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Autore: Remedios la Bella    17/02/2012    4 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come promesso, ecco anche l'altro capitolo, il seguito del 43. Spero di averlo reso come volevo, commovente e strappalacrime ( sono un'inguaribile sentimentalista, ogni frase è come un sobbalzo per me, credetemi).
Comunque sia, non è l'ultimo, tranquilli. L'ultimo verrà pubblicato la prossima settimana. Per ora godetevi questo e anche il precedente, come spero che farete :)
Buona Lettura e semrpe ... grazie di avermi seguita.
Remedios la Bella 

Capitolo 44
 

Non riuscivo a dormire dall’emozione, tanto ero agitata, come non lo ero mai stata in vita mia. Ero rimasta alzata tutta la notte, davanti alla finestra della camera dove avevo deciso di porre il mio letto, e guardare il cielo correre sotto i miei occhi, in attesa che i cavalli della notte corressero e lasciassero la pista delle stelle, come era giusto che facessero.
Elly era andata a dormire insieme a John, dunque ero rimasta nella mia solitudine ad aspettare che l’auto di Mark passasse davanti ai miei occhi, con a bordo le due persone che attendevo più di chiunque altro a questo mondo.
Continuavo a fissare il viale, pretendendo addirittura che quell’auto spuntasse per magia. Non avrei accettato la scusa dell’alba per vedere chi volevo vedere. Sì, la mia impazienza cresceva di minuto in minuto.
Tutta assorta dalla mia impazienza, non mi accorsi nemmeno che Elly era dietro di me:” Deborah! Non riesci a dormire?” mi chiese, insonnolita e in camicia da notte.
“ No, sto morendo di impazienza Elly … accidenti al tempo! Perché non passa più in fretta?”
“ Dagli tempo, la notte deve ancora passare … dormi, non vorrai mica che Max ti veda con le occhiaie, vero?”
“ In effetti lui, per la prima volta, mi ha visto che le occhiaie, non ricordi?” sorrisi a quell’affermazione, anche se ricordare il primo incontro che ebbi con Max non fu piacevole. Dover ricordare anche la stretta al braccio da parte del padre, e il mio dolore che non poteva essere urlato, era terribile.
“ Vero … comunque non restare lì impalata, se non hai sonno almeno stenditi e chiudi gli occhi. Rilassati, su.” Mi venne accanto e mi abbracciò:” Andrà tutto bene.” Ricambiai l’abbraccio, stanca ma febbricitante di ansia.
“ Vada per stendermi …” dissi, dandole poi la buonanotte e mettendomi stesa sul materasso del mio letto. Fissai il soffitto per qualche secondo, pensando ancora a Max e a dove, probabilmente, potesse essere.
“ chissà se è qui vicino …” sussurrai, portando la mano vicino al cuore, come se davvero riuscissi a sentire anche il suo battito oltre al mio:” spero solo che il sole venga presto …” pensai, chiudendo gli occhi.
Mi rilassai, tanto da assopirmi leggermente, e un buio ristoratore si impossessò della mia vista. Per un tempo indeterminato, forse per il resto della notte, anche l’udito sfuggì alle mie capacità e mi addormentai, estenuata dall’emozione. Non feci sogni, nemmeno incubi, ma il sonno fu così pesante che alla fine mi svegliai solo quando il sole era ai suoi primi albori.
“ Mi devo essere addormentata …” mi stiracchiai come un gatto, mettendomi a sedere in fretta sul materasso. Dalle tende della finestra filtrava la luce del sole, abbagliante ma leggera, quasi che volesse svegliare tutti dal loro sonno. Ascoltai i rumori che provenivano dall’esterno, il cinguettio dei passeri che annunciavano l’arrivo del sole, il sussurro del vento che spifferava attraverso la finestra. I rumori della vita, di una vita ritrovata nella serenità di quel posto.
Mi beai di quel momento di pace, e decisi di scendere al piano di sotto. Avvertii infatti un certo languore.
“ da quel che mi ricordo ieri, c’era una torta nella credenza …” pensai, già pensando bene di mangiare una fetta di quella torta ancora in buona condizioni.
