per la festa: e se la bevanda più forte era stato lo Champagne, come quantità aveva decisamente esagerato.

Così come aveva esagerato Shindou, costretto dai compagni a bere fino a sentirsi male. Il ragazzo, assolutamente non abituato a quel genere di festa, per timore di offendere gli amici aveva accettato tutto quello che gli avevano dato, senza farsi domande, e si era preso una sbornia con i fiocchi: aveva cominciato a cantare (tra l’altro, senza stonare affatto), a prendere a calci i cuscini, e ad abbracciare Kirino baciandolo sulle guance, con grande imbarazzo del diretto interessato.

Non che al ragazzo dagli occhi azzurri, da secoli innamorato del pianista, dispiacesse, e infatti all’inizio aveva ricambiato scherzosamente, salvo poi rendersi conto della gravità delle condizioni in cui versava l’amico quando questi aveva cominciato a toccarlo in modo sconveniente. A quel punto, Ranmaru aveva trascinato di forza Takuto a casa sua, costringendolo sul divano.

<< Davvero, Shindou. Hai esagerato. E non mi riferisco solamente al bere >> Kirino rincarò la dose, poggiando sul tavolino di fianco il divano una tazza di tè fumante. Takuto fissò l’amico con occhi persi: forse era conseguenza della sbornia, oppure il ragazzo stava intensamente pensando. In ogni caso, Ranmaru distolse il volto, poiché quello sguardo lo inquietava, e prese dalla vicina poltrona una coperta.

<< Meglio andare a dormire. Ecco, copriti ... Shindou?>> iniziò, ma s’interruppe di colpo quando Takuto si lanciò in avanti, quasi cadendo dal divano, e gli afferrò il polso.  Ranmaru, anch’egli non perfettamente sobrio, cercò di divincolarsi, ma la stretta dell’amico era troppo forte. Quest’ultimo usò il corpo di Kirino per alzarsi, ma barcollò pericolosamente, lasciando la presa: il ragazzo dai capelli rosa lo afferrò per le spalle, cercando di tenerlo dritto, ma le sue gambe non ressero, e i due caddero a terra. Kirino gemette dal dolore quando la sua schiena impattò contro il tappeto, schiacciata a terra dal peso di Takuto. << Shindou, sei sicuro di sta - … >>

Un bacio, tutt’altro che casto, interruppe Ranmaru. Il difensore spalancò gli azzurri occhi, e cercò di spingere via il suo capitano, senza successo: il suo corpo, infatti, era completamente prigioniero sotto quello di Takuto, più piazzato dell’amico, e le sue braccia erano bloccate dalla ferrea morsa delle mani del giovane pianista.

<< Ranmaru .... Ti amo >>

Takuto staccò le labbra da quelle del difensore il tempo necessario per sussurrare queste tre parole, che s’abbatterono con forza su Ranmaru. Il ragazzo dai capelli rosa, tuttavia, non fece in tempo a rispondere, che già si trovò intrappolato in un altro passionale bacio. Kirino rimase passivo, mentre il suo cervello lavorava a mille, il suo cuore sembrava volergli scoppiare nel petto, e il suo stomaco faceva le capriole.

Shindou era ubriaco fradicio, su questo non c’era il minimo dubbio. Era probabile, dunque, che non pensasse veramente ciò che aveva appena rivelato. Questa possibilità fu come un macigno sul cuore di Ranmaru: sì, era possibile che Takuto non lo amasse, che lo considerasse solo come amico, che quei baci fossero dettati solamente dallo stato in cui si trovava, e non da un reale sentimento.

Restava il fatto, però, che lui, Kirino Ranmaru, amava davvero il suo amico, e una parte del suo essere, influenzata dall’alcol, gioiva sotto il tocco delle labbra del giovane pianista, una parte del suo essere che lo incitava a rispondere, ad esprimere tutti quei sentimenti che aveva così faticosamente celato per sei lunghi anni, sin dalle Scuole Medie.

<< Non è giusto. Shindou sta male, non dovrei approfittarne >>, pensò il ragazzo dagli occhi azzurri, cercando di nuovo di respingere l’amico, di allontanarlo, di fermarlo. Si divincolò, ma non era abbastanza forte, e l’alcol stava cominciando a fargli effetto: la testa gli girava, e ogni minuto che passava si sentiva sempre più debole, sempre più stanco … Eppure, non doveva cedere.

<< Takuto … ti prego … >>, mormorò il ragazzo, ma Shindou non lo sentì, oppure lo ignorò. Calde lacrime iniziarono a scorrere lungo il volto di Kirino, mentre le mani del giovane pianista si infilavano sotto la sua camicia, accarezzandogli la pelle liscia, mentre le sue labbra scivolavano lungo il suo collo. Gemette, il difensore, quando sentì il corpo di Takuto premere sul suo, quando sentì le sue fredde labbra sulla pelle. Gemette, e lanciò un disperato sguardo all’amico.

