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Autore: Rupertinasora2    21/02/2012    1 recensioni
[Sequel de "Il progetto segreto del Ministro della Magia"]
Hogwarts. I giorni della grande battaglia sono finiti ormai da anni, e tra le mura dell'accademia magica più famosa passeggiano i figli dei più grandi maghi che presero parte alla battaglia.
Dopo che Hermione ha scoperto il doppio gioco di Belial, e che Draco è morto per vendicare la sorte di Scorpius, la vita ad Hogwarts pare essere tornata alla normalità... solo per essere di nuovo stravolta.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dark, secret destiny '
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6.
Una scoperta incredibile

Love hurts
but sometimes it's a good hurt
and it feels like I'm alive.
Love sings
when it transcends the bad things
have a heart and try me
'cause without love I won't survive
[Incubus, Love hurts]
 

 
 
Quella sera, James Potter non riusciva a smettere di rigirarsi nel letto. Da quando era stato dimesso, sembrava che a Hogwarts ancora non avessero smesso di parlare di lui e di quanto successo a Hogsmeade. Era come una gioia febbrile che prendeva tutti, li scuoteva dalla monotonia.
Si chiese quando sarebbe finito tutto.
Per l’ennesima volta si voltò nel letto, e stavolta tirò così forte con uno strattone le coperte che sentì il freddo avvolgergli i piedi nudi. Sbuffò, e si mise a sedere. Decise che quella notte non avrebbe cercato più di dormire. Stare immobile ad aspettare il sonno lo innervosiva ancora di più, senza contare il fatto che avrebbe rivisto l’intera squadra a distanza di poche ore per il primo allenamento dopo l’incidente.
Poggiò i piedi per terra, e il freddo gli regalò fastidiosi brividi che gli fecero accapponare la pelle.
Si passò una mano sul volto. Sperò che Angel non lo raggiungeva all’allenamento. Era come convinto che tutto quello che era successo era colpa della ragazza, perché era stato il fratello a stuzzicarlo.
Infilò i piedi nelle pantofole, e scese in sala comune.
Ottobre aveva bussato alle porte della scuola, lasciando infiltrare già il gelo tra le fessure del castello, ricordando che il bel tempo e la bella stagione sarebbero stati ricordi lontani, così come le lunghe giornate.
Avrebbe voluto trovare il camino acceso, ma sapeva che a quell’ora di notte, in qualsiasi stagione, avrebbe trovato solo muto silenzio. Le fiamme anche d’inverno avrebbero smesso di attanagliare i pezzi di legno che gli elfi diligentemente mettevano nel camino senza farsi vedere dagli umani.
Sentì degli altri passi, e voltò la testa verso l’ingresso. Vide Albus, con il volto annoiato e quasi furente, cereo, gli occhi arrossati e infossati. Non aveva per niente un bell’aspetto come suo solito.
- Ehi, come mai ancora sveglio?- gli chiese lui, felice di vedere una persona a lui familiare che non gli avesse chiesto ancora dell’incidente, anche perché Albus era lì quando era successo.
- Cloud mi ha dato una punizione-.
Albus imprecò tra i denti, stropicciò gli occhi, e si sedette sulla prima poltrona. Sospirò a fondo, e gettò la testa all’indietro.
James parve stupito nel sentire quella notizia. Albus era sempre stato attento a non cacciarsi nei guai, era bravo a scuola, ed era il pupillo del padre. Sapeva che tra i due il padre preferiva lui, perché non faceva che ripetere che era molto simile a lui. James a volte si sentiva frustrato, ma si buttava tutto alle spalle. Non poteva voler male al fratello per pura gelosia. I genitori non avevano dato loro quell’insegnamento.
- Come mai?- chiese, senza celare la sorpresa.
Albus lo guardò per un attimo, prima di togliersi le scarpe.
- Mi ha beccato a litigare con Paxton-
- Che cosa?- esclamò una terza voce dietro di loro.
Entrambi i fratelli si voltarono per cercare di capire da dove venisse quella voce. Una ragazzina dai capelli rossi li guardava, avvolta in una vestaglia degli stessi colori del Grifondoro e i piedi in pantofole con la criniera di leone. Stava in piedi sul pianerottolo delle scale, e si precipitò quasi subito dai fratelli. Lily guardò preoccupata Albus con i suoi grandi occhi azzurri.
