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Autore: Fuffy91    25/02/2012    2 recensioni
“ Gli Stuart?”
Chiesi ad Edward, mentre spegnevo l’autoradio.
Erano ormai da poche ore che avevamo lasciato l’hotel Butterfly. La Mercedes di Carlisle era davanti alla nostra auto , seguita dal sub di Emmett. Alice ci aveva scherzosamente superati, a cavallo della moto argentata di Edward, guidata perfettamente da Jasper.
Era già da cinque giorni che avevamo lasciato Forks per dirigerci a Londra. Nel mese di settembre era una città particolarmente piovosa e le nuvole gonfie di pioggia nascondevano perfettamente i deboli raggi del sole di fine estate. Un clima perfetto per ospitare una piccola famiglia di vampiri.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Capitolo 9

Bella.

 

“Dovremmo tornare.”

Mi sussurrò Edward, accarezzandomi i capelli con lente carezze delle sue dita.

“ Mmm…”

Mugugnai illanguidita, strofinando la guancia sul suo petto, coperto dal leggero tessuto della camicia azzurra.

“ Ancora dieci minuti. Ti prego.”

Lo pregai, violentando gli occhi ad aprirsi, solo per godermi della vista del suo viso illuminato dal suo splendido sorriso, mentre rideva divertito.

“ D’accordo.”

Mi accontentò, con un sospiro falsamente stanco.

Lo strinsi ancora di più fra le mie braccia, la gamba destra ad avvolgergli la vita, il tacco dello stivale a sfiorargli la coscia.

“ E’ bellissimo, qui. C’è così tanta pace, silenzio…”

“ Non c’è Alice a coinvolgerci in sfrenati preparativi per qualche evento, inventato solo per passare il tempo…”

Questa volta, fu il mio turno di ridere spontanea. Edward mi baciò la fronte e il contatto delle sue labbra sulla mia pelle, rievocò immagini recenti di noi due, avvinghiati in un abbraccio che di casto non aveva quasi nulla. Un vampata di desiderio mi accese le viscere, spingendomi a sollevarmi, soltanto per catturargli le labbra in un bacio infuocato.

Edward ricambiò immediatamente, pressandomi su di sé. Rotolò su un fianco aggraziato, lasciando che l’erba fresca mi pungesse la schiena. Risi ancora, beandomi, intanto, del suo sorriso sghembo, il mio preferito.

Gli contornai con un dito il profilo del mento e del naso, soffermandomi sulle linee morbide della bocca dischiusa. Sentii il suo respiro tiepido e delizioso sul polpastrello e, in un movimento invisibile, senza staccare gli occhi dai miei, scuri quanto i suoi, catturò fra i denti l’indice, accarezzandolo con la lingua e baciandolo con le labbra schiuse.

Gemetti insieme a lui, chiamando il suo nome in un sussurro.

Edward capì, abbassandosi solo per venire incontro alle mie labbra, rispondendo ad un bisogno che era anche il suo, costante e dirompente, come un fuoco eterno.

Affondai le mani fra i suoi capelli scarmigliati, accarezzando con i pollici la nuca, disegnando cerchi immaginari sulla sua pelle vellutata.

Lo sentii mugugnare deliziato sulle mie labbra, quasi come se fossero deboli fusa. Sorrisi di quel paragone, cingendo i suoi fianchi con le mie gambe, fasciate dai jeans stretti.

Edward si distaccò, trattenendo il fiato ed osservando ogni variazione del mio viso, con quei suoi incredibile occhi d’onice.

“ Torniamo, Bella.”

Mi disse, anche se le sue mani stavano già sollevando l’orlo della mia t-shirt, le dita che solleticavano la pelle del ventre in tocchi delicati.

“ No, ancora un po’…”

Edward sorrise ancora, cercando di stemperare la tensione. Chinò il viso di lato, baciandomi il collo e mordendone delicato la pelle tenera vicino alla gola. Se voleva farmi impazzire, ci stava riuscendo molto bene.

Ricambiai le sue attenzioni, allentando la presa delle mie mani dai suoi capelli, lasciando che scivolassero lungo il suo collo, fino al suo petto scolpito, accarezzandolo in carezze distratte, ma languide, a cui lui reagì con brividi sotto la pelle e un respiro affannoso, intensificando i baci sul mio collo e i morsi leggeri sulla mia guancia destra.

Soddisfatta, scesi lungo il ventre piatto, fino sopra la cintura. Arrivata lì, Edward mi bloccò la mano, intrecciandone le dita con le sue, pilotandola in alto, schiacciando entrambe sul pavimento verde del suolo, accanto alla mia testa.

“ Perché?”

Chiesi, confusa.

“ Bella, ti prego, non tentarmi.”

Lo sentii sorridere nervoso nell’incavo destro del collo. Quando mi baciò le labbra, era tenero e sereno. Dell’urgenza di prima, era rimasto ben poco.