<< Takuto … >>, mormorò ancora, e improvvisamente si rese i conto che, in effetti, non voleva che Shindou si fermasse. Così, Kirino circondò il corpo dell’amico con le braccia, stringendolo a sé, mentre le mani del giovane pianista scivolavano sempre più in basso …



 

14 Febbraio, 10.00 A.M.

Kirino si svegliò il giorno dopo nel suo letto, rabbrividendo. Aveva fatto un sogno stranissimo: era solo, immerso nell’oscurità, incapace di muoversi. Solo una pallida luce illuminava quel buio, proveniente da una porta lontana, una pallida luce che si condensò in una figura umana: un ragazzo, luminoso, con mossi capelli, che gli tendeva la mano. Ma Ranmaru non poteva muoversi, e il ragazzo di luce iniziò ad indietreggiare, a tornare verso quella porta che celava un mondo nuovo, un mondo di luce. Egli varcò la soglia, e la porta si richiuse, facendo sprofondare Ranmaru nelle tenebre.

Sbadigliando, e chiedendosi perché sentisse così freddo e così male, e che diamine significasse quell’incubo, il difensore s’alzò a fatica, soffocando un gemito di dolore, e spalancò la finestra della sua camera. Solo quando la fredda aria di febbraio lo investì, però, il ragazzo realizzò di non avere nulla indosso. Perplesso, sbatté più volte le palpebre, cercando di capire perché fosse andato a letto senza vestiti, anzi, cercando di capire quando fosse andato a letto. La sera prima era sicuramente andato alla festa di Hamano. Poi era tornato a casa relativamente presto, perché … Shindou era stato male. E quindi lui l’aveva portato a casa sua, approfittando del fatto che i suoi genitori fossero assenti per lavoro. Eppure, non ricordava di essere andato a letto, dopo. No, non era andato a letto, perché Shindou …

<< Cazzo >>, pensò il difensore, che improvvisamente si ricordò ogni cosa: Shindou ubriaco, Shindou che lo baciava, Shindou che lo toccava, la sua resa, dolore, poi una sensazione di piacere indescrivibile.

C’era una sola spiegazione plausibile per il suo essere andato a letto nudo, e per il suo sentire male dovunque. Una spiegazione terribile, ma al contempo eccitante.

Preda di un lacerante conflitto interiore, mentre cercava di decidere se quello che era successo la notte fosse una cosa positiva o una cosa negativa (ma la sua mente premeva per la prima opzione), Ranmaru indossò in tutta fretta la vestaglia, appesa all’appendiabiti, e si fiondò in salotto, cercando con gli occhi Shindou.

Il salotto, però, era deserto, e l’unica prova della presenza di Takuto era un foglio di carta, appoggiato sulla coperta accuratamente piegata e posta sul divano. Kirino si lanciò sulla lettera, afferrandola e cominciando a leggerla, così velocemente che, una volta giunto alla fine, dovette ricominciare la lettura da capo.

 

Kirino Ranmaru,

mi dispiace molto per quello che è accaduto tra di noi. No, la parola dispiacere non inizia nemmeno a descrivere come mi sento in questo momento. Sono mortificato, Kirino, per la mia debolezza. Non avrei mai dovuto cedere alle mie emozioni, non avrei mai dovuto forzarti contro la tua volontà. Non ci sono giustificazioni per l’errore che ho commesso, e capirò se deciderai di privarmi della tua amicizia. Sei stato il migliore amico che potessi mai desiderare, ma, ti confesso, durante gli ultimi anni la tua amicizia non mi è più bastata. Volevo altro, volevo il tuo amore, volevo farti mio, perché ti ho sempre amato e desiderato, non come semplice amico. Ciò che è accaduto tra di noi è stato un mio imperdonabile errore. Per questo motivo ho deciso d’accettare la borsa di studio offertami dalla Royal Academy of Music di Londra. Sto per partire. Spero che, un giorno, riuscirai a perdonarmi.

Le mie più sincere e profonde scuse, Shindou Takuto

 

Kirino rimase per un istante a guardare la lettera, troppo stupefatto per muoversi, e si riscosse solamente quando l’orologio a pendolo della cucina batté dieci colpi. In quel momento, il difensore capì cosa doveva fare. Era finalmente giunto il momento di confessare ogni cosa a Takuto, di dire quelle parole che per troppo tempo aveva rinnegato, aveva ignorato, per timore delle conseguenze, per timore di perdere quella persona che era amico, fratello, sostegno, conforto.

Doveva fermarlo, prima che sparisse per sempre. Come nel sogno.

