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Autore: FanficwriterGHC    18/02/2012    4 recensioni
AU- Recandosi a Barnes and Noble per farsi autografare un libro da Richard Castle, Kate Beckett non avrebbe mai immaginato di incontrare sua figlia e di farle da babysitter per il resto del pomeriggio. Quello che accadde in seguito fu qualcosa che non aveva vissuto nemmeno nei suoi sogni più incredibili.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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CHAPTER 3:



“No Madison, mi dispiace”

“Ti dispiace!? Ti dispiace?! Kate, mi hai lasciata sola per quasi mezz'ora e poi all'improvviso ti trovo dietro al tavolo a fare la carina con sua figlia?! Aggiornami. Non m'importa che tu non abbia chiamato, solo.. santo cielo Becks, aggiornami!”

Kate si lasciò cadere sul divano e abbracciò un cuscino. Era rimasta immobile in cucina per molto tempo dopo che Will se n'era andato, e si era mossa solo quando aveva notato che il suo cellulare vibrava. Aveva ricevuto dieci messaggi da Madison. Così si era fatta forza e l'aveva richiamata; le sue orecchie se ne stavano pentendo amaramente, così come il suo fragile stato emotivo. Era abituata alle delusioni; dopo aver perso sua madre, il resto non pareva poi così male. Ma lui aveva significato molto per lei.

“Okay, uhm..” si passò una mano sul volto, il ricordo della giornata in quel momento era confuso. “Mi sono scontrata con Alexis, la bambina, fuori dai bagni. E poi Rick era.. lì.. abbiamo chiacchierato per un po'..”

“Aspetta.. Rick?”

Kate arrossì. Giusto, riguardo a quello.. “Quello viene dopo ma.. si, ci chiamiamo per nome”.

“Ho così tante domande! Così tante!”

Kate alzò gli occhi al cielo. “Vuoi farle tutte ora, o ascoltare prima tutta la storia?”

Tutta la storia. Vai avanti, per favore”.

“Okay, dunque.. stiamo chiacchierando e la guardia della fila gli sta lanciando un'occhiataccia indicando l'orologio quando Alexis dice che ha bisogno di andare al bagno”

“Tempismo perfetto”

Hey” rise Kate “Ha solo sette anni. Solo”.

“Quanto sei legata a questa bambina?”

Kate arrossì di nuovo, ma Madison non poteva vederla. Kate non aveva una risposta adatta nemmeno a questo, non si era mai sentita tanto a suo agio con qualcuno fin dal primo momento. “Comunque.. mi sono offerta di accompagnarla al bagno, così lui sarebbe potuto tornare al tavolo”.

“E te l'ha permesso?”

Il distintivo aiuta. Anche se dovremo parlare di questo”. Si mordicchiò il labbro. Forse non era sempre così confidente; sembrava un bravo padre. Ma ripensandoci.. chi manda il proprio figlio in bagno con una donna sconosciuta? Ma ancora..

Okay, paranoid Polly. Più sicurezza dopo, più chiacchiere ora” intervenne Madison interrompendo i suoi pensieri.

Kate rise. “Ecco.. io e Alexis abbiamo parlato. Le piacciono le mie scarpe, vorrebbe essere alta come me.. poi siamo tornati al tavolo passando dal retro, più o meno quando sei arrivata tu”.

“Wow, Becks. Hai avuto la giornata da sogno..! Ti ha autografato il libro?”

Oh, si. L'ha fatto prima che portassi Alexis in bagno”. E poi le aveva sorriso e scritto il messaggio più bello..

“Carino da parte sua”

Kate sorrise. “Ha detto che era il minimo che potesse fare per non aver urlato contro sua figlia”.

“Sembra che lui ti piaccia, e anche sua figlia”.

“La bambina è adorabile, e Rick.. è interessante”. Non stava più con Will. Lui poteva essere attraente ed affascinante; ma lei non era ancora pronta. Cavolo, non era nemmeno pronta a piangere per il fatto di essere di nuovo sola.

