– Chapter Two.
La
soleggiata Los Angeles non era troppo lontana dalla piccola
città di Huntington Beach, anche se quella mezz’ora di
viaggio per Silver pareva quasi un’eternità. Sperava con
tutte le forze che durante il tragitto il sonno avrebbe preso
sopravento su di lei, ma si dovette ricredere. Jimmy al volante non
faceva altro che urlare a destra e manca in compagnia di Alena che
ovviamente, non era da meno. Era evidente quanto entrambi fossero
entusiasti per il suo arrivo e stranamente il batterista sembrava
davvero sincero: dal momento preciso in cui Silver aveva messo piede in
auto il batterista aveva iniziato a rifilarle domande no stop su
qualsiasi cosa. Chiedeva sul suo lavoro, ciò che le piaceva fare
e la cosa preoccupante in realtà, era che sembrava veramente
interessato oltre al fatto che Alena era lì a dargli corda
parlando come una macchinetta della sorella minore raccontando tra
l’altro, con una risata dopo l’altra, piccoli aneddoti
della loro infanzia e della loro adolescenza, senza risparmiare nulla,
nemmeno i momenti imbarazzati rendendo totalmente ridicola la povera
anima in pena ormai spazientita. Non riusciva a capire se tutto
quell’interessamento da parte di Jimmy provenisse dal fatto che
palesemente faceva finta di niente pur sapendo che non era proprio lo
stereotipo di migliore amico che Silver preferiva o semplicemente,
perché era fatto cosi.
Poggiava il gomito distrattamente sul bordo del finestrino intenta a
sorreggersi la fronte e passando intensamente le dita magre sulle
meningi con fare stanco.
Da quando erano saliti in macchina, i due non avevano smesso di ridere
e pizzicarsi giocando come due bambini dell’asilo, ripetendo
continuamente che si sarebbe divertita e che una volta messo piede
nella loro città non l’avrebbe più lasciata. Quella
scena le parse quasi come un film: I genitori contenti del cambio di
città e la povera figlia che sedeva sui sedili anteriori,
visibilmente frustata e intenta a non cedere a un attacco
d’isteria.
Era tutto assurdo. Non credeva si rivelasse cosi difficile né
tanto meno credeva che Jimmy potesse parlare cosi tanto senza
scaricarsi mai.
“Ma come diavolo si spegne, questo?” pensò atterrita Silver.
Le palme verdi sfilavano via velocemente, e già si poteva percepire l’aria viziata Californiana.
Sebbene il SUV nero fosse provvisto di condizionatore, il caldo
fastidioso pizzicava sulla pelle pallida della mora, rendendole quasi
difficile anche solo respirare.
Non era per niente abituata a quel clima, né tanto meno era
abituata a quell’afa durante il periodo Natalizio. Era felice con
le sue basse temperature con tanto di neve che rendeva anche solo
difficile uscire da casa se non si voleva rischiare di trovarsi
ricoperti da capo a piedi. Amava quando il vento fresco ti accarezzava
il viso e tante volte pungeva fino a farti arrossare la punta del naso
e le gote. Lasciò che nell’auto si disperse un sospiro,
quasi malinconico al solo pensiero della bella New York e chiuse le
palpebre lasciandole cadere stanche sugli occhi nocciola.
Si sentiva notevolmente fuori posto.
Preferiva i palazzi che ti coprivano quasi la vista verso il cielo.
Preferiva quel trambusto di clacson, auto, operai intenti ad aggiustare
l’ennesima tubatura rotta sull’ennesima strada enorme ed
affollata, con tutto il traffico che New York a qualsiasi ora del
giorno regalava. Le miriadi di luci che costellavano ogni centimetro
quadro della città e quell’usanza nel giorno di Capodanno
quando a dieci secondi prima dello scoccare di mezza notte scendeva la
grande palla illuminata su tutta Times Square.
E lei amava in modo spropositato quelle larghe ed enormi strade
newyorkesi, dove camminavi per la maggior parte del tempo spalla a
spalla con qualche sconosciuto per quanta gente ci fosse. Ormai era
abituata al caos e alla vita frenetica dove lei si sentiva bene, al suo
posto. Quello che ormai da quattro anni era divenuto il suo stile di
vita e lo amava in ogni sua sfaccettatura.
