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Autore: Alexandra_ph    25/02/2012    2 recensioni
Questo racconto natalizio è stato scritto nel dicembre 2005: dopo FWFS Harm è a Londra, Mac a S.Diego...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non aveva alcun motivo per farlo, sapeva bene che lui non ci sarebbe stato, eppure era stato più forte di lei e nel sentire per l’ennesima volta la porta che si apriva, aveva esitato un attimo ma poi si era voltata di nuovo, benché la funzione fosse già iniziata.

Il reverendo Turner aveva appena incominciato a parlare, tuttavia anche lui s’interruppe per una frazione di secondo, sorridendo benevolo in direzione dell’ultimo ritardatario.

Quando si voltò e lo scorse in piedi, sul fondo della chiesa, intento a scrutare le schiene dei presenti, nonostante tutto non poté fare a meno di sorprendersi e trattenere il fiato, con il cuore che sembrava esploderle nel petto.

Non appena lui la vide sembrò che la sua ricerca fosse terminata; si diresse immediatamente dalla sua parte, percorrendo la chiesa dal lato della navata destra, mentre il reverendo proseguiva nel sermone natalizio che lei, invece, faticava a seguire. Era consapevole unicamente dei passi che udiva (o immaginava soltanto?) avvicinarsi. Quando lo sentì sedersi al suo fianco, si rese conto d’essere tornata a respirare, anche se il cuore continuava a  martellare come impazzito.

Piegò leggermente il capo verso di lui e gli sorrise. Lui fece altrettanto, riscaldando immediatamente col solo sorriso il suo corpo, che fino a quel momento era come ghiacciato. Ma non si limitò a quello: quasi fosse un ragazzo  che nel buio di un cinema ricerca per la prima volta il contatto con l’innamorata, le prese una mano e gliela strinse dolcemente. A lei bastò quel gesto, perché quella notte diventasse magica e si riempisse il vuoto che aveva dentro da mesi.

Fu consapevole della sua presenza per tutta la durata della funzione.

Percepiva il suo calore nel punto in cui i loro corpi si sfioravano e sentiva il suo sguardo su di sé. Durante i brevi momenti di raccoglimento, nel silenzio della chiesa, aveva captato persino il suo respiro.

Come mai era a Washington? E perché non gliel’aveva detto? Era stata una decisione improvvisa, dell’ultimo momento?

Lo osservò di sottecchi, soffermandosi sulle sue labbra: erano così perfette, piene e ben delineate a celare quel suo sorriso tanto intrigante. Ma lei le ricordava anche tanto morbide sulle proprie e desiderava disperatamente poterle baciare ancora.

Per un attimo, consapevole dell’indirizzo che aveva preso la sua mente – e proprio durante la funzione della notte di Natale! – si sentì quasi in colpa; poi si disse che era innamorata dell’uomo al suo fianco, che lo amava con un’intensità tale da resistere persino alla distanza che li aveva separati per gli ultimi nove mesi e pertanto non avrebbe dovuto sentirsi irriverente se lo desiderava tanto. Neppure se quel pensiero le era venuto in mente in una chiesa, durante una celebrazione. Del resto non era stato proprio Dio a pensare e generare l’Uomo come una “macchina” tanto perfetta e unica, dotata di “ingranaggi” speciali tra cui il desiderio e l’attrazione fisica? Nel suo caso il desiderio non era neppure fine a se stesso, ma andava ben oltre e comprendeva un sentimento molto profondo che Dio non avrebbe potuto che approvare.

Formulò questo pensiero mentre lo osservava sorridere e stringere la mano a vecchi amici che, al termine della funzione, si erano avvicinati per salutarlo.

Uscirono attorniati da persone che non vedevano da mesi, ma che erano sempre rimaste nei loro cuori; lei, che era stata già a casa di Bud e Harriet prima della funzione e che quindi aveva già rivisto tutti, tentò di lasciarlo al centro dell’attenzione, invece lui la volle accanto a sé, quasi fossero una sola entità.

Salutarono ognuno dei presenti, chi con un sorriso, chi con una stretta di mano, chi con un abbraccio, scambiandosi gli auguri di Natale; poi, poco alla volta tutti si allontanarono, lasciandoli soli sui gradini della chiesa.

“Siamo rimasti solamente noi due…”, disse lui, guardandola negli occhi.

“Sembra proprio di sì”, rispose lei, incrociando il suo sguardo. Le luci all’interno della chiesa erano state spente e soltanto un lampione poco distante illuminava la strada.

Era una notte di Natale molto fredda, ma serena e luminosa; la luna piena sembrava una grande moneta d’argento, che brillava in un cielo trapuntato di stelle. Eppure lei non vedeva altro che la luce dei suoi occhi chiari che la fissavano intensamente.