Ora che aveva trovato la luce, non sarebbe di nuovo caduto nelle tenebre.

Così, indossò in fretta e furia i primi vestiti che trovò, e si lanciò fuori, nella fredda nebbia del 14 Febbraio: il giorno di San Valentino.



 

“ Ultima chiamata per i signori passeggeri del volo BA006. Il volo BA006, destinazione Londra, Heathrow, partirà alle ore 11.00 dal Terminal 2. Ultima chiamata per i signori passeggeri. “

Un lungo sospiro, e Shindou Takuto si alzò, caricandosi in spalla lo zaino e accodandosi in fondo alla fila davanti l’imbarco. Il suo sguardo era risoluto, eppure continuava a lanciare intense occhiate alle sue spalle, quasi come se stesse aspettando qualcuno.

“ Non verrà. Rassegnati: la tua idiozia ha rovinato tutto “, pensò amaramente il giovane pianista, ricordando le sue imperdonabili azioni, la sua grande colpa. Dopo quella notte, non si meritava più nulla da Kirino, non dopo che aveva tradito la sua fiducia, che l’aveva forzato. Non era degno, Shindou Takuto, dell’amicizia di Kirino, non dopo quello che aveva fatto, non dopo che aveva ignorato i suoi lamenti, le sue preghiere, le sue lacrime. Lacrime  causate dal suo migliore amico, da colui che aveva giurato di proteggerlo, sempre. Shindou avrebbe fatto ogni cosa per proteggere Ranmaru, non avrebbe perdonato chi lo avesse offeso. Nemmeno sé stesso.

Non era degno di stare al suo fianco.



 

<< Shindou! Aspetta! >>

L’urlo alle sue spalle lo paralizzò: conosceva bene quella voce, ma non poteva essere. Non dopo quella notte. Era la sua immaginazione, concluse: la sua mente, preda dei sensi di colpa, gli stava giocando brutti scherzi. Non sarebbe venuto. Non si meritava che venisse. Non avrebbe nemmeno dovuto scrivergli quella lettera, ma non poteva lasciare il suo migliore amico senza dargli spiegazioni. Non poteva ferirlo ancora.

<< Takuto! Fermati subito!>>

Shindou trattenne il respiro. Possibile …?

Fu più forte di lui. Si voltò, e lo vide: scarmigliato, arrossato, ansimante per la corsa, mal vestito, una silenziosa preghiera nei suoi lucidi occhi azzurri, occhi che avevano bloccato Takuto sul posto. Che diamine stava aspettando? Doveva andare, o avrebbe perso l’aereo! Non poteva restare, non dopo quello che era successo! Come osava anche solo guardarlo?

Muoviti. Ora.

Doveva andare. Eppure, gli fu difficile solamente voltarsi, dare le spalle a Ranmaru. Lottò per rimanere impassibile, per trattenere le lacrime, per non mostrare il suo dolore, la sua sofferenza. Doveva rimanere saldo, o avrebbe ceduto.

Non poteva restare.

Mosse un esitante passo in avanti, verso il corridoio che portava all’aereo, ma non poté fare nient’altro, poiché qualcuno lo aveva abbracciato da dietro, un paio di esili braccia che si stringevano con forza al suo stomaco, una calda presenza contro la sua schiena.

<< Per favore … non andartene … non abbandonarmi! >>. Tremava, la voce di Kirino, così diversa dalla decisa voce di poco fa. Così debole, insicura, disperata.

Doveva andarsene. Per lui.

<< Takuto … per favore … non lasciarmi >>. Ora, la voce di Ranmaru era rotta dai singhiozzi: singhiozzava, incurante degli sconcertati sguardi dei presenti, incurante del suo aspetto, incurante di ogni cosa. Non importava cos’era successo tra di loro; nulla importava, se non Shindou, la sua luce. Si strinse ancora di più al corpo dell’altro, immobile, affondando il viso rigato di lacrime nel suo cappotto, pregando che Takuto l’avesse sentito, che capisse cosa quelle parole significavano davvero, che non lo lasciasse sprofondare nell’oscurità.

Lentamente, trattenendo il fortissimo impulso di voltarsi, ricambiare l’abbraccio, stringere il difensore a sé senza mai lasciarlo, le mani di Shindou afferrarono i polsi di Ranmaru: con gentilezza, quasi come se temesse di romperle, il giovane pianista allontanò le pallide mani di Kirino, e ricominciò a camminare.

Lo stava facendo soffrire di nuovo.

Ranmaru spalancò gli occhi, congelandosi. Se ne stava andando davvero. Lo stava perdendo, forse per sempre. Le lacrime fino a quel momento trattenute iniziarono a scorrere dai limpidi occhi azzurri del ragazzo, senza freni, senza controllo.