Tra quei mille pensieri ormai si era persa e l’unica cosa che
riusciva a vedere nella sua mente era il suo magnifico e accogliente
appartamento che si affacciava dal terzo piano di un enorme palazzo,
sul viale del borough newyorkese.
Non le piaceva sentirsi persa né tanto meno amava quella
sensazione di vuoto che le si era impigliata allo stomaco nel momento
esatto che era salita su quel maledetto aereo. Che il motivo fosse
principalmente la presenza ingombrante e sicuramente, costante di quei
ragazzi che giocavano a fare le star? O che ormai dipendeva dal luogo
in cui si era trasferita da ormai tanto tempo?
In fin dei conti pur essendo una piccola cittadella turistica,
affacciando lo sguardo fuori il finestrino, quel posto non era male. Le
piaceva la brezza fresca della sera che ti accarezzava la pelle e le
piaceva passeggiare lungo il mare quando ormai il sole colorava tutto
ciò che incontrava di un arancione sbiadito che si andava a
incastrare perfettamente a un colore più roseo. Il rumore delle
onde che si infrangevano sugli scogli che quasi ti cullavano
lasciandoti in balia dei pensieri.
Per l’appunto, odiando le temperature esagerate che quel posto
regalava, sarebbe uscita solo quando avrebbe rinfrescato pur sapendo
dentro di se che la sorella non gliel’avrebbe mai e poi mai
permesso.
Alena
aveva appena inforcato un CD dal colore violaceo all’interno
dello stereo, già gasatissima ancor prima che questo iniziasse a
girare per poi lasciare che la melodia riempisse il SUV. Le tracce
erano miste ma per ogni canzone, qualunque questa fosse stata, Alena
non si sarebbe risparmiata. Teneva il finestrino di qualche centimetro
abbassato, con l’intento di far entrare dell’aria
‘fresca’ con il fatto dell’alta velocità in
cui Jimmy stava prontamente guidando quell’automobile fin troppo
lunga e pesante. Aveva legato i lunghi capelli biondi in una coda alta
liberandosi il viso per lasciarlo totalmente scoperto ed agitava le
mani avanti a se sbrizzarrendosi con diverse mosse di ballo, portate a
tempo di musica. Jimmy la guardava divertito, sorridendo alla sua
spontaneità ed allegria.
Alena era un tipo che o la amavi o la odiavi non c’erano vie di
mezzo per il semplice fatto che se l’avresti amata sarebbe stata
capace di darti tutta se stessa e se avesse potuto, sicuramente si
sarebbe anche staccata un braccio, o ti avrebbe donato un polmone, un
rene, qualsiasi cosa pur di fare tutto per aiutarti. Nel momento in cui
invece preferivi scegliere la seconda ipotesi l’apocalisse
sarebbe stata eminente: una sfida all’ultimo sangue dove quasi
per certo lei ti avrebbe sterminato ed annientato e questo Jimmy, lo
poteva ben dire. Il ‘Reverendo’ l’aveva provato sulla
sua pelle e non era stato per niente divertente. Non appena venne
presentata da Jason alla band, Jimmy la snobbò nell’arco
di due secondi ritenuta troppo piccola ed incapace di poter organizzare
ed allestire nel giro di pochi giorni un intero stage da palcoscenico
per una band emergente. « Jason ma sei diventato scemo? »esclamò scoppiando a ridere proprio davanti la bionda. « Per favore, torna a giocare con le barbie! » disse infine, voltandosi per poi andare via.
Se avesse avuto una qualche tipo di macchina del tempo per tornare
indietro a quell’istante, sicuramente Jimmy l’avrebbe
fatto. Ricordava perfettamente il modo quasi animalesco in cui Alena
gli si fiondò alle spalle aggrappandosi a lui, scalciando come
una piccola scimmia impazzita ripetendogli continuamente che
gliel’avrebbe fatto vedere e che a lavoro finito sarebbe tornato
strusciando da lei per chiederle ‘scusa’. Gli altri membri
della band non facevano altro che ridersela e dopo che Jimmy si dovette
ricredere per poi chiederle ‘scusa’ con un po’
d’amaro in bocca, non lo lasciarono respirare per una settimana
intera, prendendolo in giro a più non posso.
«
Senti mocciosa, non perché ti sto chiedendo ‘scusa’
significa che faccio finta di niente per come mi ti sei fiondata alle
spalle.» stizzì Jimmy guardandola di sottecchi mentre
sorseggiava una birra, poggiato contro il muro del backstage.
