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Autore: Rupertinasora2    24/02/2012    1 recensioni
[Sequel de "Il progetto segreto del Ministro della Magia"]
Hogwarts. I giorni della grande battaglia sono finiti ormai da anni, e tra le mura dell'accademia magica più famosa passeggiano i figli dei più grandi maghi che presero parte alla battaglia.
Dopo che Hermione ha scoperto il doppio gioco di Belial, e che Draco è morto per vendicare la sorte di Scorpius, la vita ad Hogwarts pare essere tornata alla normalità... solo per essere di nuovo stravolta.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dark, secret destiny '
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Capitolo 7
Confusione



Se uccidere è un dovere, perché non farlo senza odio?
[Avner]


Quella mattina il vento era già freddo, un segnale che quell’Ottobre sarebbe stato il preludio ad uno degli inverni più duri a cui Hogwarts era andata incontro, e non solo per il freddo. Nell’aria si respirava qualcosa di indecifrabile, ma capace di accapponare la pelle anche allo studente più scavezzacollo. In tutte le case si cercava di capire chi quell’anno avrebbe vinto la Coppa di Quidditch, chi la Coppa delle Case, ma c’era anche chi cercava di capire cosa stesse succedendo a tutti quanti, e cosa significavano certi cambiamenti nel corpo insegnanti.
Uno tra questi era James Hammer. Il Corvonero non faceva che cercare di capire come mai il migliore degli alchimisti era entrato al posto del vecchio professore di Antiche Rune, ma soprattutto come mai Mason si trovava lì. Di certo, non avrebbe creduto alla storia che il professore stava male, perché c’era chi sosteneva addirittura che il professore fosse stato brutalmente assassinato, ma erano solo delle supposizione, macabre supposizioni. No, Mason era lì per qualcos’altro. E lui avrebbe scoperto perché.
Lasciò la Sala Grande dopo aver fatto la sua sostanziosa colazione, ma soprattutto dopo che quasi tutti i professori ebbero lasciato il loro posti scuri in volto. Cercando di non dare nell’occhio, li seguì.
La professoressa Sullivan camminava spedita. Aveva i lunghi capelli castani legati in uno chignon perfetto, che le teneva in ordine tutti i capelli. Indossava una lunga tunica, che di certo non le metteva in risalto le belle forme. Parlava fitto fitto e a bassa voce con il professor Chase. La professoressa allungò una mano verso di lui, titubante, gli sfiorò il braccio ma poi si ritrasse verso di sé.
- Rose, non è possibile. E’ incredibile quello che mi hai detto- bisbigliò il professore.
La Sullivan sospirò, stringendosi nelle spalle.
- Credici, Will. E’ quello che mi ha detto John-
- Già inizio a odiarlo, quel pomposo. Vorrei proprio saperlo a lui chi l’ha detto- fece Chase, con una smorfia.
La Sullivan sorrise e scosse piano la testa.
- John è un grande mago, e sai bene come stanno le cose. Semplicemente dobbiamo capire come abbia potuto tutto sfuggirci di mano- rispose lei, con aria grave.
- Rose, andiamo. Quando mai abbiamo avuto le cose sotto controllo? E’ tutto inutile, quello che cerchiamo di fare. Avremmo dovuto negare il loro ingresso sin dall’inizio. Ecco perché cercai di oppormi con tutto me stesso, ma mi avete messo con le spalle al muro. Ora potrei sentirmi onorato solo dicendovi che avevo ragione, ma non c’è successo per aver previsto la disgrazia che sta succedendo-
Stettero in silenzio, continuando a camminare. Svoltarono in un corridoio poco distante. James si avvicinò al muro, e allungò le orecchie. Sentì il rumore di un tocco sulla porta.
Sentì la necessità di entrare. Lui doveva farcela. Che cos’era quella frase enigmatica del professor Chase, e cos’è che stava succedendo ad Hogwarts?
Agì d’istinto, unendo le mani, e poi imponendo su di sé una delle due. Si sentì un po’ frastornato, ma si guardò una mano. Fu contento di non vederla.
La porta si aprì. Ne era certo poiché ne sentì il cigolio dei cardini. Si tuffò nel corridoio e riuscì a entrare nella stanza prima che la porta si chiudesse dietro i due professori.
La Sullivan rabbrividì.
- Tutto bene?- chiese Chase, preoccupato.
- Sì, ho solo sentito…- guardò in direzione di James, e lui stette immobile, senza neanche respirare. – Mi sarò sbagliata. Sarà questa assurda situazione. Ho paura, Will-
- E dobbiamo averne!- s’intromise una terza voce.