Scesi rapidamente le scale, e feci per dirigermi in cucina, ma mi accorsi che il portone d’ingresso era semiaperto. Un solo pensiero mi attraversò la mente.
“ Sono arrivati … sono arrivati … sono arrivati! Ma come ho fatto a non rendermene conto prima?”
Mentre pensavo ciò mi ero già piombata fuori, scalza e ancora con la veste da notte. L’odore del carburante di una macchina in moto mi invase alle narici, e un sorriso travolgente travolse i miei occhi. Max mi sorrideva da dietro lo sportello aperto della macchina di Mark.
 
La casa in cui  avrei abitato era davvero la cosa più graziosa e desiderabile che potesse esistere a quel mondo. Dopo una notte passata a osservare le stelle, giungere all’alba, in silenzio, davanti a una struttura in legno appena illuminata dal sole era un’esperienza irripetibile. E sapere inoltre che dentro quella casa stava proprio lei, la mia amata, mi teneva in ansia come non mai. Parcheggiammo sul viale, e Mark scese dall’auto.
“ Vado ad avvisarli del vostro arrivo … voi rimanete dentro, sarete la sorpresa!” uscì dalla macchina, e entrò dentro la casa, lasciando il portone semi aperto da quello che vidi.
“ Sei felice Max? Finalmente rivedremo tutti oggi!” disse mia madre, sporgendosi dal sedile anteriore. La guardai, sorridendo:” Come non mai, madre … come …” non riuscii a finire la frase, poiché una visione celestiale mi apparve davanti.
La giovane figura di Deborah era appena corsa fuori dal portone senza che ne notassi la presenza. Nonostante la vestaglia da notte, era sempre bella, bella come lo era sempre stata, anche di più, potevo dirlo con certezza. Vedere il suo viso temprato dalle fatiche e da quella luce tanto radiosa mi fece salire nel cuore un’emozione enorme.
“ Al diavolo la sorpresa!” dissi a voce alta, aprendo in fretta la portiera della macchina.
La vidi volgere gli occhi verso di me, e un enorme sorriso accompagnato dal mio ancora più euforico le si dipinse in volto.
“ Deborah …” chiusi lo sportello in fretta, e con passi enormi le andai incontro, allargando le braccia, un invito a saltarmi addosso per poterla riempire di lacrime e baci, come desideravo fare da un sacco di tempo.
Sembrò non farselo ripetere due volte: la vidi correre verso di me, con le lacrime agli occhi, pronta a saltare tra le mie braccia. Con un salto mi si fiondò addosso, stringendosi al mio collo piangente. La sollevai tra le mie braccia, facendo in mondo che si avvinghiasse con le gambe al mio petto. Potevo sentire i suoi singhiozzi:” Non ce la facevo più ad aspettare! Mi sei mancato come non mai …” mi stringeva tantissimo, e io ricambiavo quella stretta, commosso:” Neanch’io, ho sempre pensato a te per tutto questo tempo …”
 Volli guardarla negli occhi, in quei due occhi tanto profondi e belli,e annegarci per l’eternità. Erano lucidi di pianto, li asciugai con un bacio:” ora tutto è a posto, ora tutto è a posto …”
Le presi il viso tra le mani, e lei mi baciò, con una passione mai vista. Risposi senza esitazione, assaggiando il suo sapore tanto casto e delicato, inclinando la testa per far combaciare alla perfezione le mie labbra con le sue. Mi erano mancate, mi erano mancati i suoi occhi, il suo viso. Lei mi era mancata, e tutto ciò che le apparteneva.
Staccai il contatto dalle sue labbra, e iniziai a tempestarle le guance e il viso con baci che avrei voluto darle in tantissime altre occasioni. La sentii ridere:” Mi fai il solletico …”
“ Ti farò il solletico finché morirai … dio, quanto ho atteso questo momento …” gli dissi guardandola negli occhi. Poggiai il mento sopra la sua testa, mentre sentii il suo respiro solleticarmi la pelle del collo. La tenni stretta a me, non avevo intenzione di lasciarla andare ancora.