«
James, questa scena vale più di mille parole, fidati. »
rispose Alena disinteressata all’argomento mentre sfogliata una
rivista. Era proprio questa sua aria da sapientona che lo faceva
imbestialire. Come poteva permettersi di fare l’arrogante
nonostante lui stesse mettendo da parte l’orgoglio chiedendole
scusa e riconoscendo il suo ottimo lavoro? Inoltre erano agli inizi
della loro fama e non concepiva come una ‘contadinotta’ del
Kansas potesse comportarsi con tutta questa arroganza e
superficialità davanti ad una band di un certo livello che le
aveva appena dato in mano un futuro e, di certo, se gli altri gli avessero
proposto di tenerla nello staff lui sarebbe stato un ‘no’
secco, sputato con cattiveria e quasi disprezzo. Non era simpatizzante
per le persone arroganti anche se fondamentalmente lui era un tipo che
lasciava correre ma, in quella biondina tutto pepe, c’era
qualcosa che gli faceva scattare la molla.
« Ma me lo fai apposta? » alzò un sopraciglio, facendo uscire la voce quasi come un ruggito.
« E mi diverto da morire!
» finalmente posò lo sguardo sul suo, mostrando uno dei
sorrisi più beffarti e snervanti che potesse regalargli. Era
assicurato, quella ragazza gli avrebbe rovinato la vita, o almeno cosi
pensava.
Andarono
avanti a stuzzicarsi ma fortunatamente la previsione di Jimmy non fu
per niente giusta, anzi: Impararono ad amarsi proprio come un fratello
ed una sorella. Capendo l’uno il carattere dell’altro e ben
presto quell’astio iniziale sparì, lasciando nascere
un’amicizia stupenda e facendo ricredere entrambi. Con il passare
del tempo, Jimmy come anche gli altri della band, capirono che tipo
fosse l’Alena che si era fiondata sul batterista senza ritegno e
che qualche minuto prima all’apparenza risultava timida e pacata.
Sotto quel dolce visino e sotto quelle lunga ciglia, si nascondeva un
carattere molto forte ed agguerrito. Sicura di se e sempre pronta a
fare due passi in avanti rispetto agli altri. Amava mettersi in gioco e
le divertivano tutti i tipo di sfide. Tante volte, aveva quella mania
di primadonna in certi casi quasi da risultare antipatica ma loro
l’amavano proprio perché era cosi dannatamente perfetta.
Perfetta in quel modo cosi sinuoso di camminare, perfetta anche nel
modo di parlare, muovere le labbra lentamente, quasi come se si
accarezzassero l’una con l’altra. Precisa nel vestire e nel
modo in cui appariva. Decisamente troppo perfetta e attenta ad ogni
cosa. Quella mania del controllo in tutto ciò che organizzava e
quella precisione inaudita in cui lo faceva, le veniva cosi naturale ma
nel momento in cui qualcosa le sfuggiva o si rivelava qualcosa di cui
non avrebbe neanche avuto idea entrava nel pallone, scoppiava, e tante
volte preferiva la strada più semplice: La fuga. Anche quando le
veniva toccato un tasto dolente si trasformava nella ragazza più
debole e trasportabile di questo mondo. Riusciva a sembrare totalmente
un’altra persona e questo non lo sopportava. Jimmy si era
predisposto ad aiutarla ogni qual volta si fosse sentita debole, non
lasciandola neanche un minuto in balia dei suoi pensieri e tormenti.
Spesso capitava quando ripensava al padre o ne si parlava in generale
oppure, quando veniva nominata Silver in quei periodi in cui le due
sorelle non si sentivano neanche per due minuti a causa degli impegni.
Per Alena, Jimmy era un’ancora di salvezza, il miglior amico di
sempre, qualcosa di cui non avrebbe mai avuto abbastanza. Una di quelle
persone che con solo uno sguardo riuscivano a capire cosa diceva
l’altro o tanto meno cosa pensasse. Qual’alchimia che
sarebbe stato impossibile distruggere. Nel Kansas quell’ancora e
stabilità era Silver. Due caratteri tremendamente opposti: Da un
lato la mora forte, in qualsiasi situazione, testarda molto, ma dolce e
dannatamente sentimentale. Dall’altro lato, Alena lunatica non
c’è che dire, perfetta in ogni cosa, impulsiva molte volte
ma con un cuore tenero. In fin dei conti però, si prendevano
perfettamente l’una cura dell’altra. Mentre qui in
California aveva trovato Jimmy, lunatico quanto lei, ma buono, come
nessuno mai.