James si voltò verso il punto da cui era uscita la voce. Lì, seduto su una poltrona c’era Mason. Il volto era segnato da molte rughe, e sia la barba che i capelli erano completamente bianchi. Sarebbe sembrato un vecchio lasciato ammuffire lì, che aspettava che la vita lo abbandonasse, facendosela scivolare addosso, se non fosse stato per quegli occhi che brillavano e esplodevano di vitalità, di avventura. Erano degli occhi che a James ricordarono la sua amica Evelyn, ma non riuscì a capire perché.
Il volto dell’uomo era illuminato dalla luce del mattino che entrava dalle finestre alte fino al soffitto della stanza. C’era un grande tavolo al centro della sala, era un tavolo ovale che occupava la maggior parte della sala, attorno al quale c’erano più sedie di quanti fossero i professori nella grande sala. Mason era seduto su una sedia ricoperta dal velluto rosso in quello che, se fosse stato rettangolare, sarebbe stato il capotavola. Aveva tra le labbra un grosso sigaro, uno di quelli per cui James andava pazzo, ma che tutti gli dicevano che puzzava, una mano era stretta in pugno sul bracciolo in legno di pioppo, mentre con l’altra tamburellava sull’antico tavolo dello stesso tipo di legno.
In effetti, a guardarsi intorno, tutta la stanza era arredata con mobili in legno massiccio. Gli enormi scaffali che si susseguivano su un’intera parete contenevano numerosi volumi, alcuni che parevano più vecchi di quelli della biblioteca.
Ovunque si guardasse intorno, James aveva l’impressione che quella era una stanza per delle discussioni importanti. Ottimo, così era sicuro che sarebbe stato più che interessante il discorso a cui stava per assistere.
Infine, entrò una ragazza dai capelli biondi, bassina ma magra, con dei grandi occhi castani che sembravano riempirle tutto il volto. Il naso era piccolo e con la punta un po’ all’insù, il labbro inferiore era più carnoso di quello superiore. I capelli erano legati in una coda che la sveltiva molto, ma quello che attirò di più James era il suo abbigliamento.
Indossava una tuta in pelle bordeaux, con stretta in vita una cinta, e sui fianchi pendevano i foderi decorati di alcuni pugnali, c’era anche qualche sacca legata, che conteneva qualcosa di strano. Da una spalla s’intravedeva l’elsa di una spada; riuscì a capire che l’impugnatura era forse d’osso, ricoperta da cuoio ormai consunto, nel pomolo era incastonata una pietra,  era d’un materiale che non riuscì a capire, forse metallo. Era una spada semplice, ma che si sfilava facilmente da dietro la schiena. Dai polsi della tunica in pelle uscivano delle specie di guanti, ma non riuscì a capire a che servissero, e gli stivali che le arrivavano al ginocchio erano bassi e comodi, probabilmente in cuoio.
Aveva un aspetto molto minaccioso, eppure aveva qualcosa di conosciuto. Era possibile che conosceva quella ragazza che pareva portatrice di morte?
Dietro di lei c’era la possente figura di Cloud. Entrarono e Cloud chiuse la porta dietro di loro, sedendosi in silenzio, come seguendo un muto ordine da parte di Mason.
Tutti quelli che erano in piedi si sedettero, e per qualche secondo non si sentì che il rumore delle sedie attraverso la sala. Al lato diametralmente opposto a Mason si sedette il preside di Hogwarts, che a occhio e croce doveva avere la stessa età del nuovo professore.
Ed infine il silenzio discese, rotto quasi subito dal vecchio Mason.
- Sapete bene tutti quello che è successo, ma sarebbe meglio conoscere l’intera vicenda. I protagonisti qui presenti della vicenda sono due, e vorrei ascoltare entrambi. Signorina Fowl?- invitò la ragazza a parlare.
James trattenne il fiato. Non ci credeva. Ecco chi era: Karin Fowl, del Tassorosso. Se non sbagliava stava al sesto o settimo anno, e l’aveva vista crescere. Era una ragazzina taciturna, sempre chiusa in se stessa, con l’aria assonnata, perennemente stanca, che di tanto in tanto si addormentava a lezione ma nessuno le diceva niente, e James non riusciva a capire come, ma andava bene in molte materie, e se la cavava nelle altre.
Ed ora, veniva a scoprire che Karin Fowl era una bomba sexy in quella tuta di pelle, armata fino ai denti. Ma il punto era: perché era vestita a quel modo?
- Successe tutto ieri, e tutto molto in fretta, devo ammettere-, esordì la cacciatrice. – Ero a fare la solita ronda, quella che mi permette di controllare che anche di notte non succeda niente. Questa sera toccava a me, e non agli altri. E così mi diedi da fare. Il perimetro da perlustrare è grande, e facilmente avrei potuto non vedere qualcuno che si infiltrava nei boschi. E alla fine, ho sentito un urlo. Era chiaramente un urlo di ragazza. Sono accorsa velocemente, il più velocemente possibile, e sono riuscita a salvare la ragazza in questione. Poiché le regole di Hogwarts sono chiare su questo punto, non ho potuto fare a meno di uccidere la vampira-, concluse spiccia, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Il silenzio calò su di loro. Ancora una volta fu Mason a interromperlo, chiedendo al professor Cloud di raccontare il ritrovamento del vampiro, e della sua uccisione, avvenuta mentre Karin stava accompagnando la ferita in infermeria. Cloud avvisò che due alunni avevano assistito, e disse chi erano.
