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Autore: Yas Venice    21/02/2012    4 recensioni
Rei, durante la visita in un luogo "speciale", racconta a Makoto i suoi ricordi provenienti da una vita precedente: la quotidianità, l'amore e gli affetti che rischiano di essere distrutti per sempre dal seme della follia, scatenata da una strana fobia che diventa l'oscuro presagio di un'imminente apocalisse.
Prima classificata al contest "Nightmares become real" indetto da Kat Logan sul forum di Efp.
Vincitrice del premio extra "The Best Nightmare".

In memoria di tutte le vittime di ogni guerra e di ogni atrocità.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Makoto/Morea, Nuovo personaggio, Rei/Rea | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Memorie di un'ombra cap 3




Salve! Ed ecco a voi il capitolo finale dedicato alle "Memorie". Il capitolo è suddiviso in due parti: nella prima, narrata ancora in prima persona da Rei, verrà finalmente svelato il vero significato dell'incubo che ha turbato la psiche della protagonista; nella seconda si ritornerà nel presente e di conseguenza si tornerà alla narrazione in terza persona.
Una doverosa precisazione: questo capitolo ha il raiting rosso a causa di alcune sequenze particolarmente "forti".


P.S. Ringrazio le lettrici ed i lettori che leggono in silenzio, chi ha commentato e chi ha inserito la storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite, GRAZIE di cuore!