Davanti loro spuntò il cartello a forma d’eclisse che
indicava l’arrivo nella piccola Huntington Beach e ormai non
c’era più via d’uscita. Silver avrebbe stretto i
denti e sopportato qualsiasi cosa per i prossimi dieci giorni prima di
riabbracciare casa sua, decisamente migliore rispetto a tutto
ciò che l’avrebbe aspettata.
«
Benvenuta ad Huntington Beach, Silver! » esclamò euforico
il batterista rallentando visibilmente ed abbassando del tutto il suo
finestrino poggiandovi un gomito ed alzando lo sguardo sullo
specchietto retrovisore.
« Con noi non ti annoierai neanche un minuto, fidati! » le
strizzò l’occhiolino non appena vide lo sguardo furtivo
della mora passare sul suo e le sorrise poi, mostrando la lunga fila di
denti bianchi.
Sapeva in cuor suo che tutto ciò sarebbe stato difficile per
l’ostilità mostrata dalla ragazza ma per Alena avrebbe
fatto di tutto, anche farle il lavaggio del cervello per farla
ricredere su di loro e sulla loro amata Huntington Beach.
Probabilmente da una parte lo faceva anche per una questione di
orgoglio suo e della band che con tanta fatica aveva messo su con i
suoi migliori amici in quel lontano 1999. Quando erano dei ragazzini
cresciuti con un sogno comune nel cassetto: quello di diventare dei
musicisti di successo per suonare sui migliori palchi di tutto il
mondo. Erano dei quindicenni che stavano buttati dalla mattina alla
sera nel garage di Sullivan a sorseggiare bevande fin troppo dolciastre
e a suonare e ad inventare nuovi brani. Doveva dirlo, facevano pena. Ma
non si fermarono davanti a niente continuando a fare ciò che
più li rendeva felici e, andando avanti negli anni quando invece
di bere succhi di frutta stringevano bottiglie di birra, l’aria
ricoperta di nicotina ed un sogno che continuava a bruciargli come non
mai nel petto, tutto iniziava a prendere forma e ad avere un senso.
Guardare dove erano adesso e pensare agli anni prima non faceva altro
che renderlo orgoglioso e fiero di tutte le fatiche, di tutti i
compromessi fatti anche per suonare ad una fottuta festa in spiaggia,
di tutto lo spazio che avevano ritagliato per la band e del sangue, del
cuore, del sudore e passione che avevano e stavano dando
tutt’ora. Vedere come tutto il loro cammino veniva denigrato da
una ragazzina di soli ventitre anni gli lasciava un senso di amaro in
bocca, specialmente perché questa ‘mocciosetta’ era
una persona molto vicina alla loro migliore amica. Ma non
quell’amaro di come quando resti ferito o tanto meno stai male
per qualcosa da sentire un magone alla gola, no. Era quell’amaro
di come qualcuno senza sapere e senza provare tanto meno a capire,
riuscisse a smontare tutto facendoti cadere quasi nel ridicolo. Non
riusciva a concepire come Silver potesse definirli ‘band da
quattro soldi’ nonostante il loro successo, nonostante Alena le
ripeteva continuamente quanto fossero buoni e principalmente umani. Non
si capacitava di quanto odio quella piccola moretta riusciva a tirar
fuori ma l’avrebbe sconfitta. Non si sarebbe fatto schiacciare da
un’altra McKenzie, o no! L’atteggiamento di Silver era
identico a quello che aveva avuto Alena la prima volta, con la sola
differenza che per Alena tutto poi era cambiato mentre in Silver da
quel lontano 2001 quando Alena si trasferì in California
definitivamente, regnava l’ostilità. Pur avendo passato
del tempo con loro prima di rintanarsi nella sua tanto amata New York
non era riuscita a cambiare atteggiamento anche se, fortunatamente
almeno per ora non si era sbizzarrita con le varie frecciatine che fino
a quattro anni fa si divertita a lanciare: Secondo lei Matt era
l’eterno sbarra stupido sbarra innamorato che, si sarebbe sempre
rintanato tra le braccia della sua amata. Jimmy era il clown della
situazione e a parer suo sarebbe stato molto più capace a