“ Non capisco perché non vuoi…”

“Ti prego, Bella…” mi bloccò, pressandomi veloce le labbra sulle mie, imbronciate.

“ Io voglio. Non lo senti?”

Mi chiese dolce, pressandomi ancora di più sul suo corpo. Oh, certamente, sentivo la forza del suo desiderio per me. Potevano testimoniarlo benissimo già i suoi baci carichi di passione.

Eppure, non capivo perché non volesse continuare. Eravamo soli, nessuno poteva sentirci, né disturbarci. Era un luogo perfetto. Gli alberi alti e snelli, carichi di foglie di smeraldo, ci circondavano, il ruscelletto crepitava sulle rocce e scorreva a pochi metri da noi, cespugli di more esalavano, con i loro frutti, un profumo dolce e affatto nauseante. Il sole stava calando dietro le montagne, bagnando i nostri corpi con i suoi raggi dorati. Uno scenario perfetto, per amarsi.

Eppure, Edward non era del mio stesso avviso.

“ Proprio per questo, non capisco.”

Edward sospirò dolcemente, issandosi a sedere. Lo imitai, senza staccare la presa dalla sua mano, ancora intrecciata alla mia.

“ Bella, sto soltanto cercando di regolare i nostri ritmi. Per quanto sia piacevole e meraviglioso ed eccitante fare l’amore con te…”

Ad ogni parola, un sorriso dannatamente adulante e un mormorio roco, seppur tenero. Sorrisi con lui, allungandomi solo per un bacio casto sulla sua guancia, che Edward ricambiò con uno più lento ed amorevole sulle labbra.

“ Credo che dovremmo rivedere le nostre priorità.”

Continuò il suo discorso, soffiando questa sentenza a pochi centimetri dalle sue labbra.

Osservai le nostre dita intrecciate, accarezzando il dorso della sua con l’indice della sinistra, libera.

“ Sei arrabbiata?”

Sospirai, a quella domanda. Evitando il suo sguardo, scossi il capo.

“ No. Sono solo imbarazzata.”

Edward m’invitò, con una carezza sulla guancia, ad incrociare i suoi occhi dorati, preoccupati.

“ Imbarazzata? Non ne comprendo la ragione.”

Sorrisi, in modo tremulo, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in un gesto molto umano.

“ Be’, temo di essermi comportata egoisticamente con te, Edward. In realtà, anch’io stavo pensando di rivedere…le nostre priorità.”

Dissi, ripetendo le sue parole, facendolo sorridere.

“ E?”

Mi incitò a continuare, conoscendomi troppo bene per credere che fosse già finito, il mio discorso.

“ E, mi riesce difficile. Quando…quando mi sei così vicino, non riesco a ragionare razionalmente. Perdo facilmente il controllo, non riesco a contenere il desiderio, la passione che provo per te.”

Edward mi sorrise, dolcemente, accarezzandomi il viso.

“ Amore, non c’è nulla di male, in ciò che provi. Se, a volte, senti di voler soddisfare i tuoi desideri al di sopra di tutto, è un’esigenza normale, per noi. L’urgenza ti porta ad accantonare i bisogni altrui, ma con me non devi preoccuparti di questo. Perché, i miei desideri, i miei bisogni, il più delle volte, corrispondono perfettamente ai tuoi.”

Mi sorrise comprensivo, baciandomi subito dopo la fronte e la punta del naso. Ricambiai il suo sorriso.

“ Eppure, prima…”

Iniziai, l’eco dell’antica insicurezza a sommergermi in ondate profonde.

“ Bella, ho voluto fermarmi, perché voglio anch’io riuscire a riacquistare un minimo di controllo. Però, se vuoi continuare…il mio unico pensiero, è la tua felicità, lo sai.”

Mi disse, stringendomi a sé, in un abbraccio delicato, ma intenso. La sua voce ruvida come il velluto, mi perforava ancora la mente, sottintendendo promesse proibite e mai così desiderate.

Ma mi imposi calma e controllo. Non potevamo continuare così, con quella passione sempre urgente a spingerci l’uno verso l’altro, anche in luoghi e in circostanze meno opportune. Era tutta questione di esercizio, di priorità da rispettare. E poi,  le notti sono sempre così lunghe...abbastanza per placare l’urgenza e soddisfare, al mattino, altri, indispensabili o anche futili bisogni.

Sorridendo della mia conclusione, venni ricambiata da Edward, che mi baciò ancora, lentamente ed amabilmente, come se volesse scoprire cosa due bocche potessero dirsi attraverso un unico bacio.

Ricambiai, più certa sulle mie necessità e, questa volta, fui io a dirgli, in un mormorio:

“ Andiamo.”

Ci alzammo insieme e percorremmo il sentiero inverso, che ci avrebbe condotto a Casa Stuart, come sempre, mano nella mano.