La mente di James lavorava freneticamente su ciò che aveva intuito: ad Hogwarts c’erano i vampiri. D’accordo, la nuova politica elastica del Ministero, e quindi delle scuole, prevedeva anche l’insegnamento ad esseri non propriamente umani, come licantropi e vampiri, ma quello non era previsto. Un vampiro che attaccava. Chi era la ragazza? E come stava ora? Ma soprattutto, chi erano i vampiri? E come mai Mason aveva l’aria di chi la sapeva lunga ed era lì non solo per insegnare Antiche Rune?
Voleva presto dare una risposta a quelle sue domande, ma per il momento non poteva far altro che aspettare che Cloud finisse di parlare.
- La cosa strana, professore, è che nessun vampiro ha fatto alcuna mossa-, concluse Cloud.
Prima che chiunque altro potesse intervenire, Karin aggiunse: - I vampiri sono esseri dotati di molta pazienza, la stessa che li aiutati a sopravvivere nei secoli, con rancori millenari e odii altrettanto antichi. La vera domanda non è perché nessuno ha ancora agito, la domanda vera è cosa ha spinto Anne Hudgens ad attaccare la studentessa? Per un torto, o c’è qualcosa di peggio sotto?-
- I suoi compari che hanno detto?- chiese Mason atono.
- Ho parlato con Chris Watrin. Lui ha ammesso di non saperne niente-.
Chris e Anne erano due studenti di Hogwarts. Uno faceva parte dei Serpeverde, e l’altra se non sbagliava era una Grifondoro. Entrambi si isolavano spesso, e avevano pochi contatti con gli altri studenti di Hogwarts, per non dire rari.
E così, aveva scoperto che loro erano vampiri. Chiunque altro stava con loro, allora, era un vampiro? Probabilmente.
Vampiri e cacciatori. Ad Hogwarts. E senza che nessuno lo sapesse. Quello era un vero scoop, che avrebbe fatto rivoltare tutti i genitori, costringendoli a ritirare i ragazzi da scuola, come ai tempi di Voldemort. Chissà che ne avrebbe pensato Silente, il vecchio preside di Hogwarts; probabilmente si sarebbe rivoltato anche lui nella tomba.
James aveva sempre pensato che la nuova politica adottata dal Ministero era assurda. A suo non molto modesto parere era stata una follia, come mettere in una stessa gabbia galline e lupi. Acconsentire l’entrata anche dei vampiri, ad ogni modo, era stata una mossa molto sospetta da parte del Ministero. C’era in giro anche chi diceva che non era un’idea propria del Ministro.
- Ma allora, chi può aver costretto Anne a fare una cosa del genere? Io la conosco bene, essendo direttore della casa dei Grifondoro. Era sempre stata una ragazzina sulle sue, che non eccelleva in nessuna materia, eppure non mi sembrava una di quelle che assaliva gli umani per saziarsi-, espose il professor Chase, riscuotendo James dai suoi pensieri.
- Le regole di Hogwarts sono chiare in proposito, William- rispose piano l’anziano preside, - scegliamo tra i vampiri con molta accuratezza, e solo chi ha dato prova di enorme fermezza, e prova che non assaggiava sangue umano da secoli. Ovviamente, però, se metti un cioccolatino davanti a un bambino e gli dici di non mangiarlo, difficilmente il bambino riuscirà a non mangiarlo. E’ per questo che abbiamo chiesto ai cacciatori di inviarci i loro ragazzi migliori: per dissuadere i vampiri a fare mosse azzardate e sciocche. Se non fosse stato per la signorina Fowl, probabilmente a quest’ora la vittima sarebbe morta.-
- Ritorniamo quindi al punto di partenza. Anne Hudgens ha agito da sola, o è stata persuasa ad attaccare? Non possiamo neanche prendere sotto gamba le piccole faide tra i ragazzi della scuola-, continuò Mason. Aveva l’aria di chi ne sapeva di più di quanto ne volesse dare a vedere. – Non dimentichiamoci che sono intervenuto per puro caso, e per fortuna aggiungerei, a sedare una di quelle brutte risse da bar-. Si lasciò sfuggire un sorriso, lo stesso di chi la sapeva lunga, e James ci avrebbe scommesso che a suo tempo il mago era stato parte attiva nelle sue “risse da bar”.