sbattere la testa invece di quelle stupide bacchette su quei ridicoli
‘tamburelli’ assieme a quel gasato di Brian, che si credeva
un casanova pur non essendolo. O almeno anni prima quando l’unica
cosa alternativa e mascolina che quel chitarrista da strapazzo potesse
avere, erano le maglie delle diverse rock band. Zacky era un cretino
che giocava a fare il grande insieme a quel povero Johnny che tra
l’altro per lei, era l’unico che si salvava, fermo restando
che era sempre uno sfigato come i suoi amici e, non perché negli
anni fossero cambiati esteticamente ricoprendosi di piercing, tatuaggi
e sembrando più maschi, non lo restavano. Ma quelli erano
pensieri di una piccola adolescente, adesso davanti aveva una piccola donna. Secondo
James lei sbagliava nei modi perché pensava che tutto potesse
essere eterno, anche il suo odio che ne era più che convinto
ormai, essendo cresciuta –come anche loro d’altronde- e non
avendoli visti per un po’, sarebbe svanito nel nulla. Avrebbero
iniziato un nuovo percorso dove si sarebbero riscoperti per ciò
che erano adesso. Tante volte la gente da le cose per scontato, ed era
esattamente questo quello che pensava di lei. Se si fosse concentrata a
dargli più abbracci quasi come se potessero essere gli ultimi,
ad esprimere i suoi sentimenti come se non ne avrebbe più avuti,
se si fosse fermata solo un momento per cercare di capirli, a
quest’ora sarebbe stato tutto diverso.
Doveva decisamente provare l’ultima carta e se questa volta nulla
sarebbe cambiato evidentemente per lei, il detto
‘l’apparenza inganna’ faceva eccezione. Di certo,
l’ultima cosa che voleva era quella che
la visita non risultasse pesante per nessuno né tanto meno per
la band che già di principio si era totalmente rifiutata di
accompagnare la bionda a prenderla in aeroporto.
Entrò
in casa Seward passando dalla porta secondaria trovando i ragazzi
intenti a guardare l’ultima partita di campionato di football.
Alena di solito era con loro anche in questi piccoli momenti intimi tra
uomini ma, quella sera aveva deciso di restare a casa per preparare il
tutto all’arrivo della sorella. Sfilò accanto ai ragazzi
sedendosi sul bracciolo del divano salutandoli e, distrattamente le
fecero segno chi con la mano chi con il capo per cambiarle il saluto.
Il tavolino di legno scuro era pieno di birre e schifezze da
ingurgitare durante il Super Bowl e pensò che, momento migliore
di quello non ci sarebbe stato.
Allungò una mano verso dei doritos,
sgranocchiandoli con una certa lentezza. « Mmh, domani arriva
Silver! » commentò come se fosse la cosa più
tranquilla di questo mondo. I cinque si limitarono ad annuire tenendo
gli occhi puntati sul televisore al plasma. « Ovviamente non
posso andare a Los Angeles sola, dal momento che la mia auto è
dal meccanico per quel guasto che mi ha fatto l’altro giorno
Zacky, colpendo uno scalino in pieno. » continuava ad addentare
le patatine arancioni guardando furtivamente i suoi amici. «
Quindi… » portò un dito tra le labbra succhiando
via l’alone lasciato dai doritos e li guardò di sottecchi
notando come in sincrono –iniziando a capire l’antifona-
stavano corrugando la fronte e piano guardarla ad intermittenze
tornando poi alla partita. « Mi chiedevo… »
continuò con fare innocente.
Scattò la pubblicità e
schizzò in piedi congiungendo con fare supplichevole le mani
« Se qualcuno di voi era disposto ad accompagnarmi »
sputò le parole velocemente, quasi non
avevano capito cosa dicesse e si gettò ai loro piedi portando le
mani strette tra di loro, sotto il mento pregandoli « Vi prego,
vi prego, vi prego! »
« . . . C’è la
pubblicità, scappo in bagno! » fu la risposta di Zee
liquidandola velocemente e saltando via dal divano.
« Merda son finite le birre,
vado a prenderne altre in frigo » Seguitò il padrone di
casa quando sul tavolo tutto mancava tranne che le birre.
