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Autore: itsjones_    19/02/2012    1 recensioni
..stavo bene così, per conto mio, poiché avevo imparato a fidarmi solo di me stessa.
Questo almeno finchè non conobbi Jacob Twist.
L’ho già detto che fu l’estate più calda da ben oltre dieci anni?
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7.
Dejavuù.


 





William mi accompagnò a piedi, non vi era bisogno di prendere l’auto il posto dove eravamo diretti era più vicino di quanto credessi, anche se l’avevo visto solo una volta, a sette anni, era stato proprio Jake a mostrarmelo –spero di non doverci tornare- disse ridendo. Era quello che speravo anch’io, adesso più che allora.
«eccoci» fece afono il mio accompagnatore, indicandomi in cancello d’entrata «fai con calma»
A quel punto alzai lo sguardo, la cancellata era lunga e tetra, di un colore che somigliava al- no non era di nessun colore, è impossibile provare a descriverla, forse color sabbia,sarebbe appropriato. O più semplicemente color morte.
«non tira una bella aria» sospirai aspramente
Lui mi precedette ed entrò «ti ricordo che siamo in un cimitero..» disse quasi ridendo «se tirasse una buona aria, non sarebbe tale»
Entrai anch’io. L’enorme distesa di lapidi sorgeva intrepida sulla lunga e verde collina. Non c’era altro che quello, lapidi,mausolei e ancora lapidi. Rabbrividii.
Cominciai a girare quelle tombe cercando. Più precisamente sperando di non vedere il suo nome impresso su una di queste.
«precisamente chi stai cercando?» mi chiese lui a qualche metro di distanza da me «ti do una mano»
Mi voltai a guardarlo, nel dire quel nome mi sentii strana. Come dare una soffiata ad una vecchia scatola impolverata e far volare via tutti i granelli di polvere. Mi sentii esattamente così,piena di rimorsi e ricordi. «Jake-» tossii facendo finta di non aver detto niente «Jacob. Jacob Twist»
William annuii e comincio a girare un po’ più lontano da me.
«è triste!» esclamai nel silenzio più assoluto.
Lui si voltò. «cosa è triste?»
«nemmeno un fiore, nessuno è venuto qua..» sussurrai «nessuno è venuto a trovarli»
«dimentichi dove siamo, Stella»
Sbuffai,allora «si a volte mi succede..»
continuai a camminare, guardando tutti i nomi, uno ad uno. Di Blue Lake non conoscevo nessuno, quei pochi erano amici dei miei, sebbene anche loro ne avessero pochi qui, ma non ricordavo ne i loro visi ne tantomeno i nomi.
Ma fu lo stesso un enorme shock vedere quel nome.
«oddio» sussurrai spalancando i miei grandi occhi color nocciola «..non posso crederci, io-»
«l’hai trovato?» urlò con una virgola di dispiacere il biondo
Mi piegai sulla lapide color panna, mettendomi in ginocchio, la scrutai. «oddio» seppi ripetere soltanto mentre una lacrima, una sola, che non fu preceduta da altre, mi cadde leggera sul volto, percorrendo il mio intero viso ed andando a cascare dolcemente sul terreno già inumidito dalla temperatura e dalla pioggia.
Con entrambe le mani tolsi le erbacce che erano cresciute intorno ad essa e ne lessi il nome una seconda volta. E poi una terza.
«allora,è lui?» mi chiese William piegandosi vicino a me
«no» dissi soltanto asciugandomi il viso «ma la conoscevo»
«Oliva Dicker» analizzò «mi dispiace»
Io annuii soltanto continuando a fissare quell’oggetto inanimato:
‘’Olivia Dicker. 4 marzo 1979 – 18 Agosto 1997.’’ Non c’era scritto altro, nessuno l’aveva commemorata,niente. La cosa mi fece pena. Tutte quelle lapidi mi facevano terribilmente pena.
Allora mi alzai,continuando a cercare e cercando di non pensare, poiché ogni mio pensiero temeva il peggio e vedeva già il suo nome stampato a lettere cubitali su quei grandi pezzi di marmo, ed io non volevo fosse così.
«Stella» disse William attirando la mia attenzione «non c’è»
«come?»
«lui non è qui» sospirò con un mezzo sorriso sulle labbra
Ne ero felice. Ma se non era a Blue Lake, dove si trovava adesso?
«senti,io devo andare adesso,devo tornare in centrale per dei resoconti,ma tornerò domani,magari ci prendiamo un caffè insieme» fece il biondo avvicinandosi a me con cautela
Io mi voltai ed annuii. «mi farebbe molto piacere» sorrisi «allora ciao»
William si voltò e si avviò verso l’uscita,lasciandomi sola, completamente sola in quel posto tanto macabro.
Sbuffai, era tempo per me di tornare a villa Orange, avrei fatto una bella dormita e l’indomani dopo aver salutato definitivamente William me ne sarei tornata a casa. In spagna. Da Tòmas.
Esattamente in quel momento il cellulare squillò, era il mio ragazzo.
«tesoro,ehy» sussurrai rispondendo
«Stella! Aspettavo una tua chiamata io!» rise lui «come stai? Com’è andato il viaggio?»
Rimasi qualche secondo in silenzio prima di rispondere «tutto bene, anche il viaggio è andato bene..»
«ehy..ti sento un po’ strana. Dove sei adesso?»
Mi trattenni dal far notare la mia preoccupazione «sono in giardino di casa mia, villa Orange, te ne ho parlato tanto no?»
Se quello fosse stato davvero il giardino di casa mia penso che avrei traslocato immediatamente, tuttavia non potevo dirgli dove mi trovavo, tutto questo avrebbe necessitato di una spiegazione, e non era il caso. Avevo anche poca batteria al cellulare, a dirla tutta.
«adesso devo proprio andare Tòm. Io,io ti richiamo stasera» tagliai corto a quel punto
«certo, a più tardi, un bacio»
«un bacio..»
Riattaccai il cellulare e mi diressi all’uscita del cimitero. Non potevo sapere, non potevo prevedere però che l’avrei vista.
Una triste e vuota lapide senza nome, e quando dico vuota è proprio quello che intendo, non vi era nessun nome ne data incisi sopra, e fu allora, allora soltanto che m’immaginai:
‘'Jacob Twist. 19 dicembre 1979 - 18 Agosto 1997’’.
Il mio cuore si fermò nello stesso momento in cui lo lessi o perlomeno immaginai di farlo. Chiaro e scolpito, nessuna erbaccia copriva il suo ricordo stampato sul marmo. Nemmeno una.