- Staresti quindi insinuando che qualcuno abbia chiesto alla vampira di agire come per regolare i conti?- chiese stupita la professoressa Sullivan, sbattendo le lunghe ciglia su quei suoi grandi occhi color nocciola. Nonostante le rughe che tradivano che la donna stesse oltre la quarantina, restava sempre una bella donna.
Mason si piegò in avanti, e tutti parerono imitarlo.
- Al bar c’erano i Portbell, la Paxton, i Potter, l’intera squadra di Quidditch del Grifondoro, e Isabella Serinda Malfoy- asserì, contando i nomi sulle dita. – Cosa sappiamo noi professori degli intrighi amorosi degli alunni? E se anche quella rissa fosse una conseguenza di qualcosa avvenuto ancora prima? Ci metterei la mano sul fuoco sul fatto che dietro questa storia ci sono i ragazzi più influenti e scapestrati che abbia mai avuto tutti insieme Hogwarts!- esclamò infine, battendo il palmo sul tavolo.
Tutti trasalirono e si rizzarono.
- Ma noi cosa possiamo fare?- chiese Chase. Dall’aria sembrava che voleva piangere perché si era trovato tra capo e collo in una di quelle situazioni scomode che avrebbe volentieri evitato.
Mason si lasciò sfuggire un sorriso pieno di soddisfazione verso se stesso.
- Ho pensato anche a questo. Se dietro la Hudgens c’era qualcuno che non è un vampiro, allora dovrà solo aspettare di conoscere i fatti. E allora attenti, miei cari colleghi, perché tutti saremo in pericolo-
- Chi è stata ferita a morte?- chiese con una vocina sottile e stentorea la professoressa Sullivan.
Il silenzio dopo la domanda si fece teso, l’aria così densa che pareva tangibile. Tutti parevano conoscerne la risposta, ma James no, ed era molto curioso di conoscerne la risposta.
- La signorina Portbell- rispose piano Eleanor Lancaster, che era rimasta tutto il tempo nell’ombra.
James non riuscì a non trattenere rumorosamente il fiato. Tutti si voltarono verso di lui. James stette immobile, incrociando però lo sguardo di Mason.
- Mi chiedevo quando ti saresti fatto avanti, alchimista- affermò con una voce divertita. Si alzò e lo raggiunse. Impose la sua mano su James, come prima James aveva fatto con se stesso. Si sentì passare addosso un bel po’ d’acqua gelida, ma in realtà era completamente asciutto. Asciutto e visibile.
Sorrise imbarazzato, sotto lo sguardo di disappunto dei suoi professori. Intravide la Fowl serrare la mascella. Probabilmente non avrebbe gradito che qualcun altro conoscesse il suo vero ruolo nella scuola.
Mason gli fece segno di sedersi, e lo accompagnò alla sua sedia. Tornò poi a sedersi.
- Bene. Ora che siamo tutti in grado di vedere chi parla e ascolta, vuoi per caso illuminarci sulle vicende che coinvolgono i tuoi compagni?- chiese Mason, non riuscendo a reprimere un accenno di riso.
James prese un bel respiro. Non aveva alcuna intenzione di farsi intimorire da un paio di mummie stantie che erano abituate a stare solo dietro la loro scrivania.
- Per quello che so io, e credetemi, so davvero poco, Angel Portbell e James Potter stanno insieme. Probabilmente è tutta una messa in scena da parte del fratello di lei, Murtagh, che conosco personalmente. E’ una persona che, a mio parere, non proprio modesto, fa pena. E’ un tipo che se può ignorare le regole, lo fa; se può prendere in giro qualcuno calandogli le mutande in mezzo ai corridoi, lo fa; se può dare cazzotti a destra e a manca, beh, non si lascerà di certo sfuggire l’occasione.-
- Stai per caso suggerendo che c’è lui dietro ciò che è accaduto a sua sorella?- domandò il preside, assottigliando lo sguardo. James si disse che non capiva una parola di quello che voleva dire.
- No.- Prese un respiro profondo, e poi ci riprovò. – Murtagh Portbell è una testa calda, è vero, ma ha il “culto” della famiglia, diciamo. Credo che sia molto legato a lei, e quando lei gli disse che stava con Potter, lui andò così sulle furie che ho temuto un duello di magia. Ma, no. Non è stato lui a far ferire la ragazza da una vampira.-
Rose Sullivan aggrottò le sopracciglia.
- Un attimo. Credo di essermi persa. Stai dicendo che poteva essere lo stesso Murtagh Portbell a far ferire la sorella ma che in realtà non lo è?-
James la guardò. Probabilmente aveva capito, ma non voleva accettare ciò che James suggeriva.
- No, ma pensateci. Murtagh non sopporta l’attuale ragazzo della sorella, e credetemi, quando è così, non ci penserei due volte a dire che anche da parte di Potter c’è poca simpatia per Murtagh Portbell.-
- Quindi dev’essere stato il signor Potter?- chiese Cloud, anche lui perplesso.