« Christ è piccolo, gli serviranno delle braccia muscolose! » sentenziò il vocalist.
Restarono seduti Brian e Jimmy
intenti a fumarsi una sigaretta persi in chissà quale mondo.
Alena li guardò speranzosa, sbattendo le ciglia e sperando di
non ricevere l’ennesima porta in piena faccia.
« Non guardarmi con quegli
occhioni blu! Non attacca, stronza. » rise divertito Brian che
sedeva comodamente davanti a lei.
« Brian, ti prego! Almeno te! »
« No, non ho voglia di
svegliarmi né tanto meno ho voglia di farmi mezz’ora
d’auto per aspettare poi un’altra ora in aeroporto. »
scosse la testa riportando
« Ma… »
mugolò lei cercando qualche parola persuasiva. Jimmy neanche li
seguiva intento a fare zapping tra i canali aspettando che la
pubblicità terminasse.
« Però, ora che ci
penso..» la guardò sorridendo ed alzando un sopraciglio.
Quell’espressione non le dava niente di buono ne era certa e tra
l’altro, doveva aspettarselo da un tipo come Brian: faceva
qualcosa solo se tu in cambio, gli davi qualcos’altro.
« Però? » lo incalzò lei per farlo andare avanti.
Staccò la schiena dal divano,
piegandosi in avanti e poggiando un gomito sul proprio ginocchio
allungando l’altra mano all’altezza del mento della bionda
proprio davanti a lui. Lo strinse dolcemente tra il pollice e
l’indice alzandole poco il viso in sua direzione, lasciando che
della spessa nicotina le accarezzasse il viso bruciandole le narici.
« Però se finita la
partita mi regali una notte tra spiriti bollenti dove regna
l’eccitazione e la passione, ci sto! » si disegnò un
sorriso beffardo sul suo volto ghignando soddisfatto. Alena alzò
un sopraciglio ed arricciò le labbra, tirandosi in piedi e spingendolo
nuovamente contro il divano, sotto le risate del chitarrista, decidendo
in seguito di provare l’ultima carta rimasta: Jimmy.
« Hey io te l’ho proposto
fai te! » continuò a ridere portando una mano dietro il
collo fumando tranquillamente e guardando la ragazza spazientita che si
era accovacciata sulle gambe del batterista che, divertito dalla
situazione, allungò un pugno sulla spalla dell’amico
scuotendo la testa.
« Sei il solito coglione, Gates!»
« Jimmy! » lo chiamò atterrita avendoci ormai rinunciato.
« Non dire altro Lena. Ti porto
io, ma solo perché mostreremo a questi cazzoni come
cambierà idea Silver! » la guardò sorridendo e le
strizzò l’occhiolino!
Casa
McKenzie si trovava in una zona davvero carina, con un vicinato non
molto ampio e a pochi passi dalla spiaggia. La struttura posta su un
piano ma abbastanza grande e, dotata di grandi anzi, immense finestre
era situata in un piccolo quartiere circolare con altre case della
medesima forma. Molto intimo e sorprendentemente piaceva a Silver che
percepì immediatamente la diversità con NY: non
c’erano i tremila palazzi che le sfilavano davanti né
tanto meno c’era quel rumore assordante di auto che ti sfrecciava
accanto e i continui vociferi di gente dove c’era chi chiamava un
taxi, chi parlava tra di loro o chi semplicemente parlava al cellulare.
Il silenzio e la calma regnava sovrana e l’unico rumore, quasi
impercettibile, era lo schiantarsi delle onde sulle rocce dietro le
case. Quella composizione di abitazioni come sfondo palesemente
Californiano ed anche fin troppo scontato, aveva la spiaggia non molto
affollata e poco più distante un porto abbandonato con tanto di
muraglia fatta di scogli. Senz’altro sarebbe stato bello
immortalare qualcosa, la vista era a dir poco graziosa. Alena le fece
strada aprendo la porta di casa e poggiando la sua valigia
all’entrata, chiudendo poi la porta alle spalle.
« E’… nuova! » osservò Silver
guardandosi intorno posando lo sguardo sull’enorme salotto che le
si presentava davanti.