“Quindi, dopo averla riportata indietro, cosa ti ha impedito di contattarmi per un'ora?”. Il tono di Madison era accusatorio, ma Kate poteva percepire anche il suo stupore.

“Ecco, Paula.. la sua.. non so di preciso cosa faccia. Ma questa donna con l'accento nasale comincia a stroncarlo per avere portato Alexis all'evento che aveva programmato proprio dopo il loro volo di ritorno dalla California. E Alexis è sul punto di sprofondare nella sedia, sembra così piccola e ferita e io..”

“Becks, che hai fatto?”

Mi sono offerta di leggerle qualcosa per le tre ore seguenti?” disse lei con tono innocente. E tre, due, uno..

Hai fatto cosa!?”. Kate dovette staccare il telefono dall'orecchio.

“Madison” brontolò lei “Un po' di rispetto per le mie orecchie, per favore”

“Scusa. Cosa? Hai fatto cosa!?” strillò attraverso il telefono, con più calma, ma non con meno entusiasmo della volta in cui Kate aveva dato il suo primo bacio durante il primo anno di liceo.

Sono andata a leggere con una bambina triste che è appena tornata dalla California dove hanno avuto una visita intensa, e da quello che ho capito, con sua madre, che non è più sposata con il padre” disse lei con calma. Aveva fatto un bel gesto, e le aveva fatto bene.

“Katie.. sul serio?”

“Non è stato un problema. Ho.. è stato divertente, Maddy. Lei è veramente adorabile e io.. ero felice? Non riesco davvero a spiegarlo”

Sentì Madison trascinarsi verso l'altro lato del divano e mettersi comoda.

“Okay. Quindi hai letto con la bambina.. per tre ore? Davvero?”

“Si è addormentata dopo la prima, quando ti ho scritto il messaggio” raccontò lei.

“Sei rimasta seduta con la bambina in braccio per due ore?”

“Ho chiacchierato con Rick per un po', mentre era in pausa, e poi mi sono messa a leggere”

“Comoda nella sezione per bambini eh?”

Kate scosse la testa. “E' stato bello. Non stroncarmi”. Non voleva essere presa in giro per quel pomeriggio. Aver rotto con Will certamente aveva smorzato la felicità provata nella libreria, ma era ancora lì da qualche parte, e non aveva intenzione di rovinare quel ricordo.

“Non ti sto stroncando Becks”. Poteva praticamente sentire il sorriso di Maddy nella sua voce. “E com'è andata a finire? L'avrai lasciata andare prima o poi, a meno che tu non l'abbia portata via con te. Cosa che dubito, dato che sei così dedita alla giustizia..”

Kate rise. “Grazie. L'ho restituita. E' andata al bagno mentre io e Rick chiacchieravamo e poi.. uhm.. lui mi ha dato il suo numero e io gli ho dato il mio. Ceniamo insieme la prossima settimana”. Non credeva proprio che la voce di Madison potesse essere più acuta di quello che era.

“Hai un appuntamento con Richard Castle!?”. Allontanò il cellulare dall'orecchio. Era totalmente fuori strada.

“Madison! Abbassa il volume, diamine!”

“Scusa. Ma.. sul serio?”

“Non ho un appuntamento, Madison. Mi hanno invitato a cena da loro- lui e l'adorabile bambina con cui ho trascorso la giornata”. Era solo una cena, non un appuntamento. Non c'era nulla di squallido in tutto ciò. E se avesse continuato a ripeterselo, sarebbe andato tutto bene. A quel punto, le sue emozioni non sapevano comunque come comportarsi, e la prospettiva di una tranquilla e platonica cena era stranamente confortante.

“Oh, quindi giocherai all'allegra famigliola”.

“Madison” la ammonì lei.

“Come la prenderà Will?”

Kate sentì il proprio sorriso svanire; si stava allontanando dalla felicità per avvicinarsi alla depressione. “Non importa più” disse con calma.

“Oh, Kate. Non dirmi che..?”

“Ha avuto l'offerta”.

“E ci andrà”.

Kate annuì ed esalò un breve respiro. “Già”.

“E tu no”.

