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Autore: ryuzaki eru    20/02/2012    4 recensioni
Questa one-shot è un momento sospeso nella vita di Elle durante il caso Kira. E' collegata anche alla long-fic “Another world”, come missing moment e L's POV, ma può essere letta tranquillamente da sola ;D
Elle, solo, nella sua suite vicino alla questura…
Accostò il cellulare all’orecchio e rispose.
«Dimmi.» fu lapidario.
«Qui le questioni si stanno prolungando. Dubito di poter ottenere quelle informazioni prima delle prossime ore.» Watari fu breve e conciso. (…) Poi però, modificando appena il tono della voce, aggiunse «Allora a più tardi... Mi spiace…»
«Sì, a più tardi. Non dispiacerti.» ribatté serio Elle. E poi riattaccò.
Di nuovo allungò la mano verso la confezione vuota che era a terra. Ma la fermò a mezz’aria. Erano finiti. I biscotti erano finiti. E non c’era altro.
Era il giorno di Natale.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, L
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Avevo buttato giù questa one-shot a Natale e poi l’avevo lasciata lì. Ora l’ho riletta ed ho pensato di pubblicarla, prima che il gelo lasci il nostro Bel Paese :D
(A chi segue la mia long-fic: non pensiate che io abbia perso tempo con questa one-shot invece di scrivere il nuovo capitolo!!! Questa era già scritta ;D Il nuovo capitolo è in lavorazione… don’t worry ^_^)
Grazie di essere qui! 

 
 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Tokyo, 25 dicembre. Elle

 
Non sapete chi sono e non lo saprete.
Non ha importanza.
Sappiate solo che la mia curiosità è nota, nonché il mio essere a volte dispettoso.
Questa volta avevo solo intenzione di sbirciare un po’ altrove, di dare un’occhiata in una stanza d’albergo e di aprire un piccolo squarcio anche per voi che siete tranquilli nel vostro mondo a godervi le vostre fantasie.
Supponete di poter vagare indisturbati nell’hotel in cui alloggia Elle.
Supponete di essere invisibili e di poterlo fare…
Sarò io a portarvi lì ed a farvi leggere anche qualche pensiero…
Non fingete di non essere interessati.
Io so che lo siete.
Non ho dubbi…

