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Autore: Silly Tettya    16/02/2012    1 recensioni
E se l'Ex-Soldier Cloud Strife non avesse recuperato definitivamente i ricordi durante il suo viaggio nel Lifestream con Tifa Lockheart? E se la sua avventura non fosse ancora finita e la terra non fosse ancora al sicuro? E se... Esistesse un'altra "Strife"?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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MENA STRIFE

 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE:
the one winged angel: Wow senza farla apposta ho scritto il terzo capitolo mentre tu stavi ancora scrivendo la recensione! (xD) comunque ti ringrazio per aver commentato tutti i capitoli della storia! (x3) Hai ragione anche se Cloud e Mena litigano spesso, dopotutto sono sempre fratello e sorella e il loro legame è profondo. Comunque è ovvio che non ricordi il continuo della storia perché dal terzo non l’avevo più continuato, (xD) questo capitolo qui è nuovissimo e non è stato ancora letto da nessuno! (^_*) LOL ok è arrivata l’ora di continuarla! Bacioniiii! (@_@”)

 
 
 
 
 
Si svegliò e sentì la sua testa pulsare, era distesa su un pavimento roccioso e non riuscì a muoversi.
Non riuscì neanche a sentire le sue gambe e l’unica cosa che poteva fare era quella di cercare di ricordare dove si trovava, eppure anche questo le era difficile.
Si accorse di essere in un luogo sconosciuto e il pavimento era pieno di sangue, il SUO sangue?

Eppure non sento niente…

Cercò di muoversi ancora ma fu tutto inutile.
Si sentì disperata e cominciò a provare paura, forse era anche l’ultima volta che lei potesse provarla.

Sono morta…?

Fu allora che se lo chiese: com’era morire?
Un angelo l’avrebbe portata con sé nel Lifestream?
Oppure il suo corpo sarebbe rimasto per sempre lì, senza potersi muovere o ricordare qualcosa?
Cercò di guardarsi intorno con lo sguardo: era circondata da un muro roccioso e sopra di lei si poteva intravedere da lontano, in cima a quelle mura, un ponte nel quale mancava un’asse di legno, e se fosse caduta da lì?

-Ehi! Stai bene?- udì la voce di un uomo ma non poteva alzare lo sguardo verso la sua direzione per vedere chi fosse, cercò di rispondere ma dalla sua bocca uscì solo una voce roca piena di gemiti di dolore.
Sentì i suoi passi pesanti avvicinarsi velocemente verso di lei e sentì le sue mani prenderla per le spalle e girarla verso di lui, la bambina riuscì finalmente a vedere il suo viso: doveva avere circa trent’anni, si notava dai lineamenti del suo viso e dalla sua voce matura.
Indossava un cappello ma da lì spuntavano un paio di ciocche bionde e aveva anche una leggera barba anch’essa color grano.
I suoi occhi invece erano scurissimi e quasi quasi la bambina aveva paura di farsi inghiottire da quel vortice nero che aveva al posto degli occhi.

-Riesci a sentirmi? Come ti chiami?- la bambina iniziò a rifletterci su e solo allora se ne accorse: già, qual’era il suo nome?
Cercò di mettere a fuoco le idee ma non riusciva a ricordare il suo nome o qualunque altra cosa fosse successa prima di svegliarsi su quel pavimento roccioso pieno di sangue.
Guardò in basso verso il suo corpo immobile, ci riuscì grazie all’uomo che le sorreggeva la testa, e notò che le sue piccole gambe erano piene di lividi e le sue braccia erano piene di graffi, cercò di abbassare ancora lo sguardo verso il suo petto e notò che c’era un rivolo di sangue che forse doveva partire proprio dalla sua fronte.
L’uomo intanto si guardò intorno e notò un libro che fuoriusciva da una borsa sporca e danneggiata, era giusto un paio di passi lontano dalla bambina.
Prese il libro intitolato “Loveless” e cominciò a leggere la frase che c’era all’inizio delle prime pagine:

“Questo libro appartiene a Mena Strife e guai a chi lo tocca!”

Lo mostrò alla bambina –E’ questo il tuo nome…?- ma poi si accorse che quest’ultima ormai aveva chiuso gli occhi e giaceva immobile tra le sue braccia.
 
 
 




-Come ti è venuto in mente di giocare nelle montagne Nibel da sola?- l’uomo la fece sedere su uno sgabello di legno e cominciò a cercare qualcosa tra i mobili della stanza.

-Non lo so, non ricordo niente.- Mena si massaggiò la fronte coperta da una stretta fasciatura, non sapeva esattamente dove si trovava ma sapeva che erano passate diverse settimane da quando l’uomo l’aveva trovata sulle montagne Nibel.