- No-, intervenne la Fowl. Aveva una voce piatta, gelida, così come il suo sguardo. – E’ stato qualcuno che odia sia Potter che Portbell-
- Bingo!- esclamò James Hammer, saltando quasi sulla sedia e battendo il palmo sul tavolo.
Mason lo osservava attentamente, massaggiandosi la barbetta bianca che gli copriva il mento, e sorridendo divertito sotto i baffi. James lo ignorò, anche se gli dava fastidio tutto quel suo divertimento.
James, però, non aggiunse altro, e la stanza ricadde per l’ennesima volta nel silenzio.
Mason prese un profondo e rumoroso respiro.
- Mi dispiace avvisarvi, professori, che il signor Hammer ci ha appena dato i compiti a casa!- rise di gusto, gettando la testa all’indietro. Tutti, compresi la cacciatrice e l’alchimista, si  guardarono l’un l’altro. – Beh, che aspettate?- esplose poi Mason, - i ragazzi aspettano i loro insegnanti per le lezioni-
Si alzò come per dare il buon esempio.
Tutti titubanti si alzarono e uscirono uno alla volta. Mason chiamò la cacciatrice e Cloud, e chiese loro di restare ancora, così come per Hammer e il preside.
Una volta che loro cinque furono soli, Mason tornò con aria grave.
- La situazione non è ancora disperata, ma dobbiamo evitare il peggio. Milo, ti consiglio di aiutare la signorina Fowl a sedare qualsiasi protesta da parte dei vampiri, anche se probabilmente tutti ignoreranno per il momento l’accaduto. E date un’occhiata anche ai licantropi, sapete, per evitare che si ripeta l’accaduto-
I due annuirono e poi uscirono dalla stanza.
Restarono solo loro tre, e James iniziò a pensare che Mason si era dimenticato che gli aveva chiesto di restare.
- William-, fece Mason al preside, - non credi bisogna prendere dei provvedimenti?-
Il preside, che per tutto quel tempo, era rimasto pressoché silenzioso e pensoso, annuì.
- John, non ho proprio idea di come le cose stiano. Se il signor … Hammer ha ragione, si tratta di espulsione, e anche di accusare un minorenne di un’azione deplorevole che gli cambierà per sempre la vita-.
- Non penso che sia stato un qualcosa venuto da fuori- disse Mason a bassa voce, anche lui scuro in volto.
James guardò entrambi, a turno, ma quelli non aggiunsero altro.
- Un attimo, che significa da fuori?- chiese loro.
Mason alzò lo sguardo.
- Hammer!- esclamò con la sua voce burbera. – Che ci fai ancora qui? Vai, su. Vai a lezione-.
James si alzò controvoglia e si avvicinò alla porta.
- Ah, Hammer. Stasera sei in punizione, e tutte le sere per un mese. Sono escluse anche le visite a Hogsmeade-. James aprì la bocca per replicare. – La prossima volta ti fai i fatti tuoi e vai a lezione anziché seguire i professori e renderti invisibile con un banale e mal riuscito trucco di alchimia-
James lo guardò annoiato e si chiuse la porta dietro.
Battè più volte gli occhi. Merlino, quella giornata era iniziata davvero bene.
Proprio in quel momento passò di lì Crystin Monaghan, probabilmente diretta a Erbologia. Con la scusa che doveva andare anche lui lì, la chiamò.
Lei si voltò, e gli sorrise. James non potè fare a meno di pensare che fosse la ragazza più carina che avesse mai visto.
Ci ripensò. La giornata era iniziata bene, e stava per migliorare.



***



- James! James!- urlò trafelata la voce di un ragazzo.
James Potter planò e parlò con quella persona. Bella ancora giocava, ma tenne d’occhio il capitano. Quella distrazione le costò l’errore di farsi togliere la pluffa almeno un paio di volte.
Planò anche lei quando vide James correre verso la scuola.
- Ehi!- chiamò l’attenzione del ragazzo. Da vicino vide i colori della casa di Tassorosso. – Ehi, che è successo?- chiese, curiosa di sapere il motivo per cui James stava correndo verso la scuola.
- Emma mi ha incrociato nei corridoi. Ha detto che non ce la faceva ad avvertire James, per cui l’ha lasciato detto a me-
Bella annuì, e capì che c’era qualcosa sotto. Emma era la ragazza di Murtagh, che odiava a morte James perché era il ragazzo di Angel.
- Potrei sapere che gli hai detto?-
Il ragazzo si strinse nelle spalle. – E a te che importa?-
Bella si sentì il sangue salirle fino al cervello. Era sicura che qualche vena pulsante era visibile sulla sua fronte.
