Un cane nero
Passarono
i giorni, le settimane, i mesi, e finalmente arrivò l’autunno. Ormai le
foglie cominciavano a cadere dagli alberi e l’aria fredda della notte si
insinuava fin dentro alle ossa, ma ciò nonostante continuavo a trascorrere le
mie serate seduta sui gradini davanti a casa, lasciandomi cullare dal tranquillo
frusciare del vento tra le foglie del bosco. In passato, ogni volta che mi era
capitato di dover affrontare qualche difficoltà, mi fermavo a osservare il
cielo stellato e nella contemplazione della sua immensità riuscivo ritrovare la
serenità perduta. In quel periodo però neanche così riusciva a ottenere un
po’ di pace. Le mie serate scorrevano sempre uguali, ora dopo ora, notte dopo
notte, ma l’angoscia che avevo nel cuore non mi abbandonava. Mille dubbi si
affollavano nella mia mente, mille domande a cui non riuscivo a dare risposta
continuavano insistenti a tormentarmi, impedendomi di andare avanti con la mia
vita, costringendomi a rivivere all’infinito eventi appartenenti ormai a un
lontano passato, alla ricerca di una spiegazione che sapevo non sarei mai
riuscita a trovare.
A
volte mi illudevo di poter dimenticare, di fingere che non fosse accaduto
niente, ma era un inganno di breve durata: mi bastava guardare un telegiornale
perché immancabilmente l’annuncio di un nuovo avvistamento del pericoloso
evaso mi riportasse bruscamente alla realtà. E così ritornavo ai miei dubbi,
alle mie domande, e alle mie serate a guadare il cielo.
Fu
in una di quelle serate, apparentemente uguale a tutte le altre, che accadde
qualcosa di strano. All’inizio non ci feci caso, persa com’era nei miei
pensieri, ma poi mi accorsi che il mio cane si era alzato rizzando le orecchie e
stava osservando attentamente alcuni movimenti nel sottobosco. Guardai anch’io
in quella direzione, ma l’oscurità della notte rendeva molto difficile
distinguere qualcosa tra le ombre confuse degli
alberi. Non si sentiva un solo rumore a parte il frusciare dei rami al vento.
Rimasi
in attesa per qualche minuto che mi sembrò eterno. Razionalmente cominciavo a
pensare che si trattasse semplicemente di qualche animaletto selvatico, eppure
dentro di me sentivo che stava per accadere qualcosa di incredibile. E infatti,
all’improvviso vidi delinearsi sul limitare del bosco, come emersa dal nulla,
l’ombra di un enorme cane nero, mentre lontani ricordi ritornavano vividi
nella mia mente.
“Ancora!”
esclamai sorridendo. “Ma mi spieghi come fai tutte le volte a far apparire
queste rose dal nulla?”
“Te
l’ho detto. Sono un mago!”
“Sì,
ci credo!” risposi scettica. “Quindi immagino che tu sia anche in grado di
fare incantesimi, volare, diventare invisibile…”
“No,
queste cose non possono farle neanche i maghi, a meno che non utilizzino qualche
oggetto magico, tipo una bacchetta, o una scopa volante. Ma proprio perché sei
tu, ti svelerò un segreto” e si avvicinò sussurrando con aria cospiratoria.
“Io riesco fare una cosa che non tutti i maghi sono in grado fare: mi so
trasformare in un animale”
“Ma
davvero? Allora fammelo vedere”
“Adesso
non posso, non è una cosa che si possa mostrare così al primo che passa! Ma se
farai la brava forse un giorno ti darò una dimostrazione.”
“Ah,
così adesso sarei la prima che passa? E io che pensavo di essere la tua
ragazza!” lo rimproverai scherzosamente. “ Ma va bè, dimmi piuttosto, così
per curiosità, in che animale sapresti trasformarti?”
“In
un grosso cane nero.”
Un
grosso cane nero…
“E’
assurdo. Devo essere impazzita per aver solo pensato una cosa del genere.”
Questo era ciò che diceva il mio lato razionale. Eppure una parte di me ci
credeva, voleva crederci a tutti i costi, per quanto potesse sembrare illogico.
Mi alzai quasi senza rendermene conto e rimasi ferma a fissare quell’animale,
in attesa che accadesse qualcosa che non osavo neanche immaginare. Il cane
ricambiò il mio sguardo, e senza staccare i suoi occhi dai miei si avvicinò
lentamente fino ad arrivarmi davanti. Un turbamento profondo, un sentimento che
non riuscirei a definire, mi invase l’animo e mi spinse a parlare, a
pronunciare di nuovo, dopo anni, il suo nome. “Sirius.” Fu solo un sussurro,
ma nel silenzio della notte ebbe l’effetto dirompente di un’esplosione.
E
poi accadde. Davanti ai miei occhi quel grosso cane si trasformò magicamente in
un uomo: un uomo dal volto scavato, stanco, sconvolto, ma in cui riuscivo ancora
a riconoscere gli occhi di colui che avevo amato. Era lui. Era vivo. Ed era
tornato da me.
Ero
paralizzata. Mille pensieri vorticavano frenetici nella mia mente impedendomi
una qualsiasi reazione. All’improvviso il mio cane si mise ad abbaiare nervoso
contro lo sconosciuto apparso dal nulla, riportandomi bruscamente alla realtà.