Buona lettura







Capitolo 3 - Passato e presente


Prima parte - Passato

Quelli che seguirono furono giorni di ritrovata serenità grazie anche al fatto che avevo deciso di raccontare la verità sulla "cosa" che aveva dato inizio a tutto: parlai a mia madre e a Daiki dell'incubo che aveva scosso nelle fondamenta la mia salute mentale, del terrore che le ombre mi incutevano, della mia paura di morire, di svanire nel buio di una figura umana senza profondità né consistenza alcuna.
- Nessuno ti porterà via da me -  mi aveva detto Daiki. Non potevo immaginare che sarebbe stato lui, invece, ad andarsene via. Nei primi di Giugno una notizia inattesa turbò la nostra apparente quiete: Daiki aveva deciso di arruolarsi nell'esercito per prendere parte alla campagna di Cina.
- Perché mi fai questo? Non capisci che se mi abbandoni adesso per me è finita? -  gli urlai quando venni a saperlo, in preda a sentimenti contrastanti.
- Se ho preso questa decisione l'ho fatto anche per te. Voglio garantire un futuro migliore non solo alla mia famiglia ma anche a te e a tua madre, dovrei sentirmi in colpa per questo? -
La nostra litigata stava decisamente degenerando così Daiki trovò uno strano modo per tapparmi la bocca: con un bacio. Per la prima volta le nostre labbra si unirono dapprima con timidezza e poi con crescente passione; quando esse si separarono, lui mi disse accennando ad un sorriso: - Sono io ad aver bisogno di te... Forse pretendo troppo chiedendoti di diventare il motivo principale per cui non farmi ammazzare dentro qualche sperduta risaia -
Rimasi in silenzio, incapace di proferire parola; avevo appena ricevuto il primo bacio della mia vita dal ragazzo che aveva sempre avuto un posto speciale nel mio cuore. Era stato sempre accanto a me, dolce e leale come uno spirito protettore in quel suo aspetto trascurato, con quei capelli lunghi e scompigliati e quella strana voglia di cioccolato a forma di V sulla fronte, con quel suo sorriso radioso e lo sguardo vivace e sincero. Era sempre stato il mio sogno proibito celato dietro un'amicizia di facciata ma era finalmente giunto il nostro momento.
Quei giorni di Giugno furono i più belli della mia vita poichè avevano visto sbocciare il nostro amore. Non dimenticherò mai le nostre risate durante le improvvisate lezioni di ballo che finivano tutte nello stesso identico modo: con i miei piedi sotto i suoi; posso dire con certezza che il ballo era l'unica cosa in cui non avevamo affinità.
In quel periodo riuscivo in qualche modo a tenere sotto controllo la mia fobia ma a volte essa si ripresentava con rinnovata forza, cercando di riprendere il controllo della mia mente e loro, le ombre, erano lì pronte a farsi beffe di me e pronte a portarmi via.
- Guarda me, non guardare loro -  mi diceva Daiki quando capiva che quelle "presenze" proiettate su qualche muro mi mettevano in difficoltà.
E poi venne il giorno della sua partenza.
Durante il tragitto verso la stazione né io, né lui proferimmo parola e anche durante l'attesa le cose tra noi non cambiarono. Ero ancora arrabbiata con lui a causa di quella sua decisione sciagurata. Solo quando arrivò il treno mi rivolsi a lui dicendo: - Dunque ci siamo... Daiki, non so cos -  lui mi interruppe ponendo un dito sulle mie labbra per zittirmi e poi frugò nella grande tracolla militare alla ricerca di qualcosa;
- Apri la mano -  mi disse con dolcezza.
Lo assecondai ritrovandomi nel palmo della mano uno splendido origami dalle sembianze di una bellissima gru.
- Questo è l'oggetto che mi è più caro, lo ha fatto mia madre per me quando ero ancora un bambino -
- E' bellissimo... Ma se è così importante per te, non puoi privartene -  
Mi sorrise e coprendo la piccola gru con il suo palmo, disse: - Ti prometto che tornerò a riprenderla, tu promettimi soltanto che la custodirai con cura fino a quel momento -
La sua voce venne strozzata dal pianto che lui cercava goffamente di tenere a freno.
Stavo per dire addio forse per sempre al mio piccolo uomo, a colui che aveva deciso di mettere in gioco la propria vita pur di garantirmi un futuro più roseo.
Il nostro ultimo bacio ebbe l'amaro sapore delle lacrime, le stesse lacrime che accompagnarono la vista di quel treno che svaniva in lontananza portando con sé il ragazzo che aveva cercato in tutti i modo di salvarmi da me stessa donandomi il suo amore puro ed incondizionato. E forse era davvero riuscito nel suo intento.
Nei giorni successivi la vicinanza di mia madre fu fondamentale nell'impedirmi di ripiombare dentro l'abisso. Trovai lavoro come sarta e questo mi aiutò a tenere la mente occupata ed a riappropriarmi di quella normalità di cui avevo disperatamente bisogno. Giorni di quiete si alternarono a giorni bui ed in quell'altalena irreale il tempo continuò a scorrere lento ma inesorabile e così trascorse un mese dalla partenza di Daiki.
Giunse Agosto. Quel giorno di Agosto.