“ Ti amo.” Un sussurro detto dalle sue labbra, che mi fece stringere la presa esercitata sulla sue spalle.
La mia risposta:” Ti amo anch’io …” sussurrata a fior di labbra e chiusa da un altro bacio fulmineo.
 
Sentii qualcosa scuotermi e mi svegliai. Appena aprii gli occhi, incontrai lo sguardo di Mark, sorridente:” Buongiorno! Scendete giù, ci sono alcune persone che vogliono vedervi.” Mi disse, uscendo dalla stanza. Io mi alzai di soprassalto e scossi John, ancora addormentato accanto a me:” sveglia!”
“ Altri cinque minuti …” mugolò, nascondendo la testa sotto il cuscino. Gli tirai un colpo in testa con il mio cuscino e lo baciai lievemente:” Su, devi incontrare la tua futura suocera, muoviti!”
Aprì i grandi occhi celesti sorridendomi, mentre io mi affrettai a vestirmi.
Scendemmo poco dopo e ci precipitammo fuori. Constatai così che Deborah era già avvinghiata a Max, e vidi nostra madre uscire dalla portiera dell’auto. Il suo viso stanco era solcato dalle lacrime, come il mio a distanza di nemmeno due secondi dall’averla vista.
“ Mamma!” urlai, con tutto il fiato rimastomi in corpo. Mi corse incontro, come feci io, e sentii le sue forti braccia avvolgermi amorevolmente, in una stretta carica d’amore:” Elly, figlia mia!”
“ Madre … oh madre!” non riuscivo a dire nessuna parola di senso compiuto, mi sentii la faccia tempestata da baci di un calore incredibile e le mie gote si bagnarono di lacrime estranee alle mie.
“ Non ho smesso nemmeno un momento di pensarvi, figli miei …” disse, con la voce rotta dai singhiozzi. Strinsi la presa su di lei, affondando il viso nel suo seno:” Anche tu mi sei mancata tantissimo …” ci misi tantissimo a lasciare la presa da lei, non avevo alcuna intenzione di dovermi separare da quel calore tanto familiare e amato. Ero a casa, in fondo: una casa in senso diverso ma uguale, dato che avevo cambiato dimora, pur avendo la mia genitrice accanto a me.
Vidi poi Max avvicinarsi, e lo guardai in viso: un viso tanto stanco e temprato dalla battaglia che mi commosse da come fosse, al contrario di quello che avevo pensato, bello e raggiante come lo ricordavo.
“ Fratello mio!” mi strinsi a lui abbracciandolo con trasporto, e lui ricambiò con lo stesso calore:” Sorella mia! Vedo di esserti mancato in fondo!” rise, continuando ad abbracciarmi, e a quell’abbraccio si unì anche nostra madre, commossa. Sentire le loro braccia avvolgermi e trasmettermi il loro calore mi fece sentire come a casa. Ero a casa, finalmente.
 
Osservai Elly, Max e Elena abbracciati come una vera famiglia, e lacrime di commozione mi salirono dal cuore dritte fino agli occhi. Ero felice che si fossero finalmente ritrovati, dopo tutto quel tempo.  Felice nonostante io, la mia famiglia, non ce l’avessi più.
Questo era quello che pensavo, prima di poter vedere un uomo dalla faccia che riconobbi all’istante uscire dall’auto e sorridermi.
Lo guardai bene, e la quantità di lacrime aumentò all’istante: Lo stesso viso di dieci anni prima, un po’ più invecchiato, ma lo stesso sguardo buono e amorevole che mi aveva rivolto nella mia infanzia ormai lontana. Lo vidi venirmi davanti, e i suoi denti un po’ ingialliti ma dritti mi rivolsero un saluto degno di un vero padre: ” La mia Deborah … come sei cresciuta bambina mia.”
“ Padre …” dissi in un sussurro, prima di abbandonarmi totalmente al pianto più sfrenato. Non esitai a fiondarmi su di lui, come avevo fatto poco fa con Max. Avvolsi la sua tozza corporatura, e sentii le sue braccia possenti che in tempi lontani della mia memoria mi avevano amorevolmente cullato stringermi forte, come se fossi la cosa più preziosa che avesse al mondo.
