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capitolo: Verde
Personaggi: Roderich
Eldestein
(Austria) – Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento –
Quel trombettista jazz di cui
non ricordo il nome, e che forse non ce l’ha nemmeno, seh.
Osservazioni
personali:
Questa è
un’ode (pff, paroloni a caso, yep) al personaggio hetaliano
meno gradito, sorry
rod, e al migliore scrittore dei nostri tempi, Baricco. È
basata sul libro
“Novecento”, da cui è stato tratto il
celebre film “La leggenda del pianista
sull’oceano”. Mi sembra molto difficile, ma in caso
non conosceste né il libro
né il film, vi consiglio caldamente di andare subito a
leggerlo/vederlo/amarlo.
Aw, il narratore qui è il sopracitato trombettista, lo
stesso narratore del
libro/film, insomma.
Approfitto
di
questo spazio anche per amare ringraziare chi
recensisce e chi ha messo
questa piccola raccolta fra le preferite/seguite/ricordate <3
Musica
al Virginian
Non era strano vedere cenare della gente ben vestita in terza classe, giù al Virginian. Appartenevano per lo più alla vecchia nobiltà, quella ormai decaduta e senza un soldo, e se li guardavi bene potevi vedere anche le toppe ben cucite sugli abiti.
Così, si facevano un giro in nave fino all’America, e poi tutti giù sulla terra a guadagnare i soldi perduti.
Quindi no, non era un evento eccezionale vedere quel damerino ben vestito lì sotto, in mezzo a quella gente puzzolente e casinista.
Non era nemmeno qualcosa di sorprendente che qualcuno si alzasse dalla sedia lentamente, come se avesse tutto il tempo del mondo a sua disposizione, e che si avvicinasse a Novecento e cominciasse a suonare con lui.
Il fatto che erano riusciti ad incastrare là sotto un secondo pianoforte forse era un po’ singolare, ma non abbastanza strano.
Era strano, stupefacente, tutto quello che volete. Anzi, no, era fuori dal mondo.
Era fuori dal mondo, come se ne avessero creato uno apposta per loro.
Loro due, Novecento e quel damerino, che suonavano come se la musica nascesse attorno a loro. Qualcosa di incredibile, di pazzesco.
È strano da spiegare, dovevate essere lì per capirlo.
Forse avete già sentito parlare di Novecento, della sua musica. Forse no.
Ma no, se quella sera non eravate giù, fra la gente puzzolente e casinista della terza classe del Virginian, allora non potete capire.
Novecento aveva trovato la sua anima gemella, cazzo, erano identici, giuro. Le mani accarezzavano i tasti senza sforzarli, come se stessero facendo uscire l’anima di quegli strumenti una nota alla volta.
Era qualcosa di unico, e le lacrime ti uscivano fuori come se volessero ballare.
No, niente virtuosismi del cazzo come faceva Morton. Lì c’era la musica, e basta.
E poi il damerino si alzò, fece un piccolo inchino verso Novecento, e così, senza spiccicare una sola parola, lasciò la sala, lasciandola nel silenzio.
«Ti ricordi l’uomo dell’altra sera? »
«Chi, quello che rideva come un’anatra? »
«No, parlo dell’altro. Il pianista. »
«Certo che lo ricordo, Novecento. Avete zittito tutti, lì dentro. »
«Sai, credo che la musica del Virginian sia scesa a Lisbona con lui. »
«Fino a quando ci sarai tu, questa nave continuerà a ballare. »
«Non c’è più musica qui dentro. »
La mia risata si spense insieme alle sue parole.
Scesi dal Virginian due settimane dopo, e per tutto quel tempo sentii veramente la musica, quella che solo Novecento sapeva evocare, solo un’ultima volta, l’ultima sera prima che me ne andassi.
Sì, tempo di fare una pisciatina di nuovo su quella vecchia nave e dirci addio per davvero, la musica.
Poi fu silenzio. Per sempre.