Mi preparai come ogni mattina per andare a lavorare; uscii di casa in perfetto orario guardata a vista da mia madre che come sempre restava sulla soglia di casa e mi accompagnava con lo sguardo mentre percorrevo il piccolo viale alberato che immetteva nella strada principale. Mi voltai a guardarla e quel giorno, chissà perché, non potei fare a meno di pensare a come, nonostante tutte le difficoltà che la vita le aveva posto davanti, lei non avesse mai perso la speranza e non avesse mai chinato il capo dinanzi a loro, lottando sempre a testa alta. La guardai mentre mi sorrideva e mi salutava, avvolta nell'abito a fiori che le piaceva tanto mentre un venticello birichino le scombinava i capelli.
Quella fu l'ultima volta che vidi mia madre.
Mi incamminai immettendomi nella strada principale. Erano da poco passate le 8:00 quando quel suono irruppe dentro le mie orecchie ed il mio cuore parve fermarsi di colpo nel momento in cui riconobbi quel rumore assordante: la sirena d'allarme della contraerei. La gente in breve si riversò in strada e qualcuno si mise a correre alla ricerca di spazi aperti lontani dalle case. Un secondo suono, più sordo, andò via via avvicinandosi: proveniva dal cielo e di certo era la causa dell'allarme in atto.
- Guardate! Sta venendo giù qualcosa! -  urlò un uomo che teneva lo sguardo fisso su ciò che stava accadendo sopra la sua testa.
- State qui! Non andate da quella parte, cadrà abbastanza lontana da noi, qui siamo al sicuro! -   diceva un altro mentre quella "cosa" scendeva giù lentamente come se galleggiasse nell'aria. Alle mie spalle un uomo stava farfugliando qualcosa di simile ad una preghiera; mi voltai verso di lui e rabbrividii poiché riconobbi quello sguardo allucinato, il volto quasi deformato da un crescente terrore, i muscoli tesi del viso... Era lì!
L'espressione inorridita dell'ombra che se ne stava impressa in uno dei muri presenti nel mio incubo era dipinta sul volto di un uomo in carne ed ossa.
No, non poteva essere vero... quel sogno tremendo, in qualche modo si stava avverando davanti ai miei occhi. Il mio sguardo vagò come a voler rassicurare la mia mente ma tutto intorno a me diceva il contrario, tutti i presenti guardavano quell'oggetto che scendeva e non sembrava mai dover toccare il suolo così come nel mio incubo tutte le ombre fissavano quell'orribile luce.
- Il tuo destino è questo: divenire un'ombra, come tutti noi -
Nel momento in cui compresi che quelli potevano davvero essere gli ultimi secondi della mia vita, la mia bocca si spalancò sprigionando un urlo pieno di rabbia e disperazione mentre l'oggetto sparì dietro le case ponendo fine alla sua corsa verso il basso.
Un secondo che sembrò violare le leggi che regolano il tempo, un secondo in cui tutto intorno a me sembrò fermarsi di colpo, avvolto da una luce che nessun essere umano aveva mai visto prima d'allora, una luce così potente da attraversare ogni corpo, ogni barriera. Un attimo di atroce, sconfinata sofferenza in cui la mia carne sembrò essere trafitta da mille e più spade, un istante in cui il mio corpo si sciolse come cera ed ogni mio atomo e fibra furono smaterializzati cessando di esistere.
Ed in quello stesso secondo decine di migliaia di persone, come me, svanirono nel nulla.
L'ordigno atomico sganciato dal bombardiere Enola Gay toccò il suolo di Hiroshima, la mia amata città, alle 8:00 e 16 minuti e trapassati dalla malefica luce sprigionatasi, noi ci trasformammo in ombre.
Subito dopo si sollevò uno tsunami, le cui onde non erano composte d'acqua ma bensì da fuoco e terra; esse si propagarono nel raggio di decine di chilometri spazzando via ogni forma di vita mentre il cielo parve accartocciarsi su se stesso ferito a morte dal "mostro" che saliva veloce dalla terra, portando con sé l'inferno sin dentro l'infinito.
Dicono che successivamente tutto ciò che era stato trasportato nelle parti alte dell'atmosfera dal "fungo" atomico, precipitò nuovamente al suolo; resti di ogni sorta che per ore scesero giù dal cielo: case, alberi, carne senza più forma né anima. Tutto ciò che restava della mia gente e della mia città mentre le nostre ombre impresse in ogni muro ed in ogni parete sopravvissute alla devastazione, urlavano di silente rabbia contro la follia dei pochi uomini che avevano trascinato l'umanità intera sull'orlo dell'autodistruzione.
Non dimenticare. Questo è il compito delle generazioni che sono nate dalle ceneri dell'orrore.
Non dimenticate il male che qui ha conosciuto il suo trionfo per far si che esso non vinca ancora. Non dimenticate i corpi straziati ridotti a larve tremanti che giaciono ancora qui, cullati dalla terra che li ha accolti nel suo caldo grembo e che su di loro ha fatto crescere la verde vita. Non dimenticate le ombre di ciò che eravamo, sopravvissute alla luce infida dell'odio poiché esse sono la testimonianza della nostra esistenza e di fatto nessun essere umano può essere cancellato senza lasciare traccia poiché la nostra terra trova sempre il modo di far vivere il ricordo dei figli che essa genera.
Non dimenticate perché ogni ciclo finisce ed uno nuovo comincia ed i ricordi sono la cosa più preziosa che coloro che hanno visto la fine possono donare a voi che rappresentate l'inizio.