 

***

 

Quando sbucammo dal bosco di faggi, scorgemmo le auto di Carlisle, di Kayle e la Porche di Alice parcheggiate sulla ghiaia del vialetto accanto alla casa, tutte allineate, come in una foto in cartolina.

Ormai il sole era completamente tramontato, lasciando dietro di sé, un velo blu notte, carico di dense nuvole di pioggia.

“ Sono tornati.”

Dissi, indicando con il capo Alice ed Heather che caricavano rispettivamente Jasper e Kayle di enormi pacchi, procedendo, poi, a braccetto, fino in casa.

“ Si. Hanno fatto presto, considerato il record di Alice.”

Disse Edward, ironico.

Risi, stringendomi al suo braccio.

Procedemmo verso di loro. Suzanne ci salutò calorosamente. Jack era più disteso, mentre chiacchierava con Carlisle. Rosalie chiuse l’auto con il comando automatico della chiave e raggiunse Emmett, intrecciando le dita della sua mano con le sue. Notai che aveva un nuovo vestito indosso.

Sembrava tutto tranquillo, finché non accadde qualcosa di strano.

Alice si sporse verso Heather, prima che lei potesse aprire la porta. Ma Heather fu più veloce, e l’aprì di scatto, mentre le diceva:

“ Sono sicura, che a Jenna piacerà sicuramente questo pullover che le ho comprato.”

Poi, con vigore, esclamò:

“ Siamo tornati!”

Alice le afferrò il polso, sussurrando, quasi mortificata:

“ No, Heather…”

Vidi entrambe ferme sulla porta. Emmett si sporse per sbirciare dentro e, qualsiasi cosa vide, lo fece sorridere divertito. Rosalie assunse un’espressione incredula, Jasper sembrava concentrato a sondare le emozioni che gli aleggiavano intorno. Kayle ghignò malizioso, mentre stringeva la mano di Heather, spingendo con l’altra, gli innumerevoli pacchi dietro la spalla.

Non riuscivo a capire lo sbigottimento di tutti. Persino Edward sembrava sulle spine.

“ Cosa succede?”

Gli mormorai, tesa per la tensione generale ed improvvisa.

Sentii dei passi affrettati su per le scale e la voce di Chris che urlava, strozzata:

“ Jenna, aspetta!”

I passi si rincorsero più in fretta, finché non si arrestarono dietro il tonfo sonoro di una porta sbattuta e chiusa a chiave.

“ Oh! Stavate litigando, di nuovo?”

Disse Heather, quasi avvilita da quella prospettiva.

Ma, l’espressione delusa e stravolta di Chris, non mi sembrò dettata da una sfuriata di Jenna. Mi parve quasi sconvolto, come se avesse provato emozioni troppo forti, per poterle descrivere.

“ Tutto bene, Christopher?”

Gli chiese Suzanne, facendosi avanti cauta. Quando non lo vide rispondergli, sembrò preoccuparsi ancora di più. Gli si avvicinò repentina, accarezzandogli il volto, apprensiva.

“ Cosa c’è, caro? Sembri strano. Cosa è successo?”

Chris sembrò tornare alla realtà. Ci guardò tutti con sguardo di nuovo presente, poi guardò Suzanne, e cercò di sorridergli, svincolandosi delicatamente dalle sue mani.

“ Tutto bene. Jenna ed io stavamo…stavamo…”

Disse, guardando il pavimento disseminato di alcuni fogli scarabocchiati. Come colto da un lampo improvviso, Chris si chinò con grazia, per raccoglierli fra le sue mani. Ne mostrò alcuni a Suzanne, non ancora convinta del tutto.

“ Jenna mi stava facendo dei ritratti. Cioè, a dire il vero, sono ancora degli schizzi, ma…” “Davvero?”

Disse Jenna, sfogliando i vari cartoncini. Più esaminava quei fogli bianchi, più un sorriso dolce e repentino solcava il suo volto, rendendolo ancora più bello.

“ Sono…sono meravigliosi.”

Disse Suzanne, abbracciando Chris, sorpreso dal suo gesto.

“ Grazie, grazie.”

Lo ringraziò, mentre lui ricambiava impacciato e confuso la sua stretta.

“ Non ho fatto nulla.”

Si svincolò dalle sue braccia e con un nuovo, strano sorriso, si congedò impacciato, uscendo fuori casa.

“ Perché ho l’impressione di essermi perso qualcosa di veramente interessante?”

Ruppe il silenzio Kayle, con il suo solito tono roco ed ironico.

Heather rise, ancorandosi al suo braccio.

“ Cosa dici, Kayle? Credi forse che…”

S’interruppe, guardandolo stupita e speranzosa insieme.

“ Be’…perché no?”

“ Di cosa parlate?”

Chiesi, senza capire. Mi guardarono, l’uno sornione e l’altra felice.

“ Di Jenna e Chris, naturalmente. Credete che diventeranno una coppia? Oh, sarebbe splendido, se capitasse davvero! Non credi?”