 
Il lungo corridoio dell’albergo era deserto e vi aleggiava un vago odore dolciastro di deodorante per ambienti.
Poche porte vi affacciavano, perché tutte le suites erano enormi, naturalmente.
Su ciascuna c’era un piccolo addobbo natalizio e del vischio.
La grande stanza era nell’ombra.
Ed era silenziosa.
L’immensa vetrata affacciava direttamente nel vuoto, a decine di metri di altezza, all’ultimo piano di un grattacielo illuminato e stagliato nel blu del cielo di una serata invernale.
Tutto era immobile.
Le poltrone scure intorno al basso tavolino del salottino erano intonse, con i cuscini ancora gonfi e nell’ombra.
I lussuosi mobili alle pareti erano spogli di qualunque oggetto e, anche loro, nell’ombra.
Solo un ticchettio di tasti nel tepore di quell’ambiente impersonale.
Un ticchettio ed una tenue luce fredda, biancastra, al centro della stanza.
Il monitor brillante del computer di Elle, a terra.
E lì intorno la pallida luminosità dello schermo rischiarava appena il pavimento di legno di quella suite del Teito Hotel.
E lui ora fissava i dati sul monitor.
Il lungo collo sinuoso era proteso in avanti, appollaiato su quelle spalle ampie ma rannicchiate al petto e comodamente riparate dal leggero candido cotone di una maglietta a maniche lunghe.
Leggeva rapidamente con gli occhi sgranati le innumerevoli tabelle, i diagrammi, i referti della scientifica, i rapporti della polizia che gli giungevano da tutto il mondo, ogni giorno.
Decine e decine di documenti.
Decine e decine di vite umane stroncate.
Decine e decine di vite umane stroncate da Kira.
Sollevò la mano affusolata che era placidamente poggiata su un ginocchio e lentamente la portò vicino al volto. Posò il pollice sul labbro superiore e lo spostò lievemente di lato, fissando più intensamente lo schermo, con le ciocche di capelli corvini sulla fronte e le pupille lavagna enormi e ferme…
Poi tolse il dito dal labbro ed a memoria, senza distogliere lo sguardo concentrato dal monitor, avvicinò la mano al lato della tastiera alla ricerca di qualcosa che sapeva essere lì. E la trovò.
Una confezione di biscotti.
Insinuò le dita all’interno.
Arrivò fino al fondo.
Niente.
Sfilò la mano e la osservò, mantenendola davanti al volto come fosse stata “appesa” al polso .
Briciole.
Briciole sui polpastrelli del pollice e dell’indice, e basta.
La avvicinò alle labbra e iniziò a leccare rumorosamente ed accuratamente i granelli residui dalle dita.
I biscotti erano finiti.
Girò allora il capo verso il tavolino del salottino.
Era vuoto.
Gli squillò il cellulare.
Noiosamente portò la mano nella tasca posteriore dei jeans e sfilò il telefono, tenendolo sospeso in alto, tra pollice ed indice. Osservò il display luminoso dello sportellino e poi scuotendolo appena in modo flemmatico lo aprì, facendolo smettere di squillare. Non era decisamente una cosa che tollerava molto, il sentirlo squillare.
Lo accostò all’orecchio e rispose.
«Dimmi.» fu lapidario.
«Qui le questioni si stanno prolungando. Dubito di poter ottenere quelle informazioni prima delle prossime ore.» Watari fu breve e conciso.
«Come immaginavo. Dovrò mostrarmi. Devo decidere come e quando. Per il momento non accennare nulla.» proseguì risoluto con voce calda e fluida, ma con tono glaciale.
La fiducia della polizia giapponese non poteva essere sconfinata.
Era logico e prevedibile.
Loro rischiavano in prima persona.
Lui no.
Doveva risolvere la questione al più presto.
Le indagini non dovevano avere intoppi per questo.
Kira… Come?! Come fai ad uccidere?!
«Allora a più tardi. Mi spiace…» disse Watari, modificando appena il tono della voce nel finale.
«Sì, a più tardi. Non dispiacerti.» chiuse serio Elle. E poi riattaccò.
Era il giorno di Natale.
Riportò gli occhi sul monitor, smanettò un po’ col mouse e sullo schermo apparve la scansione di uno dei messaggi lasciati dai criminali in carcere prima di morire.
“Lo sai che gli Shinigami mangiano solo mele?”
Gli occhi di Elle si fecero più scuri nel fissare quello schermo. Le sue occhiaie erano più evidenti. Quel caso lo stava logorando più di qualunque altro…
È una provocazione. Sperimenta e gioca.
No. Questi sono tentativi, test.
O vuole semplicemente farmi capire che può manipolare le azioni dei criminali prima di ucciderli?
No. Non andrebbe a suo favore farmelo intuire. E comunque non ha senso.
Sa comunque che io li vedrò e non gli interessa.
La cosa più importante è che ora so che può manipolare le sue vittime.
Ma questi sono tentativi anche per lui.
Sono test. Ma “cosa” sta testando?
I messaggi non significano nulla in sé… Non sono indizi in sé… Perlomeno non tutti…
Mi sfugge qualcosa…