- Che cosa ti ha fatto quella cattiva?-
James non riuscì a trattenere un sorriso, e neanche Albus, che alla preoccupazione della sorella le strofinò i capelli.
- Niente di grave-. Alzò lo sguardo sui fratelli, perplesso. – Ma mi stavate entrambi aspettando? Che carini…- li prese in giro.
James e Lily farneticarono alcune scuse, che furono accolte da una risata spensierata da parte di Albus.
- Ad ogni modo, non sapete che cosa ho scoperto!- esclamò, soprattutto in direzione di James.
Il primogenito dei Potter era già tutto orecchi, disteso sul divano, intento a non perdere alcuna parola sussurrata da Albus.
 
Alcune ore prima
Albus stava camminando, per niente felice di dover andare a scontare la sua punizione, che non ci sarebbe dovuta essere se quel professore da strapazzo non avesse sorpreso lui ed Emma Paxton a parlare animatamente per i corridoi.
Il Grifondoro aveva sempre pensato che Emma fosse una ragazza carina e dolce, ma si era dovuto ricredere quando Murtagh aveva ufficializzato il suo fidanzamento con la ragazza, quasi marcandola come un animale, minacciando chiunque le si sarebbe avvicinato. Un vizio di famiglia, aveva pensato all’epoca, dato che anche Angel aveva fatto una cosa simile quando si era messa con James. Si era sempre chiesto come facesse James a sopportare una situazione simile. Forse all’inizio era la novità, ma già notava il fratello che aveva iniziato a scalciare, senza contare che l’unica presenza femminile nella squadra era rappresentata da Bella Malfoy, una ragazza che Albus sapeva che non sarebbe stata per niente indifferente al fratello.
L’anno prima aveva escogitato un astuto modo per farla entrare in squadra, rompendo un tabù che James aveva fatto sin da quando era diventato capitano (una regola che Albus aveva sempre sospettato che avesse importo Angel a James). La presenza di Bella aveva destabilizzato quanto bastava il rapporto tra la Portbell e il fratellone. Ovviamente, però, la corvonero non si era ancora arresa all’evidente fine del rapporto tra loro due, forse sfogandosi con il fratello Murtagh.
Murtagh. Solo il nome gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Quello schifoso. Era sicuro che avesse corrotto la Paxton in qualche modo. Da quando la ricordava (lui e Emma avevano la stessa età), Emma era sempre stata una ragazzina impaurita, che piano piano ha acquistato una certa consapevolezza di sé, sempre attenta al prossimo. Ora sembra che scavalchi il prossimo per puro piacere, un piacere che poteva rivedere chiaramente amplificato in Murtagh Portbell.
Il pensiero che il destino di James fosse in qualche modo collegato a quello del corvonero non gli piaceva per niente.
In breve, senza neanche che lui se ne accorgesse, era arrivato allo studio del professor Cloud.
Bussò una volta, e la porta si aprì. Il professore lo stava chiaramente aspettando, perché gli rivolse un sorriso compiaciuto.
- Bene, vedo che almeno tu sei puntuale- disse, alzandosi dalla poltrona facendogli segno di avvicinarsi. Con un incantesimo lasciò che la porta si chiudesse dietro Albus, mentre lui si avvicinava quietamente, come gli aveva detto il professore. Dopo qualche attimo qualcun altro bussò alla porta, e ne fece capolino la grande chioma bionda e riccioluta della Tassorosso.
Cloud fu piuttosto compiaciuto nel fatto che i due fossero stati puntuali, e rovistò ancora un po’ in una panca. Tirò fuori una balestra, più frecce, un paio di archi e qualche stiletto affilato e appuntito.
Albus sentì accapponarsi la pelle. Il professore aveva intenzione di punirli corporalmente? Era una cosa che ormai non si usava da tempo a Hogwarts. Avrebbe fatto appello alle regole della scuola per opporsi vibratamente.
Si scambiò un’occhiata fugace con Emma, e intravvide nel suo sguardo lo stesso sgomento che sapeva che mostrava il suo.