“No” sospirò lei. Non voleva piangere per lui. Erano stati benissimo insieme e avrebbe dovuto essere felice. Piangere non l'avrebbe fatto tornare: l'avrebbe solo sconvolta di più. Anche se il suo terapista l'aveva rimproverata riguardo al fatto di tenersi tutto dentro, diceva che prima o poi le sarebbe venuta un'ulcera. Ma stava bene. Aveva persino cenato..

“Stai bene?” chiese Madison un minuto dopo con tono leggero e preoccupato.

“No, ma.. lo sarò. Supererò questo momento”. L'aveva sempre fatto.

“Vuoi che venga lì? Che ti porti qualcosa da bere? Che faccia una bambola voodoo?”

Kate rise. “No, io.. farò un bagno e poi me ne andrò a dormire, andrò al lavoro.. passerà”.

“Kate, non si tratta di un raffreddore”.

“Lo so!”. Respirò profondamente cercando di controllare la voce. “Lo so, Maddy. Ma non posso fargli cambiare idea, e io non ho intenzione di andarmene da qui. Quindi..”

“Già. Mi dispiace tesoro. E tutto questo dopo una giornata così particolare..”

“Vero?” Kate ridacchiò debolmente “Ti chiamo questa settimana?”

“Va bene. Fammi sapere se hai bisogno di qualunque cosa”

“Sto bene Maddy. Grazie per essere venuta con me oggi”.

Madison scoppiò in una risata: “Non è servito ad un bel niente. Ma sono contenta che tu li abbia incontrati, sembravi felice parlando di loro”.

Kate alzò le spalle. “Sono simpatici, vedremo”. Sperava di potersi sentire bene come si era sentita uscendo dalla libreria, quando li avrebbe rivisti la volta successiva. Era stato bello e relativamente strano camminare senza preoccupazioni, anche se per i soli venti minuti del tragitto verso casa.

“Beh, ora sei single. Dovresti approfittarne”.

Kate rise. “Uh, no. Questa cosa riguarda la figlia, non il padre”. Rick era una parte di ciò, ma era Alexis quella che voleva vedere, e Alexis era colei che voleva vederla.

“Lui è molto attraente però”.

“Lo è, ma ora? Penso che abbia bisogno di un'amica, non di una ragazza. Non è molto entusiasta riguardo alla faccenda della madre”. Ricordava la sua espressione stanca e il modo in cui guardava la figlia; pensava che non fosse un uomo pronto per una relazione in quel momento, e certamente nemmeno lei lo era.

Madison sospirò. “Qualche volta sei troppo perspicace per il tuo bene, Becks”.

“E' così che si diventa Detective” ridacchiò Kate “Ti devo lasciare. Buona serata Mads”

“Okay, anche a te. E fatti un bicchiere di vino, o qualcosa..”

“Buonanotte”

“'Notte anche a te, tesoro”.

Riattaccarono, e Kate lasciò cadere il cellulare sul divano. Si guardò intorno, un po' intontita. Dopo un po' si alzò in piedi e andò a pulire i piatti che avevano lasciato sul tavolo, gettando via tutto. Non voleva mangiare avanzi di quella cena. Versò il vino e il resto della birra nel lavabo. Non aveva problemi a bere, non era preoccupata che potesse diventare come suo padre, ma si rifiutarla di usarlo come un mezzo per rifugiarsi dai propri sentimenti. Quello era pericoloso.

Si diresse in camera e poi in bagno.

Poteva entrare nella vasca. Ma poi sarebbe rimasta lì ferma nell'acqua calda, a bere, e avrebbe ricordato i bagni che aveva fatto con Will e come lui amasse la sua vasca da bagno..

Si levò i vestiti ed aprì l'acqua nella doccia, si struccò e si lavò i denti. La doccia era veloce, sarebbe stata pronta per il lavoro il giorno seguente. Dieci minuti dopo aveva finito e in quindici minuti era già a letto, con la mente che lavorava febbrile ma allo stesso tempo vuota.

Passò molto tempo prima che riuscisse ad addormentarsi, l'altro lato del letto era freddo. Sarebbe rimasto freddo per un po'. Il giorno dopo, forse, avrebbe provato a dormire nel mezzo.