« Si quel piccolo appartamento in centro non mi piaceva, troppo
baccano! » ridacchiò la bionda grattandosi distrattamente
una guancia rosea. « Poi qui c’è tantissima
intimità! » continuò allungando il braccio ed
indicando la propria casa. Probabilmente era vero: Qui il silenzio
regnava sovrano ed inoltre tutto era più calmo e decisamente
‘privato. Nessuno che continuamente passava con l’auto
fuori casa tua, alcun ronzio di voci di prima mattina né tanto
meno altri tipi di rumori che si possono trovare al centro di
Huntington Beach. Silver alzò le iridi marroni su ciò che
le si presentava e decisamente qui, era in paradiso. Il salone molto
grande e dotato di moquette bianca con divano in pelle nera affiancato
da due poltrone del medesimo colore. Di fronte a questo c’era un
tavolino stile giapponese che si poggiava a terra, dal marrone chiaro e
davanti questo una tv a schermo piatto. La cosa che più le
risaltava agli occhi e che le piaceva da morire quell’enorme
finestra che riempiva totalmente la parete al lato della soggiorno:
partiva dal pavimento fin su quasi al soffitto regalando una vista
meravigliosa sugl mare circondato da scogli e poco più distante
il porto.
« Ovviamente fai come se fossi a casa tua. » sorrise la
bionda alzando poi lo sguardo sul display del cellulare che le vibrava
stretto nel palmo della mano fina. Lo alzò davanti il viso e
schiacciò il tasto verde per rispondere, alzando un dito alla
sorella facendole segno di aspettare un minuto.
«
Matt! » esclamò lei contenta di sentire il ragazzo. Silver
si passò la punta della lingua inumidendosi le labbra e fece
finta di nulla guardandosi intorno, sposando poi il proprio corpo verso
il salotto, lasciando che i tacchi neri andassero ad affondare nella
moquette perfettamente bianca e candita della stanza, affacciandosi poi
alla finestra.
« La macchina è pronta. Ti passo a prendere e andiamo da Walter a ritirarla, va bene? » chiese il vocalista dall’altro capo del telefono.
«
Certamente. Ti aspetto qui fuori! » terminò la chiamata e
riportò il cellulare in tasca andando verso la sorella presa
dalla panoramica. « Ti piace? » soffiò con voce
calda e quasi in un sussurra per paura di disturbarla. La mora
d’altro canto, estasiata si limitò ad annuire per poi
voltarsi verso di lei alzando gli angoli delle labbra formando un
piccolo sorriso.
« Vorrei farmi un bagno, posso? »
L’acqua
calda riempiva totalmente la vasca quasi fino al bordo e la montagnola
di schiuma le andava a coprire il petto solleticandoglielo. La schiena
era leggermente poggiata contro il marmo bianco e si divertiva a tenere
la gamba alzata, guardando come le goccioline d’acqua scorrevano
su di essa e la schiuma scivolare. I lunghi capelli mori erano legati
in una cipolla sul suo capo e a darle compagnia c’era solo la sua
voce che di tanto in tanto dava segno di vita canticchiando qualche
canzone che le passava in testa al momento. Sentii la porta di casa
aprirsi e dei passi muoversi in casa: finalmente Alena era tornata e la
fame la stava divorando, decisamente un po’ di pizza con tanto di
coca cola davanti ad un film divertente sarebbe stata la cosa perfetta
per iniziare la serata!
« Sono di sopra! Entra pure è aperto! » urlò
la mora poco distante dall’entrata. D’altronde la voce
riusciva ad arrivare in quasi tutta la casa essendo, anche se grande,
tutta su in piano. Il bagno era la stanza subito dopo il grande salotto
e, l’entrata avendo una grande vista su quasi tutta la casa non
si trovava poi cosi lontano dal bagno.
Sentii i passi farsi più vicini e la manopola della porta
aprirsi. Istintivamente la mora fece nascere un bel sorriso sul volto e
si voltò verso la porta bianca alzando nuovamente la gamba in
aria, schiudendo la bocca.
« Lena sta sera pizza e coc- … aaah, esci da qui! »
Nel
momento preciso in cui la mora si era voltata per parlare con la
sorella, capì che la sua intuizione era sbagliata: alla sua
vista si era presentato uno Zacky Vengeance munito di donuts caldi e lo
sguardo perso che poi, si trasformò in uno sguardo divertito. Il
moro scoppiò a ridere e si voltò con il viso cercando di
trattenere le risate mentre Silver si dimenava nella vasca cercando in
tutti i modi di uscire nel più rapido modo possibile e di non
lasciar vedere nemmeno un centimetro di pelle scoperta al ragazzo.