Seconda parte - Presente

La voce di Rei si incrinò al termine di quel lungo e difficile viaggio a ritroso nel tempo. Sentì una mano amica poggiarsi sulla sua spalla e alzando lo sguardo si ritrovò dinanzi al volto ceruleo e visibilmente commosso di Makoto.
- Grazie Mako-chan, grazie per avermi aiutata ad affrontare il passato -   disse Rei mentre veniva accolta dalle braccia protettive della guerriera di Giove, consapevole di essere divenuta custode di ricordi preziosi e che nulla di quanto le era stato confidato doveva andar perduto.
La vista di due figure familiari ed inattese che si stavano avvicinando spinse Makoto a sciogliere l'abbraccio ma proprio mentre stava per avvisare l'amica della loro presenza, una delle due le fece cenno di tacere. Due mani si posero davanti agli occhi di Rei nel solito e silenzioso "indovina chi sono io?"
Non aveva voglia di giocare, non in quel momento.
- Chiunque tu sia, piantala! -  tuonò infastidita la ragazza dai capelli corvini.
- Vedo che sei sempre di buonumore, Rei-chan -  rispose una voce conosciuta, alle sue spalle. Rei si girò di scatto dando così voce alla sua sorpresa: - Haruka?! -
- E ovviamente non è da sola -  disse un'altra voce proveniente dalla sua sinistra.
- Michiru! Anche voi, qui! -
- Non potevamo mancare in occasione dell'anniversario -
Si intrattennero a parlare fino a quando non giunse il momento di recarsi presso la grande spianata del Peace Memorial Park dove si sarebbe tenuta la cerimonia di commemorazione. Lungo il tragitto transitarono dinanzi al Children's Peace Monument e qui sostarono in preghiera per qualche minuto. Al termine, il gruppetto si frammentò poiché Rei sostò qualche minuto in più per ammirare le centinaia di splendidi origami depositati lì dai visitatori mentre le altre decisero di aspettarla presso una panchina ad una cinquantina di metri.
- Siamo rimaste a secco! Ma quanto bevi? -  esclamò Haruka rivolta alla compagna, constatando che all'interno dello zaino la scorta di bottigliette d'acqua era finita;
- Hai sbagliato domanda; dovresti chiederti invece "chi riesce a farmi stancare così tanto da costringermi a bere molta acqua?" -
Haruka la squadrò in viso: niente sguardo malizioso, né gote leggermente arrossate, né le adorabili fossette che le si formavano sulle guance ogni qualvolta si andava a toccare quell'argomento.
Ten'ò abbandonò lo zaino a terra e si diresse da lei; la conosceva sin troppo bene e aveva compreso la verità celata da quella falsa provocazione: l'animo gentile e delicato di Michiru, capace di assorbire come una spugna le emozioni degli altri e persino capace di captare le immagini di eventi passati racchiusi in luoghi particolari, era stato invaso da una miriade di dolorose sensazioni che le provocavano un senso di disagio.
Haruka le ghermì con dolcezza le mani, si chinò un po' avvicinando il proprio volto a quello di Michiru, pronta a donarle quella sicurezza e quel calore di cui l'altra aveva bisogno in quel momento.
- Perché non lo dici mai apertamente? -  sussurrò la bionda mentre annullava ogni distanza per stringerla a sé, donandole teneri e casti baci prima sulla guancia e poi sulla fronte;
- Perché so che con te non è necessario -   rispose Michiru con un filo di voce, socchiudendo gli occhi ed intrecciando tra le dita i capelli dorati della compagna che era riuscita ad allontanare quel freddo improvviso sopraggiunto in piena Estate.