(…)

“Siamo i più fortunati!” brontolò Esposito “Immersi nei cassonetti per l'immondizia, cercando gioielli..”

“Sii felice che siamo nei cassonetti e non nelle fognature” replicò Kate guardandolo mentre si asciugava il sudore dalla fronte con la manica della giacca, le guance scure di un forte colorito rosa per il clima rigido e per il calore provocato dal rovistare in un maleodorante, stretto bidone della spazzatura.

Esposito si era unito a loro circa sei mesi dopo di lei, trasferito dal 54esimo distretto. Era bravo nel suo lavoro e talvolta lei lo trovava divertente. Non erano migliori amici ma andavano d'accordo tanto quanto due poliziotti costretti a lavorare insieme.

“Come vuoi tu, ma ad ogni modo.. cavolo, non vedo l'ora di diventare Detective e non fare più tutto questo..”.

“Hai ancora tre anni davanti” sbuffò Kate “E non puoi essere certo che non lo farai anche allora”. La cosa non la infastidiva particolarmente; erano abbastanza coperti per restare liberi dai germi, e forse il loro noioso lavoro sarebbe diventato la chiave per risolvere il caso. Kate viveva di quei momenti. Facevano in modo che ne valesse la pena.

“Sarò felice di guardarti fare il tirapiedi per una volta, allora” sogghignò lui “Solo due anni per te”.

“Lo so”. Due anni a rovistare nella spazzatura, ma sarebbe valso a qualcosa.

“Ma..” sospirò e spostò un'altra borsa “Fino a quel giorno, eccoci qui..”

“...a rovistare nei cassonetti dell'immondizia” concluse lei “Non è poi così lontano, no?”

Lui tolse una buccia di banana dalla giacca. “Se lo dici tu, Becks”

“Non chiamarmi Becks, Espo”.

“Non chiamarmi Espo”.

Kate alzò gli occhi al cielo alle loro stravaganze, e continuò a rovistare. “Ho trovato qualcosa” esclamò, frugando in una borsa che sembrava essere stata infilata a forza nella spazzatura invece che gettata lì. Il luccichio di una catena metallica aveva attirato la sua attenzione; infilò una mano ricoperta dal guanto all'interno della borsa di plastica, rifiutandosi di pensare alla viscida sostanza che le era colata sul dorso della mano sinistra.

Le sue dita si chiusero attorno alla catenella di metallo e la estrasse dalla borsa trattenendo il respiro. Qualsiasi cosa fosse, quella sostanza marrone e fangosa stava marcendo e aveva un pessimo odore. Velocemente infilò la collana in una delle buste degli indizi e consegnò il resto ad un altro poliziotto, Karpowski, che lo portò via. Poi saltò fuori dal cassonetto, respirò per un attimo la fresca e rigenerante aria d'autunno e rapidamente si tolse i guanti, stando attenta a non toccare il sinistro.

“Bel lavoro” sorrise Esposito “Sempre tu, eh?”

“Devi mostrare le tue migliori attitudini” ammiccò Kate.

“Piantala” borbottò lui saltando fuori a sua volta e avvicinandosi a lei. Si levò i guanti ed entrambi li gettarono nel cestino dei rifiuti mentre tornavano alla macchina.

“Com'è stato il tuo giorno libero?”

“Piacevole. Il tuo?”

“Come al solito” rispose lui alzando le spalle “Ho incontrato una ragazza”.

“E non è scappata?”. Esposito era conosciuto per il suo atteggiamento 'amale-e-lasciale', anche se lei era abbastanza sicura che lui le facesse divertire prima di sparire. Non provava nulla di più che semplice affetto familiare per quell'uomo, ma aveva un bel fisico. E alcune donne adoravano il suo “latin lovin'”, come l'aveva definito lui qualche giorno prima.

“Abbi fede Beckett” sbuffò lui “Le ho preparato la colazione”.

“E cosa le hai preparato?”

