Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
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Autore: demoiselles davignon    19/02/2012    1 recensioni
Migliaia di cuori che battono all'impazzata, migliaia di persone che urlano i loro nomi, che alzano le mani al cielo. Migliaia di persone che piangono dalla gioia e pur essendo difficile guardarli negli occhi loro lo sanno: Sanno cosa vuol dire provare cosi tanta felicità, cosi tanta gioia nell'essere lì, in quel momento.[..]Il cuore che ti va a mille, la voce ferma in gola, che trema, quasi esce in un sussurro flebile. Di punto in bianco si perde il controllo, non sai più cosa fare e salire sul palco ti sembra l'ultima delle ipotesi in quel frangente di secondo. Ci si sente quasi impotenti di fronte a tutta quell'energia sprigionata dalla folla. E nel momento in cui si sale sul palco, tutto cambia: Quell’energia sprigionata dai quei corpi ti da una carica capace di azzerare il cervello accendendo solo il cuore, capace di farti sentire il padrone del mondo. Ed è proprio cosi che si sentono gli Avenged Sevenfold.[..]Niente avrebbe potuto distruggerli.[..]Ma se tutto, da un giorno all'altro cambiasse?[..]Ed è proprio qui che ti accorgi che non si è padroni di niente, né dei sogni, né di di ciò che ti circonda.[..]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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– Chapter Two.

 


Huntington Beach, Dicembre 2009.

 

La soleggiata Los Angeles non era troppo lontana dalla piccola città di Huntington Beach, anche se quella mezz’ora di viaggio per Silver pareva quasi un’eternità. Sperava con tutte le forze che durante il tragitto il sonno avrebbe preso sopravento su di lei, ma si dovette ricredere. Jimmy al volante non faceva altro che urlare a destra e manca in compagnia di Alena che ovviamente, non era da meno. Era evidente quanto entrambi fossero entusiasti per il suo arrivo e stranamente il batterista sembrava davvero sincero: dal momento preciso in cui Silver aveva messo piede in auto il batterista aveva iniziato a rifilarle domande no stop su qualsiasi cosa. Chiedeva sul suo lavoro, ciò che le piaceva fare e la cosa preoccupante in realtà, era che sembrava veramente interessato oltre al fatto che Alena era lì a dargli corda parlando come una macchinetta della sorella minore raccontando tra l’altro, con una risata dopo l’altra, piccoli aneddoti della loro infanzia e della loro adolescenza, senza risparmiare nulla, nemmeno i momenti imbarazzati rendendo totalmente ridicola la povera anima in pena ormai spazientita. Non riusciva a capire se tutto quell’interessamento da parte di Jimmy provenisse dal fatto che palesemente faceva finta di niente pur sapendo che non era proprio lo stereotipo di migliore amico che Silver preferiva o semplicemente, perché era fatto cosi.
Poggiava il gomito distrattamente sul bordo del finestrino intenta a sorreggersi la fronte e passando intensamente le dita magre sulle meningi con fare stanco.
Da quando erano saliti in macchina, i due non avevano smesso di ridere e pizzicarsi giocando come due bambini dell’asilo, ripetendo continuamente che si sarebbe divertita e che una volta messo piede nella loro città non l’avrebbe più lasciata. Quella scena le parse quasi come un film: I genitori contenti del cambio di città e la povera figlia che sedeva sui sedili anteriori, visibilmente frustata e intenta a non cedere a un attacco d’isteria.