- M’importa, sì, perché il mio capitano, nonché migliore amico, ha appena lasciato di corsa il campo da Quidditch, cosa che non fa mai. Quindi, o parli, o ti affatturo-, replicò con un tono minaccioso che non ammetteva repliche.
Il ragazzo fece un passo indietro. In quel momento Bella era tanto carina quanto pericolosa.
- Emma mi ha detto che qualcuno caro a James era finito in infermeria, ed era molto grave-.
Bella sbiancò. Nemmeno ringraziò il ragazzo, e subito si fiondò sulla scia di James. Era allenata nelle lunghe corse, perché ogni mattina (tempo permettendo) correva lungo buona parte del perimetro del grande castello.
Nella sua mente credé di vedere in quel bianco letto dell’infermeria, adagiato e cereo in volto, Albus, e poi la piccola Lily. Scacciò via quei pensieri, raggiungendo trafelata l’infermeria.
Entrò. Era mattina presto, e nella scuola non c’era nessuno, o meglio, tutti andavano a fare colazione, e nessuno aveva saputo niente.
La sala era vuota. Qualcuno però piangeva.
Si avvicinò alla persona nascosta che piangeva. Raggiunse un letto quasi in fondo alla corsia. Trattenne il fiato, vedendo James inginocchiato per terra.
- James!- esclamò con un filo di voce. Per un attimo rivide le sue paure più grandi. Uno dei Potter non poteva finire in un letto d’ospedale, con ferite gravi. Nella sua mente, le immagini più brutte e le situazioni più irrecuperabili si susseguirono, facendole perdere quasi tutte le forze.
Si avvicinò a lui e gli sfiorò la spalla.
Solo allora James si accorse di lei. Cercò di parlare, ma non ci riuscì. Aveva la bocca impastata dalle lacrime, le guance rosse e bagnate, gli occhi gonfi. Per un attimo credé che quel ragazzo non era lui.
- E’…è tutta colpa mia, Bella..- sussurrò tra un singhiozzo e l’altro.
Non seppe dove, ma Bella riuscì ad abbracciarlo, a stringerlo a sé in quello struggente attimo in cui ogni parte del corpo di James urlava e chiedeva aiuto.
Lo strinse forte, sentendo le spalle tremare sotto il peso di quel pianto, le membra che andavano stancandosi. Posò il volto sul suo petto. Bella non lo rimproverò, ma al contrario lo lasciò sfogare. Gli accarezzò i capelli, e trattenne le lacrime d’emozione nel vederlo piegato a quel modo. Chi c’era stato su quel letto? Chi adesso era stato portato da qualche altra parte.
- Chi..?- domandò lei, ma non ebbe il coraggio di continuare.
Come avrebbe dovuto continuare? Cosa avrebbe potuto domandargli?
- E’ colpa mia, Bella. Tutta colpa mia!-
L’attirò a sé, stringendole forte le braccia, tanto da farle male. Ma ancora non gli disse niente.
Sentì dietro di lei dei passi svelti.
- Cos’è successo?-
Bella alzò lo sguardo verso chi aveva parlato. Aveva una voce troppo uguale a quella di Albus. Quindi era Lily a stare male?
Si voltò, e sbiancò quando vide entrambi i fratelli di James sani e in piedi, preoccupati.
Bella stava per replicare, quando James guardò Albus.
- E’ colpa mia. Le avevo detto che era finita, le avevo detto che non potevo continuare. Al, Angel ha tentato il suicidio!-
Albus sbiancò, e si dovette sedere. Si guardò intorno, e parve riconoscere il posto dove si trovavano.
Per un attimo, il silenzio era rotto solo dal pianto interrotto di James.
- Bella, riesci ad aiutarmi a portare James di sopra? Credo che abbia bisogno di riposo. Non ha dormito per niente stanotte-.
Bella non replicò, né rispose. Annuì con le testa.
Albus l’aiutò a liberarsi dalla feroce stretta di James, ed insieme lo sollevarono. Lily gli asciugò con un fazzolettino il viso e tutti e quattro raggiunsero la sala comune dei Grifondoro. Prima di entrare attesero che la maggior parte uscisse per poi entrare e fare come se nulla fosse.
Bella adagiò con cura James sul letto, che subito si raggomitolò e scivolò pian piano nel sonno quando fu stanco di piangere.
- Accidenti, credo sia meglio andare a seguire le lezioni, o si chiederanno che è successo- fece Albus, aggiustandosi gli occhiali sul naso. – Vieni Lily. Bella, tu resti con lui?-
Bella fu scossa dai suoi pensieri. Lo guardò e annuì piano.
- Sì. Quando hai un po’ di tempo, poi, dammi il cambio. Non ce la faccio a lasciarlo solo, non in queste condizioni-, si ritrovò ad ammettere.
Lily si piegò e lasciò un bacio sulla guancia del fratello.