“Pancakes”

“Ah..”. Kate rise mentre entravano nella macchina “Quindi, bell'appuntamento?”. Aveva imparato molto riguardo alla visione degli uomini sul sesso e su ciò che accadeva dopo. E i pancakes erano sempre segno di una buona notte.

“Meglio del tuo bagno con libro” ghignò lui.

Kate sorrise. Non parlava della sua vita privata al Distretto. Era troppo complicato, e quel posto era comunque pieno di uomini. “A ognuno il suo, Espo”

“Non chiamarmi Espo”.

(…)

Il resto della settimana passò in fretta, con enorme sollievo di Kate. Avevano avuto a che fare con tre omicidi che li avevano impegnati a correre sulla scena del crimine e fare il solito noioso lavoro. A Kate non importava, ma Esposito si lamentava abbastanza spesso. Era in un certo senso calmante.. frugare nei cassonetti, cercare indizi, essere parte della squadra. La letteratura russa sembrava ormai lontana quando lei pensava alla sua vita in quel momento.

Il suo cellulare squillò proprio mentre usciva dal Distretto la sera del sabato, avvolgendosi la sciarpa intorno al collo. “Beckett” rispose.

Kate?”

Sono io. Chi parla?” chiese Kate entrando in macchina.

Rick Castle”

Oh, Rick.. ciao” rispose Kate lentamente, senza prendersi la briga di mettere in moto la macchina. “Come.. come stai?”. Perfetto, balbettare era fantastico. Andiamo.. era soltanto un uomo.

“Bene. Sono appena tornato da un evento stampa e ho una bambina molto ansiosa qui con me che non desidera altro che invitarti a cena”

Kate rise e sentì Alexis esclamare “Si!” in sottofondo. La sua risposta fu immediata. “Mi farebbe molto piacere. Quando?”

“I tuoi giorni liberi sono sempre di martedì?” chiese lui.

“Lo sono”

“Quindi.. che ne dici di lunedì sera?”

“Va bene, si”. Pareva un bel modo di cominciare la sua giornata libera. E dopo quella settimana infernale avrebbe accolto qualunque momento di tregua i Castle le avrebbero potuto dare. Sperava che fosse un momento di tregua.

“Sei a casa ora?”

“In verità sto tornando a casa dal lavoro” rispose lei sistemandosi sul sedile e dimenandosi per cercare di trovare la posizione più comoda. Qualche volta c'era una molla che le premeva contro la schiena: avrebbe dovuto cercare di aggiustarla prima o poi.

“Sono le sette di sabato sera” le disse lui, come se lei non lo sapesse.

“Alcuni di noi hanno un vero lavoro, signor Castle” lo provocò lei.

Lo sentì ridere dall'altra parte del telefono. “Oh. Ouch, Detective Beckett. Mi hai ferito”.

“Puoi piangere quanto vuoi”. E questa da dove le era uscita?

“Potrei. Kate è cattiva” sussurrò ad Alexis.

“Non dirle così!” obbiettò Kate, ridendo quando udì Alexis esclamare: “No che non lo è!”

“Ottimo. Ho la sensazione che non vincerò mai con voi due intorno”

“Molto probabilmente” sorrise Kate “Perciò.. lunedì? A che ora?”

“A che ora esci dal lavoro?”

Beh, non sono obbligata a rimanere dopo le cinque” ammise. Non c'era nulla di sbagliato nel lavorare sodo. Tutto ciò che aveva affrontato per arrivare a quel punto avrebbe impressionato per quanto era inusuale, ma lei non era mai stata brava ad accettare suggerimenti sul fare le cose con calma.

“Ma di solito lo fai?”

Kate alzò le spalle. Era la cosa su cui tutti la prendevano in giro, ma era anche la ragione per cui Montgomery aveva già deciso di farla salire di grado. “Si, ma posso fare un'eccezione per questa volta”.

“Se non è un problema, intorno alle cinque e trenta?”

“Buona idea, Rick” disse lei, cercando di trattenere un piccolo sorriso.

“Fantastico!”. Poteva percepire il suo entusiasmo. “Lo dirò ad Alexis. Aspetta, aspetta..”. Ci fu un'indistinta conversazione dall'altra parte. “Può salutarti?”