Era tutto assurdo. Non credeva si rivelasse cosi difficile né tanto meno credeva che Jimmy potesse parlare cosi tanto senza scaricarsi mai.
“Ma come diavolo si spegne, questo?” pensò atterrita Silver.
Le palme verdi sfilavano via velocemente, e già si poteva percepire l’aria viziata Californiana.
Sebbene il SUV nero fosse provvisto di condizionatore, il caldo fastidioso pizzicava sulla pelle pallida della mora, rendendole quasi difficile anche solo respirare.
Non era per niente abituata a quel clima, né tanto meno era abituata a quell’afa durante il periodo Natalizio. Era felice con le sue basse temperature con tanto di neve che rendeva anche solo difficile uscire da casa se non si voleva rischiare di trovarsi ricoperti da capo a piedi. Amava quando il vento fresco ti accarezzava il viso e tante volte pungeva fino a farti arrossare la punta del naso e le gote. Lasciò che nell’auto si disperse un sospiro, quasi malinconico al solo pensiero della bella New York e chiuse le palpebre lasciandole cadere stanche sugli occhi nocciola.
Si sentiva notevolmente fuori posto.
Preferiva i palazzi che ti coprivano quasi la vista verso il cielo.
Preferiva quel trambusto di clacson, auto, operai intenti ad aggiustare l’ennesima tubatura rotta sull’ennesima strada enorme ed affollata, con tutto il traffico che New York a qualsiasi ora del giorno regalava. Le miriadi di luci che costellavano ogni centimetro quadro della città e quell’usanza nel giorno di Capodanno quando a dieci secondi prima dello scoccare di mezza notte scendeva la grande palla illuminata su tutta Times Square. 
E lei amava in modo spropositato quelle larghe ed enormi strade newyorkesi, dove camminavi per la maggior parte del tempo spalla a spalla con qualche sconosciuto per quanta gente ci fosse. Ormai era abituata al caos e alla vita frenetica dove lei si sentiva bene, al suo posto. Quello che ormai da quattro anni era divenuto il suo stile di vita e lo amava in ogni sua sfaccettatura.
Tra quei mille pensieri ormai si era persa e l’unica cosa che riusciva a vedere nella sua mente era il suo magnifico e accogliente appartamento che si affacciava dal terzo piano di un enorme palazzo, sul viale del 
borough newyorkese. Non le piaceva sentirsi persa né tanto meno amava quella sensazione di vuoto che le si era impigliata allo stomaco nel momento esatto che era salita su quel maledetto aereo. Che il motivo fosse principalmente la presenza ingombrante e sicuramente, costante di quei ragazzi che giocavano a fare le star? O che ormai dipendeva dal luogo in cui si era trasferita da ormai tanto tempo? 
In fin dei conti pur essendo una piccola cittadella turistica, affacciando lo sguardo fuori il finestrino, quel posto non era male. Le piaceva la brezza fresca della sera che ti accarezzava la pelle e le piaceva passeggiare lungo il mare quando ormai il sole colorava tutto ciò che incontrava di un arancione sbiadito che si andava a incastrare perfettamente a un colore più roseo. Il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli che quasi ti cullavano lasciandoti in balia dei pensieri.
Per l’appunto, odiando le temperature esagerate che quel posto regalava, sarebbe uscita solo quando avrebbe rinfrescato pur sapendo dentro di se che la sorella non gliel’avrebbe mai e poi mai permesso.