“ Padre … pensavo che anche tu fossi morto!”
“ Non potevo permettermi di morire, prima di poterti rivedere bambina mia …” la sua voce calda e tranquilla mi penetrò nel cuore, sciogliendolo dai nodi alla gola provocati da anni di mancanza paterna.
Ero ormai in preda ai singhiozzi:” Mi dispiace … non sono riuscita a salvare la mamma!”
“ Non importa, ora lei sta in un posto migliore di questo … veglia su di noi dall’alto …” mi strinse ancora a sé, e io mi beai di quella stretta che tanto mi era mancata durante tutti quegli anni.
“ Si …” sussurrai, rivolgendo il pensiero a mia madre, che dall’alto ci stava sicuramente guardando. Mi staccai dall’abbraccio, ma mi tenni comunque stretta a mio padre:” Sarai stanco … Elly mi ha detto che voi vi conoscete di già …”
“ Esatto …” Lo vidi rivolgere lo sguardo a Elly, e il volto della ragazza si illuminò di gioia:” Signor Menuchin! Anche lei qui!”
Elena, Max, Elly e John ci vennero incontro:” Non potevo non rivedere mia figlia.”
“ Quindi non mi sbagliavo nel pensare che Deborah fosse sua figlia!” Esclamò sorpreso Max, sbarrando gli occhi. Risi di cuore, vedendolo inchinarsi di fronte a mio padre:” Mi dispiace di non averla riconosciuta sin dall’inizio, buon uomo!”
“ Ragazzo, non fare tante moine e fatti abbracciare da questo vecchio!” Max venne travolto dall’affetto di mio padre,e rise abbracciandolo. Io assistevo commossa alla scena.
“ ehi! Mi sento escluso da tutto questo calore!” Esclamò John, quasi infastidito. Elly si affrettò a schioccargli un bacio sulla guancia per consolarlo:” lui è John, il mio fidanzato …”
“ Nonché mio futuro cognato, suppongo …” esclamò Max, porgendo la mano al biondo che gliela strinse felice.
“ Esatto … ma prima vorrei tanto la benedizione della signora Schubert, se non le dispiace …” La signora Schubert si avvicinò a John, e posò le sue labbra sulla fronte del ragazzo:” Benedizione concessa, hai reso felice mia figlia, non posso pretendere di meglio.” Sorrise al ragazzo, che arrossì lievemente stringendo la mano di Elly.
“ Direi di prendere due piccioni con una fava!” disse all’improvviso Max, rivolto a mio padre:” Signor Menuchin, vorrei che mi concedeste la mano di vostra …”
“ Te l’avrei concessa sin dall’inizio, giovanotto … vedo l’amore più sincero nei tuoi occhi, e come ha detto la signora, non posso pretendere di meglio per la mia bambina. Sei onesto e coraggioso, e ami dal profondo del tuo cuore.” La manona di mio padre andò a poggiarsi sulla testa di Max, che sorrise imbarazzato e euforico: “ Grazie davvero …”
Sorrisi con le lacrime agli occhi e alla fine osservai il quadretto finale della vicenda. Tutti insieme, nel bene e nel male. Le storie che avevamo da raccontarci erano lunghe e entusiasmanti e ora c’era davvero tutto il tempo per poterle narrare, e magari conservare per i tempi futuri.
“ C’è una torta deliziosa dentro … e io ho intenzione di fare colazione, voi?” dissi, felice. Tutti mi sorrisero e allegramente entrarono dentro. Max mi cinse le spalle con le sue braccia.
“ Da uno a dieci, quanto sei felice?”
“ Da uno a dieci, lo sono cento … tu?” lo guardai nei bellissimi occhi verdi.
“ lo sono cento volte più di te …” posò le sue labbra sulla mie, con delicatezza. Entrammo dentro, accompagnati da un fantastico senso di leggerezza nel cuore.
   
 
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