“Certamente” rise Kate.

“Ciao Kate!”

“Ciao Alexis! Come stai?”

“Bene, e tu?”

“Anche io tesoro. Stai passando un buon weekend?”. Al telefono sembrava così adorabile ed entusiasta come lei l'aveva conosciuta, e Kate realizzò che la sua voce aveva la capacità di scrollare via la tensione dalle sue spalle.

“Si! Papà ha detto che domani andiamo al museo!”

“Sembra divertente”. Da quanto tempo non andava in un museo per qualcosa che non fosse un omicidio o inseguire un sospettato.

“Puoi venire?”

Kate sbatté le palpebre. “Oh, no. Tesoro mi dispiace, ma devo lavorare” Tesoro?

“Oh, okay..”

“Ma verrò per cena lunedì. Mancano solo due giorni” la rassicurò velocemente. Quanto era coinvolta esattamente?

“Evviva! Okay, papà rivuole il telefono. A presto?”

“A presto” rispose Kate.

Ci fu ancora movimento dall'altra parte. “Hey, perdonala. Tu le piaci”

“E' reciproco. Mi dispiace di non farcela, il museo sarebbe divertente”. Il museo sarebbe divertente?

“Devi lavorare, al tuo vero lavoro. Ho capito” disse lui con un falso sospiro.

“Hey! Non vale! Ora tu sei cattivo” rise lei.

“Tutto è lecito. Tu l'hai fatto prima”.

“Non ho intenzione di cominciare una discussione sul 'no, non l'ho fatto' con te, Rick Castle” affermò lei, anche se la cosa suonava decisamente divertente.

“Allora sei una donna intelligente. Ho fatto molta pratica con questa che è qui con me”

Kate rise nuovamente. “Ne sono certa. Ma sfortunatamente devo tornare a casa, i ragazzi mi stanno fissando” aggiunse, realizzando che la sua pausa prolungata sul marciapiede era destinata ad attirare attenzioni indesiderate. Una volta resosi conto che non sarebbero riusciti a portarla fuori a cena, e che nessun incitamento l'avrebbe portata a letto, gli uomini del Dodicesimo Distretto avevano cominciato a guardarla con interesse. Lei voleva esserne lusingata, ma ogni volta finiva solo per esserne irritata.

“Cosa?”

“Sono nella mia macchina”. Alzò lo sguardo verso il Dodicesimo ed era abbastanza sicura che la squadra notturna la stesse osservando dalla finestra. Che razza di ficcanaso. “E tutti mi stanno guardando. Di solito parto a tutta velocità. Sto creando un'immagine abbastanza curiosa”.

“Il Distretto è tipo una boccia per pesci rossi?”

“Per me? Si, sfortunatamente. Ma.. ci.. ci vediamo lunedì?” annaspò lei cercando le parole.

“Si. Oh, aspetta. Hai bisogno del mio indirizzo”

“Già” annuì lei afferrando la piccola agenda che teneva per gli indirizzi. “Dimmi”

“425 Broome Street in SoHo. Appartamento 504”

“Okay. Ci vediamo lunedì alle cinque e trenta, allora” disse Kate mentre scriveva l'indirizzo. Il suo appartamento doveva essere favoloso, certamente quella era una parte molto bella della città.

“Non vediamo l'ora” rispose lui “Passa una buona serata, Kate”

“Anche tu. Salutami Alexis?”. Da dove veniva questo? Che cosa le aveva ricordato di salutare anche la figlia?

“Sarà fatto”

“Ciao, Rick”

“Ciao, Kate”

Riagganciò e rimase lì seduta per un momento, cercando di trovare una spiegazione, prima di ricordarsi che la stavano osservando. Alzò gli occhi al cielo e si inserì nel traffico.

Stava per andare a cena a casa di Richard Castle. Aveva chiamato sua figlia 'tesoro' e aveva battibeccato con lui. E, se non andava errando, si sarebbe divertita con loro. Che diavolo stava succedendo?