- Ora che siete qui, è bene che sappiate che quello che farò non deve per nulla al mondo essere divulgato in giro. Potrei essere cacciato via dal corpo insegnanti- affermò il professore con aria seria.
I due ragazzi stentavano anche a respirare, preoccupati, anzi terrorizzati dal fatto che anche un solo passo falso sarebbe bastato per farli uccidere. Con tutte quelle armi di tortura, Albus sperava di ricevere una morte veloce e senza dolore o torture.
Le orecchie gli ronzavano, e il sangue gli era affluito al cervello così in fretta che gli girava la testa.
Il professore intercettò le loro espressioni e scoppiò a ridere.
Confusi, i due ragazzi si scambiarono ancora una volta uno sguardo preoccupato.
- Non abbiate paura. Stasera andiamo solo a caccia-
Cloud sorrise, lasciando intravedere i denti bianchi e perfettamente curati.
Albus non riusciva a tranquillizzarsi, mentre sentiva Emma tirare un sospiro di sollievo. Non lasciava scivolare gli occhi lontano dalle frecce appuntite neanche per un secondo.
- Ci sono state morti strane, che richiedono la mia attenzione. So che non è una vera punizione, ma potete accompagnarmi, se volete- aggiunse il professore. Si avvicinò sicuro al ragazzo e gli offrì un arco con un paio di frecce di legno, e un coltello.
Solo in quel momento Albus alzò lo sguardo sul viso del professore. Era serio e scuro in volto, con un’espressione tirata che dava da pensare.
Un brivido corse lungo la schiena del ragazzo. Se quello significava pagare la sua punizione, ne sarebbe stato all’altezza. E che Emma non dica che uno dei fratelli Potter fosse un codardo!
In men che non si dica, raggiunsero la foresta armati di tutto punto. Nella destra, nonostante le armi, teneva stretta la bacchetta, l’unica vera arma che gli sarebbe stata d’aiuto. Si addentrarono presto nella foresta, mentre i gufi bubbolavano contro il cielo notturno, scuro, illuminato dalla pallida luce delle stelle, in quella notte senza luna.
E poi tutto si fece silenzioso. Il sentiero che si perdeva nel fondo della foresta era sempre più buio se le loro bacchette non avessero illuminato il percorso. Emma rischiò di cadere un paio di volte, ma il professore riuscì ad afferrarla in tempo.
Per un attimo Albus credette di scorgere nell’espressione dell’alunna un qualcosa che andava oltre il semplice ringraziamento, ma forse si era semplicemente sbagliato, anche se aveva sempre pensato che Emma si sarebbe volentieri persa nella foresta accompagnata solo dal magnifico professor Cloud. Imprecò in mente a sé, sapendo che dovevano essere tutti quei muscoli a fare gola alle ragazze. E lui di muscoli non ne aveva poi molti. Si manteneva in allenamento ma era più un tipo da cervello più che corpo.
Seguì il suggerimento di Cloud di restare tutti uniti fino a che non potè che fermarsi. Emma aveva respirato forte e si era portata una mano alla bocca. Albus si sporse oltre la sua testa e rimase scioccato tanto quanto la ragazza.
Un corpo umano, talmente cereo da sembrare morto da tanto, era steso in una posa scomposta ed innaturale. La bocca era aperta in quello che era sembrata la sua ultima espressione, e gli occhi spalancati erano completamente bianchi.
Un conato gli salì dallo stomaco. Si voltò e vomitò tutto ciò che aveva dentro, anche l’anima se possibile. Sentì che accanto a lui anche Emma vomitava.
- Non vi muovete..- sussurrò il professore ai due, porgendo loro dei fazzoletti. – Siate forti, passerà-
Gli battè una mano sulla spalla e si piegò di nuovo sul cadavere.
Albus notò subito che il cadavere non puzzava. Provò a voltarsi, e vide un particolare che prima non aveva visto. Sotto la pelle erano visibili le vene. Lunghi e intricati canali color verde muschio. E la parte di sotto del corpo era stato martoriato talmente che era quasi indistinguibile. Sul fianco nudo c’era un morso.
Un altro conato lo costrinse a voltarsi ancora una volta dall’altro lato.