Alena aveva appena inforcato un CD dal colore violaceo all’interno dello stereo, già gasatissima ancor prima che questo iniziasse a girare per poi lasciare che la melodia riempisse il SUV. Le tracce erano miste ma per ogni canzone, qualunque questa fosse stata, Alena non si sarebbe risparmiata. Teneva il finestrino di qualche centimetro abbassato, con l’intento di far entrare dell’aria ‘fresca’ con il fatto dell’alta velocità in cui Jimmy stava prontamente guidando quell’automobile fin troppo lunga e pesante. Aveva legato i lunghi capelli biondi in una coda alta liberandosi il viso per lasciarlo totalmente scoperto ed agitava le mani avanti a se sbrizzarrendosi con diverse mosse di ballo, portate a tempo di musica. Jimmy la guardava divertito, sorridendo alla sua spontaneità ed allegria.
Alena era un tipo che o la amavi o la odiavi non c’erano vie di mezzo per il semplice fatto che se l’avresti amata sarebbe stata capace di darti tutta se stessa e se avesse potuto, sicuramente si sarebbe anche staccata un braccio, o ti avrebbe donato un polmone, un rene, qualsiasi cosa pur di fare tutto per aiutarti. Nel momento in cui invece preferivi scegliere la seconda ipotesi l’apocalisse sarebbe stata eminente: una sfida all’ultimo sangue dove quasi per certo lei ti avrebbe sterminato ed annientato e questo Jimmy, lo poteva ben dire. Il ‘Reverendo’ l’aveva provato sulla sua pelle e non era stato per niente divertente. Non appena venne presentata da Jason alla band, Jimmy la snobbò nell’arco di due secondi ritenuta troppo piccola ed incapace di poter organizzare ed allestire nel giro di pochi giorni un intero stage da palcoscenico per una band emergente. 
« Jason ma sei diventato scemo? »esclamò scoppiando a ridere proprio davanti la bionda. « Per favore, torna a giocare con le barbie! » disse infine, voltandosi per poi andare via.
Se avesse avuto una qualche tipo di macchina del tempo per tornare indietro a quell’istante, sicuramente Jimmy l’avrebbe fatto. Ricordava perfettamente il modo quasi animalesco in cui Alena gli si fiondò alle spalle aggrappandosi a lui, scalciando come una piccola scimmia impazzita ripetendogli continuamente che gliel’avrebbe fatto vedere e che a lavoro finito sarebbe tornato strusciando da lei per chiederle ‘scusa’. Gli altri membri della band non facevano altro che ridersela e dopo che Jimmy si dovette ricredere per poi chiederle ‘scusa’ con un po’ d’amaro in bocca, non lo lasciarono respirare per una settimana intera, prendendolo in giro a più non posso.