Chiese Heather, rivolta a Kayle. Lui fece spallucce, accarezzandole i capelli.

“ Si, forse...”

Heather si rabbuiò a quella risposta vaga.

“ Credevo ti piacesse Chris.”

Disse, con tono deluso.

Kayle sorrise, cingendole la vita. Sembrava incapace di staccarsi da lei.

“ A me, piaci solo tu, lo sai.”

La baciò, soffocando ogni sua protesta, incurante di noi altri, spettatori inconsapevoli.

“ Degli altri, non mi interessa nulla. Possono fare quello che vogliono.”

Continuò, baciandola ancora. Heather si staccò, quasi riluttante, accarezzandogli il volto, sorridente.

“ Lo so. Però, Jenna è nostra sorella e ci tengo a lei.”

Kayle sorrise.

“ Anch’io ci tengo. E’ divertente, prenderla in giro. Mi dispiace solo essermi perso lo spettacolo.”

Heather rise, abbracciandolo contenta. A modo suo, voleva bene a Jenna.

“ Sarei davvero felice, se Jenna ritrovasse un minimo di serenità.”

Disse Jack, sprofondando sul divano, quasi stanco. Suzanne lo raggiunse, sedendosi accanto a lui e stringendogli la mano con la sua, in un gesto di conforto.

“ Sono convinta che, d’ora in poi, le cose cambieranno. Abbiamo fatto bene, a lasciarli soli per un po’. Sembra che stiano imparando a conoscersi. Guarda! Guarda questi disegni…”

Gli mostrò i fogli ricoperti dalle mille espressioni di Chris, così perfette e somiglianti da apparire reali.

Jack li esaminò, sorridendo subito dopo, come aveva fatto prima sua moglie.

“ Sono straordinari.”

“ Esatto!”

Esclamò entusiasta Suzanne.

“ Jenna non ha mai disegnato così bene, da quando la conosciamo. E’ evidente che Chris la ispira molto.”

Jack annuì, sfogliando i fogli con vivo interesse, ma anche pensoso.

“ E’ vero. C’è molta passione in questi ritratti abbozzati. Guarda questo…Lo disegna sorridente, è un sorriso che lo rischiara interamente. Lo rende quasi umano.”

Pensò a ciò che aveva detto, sospirando.

“ Cosa c’è?”

Gli chiese Suzanne in un sussurro, accarezzandogli il braccio teso.

“ Non ha dimenticato. Non dimenticherà mai. Le sto facendo soltanto del male.”

Disse Jack, parlando quasi fra sé e sé, portandosi una mano sulla fronte aggrottata.

“ Non capisco…”

Disse Suzanne, cercando di confortarlo. Jack la guardò dritta negli occhi, sconfortato.

“ Jenna ritrae Chris non come è oggi, ma come lo ricorda lei. Lo disegna come se fosse ancora umano. Lo vede così. E’ ancorata al passato. Non riesce a dimenticare quello che ha fatto. Quello che ha tolto a quel ragazzo. Si sente ancora profondamente responsabile di averlo trasformato.”

Spiegò, come un fiume in piena. Tutti noi, pendevamo dalle sue labbra. Edward, accanto a me, sembrava contrito. Era come se quello che stesse dicendo Jack, fosse l’esatto corso dei pensieri di Jenna che, sapevo, in quel momento, lo stavano assillando.

Gli strinsi la mano, cercando di confortarlo. Lui ricambiò la mia stretta, lo sguardo ancora puntato sulla coppia di vampiri sul divano.

“ E’ per questo che è così triste e amareggiata, ultimamente. Non mi parla nemmeno più.”

Continuò Jack, con voce mortuaria. Provai molto dispiacere per lui. Era evidente che il silenzio di Jenna, lo feriva profondamente, più di qualsiasi altra cosa.

Jack si rivolse a Carlisle, una smorfia di dolore e d’impotenza sul viso bellissimo.

“ La sto perdendo, Carlisle. Sto perdendo la sua fiducia, il suo affetto…tutto!”

Disse, sofferente. Suzanne lo abbracciò.

“ Non è così. Tesoro…non…non è così. Guardami! Jack, non la stai perdendo.”

Gli disse con calore, imprigionandogli il viso fra le mani, costringendolo a guardarla, per non lasciare che si chiudesse nel suo dolore.

“ Jack devi parlarci. Solo così, risolverai tutto con lei.”

Gli consigliò Carlisle, con voce ferma e pacata.

“ Solo attraverso il chiarimento, riuscirai a comprendere cosa l’affligge e troverai una soluzione ai suoi problemi. Il silenzio è solo un ostacolo inutile, te l’ho già spiegato. Così non farai altro che allontanarla sempre di più.”

“ Ma cosa posso fare? Non vuole ascoltarmi! Sono giorni che mi evita. Credi che questo mi faccia sentire meglio? Credi che mi piaccia vederla trascinarsi giorno dopo giorno? Credi che mi faccia piacere vederla allontanarsi sempre di più da me? Ormai sono un suo nemico, l’ho capito perfettamente. Mi detesta, da quando ho riconosciuto Chris come un altro componente della nostra famiglia.”