- James, andrà tutto bene. Se è al San Mungo, se la caverà sicuramente- cercò di rincuorarlo.
James, però, riposava placidamente. Bella non era neanche sicura che l’avesse sentita.
Lily seguì Albus, e chiuse la porta dietro di sè.
Bella rimase così sola nella stanza di James. C’erano solo loro due, e si sentì andare le gote in fiamme. Eppure, quella situazione era ancora più imbarazzante, soprattutto dal momento che James piangeva e si disperava per Angel.
Fino a quel momento non aveva avuto il tempo di pensare a quello che James le aveva confessato, ed ora aveva paura di illudersi, di infondere in se stessa false speranze. Con la rottura del fidanzamento con Angel, James sarebbe stato assaltato da quelle che scherzosamente lei e la sorella definivano sue “fan”. Dentro di lei sentì salire un moto di ribrezzo verso tutte quelle che avrebbero gioito del dolore di James. Lei sola poteva sapere cosa James stesse provando, lei sola gli stava accanto, e non voleva che finisse tra le braccia sbagliate.
Passò un po’ di tempo prima che James si svegliasse. Si guardò intorno, e notò la figura snella di Bella appoggiata alla parete accanto alla finestra, che guardava silenziosa il paesaggio fuori. Il cielo si era coperto di plumbee nubi, che minacciavano di pioggia.
- Bella…- la chiamò mettendosi a sedere.
Bella trasalì, e si voltò. Era pensierosa e scura in volto, ma subito il suo volto si illuminò quando gli sorrise.
- Sei sveglio. Non me n’ero accorta-
James sospirò, e le fece segno di sedersi accanto a lui.
Bella si avvicinò con calma, e si sedette su un angolino del letto. Non voleva approfittarne. Gli prese una mano e la strinse tra le sue, iniziando a carezzarla dolcemente.
- Sei più calmo ora? Mi hai fatto spaventare prima-.
- Mi dispiace-, rispose lui, abbassando lo sguardo.
Da ché si era svegliato, non aveva ancora sorriso. Per quanto conoscesse James, seppur da poco, non l’aveva mai visto così avvilito.
- Non dispiacerti per me. Piuttosto, dimmi tu. Come ti senti?- chiese, allungando una mano verso il suo viso. Dolcemente lo voltò per il mento, costringendolo a guardarla negli occhi.
- Male, Bella. Mi sento molto male. Io..-
Serrò la mascella, e strinse la mano che ancora teneva stretta alla sua.
- Mi sento terribilmente in colpa.- Sembrava che volesse piangere, ma non lo faceva. – Sai, quando hanno iniziato a minacciarti…a minacciare te, mio fratello e tutta la squadra di Quidditch, pensavo che Portbell non facesse sul serio. Probabilmente ora sarà ancora più furioso, ma almeno sarà felice che non mi avvicino più a sua sorella-
Bella aggrottò la fronte.
- Che stai dicendo, James?-
Gli passò la mano dal mento alla fronte, preoccupata che stesse delirando per la febbre. Lui la allontanò stizzito.
- Sto dicendo che ho lasciato Angel perché non potevo continuare a vivere nel terrore che il fratello potesse far del male a qualcuno a me vicino. Murtagh è un pazzoide, un tipo pericoloso, un folle. E guai a chi gli tocca la sorella se non era stato da lui deciso. Inoltre, tra me e Angel già non funzionava più da un po’-. Stette in silenzio per un po’, in attesa che Bella chiedesse o dicesse qualcosa. Poiché la ragazza non parlava, continuò. – Proprio ieri sera ci siamo dati appuntamento, approfittando del fatto che non ero più costretto a rimanere rinchiuso in infermeria. Lei era già pallida, come se s’aspettasse un discorso come quello che le ho fatto-. Sospirò a fondo, e rise per allentare la tensione. – Ma perché parlartene, magari ti sto annoiando! Sono uno sciocco, scusa-.
Bella scosse la testa.
- Oh, no James. Ti prego, continua. Se può farti stare meglio, ti prego, preferisco che ne parli con me piuttosto che con chi potrebbe non capirti-.
James scosse la testa.
- Capirmi? Come puoi capirmi?- chiese, un po’ maldestro.
Bella si sentì il cuore balzarle nel petto. Strinse le labbra, e inspirò a fondo.
- Ti capisco, James, perché anche io sono stata tanto innamorata di una persona, ma non è andata avanti perché non poteva continuare, perché ci siamo accorti che, crescendo, non eravamo fatti per stare insieme ma per essere solo amici-, replicò all’accusa di James.
Il ragazzo si scusò piano.
Bella attese che continuasse, ma James non aggiunse altro. Quel ragazzo saggiava duramente la sua pazienza. Anche se voleva che James si sfogasse con lei, ora lui l’aveva lasciato con tanta curiosità, e lei voleva solo conoscere tutti i fatti, sapere i particolari per filo e per segno. Non voleva, però, costringerlo a parlare di qualcosa che magari non voleva.