« Senti mocciosa, non perché ti sto chiedendo ‘scusa’ significa che faccio finta di niente per come mi ti sei fiondata alle spalle.» stizzì Jimmy guardandola di sottecchi mentre sorseggiava una birra, poggiato contro il muro del backstage.

« James, questa scena vale più di mille parole, fidati. » rispose Alena disinteressata all’argomento mentre sfogliata una rivista. Era proprio questa sua aria da sapientona che lo faceva imbestialire. Come poteva permettersi di fare l’arrogante nonostante lui stesse mettendo da parte l’orgoglio chiedendole scusa e riconoscendo il suo ottimo lavoro? Inoltre erano agli inizi della loro fama e non concepiva come una ‘contadinotta’ del Kansas potesse comportarsi con tutta questa arroganza e superficialità davanti ad una band di un certo livello che le aveva appena dato in mano un futuro e, di certo, se gli altri gli  avessero proposto di tenerla nello staff lui sarebbe stato un ‘no’ secco, sputato con cattiveria e quasi disprezzo. Non era simpatizzante per le persone arroganti anche se fondamentalmente lui era un tipo che lasciava correre ma, in quella biondina tutto pepe, c’era qualcosa che gli faceva scattare la molla.
« Ma me lo fai apposta? » alzò un sopraciglio, facendo uscire la voce quasi come un ruggito.
« E mi diverto da morire! » finalmente posò lo sguardo sul suo, mostrando uno dei sorrisi più beffarti e snervanti che potesse regalargli. Era assicurato, quella ragazza gli avrebbe rovinato la vita, o almeno cosi pensava.

  

Andarono avanti a stuzzicarsi ma fortunatamente la previsione di Jimmy non fu per niente giusta, anzi: Impararono ad amarsi proprio come un fratello ed una sorella. Capendo l’uno il carattere dell’altro e ben presto quell’astio iniziale sparì, lasciando nascere un’amicizia stupenda e facendo ricredere entrambi. Con il passare del tempo, Jimmy come anche gli altri della band, capirono che tipo fosse l’Alena che si era fiondata sul batterista senza ritegno e che qualche minuto prima all’apparenza risultava timida e pacata. Sotto quel dolce visino e sotto quelle lunga ciglia, si nascondeva un carattere molto forte ed agguerrito. Sicura di se e sempre pronta a fare due passi in avanti rispetto agli altri. Amava mettersi in gioco e le divertivano tutti i tipo di sfide. Tante volte, aveva quella mania di primadonna in certi casi quasi da risultare antipatica ma loro l’amavano proprio perché era cosi dannatamente perfetta. Perfetta in quel modo cosi sinuoso di camminare, perfetta anche nel modo di parlare, muovere le labbra lentamente, quasi come se si accarezzassero l’una con l’altra. Precisa nel vestire e nel modo in cui appariva. Decisamente troppo perfetta e attenta ad ogni cosa. Quella mania del controllo in tutto ciò che organizzava e quella precisione inaudita in cui lo faceva, le veniva cosi naturale ma nel momento in cui qualcosa le sfuggiva o si rivelava qualcosa di cui non avrebbe neanche avuto idea entrava nel pallone, scoppiava, e tante volte preferiva la strada più semplice: La fuga. Anche quando le veniva toccato un tasto dolente si trasformava nella ragazza più debole e trasportabile di questo mondo. Riusciva a sembrare totalmente un’altra persona e questo non lo sopportava. Jimmy si era predisposto ad aiutarla ogni qual volta si fosse sentita debole, non lasciandola neanche un minuto in balia dei suoi pensieri e tormenti. Spesso capitava quando ripensava al padre o ne si parlava in generale oppure, quando veniva nominata Silver in quei periodi in cui le due sorelle non si sentivano neanche per due minuti a causa degli impegni. 
Per Alena, Jimmy era un’ancora di salvezza, il miglior amico di sempre, qualcosa di cui non avrebbe mai avuto abbastanza. Una di quelle persone che con solo uno sguardo riuscivano a capire cosa diceva l’altro o tanto meno cosa pensasse. Qual’alchimia che sarebbe stato impossibile distruggere. Nel Kansas quell’ancora e stabilità era Silver. Due caratteri tremendamente opposti: Da un lato la mora forte, in qualsiasi situazione, testarda molto, ma dolce e dannatamente sentimentale. Dall’altro lato, Alena lunatica non c’è che dire, perfetta in ogni cosa, impulsiva molte volte ma con un cuore tenero. In fin dei conti però, si prendevano perfettamente l’una cura dell’altra. Mentre qui in California aveva trovato Jimmy, lunatico quanto lei, ma buono, come nessuno mai.