“ E credi forse che rinunciando a lui, potrai riavere Jenna? Sarebbe un altro, disastroso errore, credimi, amico mio.”

Gli disse Carlisle, con dolcezza, in risposta al suo fervore accorato.

Jack si arrese di fronte alla sua logica, ritornando a sedersi accanto a Suzanne, che gli strinse nuovamente la mano.

“ Amore…Non devi abbatterti così. Non devi pensare che Jenna non ti voglia bene. Lei non smetterà mai d’amarti. Sei suo padre.”

Gli disse, incatenando lo sguardo col suo, accarezzandogli la guancia destra e le labbra contratte con il pollice.

Jack annuì, poco convinto, baciandole il palmo della mano.

“ Suzanne ha ragione, Jack.”

Gli disse Haether, con la sua voce deliziosa.

Gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui, baciandogli una guancia, affettuosa.

“ Andrà tutto bene. Sei un bravo papà e questo Jenna lo sa bene. Ti vuole bene davvero tanto. Non rischierà di perdere il tuo affetto, per qualche incomprensione.”

Gli disse dolce, abbracciandolo. Jack ricambiò la stretta, sorridendo e ringraziandola in un mormorio.

“ Secondo me, ve la state prendendo troppo.”

Disse Kayle, con la sua solita spavalderia ironica, accendendosi una sigaretta.

“ Kayle! Non fumare!”

Lo rimproverò Heather.

“ Scusa, amore. Solo questa, lo giuro.”

Le disse, baciandola amabile.

“ Promesse da marinaio…”

Borbottò lei, fra un bacio e l’altro.

Kayle tirò una boccata di fumo grigiastro, rilasciandolo lentamente, proseguendo il discorso iniziato prima.

“ Per me, quei due finiranno a letto fra meno di due giorni, se non pure uno.”

Emmett rise di gusto, mentre anche Edward si lasciava sfuggire un sorriso.

“ Kayle! Smettila, non scherzare!”

Lo rimproverò Suzanne.

“ Non sto affatto scherzando, Suzanne. Andiamo, siamo seri. Non avete visto la faccia di Chris, quando siamo entrati in casa? E’ evidente che abbiamo interrotto qualcosa. Magari, si stavano baciando appassionatamente, proprio lì, in quell’angolo.”

Disse, indicando con la mano con cui reggeva la sigaretta, il punto in cui Jenna era fuggita e dove avevamo trovato Chris.

“ Kayle…”

Iniziò Jack, abbattuto e rassegnato.

Kayle fece spallucce, schiacciando la sigaretta nel posacenere in cristallo sul tavolino.

“ D’accordo. Pensatela come volete. Ma il mio pensiero non cambia. E adesso, se non vi dispiace, voglio rimanere solo con mia moglie.”

Afferrò la mano di Heather, che rise giuliva, mentre Kayle la serrava fra le sue braccia, baciandole il collo impaziente.

“ Mmm…”

Mugugnò, mentre Heather combatteva contro i sussulti di risa incontenibili.

“ Ho una voglia matta di ricoprirti di fragole e panna. Così…solo per vedere l’effetto.”

Le mordicchiò il collo, facendole fuoriuscire dalle labbra un gridolino sorpreso.

Heather rise ancora, in un valzer di cicale in amore.

“ Kayle! Smettila! Per l’amor del cielo, andate di sopra almeno…”

Mormorò sconfitta Suzanne, scusandosi con noi Cullen del comportamento irreprensibile di suo figlio. Carlisle rise, aggiungendo:

“ Non importa, Suzanne. Lascia che si divertano.”

Kayle, ignorando tutti, prese Heather fra le braccia e con un balzo raggiunse la prima rampa di scale.

“ A dopo, ciao!”

Salutò Heather, continuando a sciogliersi in gioiose risate. Scomparvero in meno di due battiti di ciglia. Sentii distintamente una porta sbattere forte e l’ultima risata di Heather spegnersi in un mormorio, poi più nulla.

“ Ah, bene! Sono andati nel loro appartamento, al quarto piano. Per colpa dell’esuberanza di Kayle, abbiamo dovuto insonorizzarla. Almeno, avranno un minimo di privacy e noi un po’ di pace.”

Disse Suzanne, sospirando rassegnata. Esme rise con lei e la prese sotto braccio, pilotandola in giardino. Carlisle si sedette accanto a Jack, sul divanetto in soggiorno. Rosalie afferrò una rivista e la sfogliò distratta, seduta sulle ginocchia di Emmett, che le accarezzava il viso e i capelli, facendola sorridere per un suo improvviso commento.