Cloud sospirò, come se non ci fosse nulla da fare.
- E’ un bel problema-, lo sentì mormorare prima che desse fuoco al cadavere.
- No!- urlò Emma, aggrappandosi al braccio del professore. – Non può ucciderlo! Non così! I genitori devono sapere di lui, devono…- Tremò.
Il professore l’afferrò per le spalle e la scosse.
- Lascia stare-
Albus, nel frattempo, aveva afferrato la bacchetta. Cloud intercettò il gesto e gliela tolse di mano con un semplice incantesimo.
- Andiamo, vi spiegherò tutto…-
- Cosa c’è da spiegare? Non vi seguirò da nessuna parte, professore! Siete un assassino! O peggio, un complice! – sbottò Albus, non riuscendo a sopportare l’idea di quel che stava succedendo. Sembrava che non era neanche lui a parlare. Afferrò Emma per un braccio e la sottrasse con forza al professore. Ignorò del tutto il suo grido di dolore. – Non ci sto! Denuncerò il tutto al Preside, che provvederà sicuramente a cacciarla dalla scuola-
La testa gli girava, ogni fibra del suo corpo tremava, le gambe quasi erano inutilizzabili, ma tutto era meglio che restare ancora un secondo col professore. Peccato che la bacchetta l’aveva presa lui.
- Il Preside sa tutto- disse Cloud.
- Ma non dica scemenze!- sbottò. – Come può il Preside permettere questo?-
- Sei cieco, ragazzo mio. Era un vampiro quello che avete visto!- sbottò.
Si fece da parte e mostrò il corpo. Al suo posto c’era solo cenere, e nient’altro s’era bruciato oltre il corpo, e per di più si era bruciato in un tempo davvero breve.
Il petto di Albus si alzava e abbassava furiosamente. Se quello che il professore diceva era vero, allora Hogwarts era infestata da vampiri. E chi avrebbe potuto uccidere un vampiro in quel modo, fare della sua carne un ammasso putrido e senza sangue?
Lo chiese con forza al professore.
- Nessuno può uccidere un vampiro a quel modo! Sta mentendo, professore!-
- Io non mento, Potter! Ciò che dico è la verità. Forse è stato uno sbaglio portarvi con me, ma non pensavo che avreste potuto incappare in… in quello che avete visto!-
- Evidentemente si è sbagliato, come sono sicuro che si sbaglia sul fatto che quello sia un vampiro!- continuò Albus.
Il professore scosse la testa.
- Potter, stà a sentire. Non fare la femminuccia- lo rimproverò il professore.
Albus si sentì colto nel vivo, e tenne chiusa la bocca. Nessuno poteva dargli della femminuccia. Evidentemente rilassato, il professore continuò. – Anche io credevo che i vampiri non potessero morire. Non così, almeno. E ora la domanda è: chi è stato? O meglio, cosa è stato? Sono davvero dispiaciuto che voi l’abbiate saputo in questo modo. Nessuno degli studenti doveva esserne a conoscenza. Andate a riposarvi e cercate di dimenticare tutto quello che avete visto-.
 
Prima di arrivare a scuola, Emma costrinse Albus a fermarsi.
- I-io… non credo di farcela Potter-
Si piegò a metà e vomitò ancora una volta. Era la terza volta che lo faceva lungo il tragitto per tornare. Avevano lasciato Cloud al limitare della foresta, e probabilmente li stava ancora osservando. Ma che importava ormai?
Albus la sollevò con premura per le spalle.
- Dai, altri pochi passi e entriamo nel castello. Vuoi che ti accompagni in infermeria?-
La ragazza annuì piano. Si abbandonò tra le braccia forti del Grifondoro che la sostenevano con fermezza, e per quella volta entrambi decisero di sotterrare le spade del loro reciproco dissenso su ciò che era e faceva l’altro. Per quella sera buia e fredda non c’era nessun altro che avrebbe potuto capire ciò che stavano passando.
La vista di quel ragazzo, o vampiro, ancora tornava a loro nella mente, ed ognuno si ripeteva di essere forte, di non pensarci. Eppure, i pensieri tutti correvano a quegli interminabili minuti, al ricordo delle fiamme che lambivano le membra senza vita del corpo straziato a terra, e quell’urlo silenzioso e muto che si innalzava al cielo come quello di un disperato che nessuno avrebbe potuto più salvare, quell’urlo che nessuno aveva sentito, ma tutti avevano percepito.