Davanti loro spuntò il cartello a forma d’eclisse che indicava l’arrivo nella piccola Huntington Beach e ormai non c’era più via d’uscita. Silver avrebbe stretto i denti e sopportato qualsiasi cosa per i prossimi dieci giorni prima di riabbracciare casa sua, decisamente migliore rispetto a tutto ciò che l’avrebbe aspettata.
« Benvenuta ad Huntington Beach, Silver! » esclamò euforico il batterista rallentando visibilmente ed abbassando del tutto il suo finestrino poggiandovi un gomito ed alzando lo sguardo sullo specchietto retrovisore. 
« Con noi non ti annoierai neanche un minuto, fidati! » le strizzò l’occhiolino non appena vide lo sguardo furtivo della mora passare sul suo e le sorrise poi, mostrando la lunga fila di denti bianchi.
Sapeva in cuor suo che tutto ciò sarebbe stato difficile per l’ostilità mostrata dalla ragazza ma per Alena avrebbe fatto di tutto, anche farle il lavaggio del cervello per farla ricredere su di loro e sulla loro amata Huntington Beach.
Probabilmente da una parte lo faceva anche per una questione di orgoglio suo e della band che con tanta fatica aveva messo su con i suoi migliori amici in quel lontano 1999. Quando erano dei ragazzini cresciuti con un sogno comune nel cassetto: quello di diventare dei musicisti di successo per suonare sui migliori palchi di tutto il mondo. Erano dei quindicenni che stavano buttati dalla mattina alla sera nel garage di Sullivan a sorseggiare bevande fin troppo dolciastre e a suonare e ad inventare nuovi brani. Doveva dirlo, facevano pena. Ma non si fermarono davanti a niente continuando a fare ciò che più li rendeva felici e, andando avanti negli anni quando invece di bere succhi di frutta stringevano bottiglie di birra, l’aria ricoperta di nicotina ed un sogno che continuava a bruciargli come non mai nel petto, tutto iniziava a prendere forma e ad avere un senso. Guardare dove erano adesso e pensare agli anni prima non faceva altro che renderlo orgoglioso e fiero di tutte le fatiche, di tutti i compromessi fatti anche per suonare ad una fottuta festa in spiaggia, di tutto lo spazio che avevano ritagliato per la band e del sangue, del cuore, del sudore e passione che avevano e stavano dando tutt’ora. Vedere come tutto il loro cammino veniva denigrato da una ragazzina di soli ventitre anni gli lasciava un senso di amaro in bocca, specialmente perché questa ‘mocciosetta’ era una persona molto vicina alla loro migliore amica. Ma non quell’amaro di come quando resti ferito o tanto meno stai male per qualcosa da sentire un magone alla gola, no. Era quell’amaro di come qualcuno senza sapere e senza provare tanto meno a capire, riuscisse a smontare tutto facendoti cadere quasi nel ridicolo. Non riusciva a concepire come Silver potesse definirli ‘band da quattro soldi’ nonostante il loro successo, nonostante Alena le ripeteva continuamente quanto fossero buoni e principalmente umani. Non si capacitava di quanto odio quella piccola moretta riusciva a tirar fuori ma l’avrebbe sconfitta. Non si sarebbe fatto schiacciare da un’altra McKenzie, o no! L’atteggiamento di Silver era identico a quello che aveva avuto Alena la prima volta, con la sola differenza che per Alena tutto poi era cambiato mentre in Silver da quel lontano 2001 quando Alena si trasferì in California definitivamente, regnava l’ostilità. Pur avendo passato del tempo con loro prima di rintanarsi nella sua tanto amata New York non era riuscita a cambiare atteggiamento anche se, fortunatamente almeno per ora non si era sbizzarrita con le varie frecciatine che fino a quattro anni fa si divertita a lanciare: Secondo lei Matt era l’eterno sbarra stupido sbarra innamorato che, si sarebbe sempre rintanato tra le braccia della sua amata. Jimmy era il clown della situazione e a parer suo sarebbe stato molto più capace a sbattere la testa invece di quelle stupide bacchette su quei ridicoli ‘tamburelli’ assieme a quel gasato di Brian, che si credeva un casanova pur non essendolo. O almeno anni prima quando l’unica cosa alternativa e mascolina che quel chitarrista da strapazzo potesse avere, erano le maglie delle diverse rock band. Zacky era un cretino che giocava a fare il grande insieme a quel povero Johnny che tra l’altro per lei, era l’unico che si salvava, fermo restando che era sempre uno sfigato come i suoi amici e, non perché negli anni fossero cambiati esteticamente ricoprendosi di piercing, tatuaggi e sembrando più maschi, non lo restavano. Ma quelli erano pensieri di una piccola adolescente, adesso davanti aveva una piccola donna. Secondo James lei sbagliava nei modi perché pensava che tutto potesse essere eterno, anche il suo odio che ne era più che convinto ormai, essendo cresciuta –come anche loro d’altronde- e non avendoli visti per un po’, sarebbe svanito nel nulla. Avrebbero iniziato un nuovo percorso dove si sarebbero riscoperti per ciò che erano adesso. Tante volte la gente da le cose per scontato, ed era esattamente questo quello che pensava di lei. Se si fosse concentrata a dargli più abbracci quasi come se potessero essere gli ultimi, ad esprimere i suoi sentimenti come se non ne avrebbe più avuti, se si fosse fermata solo un momento per cercare di capirli, a quest’ora sarebbe stato tutto diverso.
Doveva decisamente provare l’ultima carta e se questa volta nulla sarebbe cambiato evidentemente per lei, il detto ‘l’apparenza inganna’ faceva eccezione. Di certo, l’ultima cosa che voleva era quella 
che la visita non risultasse pesante per nessuno né tanto meno per la band che già di principio si era totalmente rifiutata di accompagnare la bionda a prenderla in aeroporto.