Alice portò Jasper nella camera che era stata loro assegnata, con l’intento di fargli provare tutti i vestiti nuovi che aveva comprato per lui, come mi aveva sussurrato all’orecchio, prima di correre al piano di sopra.

Guardai Edward, chiedendogli con lo sguardo cosa volesse fare. Lui mi rispose con il suo solito sorriso sghembo, cingendomi delicatamente la vita con le sue braccia, baciandomi la fronte.

“ Cosa vuoi fare, ora?”

Mi chiese, accarezzandomi i capelli, intrecciandone le onde castane fra le dita affusolate.

“ Vorrei chiamare Renesmee. E’ da tanto che non la sento.”

Lui mugugnò fra i miei capelli, sussurrando.

“ E’ un ottima idea. Usa il portatile di Alice. Credo l’abbia già messo in camera nostra.”

Annuì e, con la sua mano intrecciata alla mia, lo guidai nella nostra camera. Aveva ragione, il portatile era acceso e posato sullo scrittoio in fondo alla parete, accanto alla finestra.

Mi affrettai ad inviarle una videochiamata, attendendo che il puntino rosso smettesse di lampeggiare e Renesmee accettasse la richiesta di chiamata.

Dopo qualche secondo, la luce della webcam smise di lampeggiare e sullo schermo apparve mia figlia, intenta a sedersi, mentre si toglieva il cappotto bianco.

Mi sorrise, salutandomi allegra, le guance accese di rossore.

“ Mamma, ciao! Come state? E’ da molto che non vi sentivo. Com’è Londra, oggi?”

Risi del suo entusiasmo, osservandola mentre si scostava i boccoli ramati dalle spalle.

“ Oggi è stata insolitamente assolata, ma la notte è sempre gelida. Tu, piuttosto…come mai così accaldata? Cosa hai fatto oggi?”

Nessie rise, nascondendo un sorriso dietro il palmo della mano destra.

“ Jake mi ha portato al lunapark a Seattle. Siamo andati sulle montagne russe, ma non sono poi così veloci. Quando corriamo noi, quella si che è velocità. Poi, siamo andati alla bancarella del tiro al segno e indovina cosa mi ha vinto Jacob? Questo!”

Esclamò, mostrandomi un mega orsacchiotto bianco, con un enorme fiocco rosso intorno al collo.

Scoppiai a ridere, seguito da Edward, che stava trafficando dietro le mie spalle con la valigia.

“ Non è bellissimo? Ed è così morbido…”

Disse amorevole, stringendolo a sé e baciandogli la guancia pelosa, come se fosse vero.

“ E’ stato davvero bravo. Ha fatto centro al primo colpo e ha vinto il primo premio.”

Aggiunse, mentre riponeva dietro di lei il peluche gigante.

Poi, mi sorrise ancora, incrociando le mani in grembo.

“ Tutto bene, quindi, in casa Stuart? Come sta Jenna? Ha accettato Chris?”

Renesmee era aggiornata sugli avvenimenti in casa Stuart. Era curiosa di sapere tutto su quella famiglia di vampiri così simile alla nostra, e si era rammaricata molto di non essere venuta con noi a conoscerli. Aveva imparato a conoscere tutti attraverso le mie descrizioni e le mille risposte alle sue mille domande. Jenna e Chris erano i suoi preferiti e voleva scoprire se fra di loro potesse nascere un sentimento di amicizia.

“ Be’…sembra ci siano state delle novità positive, fra di loro.”

Renesmee sorrise entusiasta e i suoi occhi color cioccolato brillarono felici.

“ Davvero? Sono diventati amici, finalmente?”

Scossi la testa.

“ Non esattamente ma, sono sicura che lo diventeranno presto.”

Renesmee annuì, stringendo al petto un altro peluche, più piccolo, a forma di cuore. Un altro premio vinto per lei da Jake.

“ Capisco. E papà, cosa pensa di tutto questo?”

“ Penso che non dovresti preoccuparti e goderti la nostra assenza finché dura, signorina.”

Disse Edward, sporgendosi verso la webcam, per dare la possibilità a Renesmee di vederlo. Lei sorrise e rise del suo tono falsamente da rimprovero, salutandolo con un bacio.

“ Ciao papà. Mi mancate tanto…”

Disse poi, sorridendo nostalgica.

“ Anche tu, tesoro.”

Dissi, allungando una mano verso lo schermo, come ad accarezzarle il viso con le dita.

“ Torneremo fra qualche giorno. Tu rimani sempre accanto a Jacob e non stare in pena per noi.”

Le disse Edward, accarezzandola con lo sguardo. Nessie si sciolse in un sorriso sotto lo sguardo amorevole del padre, annuendo.

“ D’accordo, farò come volete. Ora devo andare. Jake ha detto che dovevo passare a casa solo per cambiarmi. Vuole portarmi al cinema, stasera.”

Disse, felice alla prospettiva di quella nuova uscita con Jacob.

“ Bene. Divertitevi. E non fate tardi, mi raccomando. Devi pur dormire, ogni tanto.”