Di nuovo allungò la mano verso la confezione vuota che era a terra. Ma la fermò a mezz’aria. Erano finiti. Erano sempre finiti. E non c’era altro.
Watari sarebbe tornato molte ore dopo.
Così Elle si alzò agilmente e svogliato raggiunse le scarpe abbandonate ai piedi della poltrona del salotto e le infilò, rimanendo appeso alle sue spalle e portando le mani in tasca.
E lasciò la stanza.
Lasciò la stanza per la prima volta dopo più di venti giorni che era a Tokyo, in quella suite spoglia, e dopo quasi un mese da quando Kira era comparso sulla faccia della terra.
Il bar-pasticceria davanti dall’hotel. L’albergo se ne serviva per i dolci e anche Watari a volte l’aveva sfruttato…
Le porte dell’ascensore si aprirono sull’enorme e luminosissima hall.
Un grande albero addobbato di rosso e argento era in fondo, vicino ai divani grandi, sobri e chic di quell’ambiente. E ovunque aleggiava sempre quell’odore dolciastro. Grandi tappeti occupavano tutta l’area “salotto” e la fauna umana che li calpestava chiacchierava in modo compassato e serio.
Giapponesi. Uomini d’affari con i loro drink, in attesa delle cene aziendali in locali di lusso.
Ricchi occidentali in vacanza.
Elle uscì dall’ascensore ed iniziò la sua camminata strascicata ed annoiata, diretto verso gli scorrevoli a vetri dell’ingresso e naturalmente attirò l’attenzione di tutti…
Ma chi è?
Si chiesero gli addetti della reception vedendolo passare con le mani in tasca ed i capelli neri disordinati… Ma naturalmente non parlarono, come si addice ai dipendenti di un grande albergo di lusso… Elle era arrivato di notte. Solo il receptionist notturno lo aveva visto…
Come si può andare in giro così?
Sgranò gli occhi la donna attempata ed impellicciata al bancone…
Ma… per essere qui deve essere ricco… eppure… però sistemato un po’ magari… No. È inquietante e basta! E poi che orrore quei capelli disordinati!
Pensò la ragazza seduta sulla poltrona, con le unghie perfette e laccate in modo sobrio, i capelli perfetti, il trucco perfetto ed acconcio ad una miss “acqua e sapone” che tutto però era in realtà tranne che “acqua e sapone”. La ragazza in cerca di un pesce più grosso del suo attuale fidanzato…
Elle arrivò davanti alle porte e la fotocellula fece scattare l’apertura automatica. Nello stesso momento una giovane donna entrava, tenendo per mano una bambina bionda con un cappottino rosso e degli stivaletti di camoscio.
Elle si scostò appena di lato ed i suoi occhi disinteressati incrociarono per un istante quelli della tata e della bambina incappottata che stavano entrando nel tepore composto della hall…
Che pupille dilatate e che occhiaie… mamma mia… ma che ci fa un tipo così in un albergo come questo… e la tata lo superò…
Come sono neri… come sono grandi… e come sono seri… e la bambina continuò a fissare Elle e poi, quando lo ebbe superato, girò il capo sbirciandolo alle spalle mentre lui usciva.
«Perché quel ragazzo è solo? Non è giapponese… e oggi è Natale…» chiese la bambina alla tata.
«Perché è un ragazzo strano e forse pericoloso, se lo rivedrai non ti dovrai avvicinare. Capito?» le rispose la giovane donna.
La bambina non rispose e continuò a guardarlo.
A me non è sembrato pericoloso… a me è sembrato bellissimo…
Ed Elle era già sul ciglio del marciapiede.
Attraversò la strada lasciandosi alle spalle i pensieri confusi di tutte quelle persone, certamente per lui assolutamente inutili e poco interessanti.
Impassibile e svogliato raggiunse l’entrata del bar-pasticceria, senza mostrare di percepire il freddo che attanagliava, in quel giorno di Dicembre.
Il campanello della porta suonò quando lui la spinse.
Il locale era vuoto in quel momento, si sarebbe riempito di coppiette solo più tardi.
Una ragazza alta dalla figura sottile e con un ampio cappotto scuro era di spalle alla cassa.
Elle avanzò annoiato, con le mani in tasca, puntando il bancone a vetri con i dolci.
La ragazza alta alla cassa si voltò, tenendo una torta in mano, intenzionata ad uscire dopo il suo acquisto.
Ciocche di capelli lisci e neri le uscivano disordinatamente da un morbido cappello di lana.
Ma si bloccò, non procedette verso la porta…
Elle raggiunse il banco, senza guardarsi intorno, senza avere nessuna particolare espressione sul volto bianco nell’ombra dei capelli scuri disordinati, continuando a mantenere il mento basso e gli occhi diritti davanti a sé, spenti.
La ragazza alta continuava a fissarlo, con la pelle candida e gli occhi brillanti ed affaticati.
Strana coincidenza.
Decisamente strana ed interessante coincidenza…

