Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: sonyx1992    20/02/2012    1 recensioni
Dal capitolo 12:"I sogni sono come i bicchieri: si rompono facilmente.
Vengono chiusi in una scatola su cui viene scritto “fragile” come ammonimento, per ricordarci di quanto sia facile perderli.
Tu prendi la scatola tra le mani, stai attenta ad ogni passo, stai attenta alla stretta sul contenitore, lo appoggi al petto, giusto sotto al mento, per poter cogliere le trappole sul cammino.
Ma stai attenta!
Anche quando mancano pochi gradini i pericoli sono lì, in agguato, nascosti dietro l'angolo, celato dentro due bambini che giocano sulle scale.
Ti incontrano, vi scontrate, cadete; e cadono i sogni.
E quella scatola con la scritta “fragile” ti dimostra la sua fragilità lasciando che i tuoi sogni si frantumino.
GAME OVER.
I tuoi sogni sono distrutti, non vedi? Sono lì, a terra, spezzati in miliardi di pezzi, ormai inutili se non per ferire e tagliare chi posa un piede sopra di loro.
Ed ora cosa fai?
Ti siedi, li osservi, pensi a come andare avanti.
È inutile piangere sul latte versato e sui sogni infranti.
Ti alzi, ti tiri su con le braccia e ricominci, raccogli la scatola, rimetti insieme i pezzi di vetro e vai avanti; cammini fino alla tua destinazione, poi ti fermi e ti siedi di nuovo, vicino ad un cumulo di neve, e con le mani rosse ed infreddolite, inizi a modellarla, a schiacciarla, a toglierla.
Cosa fai?
“Voglio costruire un pupazzo di neve”, mi rispondi.
Ed io osservo la scatola accanto a te, con dentro i tuoi sogni infranti.
Ci guardo dentro e mi accorgo che tra i cocci di vetro un bicchiere è ancora intero; si, te lo giuro, non lo vedi? È ancora lì, si è salvato!
Sorrido perché i tuoi sogni ci sono ancora, nascosti tra i pezzi di quelli infranti, ma ci sono ancora.
Quindi, ti aiuto a costruire il pupazzo di neve."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

12- E' INUTILE PIANGERE SUL LATTE VERSATO E SUI SOGNI INFRANTI

 

Mattia”

 

Sono fragili. Si rompono facilmente.

Devo fare attenzione ad ogni passo, ad ogni movimento; perfino la presa delle mie mani non dev'essere né troppo forte, né troppo tremante.

Salgo i gradini con cautela, la scatola con i bicchieri appoggiata contro al mio petto, appena sotto al mento, per cogliere con lo sguardo le trappole che si celano ad ogni passo.

Ormai manca poco: il mio appartamento è al terzo piano ma l'ascensore, come al solito, non funziona.

I soliti meccanismi che si arrugginiscono o il solito tecnico pigro che non ama il suo lavoro.

Comunque sia, ormai, sono quasi arrivato e le trappole che ho visto sono riuscito ad evitarle tutte. Mi mancano pochi gradini.

 

-----------------------

 

La camera è diventata terribilmente silenziosa e l'aria più pesante.

Spesso mi sembra che mi manchi il respiro e sono costretto a muovermi il colletto del maglione per riprendere un po' di fiato.

Federica, negli ultimi tempi, si vede raramente da queste parti; e Nicola, poi, è come se fosse scomparso nel nulla. Il che è strano se ripenso a quando Federica mi aveva raccontato della sua ostinazione e fissazione per Lea.

Sembra quasi che ora che l'ha raggiunta, ora che ha l'occasione per starle più vicino non la voglia più; come qualcosa che desideri ma una volta che l'ottieni...cosa te ne fai?

Forse, però, mi sbaglio e giudico male semplicemente qualcosa che non conosco e che non ho mai vissuto.

Anche Lea sembra non averci fatto molto caso.

Passa la maggior parte del tempo con la testa girata verso l'altro lato, verso la finestra, come se stesse aspettando che qualcosa passi lì fuori e che sistemi tutto.

Magari, aspetta che Nicola entri da lì.

Alzo anche io lo sguardo verso i vetri ma l'unica cosa che vedo è il bianco che ricopre ogni cosa e che ancora continua a cadere sulle strade.

Nessuna traccia di Nicola.

Bè, del resto, siamo al quarto piano.

 

------------------------

 

Come al solito, sono troppo sicuro di me.

Gli ultimi passi li sento come i più sicuri e i più stabili: è impossibile che ci siano trappole anche in questi ultimi gradini! Così mi rilasso, distendo i muscoli e allento la presa delle mani sulla scatola con i bicchieri.