 

Entrò in casa Seward passando dalla porta secondaria trovando i ragazzi intenti a guardare l’ultima partita di campionato di football. Alena di solito era con loro anche in questi piccoli momenti intimi tra uomini ma, quella sera aveva deciso di restare a casa per preparare il tutto all’arrivo della sorella. Sfilò accanto ai ragazzi sedendosi sul bracciolo del divano salutandoli e, distrattamente le fecero segno chi con la mano chi con il capo per cambiarle il saluto. Il tavolino di legno scuro era pieno di birre e schifezze da ingurgitare durante il Super Bowl e pensò che, momento migliore di quello non ci sarebbe stato.
Allungò una mano verso dei doritos, sgranocchiandoli con una certa lentezza. « Mmh, domani arriva Silver! » commentò come se fosse la cosa più tranquilla di questo mondo. I cinque si limitarono ad annuire tenendo gli occhi puntati sul televisore al plasma. « Ovviamente non posso andare a Los Angeles sola, dal momento che la mia auto è dal meccanico per quel guasto che mi ha fatto l’altro giorno Zacky, colpendo uno scalino in pieno. » continuava ad addentare le patatine arancioni guardando furtivamente i suoi amici. « Quindi… » portò un dito tra le labbra succhiando via l’alone lasciato dai doritos e li guardò di sottecchi notando come in sincrono –iniziando a capire l’antifona- stavano corrugando la fronte e piano guardarla ad intermittenze tornando poi alla partita. « Mi chiedevo… » continuò con fare innocente.
Scattò la pubblicità e schizzò in piedi congiungendo con fare supplichevole le mani « Se qualcuno di voi era disposto ad accompagnarmi » sputò le parole velocemente, quasi  non avevano capito cosa dicesse e si gettò ai loro piedi portando le mani strette tra di loro, sotto il mento pregandoli « Vi prego, vi prego, vi prego! »
« . . . C’è la pubblicità, scappo in bagno! » fu la risposta di Zee liquidandola velocemente e saltando via dal divano.
« Merda son finite le birre, vado a prenderne altre in frigo » Seguitò il padrone di casa quando sul tavolo tutto mancava tranne che le birre.
« Christ è piccolo, gli serviranno delle braccia muscolose! » sentenziò il vocalist.
Restarono seduti Brian e Jimmy intenti a fumarsi una sigaretta persi in chissà quale mondo. Alena li guardò speranzosa, sbattendo le ciglia e sperando di non ricevere l’ennesima porta in piena faccia.
« Non guardarmi con quegli occhioni blu! Non attacca, stronza. » rise divertito Brian che sedeva comodamente davanti a lei.
« Brian, ti prego! Almeno te! »
« No, non ho voglia di svegliarmi né tanto meno ho voglia di farmi mezz’ora d’auto per aspettare poi un’altra ora in aeroporto. » scosse la testa riportando la Marlboro rossa alle labbra inspirando della nicotina.
« Ma… » mugolò lei cercando qualche parola persuasiva. Jimmy neanche li seguiva intento a fare zapping tra i canali aspettando che la pubblicità terminasse.
« Però, ora che ci penso..» la guardò sorridendo ed alzando un sopraciglio. Quell’espressione non le dava niente di buono ne era certa e tra l’altro, doveva aspettarselo da un tipo come Brian: faceva qualcosa solo se tu in cambio, gli davi qualcos’altro.
« Però? » lo incalzò lei per farlo andare avanti.
Staccò la schiena dal divano, piegandosi in avanti e poggiando un gomito sul proprio ginocchio allungando l’altra mano all’altezza del mento della bionda proprio davanti a lui. Lo strinse dolcemente tra il pollice e l’indice alzandole poco il viso in sua direzione, lasciando che della spessa nicotina le accarezzasse il viso bruciandole le narici.
« Però se finita la partita mi regali una notte tra spiriti bollenti dove regna l’eccitazione e la passione, ci sto! » si disegnò un sorriso beffardo sul suo volto ghignando soddisfatto. Alena alzò un sopraciglio ed arricciò le labbra, tirandosi in piedi e  spingendolo nuovamente contro il divano, sotto le risate del chitarrista, decidendo in seguito di provare l’ultima carta rimasta: Jimmy.
« Hey io te l’ho proposto fai te! » continuò a ridere portando una mano dietro il collo fumando tranquillamente e guardando la ragazza spazientita che si era accovacciata sulle gambe del batterista che, divertito dalla situazione, allungò un pugno sulla spalla dell’amico scuotendo la testa.
« Sei il solito coglione, Gates!»
« Jimmy! » lo chiamò atterrita avendoci ormai rinunciato.
« Non dire altro Lena. Ti porto io, ma solo perché mostreremo a questi cazzoni come cambierà idea Silver! » la guardò sorridendo e le strizzò l’occhiolino!              

 

