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Autore: Twitch    15/02/2012    2 recensioni
Non so davvero che scrivere qua, anche perchè non so nemmeno se questa fanfic avrà una fine. Comunque preparatevi a qualcosa di triste, in ogni caso. Sono stata ispirata da 16.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A quella visione, rimase quasi smarrito. I suoi occhi sembravano liquidi, smarriti anch’essi tra il bianco della stanza e il nero degli occhi di Adrienne.
Provò ad aprire la bocca, mosse le labbra e la lingua per produrre qualche suono, ma la sua voce si era nascosta. Era come chiusa in qualche angolo profondo del suo corpo, tra le cicatrici delle operazioni e le ossa inchiodate.
Adrienne gli strinse un po’ più forte la mano, quindi si chinò e lo baciò teneramente. Lo baciò come ogni mattina in cui si svegliavano fianco a fianco.
- “Ciao Billie”
-“Ciao Adie”
Adrienne chiuse gli occhi e sfiorò di nuovo le labbra di Billie con le sue, poi, sempre ad occhi chiusi, gli disse: “Ho avuto dannatamente paura, Billie, più di quanta non ne abbia mai avuta in vita mia”
- “Scusa”. Billie sorrise dolorosamente.
- “Credo che i ragazzi vogliano vederti” Adrienne gli sorrise lasciandogli la mano lentamente.
- “Ti amo Adie”
 
La paura di Adrienne tornò ad aumentare ad ogni passo che faceva lontano da quella stanza. ‘Va tutto bene, minnesota girl’ le ripeteva la voce di Billie nella sua testa. Amava quella frase, amava chi l’aveva pronunciata così tante volte stringendola al petto. ‘eccoci qua’.
- “Si è svegliato!” disse Adrienne. Accennò un flebile sorriso, come un arcobaleno che fa capolino tra le nuvole ancora cupe di un cielo temporalesco.
Quindi il suo sguardo cadde sulle espressioni dei figli, appena arrivati.
- “Gli avete spiegato la situazione?”
- “Si, certo” rispose Frank rompendo il suo silenzio con due paroline leggere ma gravide.
Jackob e Joey erano spiazzati, annichiliti. Si sentivano vuoti, si sentivano come trascinati in uno di quei racconti del nonno, dell’ ospedale.  Adrienne stampò loro un bacio sulla fronte. E si sedette al posto di Mike.
- “Beh, vado” sorrise frettolosamente “Stanza 16, no?”

Ad ogni passo che faceva verso quella stanza, la paura continuava ad aumentare. Percorse a lunghi passi i corridoi, vedendo sfilare a destra e a sinistra i numeri scritti sulle porte delle stanze.
‘16, eccola qui’
Abbassò lentamente la maniglia, come faceva quando rientrava tardi a casa di Billie per non svegliare nessuno.
La maniglia cigolò, e puntualmente:
- “Mike, sei tu!”
Mike entrò sorridendo, si avvicinò al letto di Billie, poi si bloccò per qualche secondo. Timido, impacciato come un ragazzino che ha troppe cose da dire all’amico che non vede da tanto tempo, per riuscire a dirne anche una sola. Nemmeno Billie riuscì a sputare una parola, ma protese le braccia verso di lui. Quelle braccia attivarono un impulso antico e profondo in Mike: alla vista di quelle braccia, era come se il suo cuore gli avesse dato una spinta verso quello che desiderava di più. I due rimasero abbracciati per un lungo ma breve tempo. Le dita di Mike si fondevano con i capelli di Billie, le due guance si sfioravano; e sembrava che tutti i pensieri di Mike si fossero sciolti nel calore di quegl’ istanti.
Billie teneva gli occhi chiusi, si era sentito fragile, vulnerabile. Come un bambino messo da solo di fronte alla stanza più buia della casa. E il battito del cuore di Michael era sempre stato l’unico a rassicurarlo, come solo quello di un padre o di una madre può fare.

- “Dio, Mike, ho messo tutti in questo casino. Adesso, se non avessi fatto il cazzone, saremmo tutti a casa di Tré a divertirci. Scusa.” Disse Billie, ancora avvolto tra le braccia di Mike.
- “Non dirlo neanche per scherzo”
- “Grazie per essere qui”
- “Lo sai che io ci sarò sempre qui, per te”.

Billie lo lasciò andare, e tornò a guardare il soffitto, in attesa di Tré. Iniziò a pensare, a produrre finali alternativi per quella ‘storia’. Che poi nemmeno sapeva che gli era successo di preciso, l’avevano operato, sì. Ma poi il vuoto, di nuovo.
Il vuoto dell’ esterno iniziava a farsi spazio nella sua testa, l’assenza di risposte iniziò a richiamare indietro la paura. Billie Joe odiava rimanere solo, non avere nessuno con cui parlare, nessuno che potesse distoglierlo dai suoi pensieri. Amava lasciar correre i suoi pensieri solo quando scriveva. Billie era sempre stato un po’ spaventato da se stesso, la maggior parte delle volte preferiva ‘distogliere lo sguardo’ dai suoi pensieri più profondi, quei demoni lo terrorizzavano. E quella era una dimensione troppo ignota, troppo poco tastabile e commensurabile.

Mike uscì dalla porta, e subito dopo entrò un’infermiera per controllare le flebo e tutto il resto.
-“Frank, credo che Billie sia impaziente di vederti” disse Mike.
-“Vado subito!”  a quelle parole, Tré iniziò a sentirsi meglio. Solo l’idea di rivedere l’amico gli aveva scrollato di dosso tutta quell’immensa paura esistenziale, tutto quel silenzio, tutto quel vuoto terribile.

Ok, al nostro caro Billie serve una buona dose di Tré Cool!’ pensava mentre si avvicinava alla stanza.

Abbassò la maniglia ed entrò gridando con un enorme sorriso:

-“Brutto stronzone mio, mi hai fatto cagare sotto!” L’infermiera guardò Frank come una maestra guarda un bambino che ha appena urlato una stupidaggine per far divertire i compagni di scuola. 

Billie iniziò a ridere fragorosamente e disse:

- “Trè, non saprei come fare senza di te!” anche Frank iniziò a ridere, abbracciando l'amico calorosamente.

  
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