Albus strinse la ragazza, facendole passare un braccio attorno alle spalle. Cercò di accelerare il passo.
- Paura, Potter?- disse con un mezzo sorriso di scherno la ragazza.
- Solo uno stolto non ne avrebbe. Qualcuno ha ucciso quel ragazzo, vampiro, o che so io. E quel qualcuno, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere qui da qualche parte- ammise lui, scuro in volto, attraversando l’entrata della sicura dimora in cui vivevano per la maggior parte dell’anno.
Emma si strinse a lui.
- Hai ragione. Anche io ne ho tanta, ma credo che il professore se la caverà-, rispose alle sue paure.
Infine il silenzio calò ancora una volta sui due, dividendoli di nuovo. Albus era certo che se il giorno dopo Cloud si sarebbe presentato a colazione al tavolo degli insegnanti o era stato bravo a non farsi fare la pelle, o potrebbe essere stato lui a uccidere il ragazzo.
La notte era talmente silenziosa che i loro passi che rimbombavano per i corridoi parevano tuoni di un vicino temporale, i loro respiri sibili di serpenti, il loro cuore che batteva forte un tamburo potente di una battaglia imminente. Arrivarono in infermeria, dove trovarono la guaritrice ad attenderli.
L’infermeria era vuota e silenziosa. Albus aiutò Emma a distendersi su un letto lì vicino.
- Aspettatemi qui. Vado a preparare una tisana che scioglierà i nervi a entrambi- sussurrò piano, come se avesse paura di svegliare entrambi.
Albus stava per replicare, ma la donna era già quasi scomparsa dietro ad una porta. Sospirò e si guardò attorno. Intravide delle tende tirate attorno a un letto nella corsia. Non erano i soli, e forse per questo la nuova infermiera parlava piano.
Fu richiamato all’attenzione dalla mano di Emma che gli sfiorava il collo appena sopra la spalla.
- Potter, ti ringrazio-
- Di cosa?- domandò Albus, che era tutto assorto nei suoi pensieri.
- Per avermi accompagnata qui-
Il Grinfondoro si strinse le spalle. Osservò gli occhi di lei abbassarsi sui suoi piedi, le labbra tremare incerte. Era quasi carina quando si portava una ciocca di capelli riccioluti dietro l’orecchio, e si mordeva un angolo del labbro inferiore.
- Io direi che è meglio se non diciamo niente a nessuno-. I loro occhi si incrociarono. – Sarebbe strano spiegare quello che è successo, non credi?-
La ragazza annuì. Stava per replicare, ma si fermò quando Eleanor Lancaster li raggiunse con due tazze calde di qualcosa che profumava di gelsomino e giglio.
- Ragazzi, bevete velocemente. Non dovete lasciare che si raffreddi, altrimenti avrà l’effetto contrario- li ammonì.
Fece loro compagnia, offrì un letto anche ad Albus, perché aveva una faccia bianca e malata, ma questi declinò cortesemente l’offerta, asserendo di stare bene. Una volta finita la tisana, Albus ringraziò la donna, salutò con un cenno del capo la Tassorosso, e raggiunse con calma la sala comune dei Grifondoro, con l’unico pensiero di infilarsi sotto le coperte e dormire.

***
 
 
 
La notte proseguiva, fino a che non iniziò a schiarirsi sulla linea dell’orizzonte, dividendo quel che era il cielo e quello che era la infinita distesa di alberi dalle chiome scure della foresta di Hogwarts.
I ragazzi erano calmi, e dormivano beatamente. La preoccupava una ragazza, arrivata la sera prima, e un ragazzo. Il ragazzo non aveva voluto fermarsi.
Voltò lo sguardo pensieroso dall’orizzonte alle tende tirate del paziente ricoverato. Era stato grave quella sera, quando la cacciatrice l’aveva portato, sporco di sangue, e al limite della follia. Aveva ferite profonde, e se non fosse stato per quella ragazza, sarebbe morto di sicuro. Aveva capito di chi era stata la colpa, ma non l’aveva detto a Milo. Conoscendolo, sarebbe corso a vedere cosa non andava, avrebbe cercato il colpevole. Eppure il colpevole era già stato ucciso.
