Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Aurora_Salinas    17/02/2012    1 recensioni
Ogni minuto trascorso in silenzio è muta parola per te. Quando vedo Bari scorrere dietro i finestrini delle macchine nelle quali viaggio, quando la pioggia bagna l’asfalto e sto attenta a non scivolare, quando faccio colazione, sostengo un’interrogazione, mi lavo i denti, mi pettino, rido, piango…quando vivo, penso a te.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Photobucket


Stamattina, andando a scuola, pensavo e ripensavo sempre la stessa frase. Non sono quello che gli altri credono che io sia. E per “altri” non intendo coloro che non mi conoscono a fondo, no. Con “altri” intendo tutti, tutti coloro che vivono al mio fianco da sempre e che ricoprono ruoli fondamentali nella mia vita. Non sono quello che sembro. Forse non sono quello che sono. Che è più grave. La ragazza perfetta. Che studia. Che suona il pianoforte. Che ama. Che ha degli amici meravigliosi. Che ha una famiglia accogliente e tranquilla. Che lavora. Che scrive. Già, che scrive. Io cosa, dove, quando sono? In tutto questo.
Cosa.
Dove.
Quando.
Sono. Sono?
Scrivo, è vero. Scrivo disperatamente ineluttabilmente scrivo terribilmente. Scrivo con questa scrittura terrificante illeggibile non-scrivibile scrivo. Rispondo a sms vaghi di amiche vagamente vicine. A me.
Non sono quello che sono sempre stata. Razionale fino all’osso. Io ho sempre programmato tutto. Mai un colpo di testa, mai una follia. Non ho mai bevuto chissà quanto, mi proclamo astemia ma non è vero; è solo che ho una paura fottuta di perdere il controllo. E non mi piace fare l’amore. Non mi è mai piaciuto, nemmeno per sbaglio. Mai fumata erba, ma questo può anche essere accettabile. Mai tradito il proprio ragazzo. Mai. Mai. Mai. Mai.
Sono innocente.
Pura.
Sono il cigno bianco che decide di buttarsi dallo scoglio, sono il cigno. Il brutto anatroccolo.
E tu.
Tu, maledizione.
Tutte queste parole risputate dal mio dentro sono per te. Ne verrà fuori una sorta di Zibaldone storto e brutto e infinitamente più lungo. Infinito, appunto. Infinito come il rimpianto che proverò dopo di te. Posso scegliere: rimpianto, o rimorso. Rimorso, o rimpianto. Ho sempre preferito i rimorsi, ti dirò la verità. Voglio baciarti, ma non ne ho le palle. E’ così che si muore di rimpianti. Ma tu dimmi cosa ti passa per la testa. Dai, dimmelo. Cosa sai, cosa non sai di me? Cosa non vuoi sapere?
Ma a te non interessa niente, è questa la verità. Non fa alcuna differenza quello che sono. Perché tu sei tu e basta. Tu parli solo di te, e non poni mai domande perché non te ne frega un accidente della vita degli altri. Mi sta bene così. Io non sono perfetta, sai, non sono perfetta. Oggi ho capito una cosa. Ho capito che, una volta inquadrata la mia vita, non posso più tornare indietro. Ed io l’ho inquadrata tanto, tanto tempo fa. Tanto tempo fa ho deciso, sì, deciso, quale forma avrebbe assunto la mia esistenza. Come un architetto, ho disegnato il mio futuro nei limiti del probabile, nei limiti del possibile, e gli unici sogni che mi sono regalata erano – sono – mere ambizioni. Sono ambiziosa, non sognatrice. E’ terribile, sai, è terribile. E ti penso. Ogni minuto trascorso in silenzio è muta parola per te. Quando vedo Bari scorrere dietro i finestrini delle macchine nelle quali viaggio, quando la pioggia bagna l’asfalto e sto attenta a non scivolare, quando faccio colazione, sostengo un’interrogazione, mi lavo i denti, mi pettino, rido, piango…quando vivo, penso a te. Penso a quello che potrebbe succedere. Credo che l’unica cosa veramente meravigliosa di questa situazione sia il fatto di non poterla controllare. Per la prima volta nella mia vita, ho perso il controllo. E’ terribile. E’ elettricità.
Sai cosa mi stupisce di me? La mia calma apparente quando siamo insieme. Mi complimento con me stessa. Riesco a mantenere una tranquillità assurda. Riesco ad ascoltare i tuoi discorsi da logorroico incompreso, e sono in grado di sentirti parlare per un quarto d’ora delle morti altrui e di Agata Christie senza muovere un ciglio. Non mi lascio prendere dal panico, dai sudori freddi, dai battiti accelerati del cuore. Resto lì, distaccata e naturale, m’incollo un sorriso di circostanza sulle labbra che non conoscerai mai e ti ascolto. Sono al tuo fianco senza sfiorarti mai. Mi chiedo che cosa accadrebbe se avessi il coraggio di far trapelare quello che c’è dentro. Sotto i miei soliti maglioni grigi e il solito dolcevita nero. Ma non ti viene la depressione, a vedermi vestita sempre con quei colori? A volte mi chiedo che cosa diavolo pensi di me. E allora mi viene in mente un sospetto terribile. E se tu non mi pensassi affatto? Le illusioni sono il carburante che ci tiene in vita. E se tutte queste pagine fossero il frutto di un’illusione? Forse sarà meglio. Chissà cosa penserò di tutto questo quando sarà finita. Quando non ci incontreremo più ogni settimana. Quando ognuno proseguirà per la sua strada e al diavolo tutto. Chissà cosa penserò. Forse, la stessa cosa che ho pensato tutte le altre volte. Meno male che ho resistito; sono stata brava, sono stata razionale, non ho mai tradito il mio ragazzo.
Razionale.
Ma poi mi chiedo che cosa vivo a fare. Vivo per amare una sola volta e per sempre? Vivo per la letteratura? Vivo per vivere me stessa?
Ma sono davvero io che vivo?
O è solo una piccola, mediocre parte di me quella che respira e che si soffia il naso e che mangia e che soffre e che ride e che e che e che….quanto di me c’è in questa lei che respira e si soffia il naso e così via…Quanta me vive davvero?
Cosa chi quando sono, se sono, se sono mai stata…se mai verrà il giorno in cui sarò qualcosa in più rispetto alla calcolatrice scientifica-letteraria che sono ora?
Tu. Tu sai cosa sei? Non te lo sei mai chiesto, ammettilo. Ho bisogno di vederti, ma devo aspettare. Sempre, sempre aspettare. E quando ti vedrò…manterrò la calma, come se non ti avessi atteso col cuore in gola per una settimana. E mi chiederò perché diavolo mi hai sconvolto così tanto. Me lo chiedo sempre e non mi rispondo mai. Cos’è stato, che mi ha fatto scattare? Cosa, in te?
E cammineremo insieme. Non facciamo altro che camminare, e anche in fretta. E io che ti dico di rallentare, ché tanto è presto.
Ma è tardi, già.
Due mesi e non ci vedremo più.
E’ tardi.
E’ così tardi che è come se non fosse mai stato presto.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Aurora_Salinas