Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: AintAfraidToDie    15/02/2012    1 recensioni
Ma allora prendimi, se è questo quello che vuoi. Prendimi tutta. Bruciami la pelle, strappami le labbra, penetrami fino a sfiorarmi le ossa e stringimi il cuore finché non riesci a farmelo scoppiare in mille brandelli di tessuto muscolare.
Ti voglio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Hurt me.
Genere: Introspettivo; Romantico; Malinconico
Rating: Arancione
Avvisi: OneShot
Riassunto: Ma allora prendimi, se è questo quello che vuoi. Prendimi tutta. Bruciami la pelle, strappami le labbra, penetrami fino a sfiorarmi le ossa e stringimi il cuore finché non riesci a farmelo scoppiare in mille brandelli di tessuto muscolare.

Ti voglio.



Hurt me.




Puttana.”

Dimmelo, dimmelo ancora. Lo so che lo pensi.

Ti piace?”

Si, mi piace. Mi piace un sacco; mi piace come nient'altro.

Coprifuoco a mezzanotte. Ora effettiva: 00,30.

Vuoi andartene?”

No. O forse sì.


Voglio scappare, voglio andarmene, voglio fuggire, voglio dormire.

Voglio te.



*



Voglio addormentarmi e non svegliarmi più. Come sarebbe bello, riesci ad immaginarlo?

Andarsene sotto le coperte gelate, rabbrividire al solo contatto col lenzuolo di flanella e rannicchiarsi di lato, preferibilmente con il volto girato verso il muro vicino al letto, chiudendo lentamente gli occhi e spegnendo in un attimo il cervello. Addio razionalità. Addio a tutti.

Allo stesso tempo ho pensato di iniziare a drogarmi seriamente. Sai, quelle poche canne che mi fumo saltuariamente insieme a te non riescono mai a sedarmi veramente; gira il capo, gira il mondo, giri tu, giri io. Ma questo senso di oppressione, questo mattone che ho sopra il cuore non se ne vuole andare; e sai, sinceramente lo vorrei proprio distruggere, prima che inizi a diventare la fondamenta di un edificio ben più grande.


Allora che scelgo? Ecstasy, cocaina o anfetamina?


Mi sono documentata: non c'è niente che faccia al caso mio. No, non esiste proprio nulla di adibito alla funzione atipica di sopprimere la mente; nessun “dormire per una settimana”“apatia e trasformazione graduale del proprio cuore in marmo”. Mi rendo conto di essere fregata nell'istante in cui mi arriva un tuo messaggio. Il display del cellulare s'illumina con il tuo nome lampeggiante. Pigio qualche tasto a caso e con un certo timore; “usciamo stasera? Ho voglia di vederti”.

Quanti convenevoli, a dir la verità mi stupisci. Con un “ho voglia di scoparti, troia” saresti stato perlomeno sincero.



*




Uhm, sei Claudia, vero?”


Si, sono io. E tu sei Simone.

Vieni che ti offro un drink, dai.”


No, io non bevo. Cazzo, questo Negroni che mi hai già messo in mano non lo voglio!


Andiamo a ballare insieme, ti va?”


Forse. Ma mi fanno male i piedi.

Ma sono astemia ed ubriaca marcia.

Ma barcollo.

Magari svengo.

Sicuramente mi baci. Non è un po' troppo presto?


Quando una cosa mi piace non posso resistere. Devo averla.”



Allora eccoti la cosa servita su un piatto d'argento, munita di patatine arrosto ed insalata. Fatti pure una bella scorpacciata, mio caro commensale. Inutile dirti di no, vero?

Dai, portami su nel cesso sporco e puzzolente di questa penosa discoteca. Sarà un bel ricordo, quando ripenserò al primo posto in cui abbiamo fatto l'amore. Io, te e un qualcosa che già non mi convince; forse i miei ansimi troppo pronunciati a causa della sbronza o magari le gambe che mi cedono per la posizione scomoda. Molto probabilmente l'assenza di un tuo bacio.


Prendi la pillola?”


Ti stacchi. Non mi guardi, distogli lo sguardo a scatti, mentre ti lavi frettolosamente le mani nel lavandino accanto.


Si.”


Mi stacco. Ti guardo: il tuo viso è lievemente rosso, hai il fiato corto e la camicia bianca che fuoriesce dai jeans ancora sganciati. I tuoi capelli impomatati e venti minuti fa perfetti adesso ti cascano disordinati sul viso; vorrei toccarteli ma sento che non mi è permesso. Cazzo, sei bello.


Potevi dirmelo prima. Almeno non mi sporcavo le mani.”




Sai, mi sei entrato dentro senza chiedere il permesso; prima con due dita, successivamente col tuo uccello e poi direttamente con tutto te stesso. Questo processo potrei semplicemente chiamarlo col nomignolo di “alienazione graduale di una ragazzina”, una di quelle classiche che anche se sbaglia in continuazione non impara mai dai propri errori. Ma adesso ho capito: quella sera avrei dovuto darti un grosso schiaffo a cinque dita ancor prima che tu sfiorassi le mie labbra con quel bacio, il più velenoso che io abbia mai ricevuto. Avrei dovuto urlarti “Vaffanculo” senza perdere tempo a guardare in quei tuoi occhi, potenti ladri d'anima. Avrei dovuto non toccare il tuo corpo fin troppo magro in quel ballo scoordinato, non sentire mai la consistenza della tua pelle sotto l'urto delle mie mani affamate. Avrei, il problema è questo.

La parola adesso è quasi sempre sinonimo di troppo tardi.