Le dissi, ammiccando verso di lei.

Renesmee rise, annuendo.

“ Certo, certo. Stai tranquilla mamma. Vi voglio bene. A domani. Buonanotte.”

“ Buonanotte, tesoro.”

La salutai.

“ Sogni d’oro, Renesmee.”

Mi seguì Edward. Nessie rimase qualche secondo ad osservarci poi, con un nuovo sorriso, terminò la chiamata, scomparendo dallo schermo. Sospirai, richiudendo il pc.

“ Jacob si sta comportando da vero baby-sitter.”

Sorrisi al commento sarcastico di Edward, ruotando la sedia per osservarlo riporre i nostri maglioni nell’armadio quasi vuoto.

“ Gli hai fatto promettere di tenerla d’occhio, durante la nostra assenza, e lo sta facendo in modo impeccabile. Non dirmi che vorresti fargli rimangiare la promessa, che gli hai estorto prima di partire?”

Edward reclinando la testa all’indietro, ridendo di cuore, in modo spontaneo. Mi persi per un attimo in quella risata, prima di vederlo voltarsi, sorridendomi con le labbra e gli occhi.

“ Estorto?! Mi fai sentire una specie di ricattatore senza speranza.”

“ Ma lo sei. Tu non chiedi, ma pretendi. Sei un vero prepotente.”

Scherzai, sorridendogli, mentre lo vedevo avvicinarsi inesorabile, inclinandosi verso di me, imprigionandomi fra la sedia e il suo corpo, le braccia tese verso di me, le mani ancorate ai braccioli della sedia ruotante.

“ Prepotente, uhm?”

Mi sussurrò sulle labbra, sfiorandole con il suo respiro, sorridendo beato. Annuii, accarezzandogli i capelli con la mano destra, l’altra stretta al suo fianco sinistro.

“ E se pretendessi un bacio adesso, me lo daresti?”

Sghignazzai divertita, scostandogli i capelli dalla fronte in una carezza dolce.

“ Tutto pur di accontentarla, Signor Cullen.”

Fu la volta di Edward di ridere sommessamente, prima di stringermi a lui, in un abbraccio dolce e forte insieme.

“ Signora Cullen, lei mi fa impazzire.”

Mi sussurrò caldo e intenso, prima di modellare le sue labbra alle mie. Mi abbandonai senza riserve al suo bacio, pretendendo sempre di più, più baci, più carezze… chissà, forse ero io, fra noi due, la prepotente.

Improvvisamente, sentimmo bussare alla porta, un tocco lieve, ma abbastanza forte da interrompere il nostro idillio.

Edward si scostò con riluttanza, sibilando sulle mie labbra, indispettito da quella interruzione indesiderata. Risi, donandogli un bacio a stampo, per cancellare quell’aria scontenta dal suo volto.

Lui si voltò e mi baciò il naso per dispetto, sorridendo.

“ Avanti.”

Disse, sedendosi sulla sedia e trascinandomi sulle sue ginocchia, in un movimento per me, ora, naturale, ma ad occhio umano, sicuramente invisibile e decisamente innaturale.

Intrecciai le mani sul suo collo, solleticandogli con l’indice destro la nuca.  Mi voltai giusto in tempo, per vedere la porta della stanza aprirsi. Rimasi sorpresa della nuova entrata. Era Jenna.

Spiava l’interno da una fenditura della porta aperta, il bel viso da vent’enne incorniciato da due bande di onde color ebano, le labbra rosse socchiuse, lo sguardo turbato e stranamente timido.

“ Entra pure, Jenna.”

La incoraggiò Edward, rilassato e con tono pacifico. Jenna spalancò la porta con titubanza, sussurrando un “Grazie” a mezza voce. Chiuse la porta alle sue spalle, per poi alzare lo sguardo verso di noi, avanzando di pochi passi al centro della stanza.

Jenna sembrò notare solo allora la nostra posizione e portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, disse con tono mortificato:

“ Scusate, se vi ho disturbato. Forse, sarebbe meglio se passassi più tardi.”

Disse, retrocedendo già di un passo. Mi affrettai a fermarla.

“ No, Jenna, figurati. Non ci hai affatto disturbato. Vieni, accomodati. In fondo, questa è casa tua. Puoi fare quello che vuoi.”

La tranquillizzai, in modo sincero. Jenna ricambiò il mio sorriso con uno quasi accennato, che scomparve immediatamente dal suo volto preoccupato.

Fu Edward a parlare, subito dopo.

“ Non stare lì, sulla soglia, Jenna. Vieni, siediti.”

La esortò, mostrandole con un gesto della mano, il letto intatto. Jenna lo guardò, quasi senza vederlo, sospirando senza accorgersene. Fui colpita dalla sua aria affranta, e mi alzai dalle ginocchia di Edward, solo per prenderle la mano e condurla verso il letto, dove ci sedemmo entrambe.