Casa McKenzie si trovava in una zona davvero carina, con un vicinato non molto ampio e a pochi passi dalla spiaggia. La struttura posta su un piano ma abbastanza grande e, dotata di grandi anzi, immense finestre era situata in un piccolo quartiere circolare con altre case della medesima forma. Molto intimo e sorprendentemente piaceva a Silver che percepì immediatamente la diversità con NY: non c’erano i tremila palazzi che le sfilavano davanti né tanto meno c’era quel rumore assordante di auto che ti sfrecciava accanto e i continui vociferi di gente dove c’era chi chiamava un taxi, chi parlava tra di loro o chi semplicemente parlava al cellulare. 
Il silenzio e la calma regnava sovrana e l’unico rumore, quasi impercettibile, era lo schiantarsi delle onde sulle rocce dietro le case. Quella composizione di abitazioni come sfondo palesemente Californiano ed anche fin troppo scontato, aveva la spiaggia non molto affollata e poco più distante un porto abbandonato con tanto di muraglia fatta di scogli. Senz’altro sarebbe stato bello immortalare qualcosa, la vista era a dir poco graziosa. Alena le fece strada aprendo la porta di casa e poggiando la sua valigia all’entrata, chiudendo poi la porta alle spalle. 
« E’… nuova! » osservò Silver guardandosi intorno posando lo sguardo sull’enorme salotto che le si presentava davanti.
« Si quel piccolo appartamento in centro non mi piaceva, troppo baccano! » ridacchiò la bionda grattandosi distrattamente una guancia rosea. « Poi qui c’è tantissima intimità! » continuò allungando il braccio ed indicando la propria casa. Probabilmente era vero: Qui il silenzio regnava sovrano ed inoltre tutto era più calmo e decisamente ‘privato. Nessuno che continuamente passava con l’auto fuori casa tua, alcun ronzio di voci di prima mattina né tanto meno altri tipi di rumori che si possono trovare al centro di Huntington Beach. Silver alzò le iridi marroni su ciò che le si presentava e decisamente qui, era in paradiso. Il salone molto grande e dotato di moquette bianca con divano in pelle nera affiancato da due poltrone del medesimo colore. Di fronte a questo c’era un tavolino stile giapponese che si poggiava a terra, dal marrone chiaro e davanti questo una tv a schermo piatto. La cosa che più le risaltava agli occhi e che le piaceva da morire quell’enorme finestra che riempiva totalmente la parete al lato della soggiorno: partiva dal pavimento fin su quasi al soffitto regalando una vista meravigliosa sugl mare circondato da scogli e poco più distante il porto.
« Ovviamente fai come se fossi a casa tua. » sorrise la bionda alzando poi lo sguardo sul display del cellulare che le vibrava stretto nel palmo della mano fina. Lo alzò davanti il viso e schiacciò il tasto verde per rispondere, alzando un dito alla sorella facendole segno di aspettare un minuto.

« Matt! » esclamò lei contenta di sentire il ragazzo. Silver si passò la punta della lingua inumidendosi le labbra e fece finta di nulla guardandosi intorno, sposando poi il proprio corpo verso il salotto, lasciando che i tacchi neri andassero ad affondare nella moquette perfettamente bianca e candita della stanza, affacciandosi poi alla finestra.
« La macchina è pronta. Ti passo a prendere e andiamo da Walter a ritirarla, va bene? »  chiese il vocalista dall’altro capo del telefono.

« Certamente. Ti aspetto qui fuori! » terminò la chiamata e riportò il cellulare in tasca andando verso la sorella presa dalla panoramica. « Ti piace? » soffiò con voce calda e quasi in un sussurra per paura di disturbarla. La mora d’altro canto, estasiata si limitò ad annuire per poi voltarsi verso di lei alzando gli angoli delle labbra formando un piccolo sorriso.
« Vorrei farmi un bagno, posso? »

 

L’acqua calda riempiva totalmente la vasca quasi fino al bordo e la montagnola di schiuma le andava a coprire il petto solleticandoglielo. La schiena era leggermente poggiata contro il marmo bianco e si divertiva a tenere la gamba alzata, guardando come le goccioline d’acqua scorrevano su di essa e la schiuma scivolare. I lunghi capelli mori erano legati in una cipolla sul suo capo e a darle compagnia c’era solo la sua voce che di tanto in tanto dava segno di vita canticchiando qualche canzone che le passava in testa al momento. Sentii la porta di casa aprirsi e dei passi muoversi in casa: finalmente Alena era tornata e la fame la stava divorando, decisamente un po’ di pizza con tanto di coca cola davanti ad un film divertente sarebbe stata la cosa perfetta per iniziare la serata!
« Sono di sopra! Entra pure è aperto! » urlò la mora poco distante dall’entrata. D’altronde la voce riusciva ad arrivare in quasi tutta la casa essendo, anche se grande, tutta su in piano. Il bagno era la stanza subito dopo il grande salotto e, l’entrata avendo una grande vista su quasi tutta la casa non si trovava poi cosi lontano dal bagno.
Sentii i passi farsi più vicini e la manopola della porta aprirsi. Istintivamente la mora fece nascere un bel sorriso sul volto e si voltò verso la porta bianca alzando nuovamente la gamba in aria, schiudendo la bocca.
« Lena sta sera pizza e coc- … aaah, esci da qui! »

Nel momento preciso in cui la mora si era voltata per parlare con la sorella, capì che la sua intuizione era sbagliata: alla sua vista si era presentato uno Zacky Vengeance munito di donuts caldi e lo sguardo perso che poi, si trasformò in uno sguardo divertito. Il moro scoppiò a ridere e si voltò con il viso cercando di trattenere le risate mentre Silver si dimenava nella vasca cercando in tutti i modi di uscire nel più rapido modo possibile e di non lasciar vedere nemmeno un centimetro di pelle scoperta al ragazzo.