Sentì la sue dita sfiorarle una guancia gelida e il suo tocco, caldo e delicato, quasi una carezza, la sorprese: spostò lo sguardo per un attimo verso la sua mano, trovando quel gesto molto intimo; poi ritornò a guardarlo negli occhi, proprio mentre lui avvicinava il volto al suo. La mano dalla guancia scivolò lenta verso la nuca, imprigionandola dolcemente.

“Buon Natale, Mac” sussurrò lui, un secondo prima di posare la bocca sulla sua.

Fin dall’inizio non fu un semplice sfiorarsi, ma un bacio caldo, intenso, appagante. La sua lingua le lambì le labbra, esigendo che le schiudesse per lui e non appena lo fece si sentì invadere dal suo calore e dal suo sapore, mentre la mano tra i suoi capelli la tratteneva a sé.

Quando la lasciò andare si sentì come persa, privata di qualcosa. Lo guardò negli occhi e scorse nei suoi un’intensità che quasi la sopraffece.

“Buon Natale, Harm” mormorò in risposta, stregata da quello sguardo.

Lui sorrise e confessò, alludendo al bacio:

“E’ da quando ti ho vista che morivo dalla voglia di farlo…”.

Non riuscì neppure a rispondere, un’infinità di emozioni e pensieri la stavano travolgendo.

“Hai la tua auto o sei venuta con qualcuno?”, domandò lui.

“Con Bud e Harriet… ma se ne sono andati…” disse stupita, quasi se ne fosse resa conto solo in quel momento.

“Vieni,  ti accompagno io” e la prese per mano, incamminandosi lungo la strada.

“Non serve che ti disturbi, posso chiamare un taxi”.

“A quest’ora? E rinunciare ad un passaggio sulla mia Corvette?”.

“Sei qui con la Corvette?”.

“Sono arrivato direttamente dall’aeroporto in taxi, ma avevo chiesto a Sturgis di portarmela…”.

“Non vedi l’ora di guidarla, vero?”, chiese lei con un sorriso.

“Già… “ rispose, aprendole la portiera per aiutarla a salire. Poi girò attorno all’auto, la raggiunse e mise in moto, mentre lei lo osservava compiere gesti che gli aveva visto fare molte volte, ma che in quel momento aveva come l’impressione di scoprire per la prima volta.

Possibile che le fosse mancato così tanto?

“Non mi hai detto che saresti tornato a casa per Natale…” disse lei, mentre lo osservava guidare rilassato. Aveva parlato più che altro per spezzare il silenzio che la stava agitando nel profondo e non aveva realizzato ciò che aveva detto; essergli di nuovo accanto, dopo molti mesi di lontananza e dopo essere stata baciata a quel modo, stava mettendo a dura prova i suoi nervi già tesi.  Quando si rese conto di aver detto “casa” dando per scontato che anche lui considerasse ancora Washington come casa sua, si corresse immediatamente:

“Washington, intendevo”.

Lui si voltò e le sorrise:

“Ho deciso solo ieri di tornare a casa per Natale”.

Con un moto di gioia che lei stessa trovò esagerato osservò che volutamente aveva sottolineato  la parola “casa”.

“Come mai?” domandò, cercando di mantenere un tono neutro e distaccato, senza tuttavia essere sicura di riuscirci. Moriva dalla voglia di sapere che cosa fosse successo.

“Sono cambiate alcune cose e se ne sono chiarite altre…” rispose lui, restando sul vago. Troppo per soddisfare la sua curiosità. Ma non doveva insistere, altrimenti lui avrebbe capito i suoi sentimenti.

“Quando ripartirai per Londra?”.

“Ho un volo prenotato per la sera del 1 gennaio…”.

“Andrai da tua madre in questi giorni?”.

“Credo che le farebbe piacere vedermi.”.

“Certo, lo credo anch’io. E anche  Mattie sarà felice di rivederti.”.

“Mattie è via con suo padre…”.

“Oh, capisco… Allora per questa notte tornerai in North of Union Station?”.

“Non credo. E’ ancora affittato.”.

“Ti ospiterà Sturgis?” chiese di nuovo, senza neppure accorgersi che lui aveva smesso di guidare e che da alcuni minuti si trovavano sotto casa sua.

Si voltò verso di lei con un sorriso sulle labbra, divertito da quella raffica di domande e trovando strano vederla tanto imbarazzata e vulnerabile. Di solito era più spesso lui a sentirsi così con lei…

“A dire il vero speravo che fossi tu ad ospitarmi, almeno per questa notte.”.

“Io?”

“Sì, tu. Non ospiteresti un amico che non ha dove dormire la notte di Natale?” le chiese, sfoderando il suo sorriso più seducente.