-Quello non è un luogo sicuro, soprattutto per le bambine.- trovò finalmente ciò che cercava: una scatola del pronto soccorso. Prese della fasciature ed iniziò a spalmare una specie di pomata sul ginocchio della bambina.

-Dove ci troviamo? Non me l’hai ancora detto!- Mena cominciò a scalciare il comodino che si trovava davanti lo sgabello su cui era seduta, era stufa della situazione e voleva subito sapere da dove era venuta, ma soprattutto voleva scoprire se c’era una mamma o un papà che l’aspettavano nel luogo da cui era venuta. L’uomo alzò lo sguardo verso di lei preoccupato.

-Ci troviamo in una grotta nelle montagne che separano la Regione Junon con quella di Midgar.- si alzò e prese il resto delle fasciature mancanti.

-Quindi ci troviamo vicino Fort Condor?- l’uomo si girò verso di lei sorpreso e sorrise –Vedo che ti ricordi alla perfezione dei luoghi dell’isola.- si voltò ancora sorridendo e Mena arrossì.

-Sì… Stranamente…- la bambina all’improvviso scatto in piedi, corse verso l’uomo e cominciò a tirarlo per la manica della sua giacca grigia.

-Ehi! Non mi hai detto ancora come ti chiami!- Mena continuò a tirare la sua giacca ma infine si accorse che sotto il tessuto non c’era alcun braccio.

Oh mio Dio…

 Smise di muovere la manica e si irrigidì all’improvviso, l’uomo se ne accorse e sorrise.

-E’ la prima volta che vedi qualcuno senza un braccio?- ridacchiò e ripose la scatola nel mobile.

-Comunque mi chiamo Kai.- scompigliò i capelli biondi della bambina e si accomodò sul letto che si trovava dall’altra parte della stanza.
Mena continuò a guardarlo con un misto di terrore e preoccupazione, poi scacciò dalla mente ciò che aveva appena visto e prese il blocco di note che si trovava nello zaino danneggiato che Kai aveva trovato sulle montagne Nibel vicino a Mena ed iniziò a sfogliarlo: in molte pagine il diario parlava di Nibelheim, una città che, a quanto pare, era molto piccola e antica, ma che però era amatissima dall’autrice del diario.
C’erano anche intere pagine che parlavano di un fratello chiamato Cloud il quale se ne voleva andare a Midgar, altre pagine in cui lei raccontava di suo padre che era scomparso quando ella era ancora in fasce e altre ancora in cui l’autrice mandava mille accidenti ad un Soldier di prima classe chiamato Sephiroth.
Ma c’era una frase tra tante che la colpì  di più:

“Voglio esplorare il mondo!”

Non appena ebbe finito di leggerla, sentì qualcosa dentro di lei accendersi, ed era successo altrettanto quando lesse che aveva un fratello che forse se ne era già andato a Midgar.

-Andremo a cercare la mia famiglia…?- lo sguardo pieno di speranza incontrò quello preoccupato di Kai.

-Sai almeno dove si trova?- la bambina annuì.

-Se io sono veramente colei che ha scritto questo diario, allora può darsi che ho una mamma che mi aspetta a Nibelheim, oppure ho un fratello che vive a Midgar ora…- si fermò nel bel mezzo della frase e si fermò a riflettere: ok, dove doveva andare ora?
Midgar o Nibelheim?
Si sentì confusissima e si accomodò vicino all’uomo sul letto con un’aria riflessiva.

-Forse ci conviene andare prima a Midgar. Se è vero che si trova lì può darsi che qualcuno lo conosce.- Mena aprì nuovamente il blocchetto e continuò a leggere:

“Ho sempre avuto paura di loro, quei soldati che appartengono alla Shinra Inc.”

“Non lascerò che Cloud diventi uno di loro.”

-Cloud vuole far parte della Shinra Inc.- l’uomo si grattò la nuca pensieroso.

-Sarà difficile arrivare fin lassù… Potremmo provarci non appena tu ti rimetta.
Ci andremo non appena sarai curata e riposata.- sorrise e le scompigliò ancora i capelli.
Mena, anche se era ancora un po’ confusa, si sentì realizzata.
Ma era lo stesso preoccupata: non ricordava il proprio nome e se quella borsa non fosse la sua avrebbe rubato l’identità di qualcun altro.

Anche se non fosse il mio vero nome, ne voglio avere uno solo in prestito se necessario…

Si distese sul letto, prese il libro che aveva trovato nella borsa un paio di settimane fa e cominciò a leggere:
 
 
“Loveless Atto III

Anche se il domani è arido di promesse
nulla impedirà il mio ritorno.”
  
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