« Mi spieghi perché prendi ed entri nel bagno? » urlò lei alle sue spalle cercando di raggiungere un asciugamano posato sul lavandino. 
« Pensavo fosse Alena! » rispose semplicemente sentendo l’acqua della vasca cadere sul pavimento.

« Se Lena fosse stata qui saresti entrato, schifoso? » stizzì la ragazza di rimando, cercando di darsi una calmata mentre lanciava occhiatacce al ragazzo fermo alla porta. 
« Ovvio, che problema c’è? » rispose lui sbuffando nuovamente una risata rumorosa indietreggiando un po’.
« Ma tu guarda! » borbottò lei cercando qualcosa di più vicino per coprirsi e nel momento in cui alzò lo sguardo sul ragazzo lo vide indietreggiare « E non ti girare! » stizzì nuovamente scuotendo la testa e puntando la mano verso di lui a palmo alzato sul ragazzo, come a fermarlo nonostante lui non la potesse guardare.
« Senti, stai facendo un macello. Prendo l’asciugamano e mi copro gli occhi porgendolo che ne dici? » domandò cercando di trattenere le risate sentendo la ragazza a disagio.
Lei sospirò e si lasciò sprofondare nella vergogna fermandosi nella vasca mordendosi le labbra. 
« Va bene.. » borbottò. Non era di certo quello il miglior modo per cominciare ad instaurare un rapporto accettabile per quelli che dovevano essere i dieci giorni di vacanza, anche se magari il rapporto fosse stato falso.

Chi avrebbe mai detto che il primo incontro sarebbe avvenuto nel bagno ed in quel modo cosi, comico? Di certo a Zacky, essendo un uomo la vista della mora non gli era per niente dispiaciuto ma, d’altra parte era Silver, quella piccola e fastidiosa serpe che non faceva altro che parlare male di loro e della loro musica. Avrebbe voluto in quel momento zittirla di colpo –magari infilandole un calzino in bocca- e buttarle l’asciugamano addosso facendola smettere di piagnucolare per niente. In fin dei conti per quanta schiuma c’era la ragazza era coperta, non avrebbe visto nulla anche se avesse voluto e avesse avuto il tempo. Sospirò scuotendo la testa ed indietreggiò verso l’asciugamano prendendolo e portando poi la mano libera su i propri occhi coprendoseli e voltando il busto verso la vasca. Silver velocemente l’aggrappò e se lo strinse a se mormorando un flebile ‘grazie’ che, anche se per una stupidaggine non avrebbe mai detto né tanto meno avrebbe voluto dargli la soddisfazione.
« Non c’è di che, Silver! » Stese un sorriso sghembo –e decisamente soddisfatto- alla ragazza voltandosi purtroppo senza farci caso, posandole lo sguardo sul corpo coperto solo da un misero asciugamano: Beh, dopo tutto era pur sempre un uomo no? Come potevi provare indifferenza davanti a ciò? Rise appena ma la ragazza gli servi un piccolo schiaffo sulla nuca, aggottando le sopracciglia infastidita.
« Smettila! » scosse la testa e mosse i passi verso l’uscita.
« Ho portato i donuts. Il tuo è quello verde, verde come la tua cattiveria! » sorrise sghembo seguendola fuori il bagno notando la mora mostrargli da davanti il dito medio.
« Sarà sicuramente velenoso, come te! »
« Benvenuta in California, stronza. »
« Benvenuta all’inferno, vorrai dire Baker, fottiti. »

Insomma, sarebbero stati davvero cosi tremendi i dieci giorni in cui Silver faceva sosta in California? O ci sarebbe stato per amore di Lena una piccola pausa? Di certo, la mora e Zacky si erano dato un ottimo benvenuto.

 

 

*



NA: Aaaah, scusate il ritardo pazzesco ma c’è stato un casino con la neve e son stata cinque giorni senza corrente e con lo sbalzo mi si è fuso il pc e l’ho riavuto solo ieri! Spero comunque che il capitolo vi piaccia e che lo apprezziate (:
Volevo ringraziare tutti i lettori, chi ha messo la Fan Fiction tra le preferite, ricordate e quelle da seguire, ma più di tutto le magnifiche persone che hanno commentato! Grazie mille!

   
 
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