[...]


Oramai erano le sei passate del pomeriggio e per quanto mi dilettassi a non pensarci, il mio pensiero, sebbene non troppo sicuro, ricadeva sempre su quella tetra lapide vuota.
L’unico posto dove potevo andare, per riflettere, era il lago. Era il luogo dove ci eravamo conosciuti, e solo li sapevo che avrei connesso il cervello, così da poter pensare senza dare conclusioni affrettate.
Sbuffai quando lo vidi: la tiepida acqua cristallina che se ne era rimasta là ferma per tutti quegli anni, ed anche allora, non diede segno di vita, nonostante il vento, rimaneva ferma.
Guardando tutta quella natura, mi tornarono in mente molti dei momenti che avevo trascorso insieme a Jake; le corse con gli aquiloni, le scalate sugli alberi che prima mi sembravano quasi immensi mentre adesso riuscivo ad delimitarne una fine, le calde giornate a fare il bagno o in barca a provare a pescare..
Tutto questo, accompagnato dalla tristezza di quell’ultimo giorno.
E di quell’addio, aspro e conciso che avevo urlato nel silenzio di quel temporale. Continuai a guardarmi attorno e mentre i ricordi spuntavano come funghi nella mia testa non sapevo di essere osservata.
Mi sedetti nell’erba morbida esattamente come feci allora, ma sta volta risparmiai le lacrime, non ero sicura che fosse morto, anzi, a dirla tutta non lo credevo nemmeno vero, cercavo solo di pensare al meglio, al ritorno di William avremmo indagato.
Ma non potevo fare a meno di pensare a dove poteva trovarsi e con chi poteva essere, magari aveva una famiglia ed era felice e magari forse mi aveva anche dimenticata.
Esattamente come avevo fatto io.
Mi poggiai la borsa davanti alle ginocchia e con delicatezza l’aprii, tenevo sempre con me il mio cellulare, un beauty per ‘l’occorrenza e altre cianfrusaglie tra cui anche la mia Canon per eventuali foto extra-scolastiche. Che però sembrava essere scomparsa; non era una macchina troppo grande, pensai subito d’averla dimenticata, ma ricordai con molta precisione d’avercela infilata dentro quella mattina stessa.
«dove diamine-?» mormorai continuando a cercare, nonostante ogni mio tentativo fosse vano per via delle ristrette dimensioni della borsa.
‘’click’’
Mi voltai immediatamente. Il suono che avevo appena sentito ero quello di uno scatto, come se qualcuno avesse fatto una foto. Drizzai immediatamente le orecchie e rimasi in ascolto,immobile.
‘’click’’
Di nuovo.
«c’è qualcuno?» domandai al nulla.
Poi voltai la testa in ogni dove, non c’era nessuno, ero sola. Ma non era stata la mia immaginazione. Tuttavia continuai la mia ricerca senza badarci troppo.
«stai cercando..questa?»
Scostai lo sguardo dalla borsa e lo vidi, era un ragazzo a qualche metro di distanza da me, con in mano la mia Canon
Rimasi in silenzio ed annuii.
«non te l’ho rubata» si giustificò a bassa voce «l’ho trovata vicino al cimitero, in realtà dentro..ma..» poi la portò davanti al viso e con agilità scattò un’ennesima fotografia. Click.
Mi alzai in piedi e lo squadrai da cima a fondo, lui intanto mi sorrise. Un sorriso molto umile, ma lui in per se, era e sembrava una persona tale.
«mi hai seguita?» chiesi a quel punto, rimanendo però esattamente dove mi trovavo
«no» disse soltanto,mantenendo la stessa espressione facciale
Alzai un sopracciglio «vieni qui spesso?»
«no» disse nuovamente, scaturendo in me un po’ di nervosismo
«prima» mormorò poi «..credo»
«come?»
Scrollò le spalle «la foto è venuta bene»
Non capii di cosa parlava, saltava di palo in frasca, aveva quasi un comportamento irrazionale. Da bambino.