Stupido! Neppure la scritta “fragile” mi ha avvertito del mio sbaglio.

La trappola scatta senza che me ne accorga: 2 bambini corrono giù per le scale e mi arrivano addosso.

Cadono, cado, cade la scatola.

E il grido del vetro spezzato ci paralizza tutti e 3.

I bambini guardano prima me, poi la scatola che ancora giace inerme e non si è rialzata, poi ancora me; infine abbassano lo sguardo a terra colpevoli.

Ed io, mi sento perso, sconfitto.

GAME OVER.

 

----------------------------------

 

Usciamo?”

Distolgo lo sguardo dalla finestra, posandolo su Lea.

Lei mi guarda, mi chiede di esaudire il piccolo desiderio pronunciato dalle sue labbra tremanti e già si prepara ad alzarsi, facendo leva sulle braccia.

Non vuole aspettare una mia risposta perché, qualunque essa sia, non può far scomparire il bisogno che improvvisamente sente di alzarsi e di andarsene da questa stanza.

Forse, perfino lei non riesce più a sopportare il silenzio soffocante che ha messo radici qui.

Evito di risponderle e mi alzo dallo sgabello, afferrandole un braccio ed aiutandola ad alzarsi.

Lei si sforza di mettere giù i piedi dal letto, dimenticandosi per un istante che uno di questi non riesce più vederlo; l'altro tocca il pavimento da solo e resta lì, immobile, attendendo invano che il suo compagno lo raggiunga.

Gli occhi di Lea guardano giù e soffrono al posto del piede sano, che non può mostrare il suo dolore e la sua solitudine.

Non ha più la forza di alzarsi verso di me e di continuare; il coraggio si alza e abbandona Lea sul bordo del letto, indifesa ma, soprattutto, indecisa: quel bisogno di andarsene non è forse così importante, non è forse così necessario.

Ma il coraggio di Lea non delude mai e anche se ha abbandonato lei, non ha abbandonato me.

Quasi mi stupisco di me stesso mentre le mie braccia l'afferrano, la prima che si aggancia sotto al suo ginocchio, la seconda che le passa dietro la schiena ed, insieme, la sollevano dal bordo del letto e corrono a cercare il suo coraggio.

Non può essere andato tanto lontano.

 

-----------------------------

 

 

Resto seduto sugli ultimi gradini, accanto alla scatola circondata dai vetri e cerco di ricordarmi il valore dei bicchieri che ho perso.

Mancavano pochi passi, pochi gradini.

La scritta “fragile” mi ricorda che la colpa è mia, che lei non c'entra niente, che lei mi aveva avvisato del pericolo ma io non l'ho voluta ascoltare.

Tuttavia, come dice il detto: è inutile piangere sul latte versato; anche se qui di latte non ce n'è, ma solo vetri frantumati.

Mi alzo in piedi e mi chino a raccogliere la scatola con la scritta “fragile”.

Bisogna solo trovare la forza per raccogliere i pezzi e ripartire.

 

-------------------------------------

 

Nonostante l'abbiano spalata, la neve ricopre anche il sentiero che attraversa il parchetto sotto l'ospedale. È ostinata la neve: la togli, ma se lei vuole tornare, torna lo stesso.

Fa freddo e il maglione non mi ripara abbastanza; per un attimo rimpiango di aver dato il mio giubbino a Lea ma, appena la vedo tremare anche con quello sulle spalle, torno in me e glielo sistemo meglio.

Mi guardo in giro circospetto, timoroso di incontrare lo sguardo severo di qualche infermiera; sarò sincero: non sono sicuro di avere il permesso per portare Lea a fare una passeggiata nel parco.

E quando anche la sua sedia a rotelle si incastra nella neve sul sentiero, rifiutandosi di proseguire, il mio timore aumenta e mi blocca.

Lea coglie la mia paura e spinge da sola le ruote con le mani per andare avanti e superare quella neve fastidiosa.

È ostinata, come la neve: la fermi, ma se lei vuole proseguire, prosegue lo stesso.

Camminiamo ancora un po', lei seduta sulla sua sedia con il mio giubbino sulle spalle, io dietro di lei che fingo di spingerla, perché in realtà mi sto aggrappando a lei per avere un po' di coraggio; è Lea che ci trascina entrambi su quel sentiero avvolto dalla neve, sono le sue mani rosse per il freddo che spingono quell'odiosa sedia su quell'impervia stradina, è il suo coraggio che abbiamo raggiunto che da forza ad entrambi.

All'improvviso, si ferma e le sue dita sottili restano chiuse sulle ruote della sedia.

Guarda alla sua destra, verso un cumulo di neve formato da chi l'ha spalata dalla stradina e mi chiede di fermarci qui: “Fammi scendere, Mattia.”