<< Perché, Shindou? >>, sussurrò, la voce ora incredibilmente ferma, controllata nonostante le lacrime, lacrime che avevano in qualche modo sbloccato il difensore.

<< Non l’hai ancora capito, razza di idiota? Non hai bisogno del mio perdono, Takuto. La colpa non è tua … la colpa è nostra. Quello che è successo … non hai ancora capito che io ti amo? >>, esclamò, e Shindou, per la seconda volta, si bloccò, le tremanti spalle in avanti, il capo chino, lottando per trattenere le lacrime.

Kirino lo amava. Sarebbe stata una scena perfetta in un film romantico: il ragazzo in procinto di andarsene, la ragazza che lo rincorreva, che gli dichiarava il suo amore, il classico bacio, e poi il lieto fine. Ma quello non era un film, bensì la cruda realtà, una realtà che non ammetteva finali felici.

<< Ho giurato di proteggerti, e ho infranto la mia promessa. Non sono degno >>. Shindou sussurrò queste parole, stringendo i denti, chiudendo gli occhi, senza voltarsi. Sentì però alle sue spalle Ranmaru trattenere il fiato, poi esalare un sospiro di … sollievo?

<< Lo sei, Shindou. Lo sei sempre stato >>, mormorò in risposta il difensore, e muovendosi in avanti prese la mano del giovane pianista, sorridendo, certo che ogni cosa si sarebbe sistemata, certo che la luce sarebbe rimasta nella sua vita.

<< Mi dispiace, Ranmaru >>, disse Shindou, sottraendo la mano alla stretta dell’altro, e costringendosi ad attraversare l’imbarco, senza mai voltarsi indietro: fu solamente quando giunse sull’aereo, e si fu seduto, che il ragazzo finalmente diede libero sfogo alle lacrime così faticosamente trattenute, piangendo, esprimendo così tutti quei sentimenti che non aveva voluto, o non aveva potuto, dire.



 

Kirino rimase imbambolato a fissare il punto dove Shindou era scomparso, anche dopo che l’imbarco si fu chiuso: immobile, senza alcuna vita, senza alcuna luce negli occhi.

Era davvero andato via, lontano da lui.

L’aveva perso, aveva perso la sua luce, il suo sostegno, il suo migliore amico.

La persona che amava, e che avrebbe sempre amato.

Non piangeva più, Kirino Ranmaru, perché non c’erano più lacrime da versare. Era finita. Tutto era finito, prima ancora di essere iniziato.

Il Sole scelse proprio quel momento per fare capolino da dietro la spessa coltre di nebbia che copriva la città: i suoi pallidi raggi attraversarono le vetrate dell’aeroporto, illuminando l’arrossato volto del difensore. Quest’ultimo alzò gli occhi, fissando la luce, come se la vedesse per la prima volta.

Un rombo scosse l’aeroporto, e l’aereo delle British Airways, diretto a Londra, partì, e dopo qualche minuto passò davanti al Sole, scomparendo nel cielo  che lentamente stava tornando limpido. Ranmaru sorrise, asciugandosi gli occhi, e capì.

Quella non era la fine, bensì un nuovo inizio.

L’avrebbe aspettato, finché Takuto non fosse stato pronto. L’avrebbe aspettato, anche in eterno se necessario. Ma, nel frattempo, avrebbe vissuto la sua vita, e non sarebbe sprofondato nelle tenebre. Anche se lontano, la luce, la musica di Shindou sarebbe stata sempre presente nel suo cuore, gli avrebbe illuminato la strada.

Così, Kirino alzò la mano, salutando il cielo ormai azzurro.

Gli serviva tempo, ma poi, lo sapeva, sarebbe tornato. E lui l’avrebbe aspettato.

Era una frase abusata, ma era vera: le persone che amiamo non ci lasciano mai veramente, e la musica che ora il ragazzo dai capelli rosa sentiva nel petto ne era una prova. La musica di Shindou, della loro amicizia, e, chissà, magari anche di qualcos’altro.

Ma prima d’ogni altra cosa, Shindou Takuto rimaneva il suo migliore amico.

Anche se questo non gli impediva di essere, a volte, un vero idiota.

L’idiota che lui, Kirino Ranmaru, avrebbe sempre amato.




Ebbene si, lo ammetto, sono senza cuore. Ma a me i finali lieti non piacciono troppo, quindi … In ogni caso, questa è la mia prima Shot sul genere romantico/sentimentale, un genere che proprio non mi si addice.

Spero la Shot vada bene, forse è un po’ lunga, e tenete conto che questa è il riassunto della Shot originale, che era il doppio. Vabbè, io ci ho provato … mettetemi già in conto per l’ultimo posto XD

 

 

  
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