“Ma certo. E’ solo… è solo che mi cogli impreparata…”.

“Se non ricordo male il tuo divano è comodo. E certamente è più caldo della mia Corvette” continuò lui, prendendola in giro.

“Al mio divano mancano come minimo venti centimetri per contenere le tue gambe lunghe!” obiettò divertita.

“C’è sempre il letto…” aggiunse provocante, avvicinandosi pericolosamente. Si fermò a pochi centimetri dal suo viso e rimase ad osservarla.

“Spiritoso!” disse lei, per stemperare l’imbarazzo. E per trattenersi dal baciarlo. Le era così vicino che sarebbe bastato voltare leggermente il capo per incontrare le sue labbra…

“Allora?”, le chiese, avvicinandosi ancora di più al suo orecchio e sussurrando la domanda come se non volesse farsi sentire da nessuno, “mi fai salire?”.

Il suo respiro le sfiorò il collo, trasmettendole brividi ovunque.

Perché si stava comportando così? Sembrava quasi che volesse prendersi gioco di lei…

“D’accordo. Vada per il mio divano. Ma domattina non osare lamentarti d’aver dormito male!” e dicendo ciò si costrinse ad uscire dall’auto.

Aprì il portone d’ingresso nel frattempo che lui recuperava la sua sacca da viaggio. Mentre salivano in silenzio verso il suo appartamento, la sua mente vagava e si poneva una domanda dietro l’altra.

Perché era tornato così all’improvviso?

Quali cose erano cambiate e quali gli si erano chiarite?

Come mai voleva che fosse lei ad ospitarlo e, soprattutto, perché si stava comportando a quel modo?

Perché l’aveva baciata? E perché le aveva detto che moriva dalla voglia di farlo? Perché sembrava che stesse flirtando con lei?

Mesi fa, quando i loro incarichi erano cambiati e si stavano accingendo a partire, l’uno per Londra e l’altra per S.Diego, non aveva fatto né detto nulla per fermarla.

Perché ora sembrava che tutto fosse cambiato?

Ma poi, tutto cosa?

Possibile che non fosse ancora abituata al suo modo di fare? Possibile che sperasse ancora? Era davvero possibile che il suo cuore attendesse per l’ennesima volta di sentirgli dire quello che sognava da anni?

Ne aveva abbastanza. Questa volta avrebbe chiarito le cose, una volta per tutte.

Lo fece entrare nell’appartamento e poi, toltasi scarpe e cappotto, lo abbandonò in soggiorno e cominciò a muoversi frenetica, per recuperargli l’occorrente per farlo dormire sul divano.

Lui era rimasto immobile, la sacca da viaggio ai suoi piedi, ad osservarla vorticare nell’appartamento. Gli sembrò che il suo umore fosse improvvisamente cambiato, ma gli sfuggiva il motivo di quel cambiamento repentino.

“Mac…” tentò di fermarla, ma lei gli depose tra le braccia cuscino e coperta e poi sparì nuovamente, senza degnarlo di uno sguardo.

“Mac…” chiamò ancora, senza ottenere risposta. Allora depositò sul divano ciò che lei gli aveva messo in mano e andò a cercarla. La trovò in camera da letto, davanti ad un cassetto aperto.

“Mac…” .

Lei non rispose. Tirò fuori dal cassetto delle lenzuola azzurre e cercò di ficcargli in mano anche quelle. A quel punto lui le bloccò il polso con una mano, buttando le lenzuola sul letto poco distante.

“Mac, fermati! Che ti succede?”.

“Nulla”, rispose finalmente.

“Se non volevi avermi per casa, bastava che me lo dicessi” aggiunse lui.

“Dovevo dirtelo? Che cosa avrei dovuto dirti?”, lo aggredì lei. “Che temo di non riuscire a dormire, sapendoti sul divano a pochi passi da me? “, continuò alzando la voce, “Che vorrei averti nel mio letto, e non per dormire, ma per fare l’amore con te per tutta la notte? E’ questo che vuoi sentirmi dire?”

Era furibonda e tratteneva a stento le lacrime.

“No, Mac. Non era questo quello che volevo sentirti dire… O perlomeno…” tentò di dire, ma lei non lo lasciò finire. Oramai lo sfogo era iniziato e le parole sembravano uscirle come un torrente in piena.

“Che cosa provi per me, Harm? Voglio saperlo, una volta per tutte. Mi trovi attraente?”

“No, Mac…” cercò di fermarla di nuovo, ma lei gli impedì ancora una volta di continuare.

“Capisco… quindi non sei qui perché vuoi restare con me per sempre?” gli domandò con il cuore a pezzi.

“No…”

Le lacrime scivolarono impietose sul suo viso ma lei non fece neppure un gesto per asciugarle.