Tornò al suo condominio e parcheggiò. Si strinse nella giacca contro il freddo del vento di fine novembre e si affrettò ad entrare, facendo un cenno a Barry mentre passava. Lui aveva sempre un sorriso per lei. Non poteva lamentarsi; c'erano stati giorni in cui quel sorriso l'aveva trattenuta dal piangere mentre saliva con l'ascensore.

Il suo appartamento era freddo. Non avrebbero acceso il riscaldamento finché non avrebbe cominciato a fare freddo, uno degli infiniti vantaggi del vivere a Manhattan. Si tolse la giacca ed estrasse dalla fondina la pistola mettendola nel cassetto, come sempre. Poi entrò in camera e si cambiò, infilandosi i pantaloni della tuta e la sua felpa -decisamente troppo grande- dell'NYPD. Andò in salotto e si guardò intorno.

Aveva messo in uno scatolone le cose di Will e le aveva spedite il giorno prima; ora i tavoli sembravano vuoti, così come gli scaffali. E nemmeno aveva poi così tante cose. Sospirò e aprì il frigorifero. Vuoto. Fantastico.

Aveva due opzioni: andare al supermercato o mangiare popcorn per cena. Si accigliò mentre si guardava intorno. Non doveva mangiare popcorn per cena. Non era più accettabile. Erano tutti felici di vederla mettere su un po' di peso ed essere più sana; non voleva davvero tornare a fare test settimanali con il medico del Distretto ed essere assillata quotidianamente dai suoi superiori. Si trovava bene nella Omicidi e non aveva bisogno di tornare esattamente come ai tempi dell'addestramento, quando le cose erano state terribili. Estremamente terribili.

Il supermercato era appena lungo la strada, poteva andarci anche vestita così. Si infilò un paio di scarpe, afferrò le chiavi e il portafogli ed uscì. La camminata fu breve, ed era riuscita a guardare avanti come una persona normale anche dopo aver attraversato due vicoli. Poteva farcela. Le stava per venire il torcicollo, ma riuscì a controllarsi.

Comprò insalata e verdure, patate e qualche pacchetto di pollo e pesce. Avrebbe fatto qualcosa di fritto a casa, cucinato qualche pasto semplice, cercato di mangiare come un essere umano invece che essere un sistema di smaltimento rifiuti. Comprò addirittura del gelato, solo per sfizio. Poteva farcela. Poteva farcela da sola. Quella fitta nello stomaco che la colpiva ogni volta che pensava a Will si fece risentire. Cercò di non pensarci e pagò, sorridendo alla cassiera. Lei sorrise a sua volta.

Kate tornò a casa, mantenendo lo sguardo costantemente fisso davanti a sé tutto il tempo. Finalmente riuscì ad arrivare all'ascensore e sospirò. Non avrebbe richiesto poi così tanta fatica. Ma il suo terapista non aveva detto il contrario? Trauma. Quella parola orribile che lei odiava. Aveva avuto un trauma, e superarlo non avrebbe richiesto solo sei mesi, o forse pochi anni. Sarebbe dovuto passare molto tempo prima di poter ritenere la sua vita di nuovo normale.

Normale come poteva esserlo quella di una poliziotta ventitreenne. Sbuffò. Già. Una vita normale non era esattamente quella che aveva scelto, no?






--Note dell'autore (FanficwriterGHC)---

Link della storia in lingua originale:  http://www.fanfiction.net/s/7176396/1/

Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie.
L'indirizzo email della traduttrice è
 sara.bresciani@aol.com
Se vuoi pubblicare su questo sito una traduzione di questo autore, e hai il suo permesso, inviami almeno il primo capitolo della traduzione completa (nel caso di fanfic one-shot, tutta la one-shot tradotta). Allora ti fornirò la password per accedere a questo account'

--Note della traduttrice (SaraIzzie)---

Ehilà! Perdonate l'enorme ritardo, sono stata molto impegnata ultimamente! Non ho molto da dire, se non che spero, come sempre, che la storia vi piaccia e che la traduzione sia di vostro gradimento :)
Grazie a tutti per aver recensito!
Alla prossima!

Sara





  
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