Sirius davanti a me era in condizioni pietose, sporco, stanco, affamato, e io
non potevo continuare a rimanere ferma immobile a fissarlo. C’erano tante cose
da fare, tante cose da dire. Ma le parole proprio non volevano saperne di
uscire. Parlare avrebbe significato mettere a fuoco un’idea, un pensiero, e in
quel momento non ero assolutamente in grado di farlo. Riuscii soltanto a
prendergli la mano e accompagnarlo in casa, in silenzio. Gli diedi quello di cui
aveva bisogno e un letto per riposare. Tutto senza dire una parola. L’unica
cosa che mi interessava era sentire la sua presenza accanto a me, rendermi conto
che davvero era tornato, tutto il resto non aveva importanza, nemmeno le domande
che mi avevano assillato nei mesi precedenti. Lui era vivo, era con me, solo
questo importava. Le spiegazioni potevano essere rimandate a un altro momento.
E
il momento arrivò il giorno seguente, quando si sedette accanto a me e cominciò
a raccontarmi tutto quello che quando ci frequentavamo aveva voluto tenermi
nascosto. Fu un racconto lungo, una storia inverosimile che parlava di un mondo
sconosciuto, in cui esistono la magia, i maghi e creature fantastiche. Mi parlò
di maghi malvagi, incantesimi oscuri, guerre, tradimenti. Sembrava una favola,
una di quelle favole un po’ spaventose che fanno paura ai bambini. Eppure gli
credetti, per quanto assurde mi sembrassero le sue parole non dubitai nemmeno
per un attimo che si trattasse della verità. Finalmente, anche se in modo
assolutamente inaspettato, il suo racconto dava una risposta a tutte le domande
che mi ero fatta negli ultimi mesi.
Ma
tutto ciò passò in secondo piano davanti a quello che mi disse dopo:
mi giurò che, nonostante mi avesse tenuta nascosta una parte importante
della sua vita, non aveva mai mentito riguardo ai suoi sentimenti: mi amava, mi
amava allora e mi amava adesso che era tornato. E io, che mi ero illusa di
averlo ormai dimenticato, sentii all’improvviso rinascere dentro di me tutto
l’amore che avevo sepolto nell’angolo più profondo del mio cuore.
Fu
così che Sirius, dopo più di dieci anni, tornò a far parte della mia vita.
Ovviamente
la situazione non era semplice. Sirius rimaneva un ricercato e doveva
continuamente fuggire senza mai fermarsi troppo a lungo in uno stesso posto. E
poi doveva anche trovare l’amico che lo aveva tradito, l’unico che avrebbe
potuto dimostrare la sua innocenza. Ma nonostante tutto, tra una fuga e
l’altra riusciva sempre a passare da qui, da questa mia casetta isolata dal
mondo. Si fermava solo pochi giorni, ma erano ugualmente giorni felici. Quando
eravamo insieme mi sembrava i tornare ai tempi dell’università, al periodo in
cui ero piena di speranze per il nostro futuro, e di nuovo tornavo a illudermi
che quella felicità potesse durare per sempre.
Durò
invece poco più di un anno, fino a quando la situazione nel suo mondo non
cominciò a peggiorare; mi disse che il mago cattivo e i suoi seguaci si stavano
riorganizzando, e i suoi amici volevano che lui restasse nascosto in un luogo
che loro ritenevano sicuro, così i nostri incontri diventarono sempre più
rari. E’ assurdo pensare che mentre era in fuga intorno al mondo poteva
capitarmi di svegliarmi una mattina e trovarlo in cucina che preparava il caffè,
mentre adesso che lo sapevo con certezza a Londra, a poco più di un’ora di
viaggio, non avevo praticamente nessuna possibilità di vederlo. Ogni tanto mi
arrivava una lettera, ma non riusciva a rasserenarmi, sentivo chiaramente
sprigionarsi dalle sue parole il senso di insofferenza che lo opprimeva,
l’angoscia provocata da quella situazione che lo faceva sentire come quando si
trovava in prigione. Ma anche le lettere, comunque, erano poche per paura delle
intercettazioni.
L’unico
modo per non rimanere completamente isolata e riuscire ad avere qualche minima
informazione su quanto stava accadendo, era leggere il poco che diceva il loro
giornale, la “Gazzetta del Profeta”. Su mia richiesta, Sirius riuscì a fare
in modo che un gufo me lo consegnasse ogni mattina, ma mi disse di non fidarmi
troppo di quello che scrivevano, perché le autorità nascondevano molte
informazioni per evitare che si diffondesse il panico tra la popolazione.
Questo
fino a ieri.
Ieri
il giornale titolava a caratteri cubitali sul ritorno di
Colui-che-non-deve-essere-nominato. Pubblicava le scuse del ministero per le
informazioni nascoste e gli errori di valutazione commessi finora. E soprattutto
dava notizia della tua innocenza e della tua morte.
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Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo, immagino che ormai nessuno se lo aspettasse! Chiedo scusa perdono pietà per l'enorme ritardo, ma dopo la forzata pausa estiva ci ho messo un po' a rimettermi a scrivere. Comunque come potete intuire siamo agli sgoccioli, prometto che il prossimo e ultimo capitolo arriverà fra breve. Grazie a chi a letto e commentato finora! Ciao