Pensò Elle continuando a fissare i dolci e portando il pollice sulle labbra.
L’aveva già vista.
A Roma. Dopo il caso del seral killer della campagna romana
L’archeologa con il turbante rosso in testa e gli abiti infangati… La ragazza che gli aveva offerto i butter cookies…
Ed anche lei sembrava averlo riconosciuto… E come la prima volta che si erano visti, non lo guardava neppure ora con occhi turbati, impauriti, critici o interrogativi.
È qui… Uhm…
Il “caso”…
Considerando la mia frequenza ad uscire ed incontrare persone, il mio continuo spostarmi e la decisamente inusuale possibilità di incontrare persone che si sono viste una sola volta in contesti diversi rispetto a quelli in cui tali persone sono solite trovarsi… il “caso” è ancora più dubbio…
Roma. Tokyo.

La cassiera del locale anche fissava Elle e guardò la cliente alta che aveva di fronte con occhi impauriti.
Il suo era il solito sguardo turbato, come quelli di tutte le persone che vedevano Elle…
Non c’era nulla di interessante in lei. Stesse consuete reazioni basiche e scontate. Tutto nella norma.
La ragazza alta ricambiò lo sguardo “consueto” della cameriera con uno rassicurante, che faceva  intendere che non c’era da preoccuparsi, che quel ragazzo strano era “tranquillo”…
E allora Elle finalmente parlò, senza guardare né l’una né l’altra, ma continuando a fissare il vetro del banco con i dolci dietro.
Col dito appeso alla mano indicò fiaccamente una torta e la voce gli uscì fluida dalle labbra… «Vorrei una doppia porzione di quello, per favore, da portar via.»
La cassiera si scosse e si tranquillizzò…
Quella voce calda e vagamente sensuale l’aveva quasi rassicurata… E si affrettò a servirlo. Poi sembrò ricordarsi della ragazza alta e pallida che l’aveva sostenuta poco prima con uno sguardo tranquillo e le disse «Arrivederci e… grazie!»
Ed Elle solo allora spostò lo sguardo su di lei, su quella giovane donna col cappotto scuro e lungo, ferma davanti alla cassa, che lo continuava ad osservare.
La penetrò per un attimo negli occhi stanchi.
Si guardarono per qualche istante.
Mi ha riconosciuto e continua a non essere turbata.
E poi lei abbassò lo sguardo… E si avviò verso l’uscita con la torta in mano, fece suonare il campanello della porta e affrontò il gelo di quella serata di Natale, sola.
Anche lei sola.
L’archeologa romana dei butter cookies.
I butter cookies.

Con la busta della doppia porzione di torta da portar via ed una di butter cookies Elle rientrò nella sua suite buia e silenziosa.
Si tolse le scarpe e si avvicinò alla gigantesca vetrata.
Guardò fuori le luci di Tokyo.
Iniziò a nevicare.
Era Natale.
E lui era lì, solo, al buio.
Kira. Vincerò io.
 
Come vi avevo detto, questo era solo uno squarcio di vita del vostro amato detective. Piccole pillole della sua mente geniale e di una sua giornata a Tokyo durante il caso Kira.
Ma è sufficiente, per me e per voi.
Io continuerò a leggere nella sua mente quando e quanto mi pare e piace. Continuerò a seguirlo nei suoi pensieri, nella stanza di quell’albergo, mentre è solo. Ma a voi non dirò nulla.
Sono fatto così. Sono dispettoso.
Ve l’ho già detto.

 
 
 

È un esperimento. Chi mi conosce sa che ne faccio spesso. Troppo spesso. E sa anche che non so mai se siano esperimenti azzeccati… Che mi faccio mille paranoie… ^_^
E questo è veramente un azzardo per me… La testa di Elle dovrebbe essere off-limits…°_°
Quindi perdonatemi per il risultato e che la Ohba abbia pietà di me!!!
Comunque… Cercate di godervi il Carnevaleeeeeeeee, magari con un bel cosplay di L!!! ;P

Grazie infinite di aver letto fin qui!

 

Eru

   
 
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