Titubo un istante ma, codardo nel rinnegare il suo desiderio, la prendo in braccio e cammino verso il cumulo di neve.

Mettimi giù”, ordina lei ancora una volta.

Resto immobile e la tengo tra le mie braccia, trovando la forza per ribellarmi: “Ma c'è la neve!”, protesto debolmente.

Lei mi guarda dritto negli occhi, così vicino che la mia testa cerca istintivamente di allontanarsi, e Lea mi ordina di nuovo di lasciarla giù.

Sbuffo ma mi arrendo.

La appoggio a terra, delicatamente, facendo attenzione ad ogni suo brivido e al mio giubbino che le sta lasciando scoperte le spalle.

Lei, una volta a terra, si stacca da me e si trascina con le mani verso il cumulo di neve.

La prende tra le dita ed inizia a modellarla, schiacciandola, togliendola, dandole una forma.

Resto a guardarla incredulo, inginocchiato a terra, con la neve che mi bagna i pantaloni e mi gela le ginocchia.

Cosa vuoi fare?”, le domando.

E lei non mi risponde, troppo concentrata nel suo lavoro o troppo imbarazzata per confidarmi quel suo improvviso ed inspiegabile desiderio; resta in silenzio, aspetta qualcosa, continua a lavorare, le mani che diventano così rosse che ad un certo punto è costretta a toglierle e a soffiarci sopra; si ferma e lo sguardo resta immobile sul cumulo di neve.

Aspetta, aspetta qualcosa, aspetta che le ripeta la domanda: “Cosa vuoi fare?”.

E lei si appoggia una mano sulla gamba senza piede, la appoggia perché le fa male, la appoggia perché le manca e poi mi lancia un sussurro, la sua risposta: “Voglio costruire un pupazzo di neve.”

 

------------------------------------

 

 

I sogni sono come i bicchieri: si rompono facilmente.

Vengono chiusi in una scatola su cui viene scritto “fragile” come ammonimento, per ricordarci di quanto sia facile perderli.

Tu prendi la scatola tra le mani, stai attenta ad ogni passo, stai attenta alla stretta sul contenitore, lo appoggi al petto, giusto sotto al mento, per poter cogliere le trappole sul cammino.

Ma stai attenta!

Anche quando mancano pochi gradini i pericoli sono lì, in agguato, nascosti dietro l'angolo, celato dentro due bambini che giocano sulle scale.

Ti incontrano, vi scontrate, cadete; e cadono i sogni.

E quella scatola con la scritta “fragile” ti dimostra la sua fragilità lasciando che i tuoi sogni si frantumino.

GAME OVER.

I tuoi sogni sono distrutti, non vedi? Sono lì, a terra, spezzati in miliardi di pezzi, ormai inutili se non per ferire e tagliare chi posa un piede sopra di loro.

Ed ora cosa fai?

Ti siedi, li osservi, pensi a come andare avanti.

È inutile piangere sul latte versato e sui sogni infranti.

Ti alzi, ti tiri su con le braccia e ricominci, raccogli la scatola, rimetti insieme i pezzi di vetro e vai avanti; cammini fino alla tua destinazione, poi ti fermi e ti siedi di nuovo, vicino ad un cumulo di neve, e con le mani rosse ed infreddolite, inizi a modellarla, a schiacciarla, a toglierla.

Cosa fai?

Voglio costruire un pupazzo di neve”, mi rispondi.

Ed io osservo la scatola accanto a te, con dentro i tuoi sogni infranti.

Ci guardo dentro e mi accorgo che tra i cocci di vetro un bicchiere è ancora intero; si, te lo giuro, non lo vedi? È ancora lì, si è salvato!

Sorrido perché i tuoi sogni ci sono ancora, nascosti tra i pezzi di quelli infranti, ma ci sono ancora.

Quindi, ti aiuto a costruire il pupazzo di neve.

 

----------------------------

----------------------------

Rieccomi già qui! :)
Il capitolo l'ho scritto subito perché mi è uscito spontaneo.
Ora devo vedere se ho ancora abbastanza ispirazione per continuare subito o se invece mi tocca aspettare ancora un pò.
Allora, come avrete notato, Mattia è rimasto con Lea e ha messo da parte i propri sogni per "riaggiustare" quelli di lei.
Federica, invece, non si fa vedere da molto tempo. Ma perché? Possibile che lei, la migliore amica di Lea, l'abbia abbandonata a se stessa e al suo dolore?
Lo vedrete nel prossimo capitolo, sul quale qualche idea ce l'ho già però non è ancora tutto chiaro e limpido.
A presto, lettori!
Un bacio!
=Sony=

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: sonyx1992