«
Mi spieghi perché prendi ed entri nel bagno? » urlò
lei alle sue spalle cercando di raggiungere un asciugamano posato sul
lavandino.
« Pensavo fosse Alena! » rispose semplicemente sentendo l’acqua della vasca cadere sul pavimento.
«
Se Lena fosse stata qui saresti entrato, schifoso? »
stizzì la ragazza di rimando, cercando di darsi una calmata
mentre lanciava occhiatacce al ragazzo fermo alla porta.
« Ovvio, che problema c’è? » rispose lui
sbuffando nuovamente una risata rumorosa indietreggiando un po’.
« Ma tu guarda! » borbottò lei cercando qualcosa di
più vicino per coprirsi e nel momento in cui alzò lo
sguardo sul ragazzo lo vide indietreggiare « E non ti girare!
» stizzì nuovamente scuotendo la testa e puntando la mano
verso di lui a palmo alzato sul ragazzo, come a fermarlo nonostante lui
non la potesse guardare.
« Senti, stai facendo un macello. Prendo l’asciugamano e mi
copro gli occhi porgendolo che ne dici? » domandò cercando
di trattenere le risate sentendo la ragazza a disagio.
Lei sospirò e si lasciò sprofondare nella vergogna fermandosi nella vasca mordendosi le labbra.
« Va bene.. » borbottò. Non era di certo quello il
miglior modo per cominciare ad instaurare un rapporto accettabile per
quelli che dovevano essere i dieci giorni di vacanza, anche se magari
il rapporto fosse stato falso.
Chi avrebbe mai detto che il primo incontro sarebbe avvenuto nel bagno ed in quel modo cosi, comico? Di
certo a Zacky, essendo un uomo la vista della mora non gli era per
niente dispiaciuto ma, d’altra parte era Silver, quella piccola e
fastidiosa serpe che non faceva altro che parlare male di loro e della
loro musica. Avrebbe voluto in quel momento zittirla di colpo
–magari infilandole un calzino in bocca- e buttarle
l’asciugamano addosso facendola smettere di piagnucolare per
niente. In fin dei conti per quanta schiuma c’era la ragazza era
coperta, non avrebbe visto nulla anche se avesse voluto e avesse avuto
il tempo. Sospirò scuotendo la testa ed indietreggiò
verso l’asciugamano prendendolo e portando poi la mano libera su
i propri occhi coprendoseli e voltando il busto verso la vasca. Silver
velocemente l’aggrappò e se lo strinse a se mormorando un
flebile ‘grazie’ che, anche se per una stupidaggine non
avrebbe mai detto né tanto meno avrebbe voluto dargli la
soddisfazione.
«
Non c’è di che, Silver! » Stese un sorriso sghembo
–e decisamente soddisfatto- alla ragazza voltandosi purtroppo
senza farci caso, posandole lo sguardo sul corpo coperto solo da un
misero asciugamano: Beh, dopo tutto era pur sempre un uomo no? Come
potevi provare indifferenza davanti a ciò? Rise appena ma la
ragazza gli servi un piccolo schiaffo sulla nuca, aggottando le
sopracciglia infastidita.
« Smettila! » scosse la testa e mosse i passi verso l’uscita.
« Ho portato i donuts. Il tuo è quello verde, verde come
la tua cattiveria! » sorrise sghembo seguendola fuori il bagno
notando la mora mostrargli da davanti il dito medio.
« Sarà sicuramente velenoso, come te! »
« Benvenuta in California, stronza. »
« Benvenuta all’inferno, vorrai dire Baker, fottiti. »
Insomma,
sarebbero stati davvero cosi tremendi i dieci giorni in cui Silver
faceva sosta in California? O ci sarebbe stato per amore di Lena una
piccola pausa? Di certo, la mora e Zacky si erano dato un ottimo
benvenuto.
*
NA: Aaaah,
scusate il ritardo pazzesco ma c’è stato un casino con la
neve e son stata cinque giorni senza corrente e con lo sbalzo mi si
è fuso il pc e l’ho riavuto solo ieri! Spero comunque che
il capitolo vi piaccia e che lo apprezziate (:
Volevo ringraziare tutti i lettori, chi ha messo