Makoto si sentì di troppo all'interno di quel romantico contesto così decise di procurare alle due amiche la tanto agognata bottiglietta d'acqua quindi si incamminò da sola verso il piccolo chiostro di bevande situato su un marciapiede del lungo viale alberato. Giunta lì si mise in fila aspettando il proprio turno.
Fu un attimo, veloce come il bagliore di un lampo: la voglia a forma di V sulla fronte, lo sguardo vivace proprio come lo aveva descritto Rei.
Makoto sgranò gli occhi, incredula. Lo vide dirigersi verso la spianata; il tempo di riaversi dalla sorpresa e via a rotta di collo verso il Children's Peace Monument.
- Rei, Rei! -
- Che succede Mako-chan? -  chiese la ragazza dai capelli corvini con apprensione. La mora, stanca ed agitata, con le mani appoggiate sulle proprie ginocchia nel tentativo di riprendere fiato, esclamò: - L'ho visto, lui è qui! -
- Lui... chi? -   chiese Rei, perplessa;
- Daiki è qui, l'ho visto! Era diretto verso la spianata -  spiegò Jupiter.
Quella notizia irruppe come un fuoco d'artificio nel cuore di Rei che bisbigliò con voce tremante: - Ma potrebbe non essere lui... -  
- Se rimani qui non lo scoprirai. -  
Dunque era di nuovo giunto il momento di affrontare i fantasmi del passato? Non si sentiva pronta a vivere quel momento seppure in cuor suo lo avesse ardentemente desiderato.
- Vai, amica mia, corri -   le disse Makoto che per spronarla le diede una piccola spinta alla schiena.
Lo sguardo pieno di silenziosa riconoscenza fu la sola risposta e poi Rei iniziò a correre nella direzione indicatale dalla mora e fu come se in quel preciso istante, ad opera di un'improvvisa distorsione temporale, tutto venisse catapultato indietro nel tempo; davanti a lei non più le stradine asfaltate del Peace Memorial Park ma bensì le vie polverose della Hiroshima del passato che viveva ancora nel suo cuore; percorse nuovamente le strade del suo quartiere perfettamente intatte, abitate dalle persone che alla sua memoria erano ancora familiari e amate; rivide i loro volti ed i loro sorrisi e tra tutti il più atteso: quello della madre, impresso su un volto angelico che irradiava calore e vita, le stesse che solo il suo affetto aveva saputo risvegliare.
E poi lo vide, bellissimo come lo aveva sempre ricordato, con il suo volto acerbo di piccolo uomo dai grandi sogni.
- Daiki - 
Pronunciò quel nome come se esso fosse sacro mentre quella strana magia, così come aveva avuto inizio, svanì di colpo: in pochi attimi decine e decine di rughe apparvero su quel volto bello e giovane come se un invisibile artista avesse deciso all'improvviso di mutare un ritratto, invecchiandolo con un'abile tecnica.
Rei lo scrutò e non ebbe dubbi: era lui. Lo comprese dallo sguardo che nonostante gli anni trascorsi aveva conservato la sua vivacità e, ovviamente, per la strana voglia a forma di V per cui lo aveva preso in giro per anni. Quell'uomo era davvero Daiki... ma non era più il suo Daiki.
- Posso esserle d'aiuto, signorina? -   chiese l'anziano, infastidito dallo sguardo insistente della ragazza. Cosa rispondere? La sua gola si rifiutava di far uscire qualsiasi suono.
- Nonno vieni! Andiamo a vedere gli aquiloni! -   Un bimbo si avvicinò all'anziano e lo prese per mano, cercando di portarlo da qualche parte.
- Aspetta Akio, non correre! Non vorrai mica che il nonno cada e si rompa una gamba! -
Solo allora il piccolo mollò la presa, rispondendo preoccupato: - Nonnino, non cadere di nuovo, già te la sei rotta l'anno scorso! -
- Vedo che te lo ricordi bene, eh!? -   ironizzò Daiki  - Guarda, mamma e papà ti stanno aspettando, vai da loro, io vi raggiungo tra poco -