Sussultò quando James si sporse verso di lei, le loro labbra talmente vicine che nella mentre di Bella risuonava solo il desiderio che lui la baciasse.
- Mi dispiace averti detto che non potevi capirmi. Angel è stata la prima persona che sono riuscito ad amare veramente, la prima persona che è riuscita a comprendermi, e a darmi molto più di quanto le avessi mai chiesto. Le cose, però, sono degenerate. Da un po’ sentivo che il suo attaccamento non era sincero, era un attaccamento morboso, e la nostra relazione è presto andata a gambe all’aria. Stavamo insieme solo perché nessuno dei due voleva ferire l’altro-.
James si passò entrambe le mani nei capelli neri e arruffati.
- Sapevo di farle del male a prendere in mano la situazione, anche a me ha fatto male dover ammettere che le cose non funzionavano più, ma non credevo che sarebbe stata così disperata da tentare addirittura il…- si morse il labbro inferiore scuotendo la testa. – E’ tutta colpa mia, Bella. Non me lo perdonerò mai-
Bella ebbe un tuffo al cuore, gli afferrò con vigore le spalle e lo scosse.
- No, James! Non è per niente colpa tua se Angel non vuole aprire gli occhi e ammettere che tutto quello che le hai detto è vero! Non metto in dubbio che tu l’amavi, né che lei ti amava, ma se tra voi non c’era più l’attrazione di prima, James, allora il vostro non era quell’amore capace di legare per sempre due persone. E se lei non ha capito quello che hai fatto, ovvero che le hai reso un favore lasciandola libera di cercare chi è capace di renderla felice non uno, due o tre giorni, ma per tutti i giorni della sua vita, allora è lei che non ha capito niente! James, renditi conto che non è colpa tua se Angel ha tentato il suicidio. Non capisci che è disperata quanto te? Magari ama le azioni eclatanti, magari è il suo modo di chiedersi se è ancora capace di provare qualcosa dopo di te. Il problema è suo, James, non tuo. Non puoi ammalarti per la sua incapacità di andare avanti!-
Bella sputò tutto quello che aveva dentro, cercando di scuotere James da quel torpore in cui era caduto, da quell’ipocondria di cui era diventato vittima. James, semplicemente, non vedeva con occhi chiari e mente lucida quanto Angel fosse melodrammatica, e lei voleva farglielo capire.
James la allontanò con uno strattone così forte da farle perdere l’equilibrio e finire seduta al centro del grande letto dalla trapunta rossa.
- Come puoi essere così insensibile? Bella, mi hai completamente deluso!- esclamò James alzandosi.
Bella rimase a bocc’asciutta, senza capire di cosa la stesse accusando.
- Non puoi dire questo di Angel. Tu non hai idea di ciò che abbiamo passato insieme. Tu non puoi parlare!-
- James, lo so che non sono stata una presenza nella tua vita…-
- Tu non lo sei mai stata!- esclamò lui, interrompendola. – Tu non sai niente di me, Bella. Avevi detto che capivi quello che provavo, e invece sei insensibile, arida, come tutti i membri della tua famiglia! Voi non sapete cos’è davvero l’amore! Amore? Tu dici di aver amato qualcuno? Credo piuttosto che tu abbia amato solo la sua posizione sociale e i suoi soldi, è questo che sei in grado di fare. Sei una fottuta aristocratica!-
Bella si sentì rivolgere addosso tutte quelle accuse, vomitate con una veemenza e una forza tale da riuscire a spezzarle il cuore. E quando James mise in dubbio i sentimenti che lei sapeva di provare, le lacrime raggiunsero i suoi profondi occhi blu.
Si alzò dal letto e raggiunse in fretta la porta.
- Vai a quel paese, James Sirius Potter. Sei tu quello che non ha capito niente di me. Sei confuso, e perciò ti perdono tutto quello che hai detto: che non provo niente. Parli e sputi sentenze sulla mia famiglia, ma tu non conosci la mia famiglia. Chi te ne dà il diritto di giudicare? Prima di parlare, apri gli occhi, smettila di piangerti addosso, e capisci che tra me e te, in questo momento, sono io quella ferita-.
Senza dargli tempo di replicare, sbatté la porta dietro di sé e corse verso il dormitorio delle ragazze. Si chiuse la porta dietro di sé, e si abbandonò ad un pianto ferito, stringendo il suo cuscino, e piangendo per tutto il sentimento che provava per James. Se non l’avesse voluto così bene, probabilmente se ne sarebbe infischiata delle sue accuse, ma per ora non riusciva a perdonarlo. Gli aveva detto di averlo fatto, ma dentro di sé sapeva che sarebbe stato difficile farlo per il momento.




  
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