Ti voglio, te l'ho già detto? Cerco ogni segno di te, qualsiasi cosa ti riguardi. Aspetto per giornate intere un tuo messaggio, troppo impaurita per mandartene uno io; tanto, come tuo solito, non mi risponderesti. Guardo le tue foto immaginandomi accanto a te, in uno scatto che racchiuda dentro sé l'essenza di qualcosa che non posso e non devo spiegarti a parole. Ascolto la musica che ha fatto da colonna sonora a quelle poche sere in macchina insieme, parcheggiati vicino ad un laghetto desolato a drogarci, scopare e ridere, ridere e ancora ridere. Ecco la realtà più amara di tutte.

Con te sto bene. Sto bene da morire, bastardo.


Altro che cocaina o ecstasy, o qualsiasi altra merda chimica da spararsi dentro al corpo; io mi sono riscoperta tossica di un'altra sostanza ancora più dannosa. Mi ritrovo come una stupida a desiderare la tua presenza più di ogni altra cosa presente nella mia effimera esistenza. Mi ritrovo ad accontentarmi del più assoluto niente, del mio corpo eccitato solo a pensarti come quello di una dodicenne alle prime armi. Mi guardo allo specchio e vedo il mio riflesso travestito da puttana: questo è quello che tu vuoi. Non c'è Claudia, davanti a te. Non c'è una ragazza, né tanto meno una donna. Mi vedi? Sono la tua dolce sgualdrinella; adesso sono ai tuoi ordini, ti cinguetto frasi romantiche e cerco di assecondare ogni tua voglia.

Poi m'incazzo, cancello il tuo numero e sparisco dalla tua vita. Corro, casco, mi rialzo e fuggo con tutte le mie deboli forze. Sto quasi arrivando al traguardo; sì, lo vedo all'orizzonte, poco più di trecento metri e lo trapasso. Ma tu mi riacchiappi, sempre.

Mi catturi sfiorandomi la guancia con quel tuo naso pronunciato, aggiungendoci una frase maliziosa che mi sussurri prontamente nell'orecchio, succhiandomi il lobo. Poi passi alla costruzione della mia personale gabbia: innalzi sbarre laccate d'oro toccandomi appena il seno, saldi un lucchetto ben piazzato allargandomi le cosce. Infine butti via la chiave; le tue dita sono sicure ed il tuo colpo di reni ha un che di micidiale, lo ammetto. Non posso fare altro.

Sono intrappolata, te ne sei dimenticato?


Ma allora prendimi, se è questo quello che vuoi. Prendimi tutta. Bruciami la pelle, strappami le labbra, penetrami fino a sfiorarmi le ossa e stringimi il cuore finché non riesci a farmelo scoppiare in mille brandelli di tessuto muscolare.

Prendimi, ti do questo permesso. Ma non lasciarmi anche se sbaglio, anche se “mi basta il tuo cazzo, perché so di non poter avere il tuo cuore.” è l'unico messaggio che ti faccio recepire, accettando i tuoi inviti e non reagendo alla notizia che esci anche con altre. Lo so che non è solo mio quel tuo vitino ossuto, che non è mio quel sorriso da sbarbatello che nasconde alla perfezione i tuoi ventiquattro anni d'età, che non sono miei quei gemiti e quei respiri.

Ma toccami, vorrei comunque dirti. Pregarti di lasciare su di me un'impronta, un qualcosa di te che mi appartenga per sempre. Implorarti di farmi male, di farmi soffrire fino a non potercela fare più. Fino a quel basta di cui necessito, di cui ho bisogno. Fino allo sfinimento di questo mio cuore innamorato di un'illusione che si regge sopra pochi punti di stallo.

Feriscimi dai, che ti riesce bene farlo.



*



Quanto eri di fuori sabato sera?”


Siamo in macchina, musica a tutto volume. Hai rollato a fatica una canna d'erba e me la passi con fare svogliato anche se il suo contenuto si limita a soli tre o quattro tiri massimo.

Mi guardi, e conosco quell'occhiata abbastanza bene da poter constatare che fra meno di dieci minuti le tue labbra saranno attaccate alle mie.


Perché?”


Inspiro una boccata; subito il sapore mi gratta la gola ed a stento riesco a non mettermi a tossire.

So a cosa ti riferisci, ma faccio finta di niente.


Bah, mi hai mandato un messaggio.. c'era scritto mi manchi, e un sacco di altre cazzate. Quanto avevi bevuto?”


Il tuo tono è divertito, quasi scherzoso. Sei convinto della tua idea e il pensiero che quel messaggio possa essere stato sincero non ti sfiora nemmeno. Perfetto.


Almeno tre drink. Ma non ricordo bene, ero ubriaca marcia.”


La mia risposta ti soddisfa, ed il discorso è da ritenersi chiuso qui. Mi levi di mano il porro senza spiccicare parola e lo butti fuori dal finestrino, avvicinandoti pericolosamente alla mia bocca con una nonchalance che mi provoca una certa invidia. Mi baci.

Sabato notte non ho toccato alcol.”, vorrei dirti. Ma la verità è che non lo saprai mai.








Note:


Dopo un anno e passa sono riuscita a riscrivere qualcosa. Più passa il tempo, più mi riesce difficile trattare argomenti a me distanti; sono sempre più autobiografica.

Ah, è sempre la tristezza a farmi vomitare parole. Farò una festa il giorno in cui scriverò qualcosa di felice, nel frattempo mi crogiolo nel marcio che mi circonda.





AintAfraidToDie




  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: AintAfraidToDie