Il bimbo ubbidì a malincuore, correndo svelto come un furetto verso i genitori poco distanti.
- Le somiglia molto -   si lasciò sfuggire Rei.
- Oh si, lo dicono in molti -   rispose l'anziano con tono orgoglioso, poi, rivolgendosi direttamente a lei, disse: - E' la prima volta che viene qui, signorina? -
- No, a dire il vero ci vengo spesso -
Lui rimase quasi sorpreso dalla risposta e commentò: - Ammirevole. Vede, sono fermamente convinto che solo conservando la memoria dei grandi eventi che sconvolgono la Storia, si possano costruire basi solide su cui far poggiare ideali e valori atti a costruire un mondo che sia per tutti e non per pochi poiché solo evitando di compiere gli errori del passato si può realmente progredire e costruire qualcosa di positivo da consegnare nelle mani delle generazioni future -
Rei non poteva che essere d'accordo con quell'affermazione e si ritrovò a ripensare alla sua strana fobia passata con la convinzione che essa, in fondo, poteva assumere un significato più ampio poiché se il mondo intero, in ogni tempo a venire, avrebbe continuato ad aver paura delle ombre impresse sui muri di Hiroshima e Nagasaki, di quello che esse rappresentavano, aprendo le coscienze al silenzioso monito che esse hanno lanciato per decenni all'umanità intera, immani tragedie potevano essere evitate.
L'attenzione dei due venne attirata da qualcosa di straordinario: un oggetto stava volando leggiadro nell'aria.
- E'... un origami!? -   esclamò Daiki, rapito dalla visione di quella piccola gru di carta che batteva le ali, volteggiando nell'aria come se fosse dotata di vita propria; si diresse verso Rei che la accolse nel proprio palmo mentre in lontananza tre ragazze assistevano alla scena soddisfatte per il piccolo regalo appena fatto, in particolare una di loro, profondamente grata all'aria, il suo elemento, che lei dominava con maestria.
- Signore, la tenga lei... -   disse Rei, porgendo all'anziano la piccola gru. Daiki fiissò la ragazza che aveva di fronte, conscio di aver vissuto qualcosa di simile nel proprio passato; aprì il palmo accogliendo l'origami nella sua mano, guardandola come se fosse un oggetto dal valore inestimabile ed in preda a mille emozioni, disse semplicemente: - Grazie -
Una voce a lui familiare li interruppe: - Papà, la comitiva sta partendo, dobbiamo andare -
Era di nuovo giunto il momento dei saluti tra Rei e Daiki. Una calda stretta di mano, nulla di più anche se in quel semplice gesto era racchiuso l'ultimo addio tra due persone che avevano percorso insieme un tratto del loro passato, separate poi dalla morte e riunite da una nuova vita, per pochi attimi in un presente fatto di ricordi.
- Signorina -   sembrava davvero non volerla lasciare andare, come se avesse intuito qualcosa   - E' sicura che noi due non ci siamo mai incontrati prima d'ora? -
Rei sorrise per poi pronunciare le uniche parole che forse avevano un minimo di senso in quella circostanza: - Chissà, forse ci siamo davvero incontrati, magari in una vita precedente... -
Daiki sorrise divertito pensando a quella strana eventualità. La guardò andar via, accompagnandola con lo sguardo sino a quando non la perse di vista. I suoi occhi tornarono a fissare la piccola gru di carta che teneva in mano
- Alla fine sei tornata da me -   sussurrò mentre tutt'intorno l'intensa luce del tramonto annientava i colori, rendendo le numerose figure umane in movimento oscure come ombre, sotto il cielo infuocato di Hiroshima.