Spostai lo sguardo da lui alla mia macchinetta, sembrava ancora intatta, come prima.
«potrei riaverla?»
Lui annuii e me la porse avvicinandosi cautamente
Mi ricordava tanto la storia del piccolo principe, quando il giovane aviatore si perde nel deserto e conosce il principino e quest’ultimo gli chiede di disegnare per lui una capra in modo molto pignolo sui dettagli, dicendo allo stesso tempo cose sconnesse tra loro.
«credevo che dopo l’incendio qui non ci vivesse più nessuno..» sussurrai senza guardarlo in faccia
«è vero,infatti» sorrise «io sono qui solo di passaggio»
«e dove sei diretto,se posso» feci rimettendo la canon nella borsa senza dare nemmeno un’occhiata alle foto che erano state scattate in precedenza da lui
All’inizio non rispose, come per pensarci su, poi finalmente aprì bocca «non ho una metà precisa, vado in giro.. per lo più»
«figo.» abbozzai quello che sembrava un sorriso un po’ forzato.
Lo guardai dritto in faccia. Una faccia, normale, una bocca non troppo grande e un naso che non dava nell’occhio. Poi appiattii lo sguardo per vederlo nei minimi particolari.
‘macchioline minuscole, piccole, ma sobrie lentiggini che gli illuminavano il volto come fanno le stelle nel cielo.’ E due grandi occhi blu chiaro.
Spalancai la bocca.
«dio mio» sussurrai senza poterci credere «-Jake»
Sembrava non capire cosa stessi dicendo,ma continuò a fissarmi
«tu sei vivo» mi trattenni dal piangere e dal buttare le mie braccia intorno al suo collo, tenendo invece i piedi ben saldi al terreno, per evitare scenate.
«ci conosciamo?» chiese il ragazzo senza staccarmi gli occhi di dosso
Io annuii,lo feci più volte, ma continuava a non capire «guardamisono io! Stella» esclamai tutta d’un fiato «guardami,Jake!»
Sembrava inutile,ogni mio sforzo sembrava continuare ad essere inutile.
«io mi chiamo Jacob» disse,afono.
Deglutii e continuai ad annuire «Jake.. perché non mi riconosci?» indietreggiai, ero sconvolta «sono Stella, giocavamo sempre insieme da bambini, io.. noi due eravamo molto amici, ci scrivevamo..ricordi? vivevo a villa orange, in estate»
Si mise come a pensare, ma poi roteo gli occhi «mi dispiace,non ricordo»
Non mi persi d’animo ed estrassi dalla tasca più piccola della borsa la lettera,l’ultima, la sua.
Lui la lesse senza proferire parola. Non aspettavo altro che un verdetto finale. «allora? Adesso ricordi?» chiesi infine.
Jacob si grattò il capo, ancora confuso «mi dispiace» seppe soltanto ripetere «..io non mi ricordo,io non mi ricordo di te».
Impallidii. Mi sentii triste e arrabbiata, possibile che mi avesse rimossa.. rimossa fino a questo punto?
Scoppiai. Lacrime di ogni forma e grandezza uscirono a flotte dai miei occhi bagnando in pochi secondi il mio intero viso si bagnò completamente. Poi mi buttai a terra con le mani a comprimermi il volto.
C’eravamo io e lui, Jake e Stella, in riva al lago. Piangevo anche quella volta, quattordici anni prima.
Poi si chinò vicino a me posandomi una mano sulla spalla, per confortarmi.
«ehy» mormorò vicino al mio orecchio scoperto dai lunghi capelli neri «non piangere, ehy»
la rabbia non è altro che una forma di dolore.
soffocando il dolore non facciamo che alimentare la rabbia.
- e le lacrime non risolveranno niente.








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piccolo spazio personale.

ancora una volta ho unito due capitoli, voglio finire in fretta di postare tutto quello che ho scritto fino ad ora,perchè sì,perchè voglio andare avanti a scrivere,ecco °O° <3

  
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