Nella notte, guardando fuori, aveva visto uno strano fumo innalzarsi dalla foresta, ma forse era stata solo suggestione. Non aveva visto nessuno, quindi aveva creduto di essersi sbagliata.
Tornò a guardare fuori. Gli occhi minacciavano di chiudersi, ma non poteva.
D’un tratto, dei passi riempirono la stanza. Erano passi leggeri ma pesanti, passi di un uomo che camminava felpato. In cuor suo sapeva bene chi fosse.
Si sentì cingere i fianchi. Chiuse gli occhi e si lasciò andare a quell’abbraccio. Fu voltata e assaporò ancora una volta quelle labbra sottili ma soffici, calde. Ricambiò il bacio con lo stesso calore che l’altro ci stava mettendo.
Ed infine aprì gli occhi, e si ritrovò quelli grigio-castani dell’uomo che la guardavano allo stesso modo con cui lei lo stava guardando.
- Eleanor…- sussurrò piano, stringendola ancora a sé.
Lei ancora non parlò. Si limitò a sorridere.
- Mi sei mancata oggi. E’ stata una giornata stancante..-
Gli posò una mano sulla guancia ruvida per la barba.
- Vuoi parlarmene?- sussurrò a sua volta la guaritrice.
L’uomo si voltò per sedersi, ma la sua attenzione fu catturata da alcune tende tirate attorno a un letto. C’era anche una ragazza che riposava, ma non erano tirate le sue tende.
- Chi c’è lì?- il suo tono si fece un po’ più feroce.
Eleanor non riuscì a dire niente che lui in pochi passi aveva raggiunto il letto e aveva tirato un angolo di tenda. La sua mano ebbe uno spasmo, e i suoi muscoli visibilmente si contrassero.
- Da quanto è qui?- sussurrò, chiudendo ancora una volta la tenda e voltandosi verso Eleanor. La donna non parlava, si limitò a guardare le sue scarpe. Sapeva che l’uomo avrebbe scoperto tutto, che si sarebbe arrabbiato molto.
L’afferrò per le spalle, scuotendola piano, cercando il suo sguardo con il proprio. Eleanor cercava di non farsi catturare lo sguardo dai suoi occhi magnetici, ma non ci riuscì.
- Da quanto, Eleanor?-
Alla fine, la sua volontà cadde in pezzi. Non poteva continuare a celare ciò che c’era di visibile.
- Verso sera. La cacciatrice me l’ha portata dicendo di aver dovuto per forza uccidere il colpevole. Mi ha assicurato che non era contro le regole, ma che ci sarebbe stata presto una rivolta, e di avvisarti-
- Perché non l’hai fatto subito, Eleanor?-
La donna serrò le labbra carnose.
- Perché?- ripetè lui.
- Volevo aspettare il giorno dopo, la mattina dopo, così da farti riposare tranquillamente. Io..-
Inutili furono le scuse, perché l’uomo con grandi falcate raggiunse la porta. Eleanor lo raggiunse correndo, ma non riuscì ad essere abbastanza veloce. Quando raggiunse la porta, lui era già fuori pronto a correre.
- Milo!- lo chiamò infine, cercando di farlo girare.
Il professore si voltò verso di lei, la raggiunse e le lasciò un bacio intenso.
- Non mi aspettare oggi. Avvisa i professori che io e la cacciatrice stiamo cercando di sedare una possibile rivolta. Mi aspetto che stavolta non aspetterai il giorno-, aggiunse, indicandole la finestra, - perché il giorno è già arrivato-
Le lasciò un altro bacio e corse per il corridoio, sparendo dietro l’angolo quando svoltò.
Eleanor sospirò, mentre le lacrime le bruciavano gli occhi. Chiuse la porta dell’infermeria e si andò a chiudere nel suo piccolo studio, piangendo silenziosamente per quella strana sensazione che sentiva. Aveva come l’impressione che quella volta Milo non sarebbe tornato indenne, e questo probabilmente ne avrebbe causato la morte.
  
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