“Immagino… se me ne andassi per sempre immagino che non piangeresti neppure…” non era una domanda, ma una sconsolata constatazione.

Gli volse le spalle e disse, in un sussurro:

“Vattene, Harm. Dormi su quel divano per questa notte, ma domattina vattene senza farti più vedere”.

“Aspetta, Mac. Ascoltami”.

“Hai chiarito quello che provi per me, non vedo cosa vi sia d’altro da dire”.

“Non sono d’accordo” disse lui, prendendola per le spalle e costringendola a voltarsi.

Nei suoi occhi vi era una tristezza infinita: la guardò e, prima di riprendere a parlare, con il pollice della mano destra le asciugò le lacrime.

“No, Mac, non era quello ciò che volevo sentirmi dire. O meglio, non in quel modo. Non con rabbia…” cominciò a parlare lentamente, accarezzandole il volto.

“Io non ti trovo attraente. Io ti trovo bellissima…” aggiunse, prendendole con delicatezza il mento per sollevarle lo sguardo verso di lui.

 “Non sono tornato a casa per restare con te per sempre, ma per dirti che ho BISOGNO di stare con te per sempre… ovunque tu voglia…”

Vide i suoi occhi inumidirsi di nuovo e sperò che quella volta fosse per gioia, non per dolore.

“E se tu te ne andassi per sempre,  non piangerei… Io ne MORIREI…”.

Cercò le sue labbra e la baciò a lungo, dapprima dolcemente, sfiorandola appena; ma quando sentì che lei si lasciava andare e, con un sospiro, lo accoglieva nel calore della sua bocca stringendosi a lui, la sollevò tra le braccia e la depose sul letto. Le baciò il volto, le palpebre, poi di nuovo le labbra, mentre le sussurrava:       

“Ti amo, Mac…”.

“Oh, Harm… mi sei mancato così tanto… Ti amo da morire…”.

“Dimmelo ancora… Voglio che mi dici ancora che vuoi fare l’amore con me… ma non dirmelo come prima… voglio sentirtelo dire come mi stai parlando ora…” la pregò, tra un bacio e l’altro.

E lei lo accontentò, sussurrandogli con amore quelle parole che voleva sentirsi dire.

“Ho provato a starti lontano, a vivere senza di te… Ma non ci riesco. Mi mancavi in continuazione… Mi mancavano le nostre litigate, non sopportavo di non poter più lavorare con te. Ogni giorno mi aspettavo che aprissi la porta del mio ufficio ed entrassi… ma quel giorno non arrivava mai.” le disse, abbracciandola stretta.

“Io invece odiavo tutti gli uomini che avevo intorno. Continuavano a lusingarmi; erano premurosi, dolci, gentili… quasi l’esatto contrario di te. Ma nessuno mi faceva sentire come mi fai sentire tu quando mi guardi o quando mi sorridi…”.

Gli accarezzò dolcemente il volto, trattenendolo a sé.

“Devo capire quale decisione prendere, Mac. L’incarico a Londra è troppo burocratico e pieno di compromessi per il mio carattere. Ma potrei sopportarlo, se tu fossi a Londra con me. Altrimenti sto prendendo in considerazione di fare domanda per diventare istruttore di volo…”.

“Lasceresti il tuo incarico a Londra?”.

“Non voglio vivere in Inghilterra senza di te. Ma non voglio neppure costringerti a seguirmi. Quando ho saputo che tornavi a Washington, ho pensato che avrei piotuto anche chiedere che ti trasferissero a Londra, sotto il mio comando. So che correremmo il rischio di un’accusa di fraternizzazione, se non peggio, ma potremmo studiare un escamotage come fece a suo tempo l’Ammiraglio per Bud e Harriet…”.

“Torneresti anche al Jag? Forse Cresswell potrebbe chiedere il reintegro anche per te…”.

“Forse… Potrebbe essere un’altra ipotesi da prendere in considerazione”.

“Possiamo deciderlo nei prossimi giorni?” chiese lei. Aveva una voglia matta di stare con lui, ma parlare del loro lavoro era l’ultimo dei suoi pensieri.

“Certamente. Hai altre idee per trascorrere il tempo?”, chiese lui provocante.

“Dormire? Sono quasi le tre…”.

“Non hai un’altra opzione?”

“Quella era l’altra…” disse lei, prima di baciarlo.

Si abbandonò tra le sue braccia, assaporando la gioia di essere finalmente sua.

“Sposiamoci, Mac…” sussurrò lui sulle sue labbra.

“Credevo che ti avrei sentito pronunciare queste parole solo nei miei sogni…”.

 

 

 

 

…La vigilia di Natale ti troverà

                        dove la luce dell'amore brilla

                        Sarò a casa per Natale

                        anche  se solo nei miei sogni…

 

  
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