A chi, simile agli alberi di Ginkgo sopravvissuti al fuoco dell'apocalisse, aspetta la  primavera per rivestirsi di nuova vita.






Note + giudizio

Ginkgo Biloba: pianta arborea unica nel suo genere poiché è passata indenne attraverso milioni di anni ai vari sconvolgimenti climatici ed un esemplare di Ginkgo, ancora vivente, è sopravvissuto senza riportare gravi danni alle radiazioni dell'atomica di Hiroshima.

Peace Memorial Park: parco memoriale che sorge nel centro di Hiroshima, nel punto esatto dove la bomba atomica toccò il suolo.

Children's Peace Monument: il monumento in memoria di tutte le piccole vittime la cui morte è legata a cause riconducibili alla catastrofe nucleare, in particolare a Sadako Sasaki, morta di leucemia a 12 anni e che prima di morire riuscì a collezionare ben 644 origami poichè credeva che se fosse riuscita a crearne 1000, come recitava una leggenda, avrebbe potuto realizzare il suo desiderio di guarire. Così purtroppo non fu.







Memorie di un'ombra - Yas V

Grammatica:  5/5
Caratterizzazione del personaggio: 10/10
Originalità: 10/10
Gradimento personale: 10/10
TOTALE: 35/35

PUNTEGGIO PIENO. COMPLIMENTI!!!
"Memorie di un'ombra",  che titolo! Coerentissimo con il tutto e molto toccante, se lo si prende in riferimento alla storia che hai scritto.
Le memorie di un'ombra non sono altro che le memorie della tua Rei, che nella sua vita precedente diventa lei stessa un'ombra proprio come nel suo incubo.
Errori grammaticali non ne ho trovati, mi è saltata all'occhio solo una cosina ovvero "indicatagli" che dovrebbe essere "indicatale", siccome è femminile.
Sarebbe stato ridicolo abbassarti il punteggio della grammatica per questa cosa e in ogni caso il risultato non sarebbe cambiato.
I personaggi mi sembrano ben caratterizzati. Non ci ho trovato nessuna pecca e mi sembrano IC tutti quanti.
Parliamo dell'originalità. Mai avrei pensato alla bomba di Hiroshima. Mi hai davvero spiazzata. Trovo che tu abbia fatto un ottimo lavoro, sei riuscita a collegare un evento storico ad un sogno premonitore che ha "divorato" Rei e lo hai contestualizzato nel mondo di Sailor Moon... credo non potessi fare di meglio!
Inoltre ritengo che tu sia riuscita a centrare in pieno il tema del contest. Il tuo è l'incarnazione dell'incubo che diventa realtà. Perciò non posso che assegnare alla tua storia anche il premio extra  " The best nightmare".

Hai sviluppato il tutto in modo originale, su tre capitoli. All'inizio possiamo quasi pensare che le ombre siano dei veri e propri demoni, poi scopriamo invece che non sono altro che l'espressione delle persone alla vista di quello che porrà fine alla loro vita, quello che le "sgretolerà" e le trasformerà nell'ombra delle loro esistenze.
Gradimento personale... non poteva essere che un 10 su 10, per vari motivi:
- In primis hai toccato argomenti come la reincarnazione e le vite precedenti in cui la sottoscritta crede. Hai reso il tutto molto toccante poi con la storia tra Daiki e Rei ed il loro conseguente ritrovarsi in quello che è il presente.
- Mi sono commossa. Alla fine, mi son fatta un "piantino", non potevo non tenere da conto questa cosa. Mi hai emozionata nel profondo e anche un po' scossa perciò ti meritavi i tuoi dieci punti.
- Hai inserito Haruka e Michiru, la mia coppia preferita e non potevo che apprezzare u_u.
- Amo la storia e sono una fissata con la seconda guerra mondiale. Contesto storico che tu hai toccato.

Io, personalmente cambierei solo due cose per la pubblicazione sul tuo profilo della fic, ma questo sta a te deciderlo è solo il mio punto di vista ;D
Cambierei il corsivo. Non lo userei per il primo capitolo e non lo userei per tutto il terzo. Credo che possa in qualche modo spaesare... o almeno per come sono abituata io, sia chiaro. Se vuoi usarlo ti consiglierei di inserirlo solo nel secondo capitolo e nella parte relativa al passato di Rei nell'ultimo, anche se non ce ne sarebbe bisogno perchè hai costruito la storia in modo che si distingua bene ciò che è presente e ciò che non lo è (oltretutto nell'ultimo capitolo hai proprio fatto distinzione tra le diciture passato/presente); perciò a mio avviso non è necessario. :D
L'altra cosina è il "Mako-Chan" usato al di fuori del discorso diretto. Il Chan è vezzeggiativo informale, ci sta che Rei lo usi mentre si rivolge a Makoto ma nella narrazione credo sia più corretto evitarlo.

Questo è tutto. Mi è piaciuto tantissimo, complimenti davvero! Ho trovato il tutto molto curato e toccante!





GRAZIE INFINITE A KAT LOGAN E A VOI CHE SIETE GIUNTE/I SIN QUI. ALLA PROSSIMA!






 



   
 
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