Jenna non protestò né si ribellò dalla mia stretta, anzi, ne sembrava quasi confortata. Mi dava l’impressione di una donna prossima ad una crisi di pianto. Cercai spiegazioni da uno sguardo di Edward, che continuava ad osservarla abbattuto.

“ Jenna…”

La chiamò, mentre lei iniziava ad ansimare, come in preda ad una crisi respiratoria. Istintivamente, le circondai le spalle con un braccio, come per consolarla o calmarla, ma senza alcun risultato, purtroppo, visto che Jenna sembrava peggiorare.

“ Jenna, cosa c’è? Cosa succede?”

Ma Jenna non rispondeva alle mie domande, l’angoscia ad accentuare il pallore del suo viso stravolto e a renderle la pelle ancora più fredda, sotto le mie dita.

“ Edward! Che le succede?”

Gli chiesi, alzando la voce, spaventata.

Edward si precipitò su di lei, inginocchiandosi di fronte a lei, stringendole le mani, ormai prive di calore.

“ Jenna, non è successo nulla. Non è niente. Va tutto bene. Calmati. Sono qui. Ci sono io, con te. Stai tranquilla…”

Ma Jenna sembrava non ascoltarlo, in preda ad un terrore che non aveva causa né rimedio.

“ Edward, ma che cos’ha? Non capisco. Sembra terrorizzata.”

Gli dissi, in preda al panico.

“ E’ tutta colpa mia.”

Sussurrò Jenna, cercando di svincolarsi dalla presa delle mani di Edward, agitandosi come per cercare di ripiegarsi su se stessa.

“ E’ tutta colpa mia.”

Ripeté, a voce più alta.

“ No, Jenna. Va tutto bene…”

Iniziò Edward, leggendo nella sua mente.

Jenna scosse la testa, con energia.

“ Non è vero. E’ terribile. E’ assurdo. Non dovevo…non avrei mai dovuto baciarlo.”

Edward strabuzzò gli occhi a quella confessione, quasi arcuando le labbra in un sorriso, colpito da una sua immagine mentale.

“ Non fa niente, Jenna. Va tutto bene. Non hai fatto nulla di male.”

Continuò a tranquillizzarla, con tono di voce dolce, accarezzandole con una mano il volto, scostandole i capelli dal viso contratto.

“ Baciarlo? Chi ha baciato?”

Chiesi, dandomi subito mentalmente la risposta. Chis.

“ Oh!”

Esclamai meravigliata, cercando una conferma nello sguardo di Edward, trovandola quando lui annuì.

“ Ma, Jenna…è una bella cosa, no?”

“ Bella?!”

Sibilò lei, guardandomi con meraviglia e orrore insieme.

“ Cosa ci trovi di bello? Ho baciato il ragazzo a cui ho tolto la vita, te ne rendi conto? E’ una cosa terribile!”

Esclamò con ardore, racchiudendosi il viso fra le  mani, torturandosi.

“ Mi ama, capisci? Mi ama! Non dovrebbe amarmi…dovrebbe odiarmi.”

Disse dolorosamente, scuotendo la testa, come a voler scacciare quel pensiero dalla mente.

“ Jenna, hai ragione. Christopher ti ama.”

Jenna annuì, mentre io sorridevo felice, immaginandoli benissimo insieme. Tuttavia, riuscivo a capire il tormento di Jenna, in quel momento.

“ E’ una tragedia.”

Aggiunse Jenna, alle parole di Edward.

“ No, non lo è. Devi smetterla di tormentarti. Si, lo hai morso, si lo hai ucciso…”

“ Edward!”

Lo rimproverai, per la sua poca delicatezza.

“ Lasciami finire.”

Mi pregò, stringendomi una mano.

“ Ma è sopravvissuto. E’ vivo, nonostante tutto. E ti ama.”

Concluse, costringendola a guardarlo, gli occhi scuri pieni di lacrime che non potevano scorrere.

“ Devi accettarlo, Jenna. Non puoi ripudiare i suoi sentimenti. Non è giusto, nei suoi confronti e tu lo sai bene.”

Sospirò, sorridendole comprensivo.

“ Accoglilo nella tua vita, Jenna, e vedrai che salverai te stessa. Io l’ho fatto…”

Disse, stringendomi ancora di più la mano. Ricambiai il suo sguardo amorevole, con uno tenero.

“ Ora, tocca a te.”

Con queste ultime parole, il respiro agitato di Jenna si acquietò e le sue mani smisero di stringere i suoi capelli con fervore, riponendole molli sul suo grembo.

“ Ma io… io non so, se lo amo.”

Edward le sorrise sincero.

“ Questo, sarà tuo compito scoprirlo.”

“ Devo dirglielo, Edward.”

Disse Jenna, dopo un silenzio meditabondo.

“ Devo svelargli che sono stata io a trasformarlo.”

“ Ma non è necessario che lo sappia.”

Le dissi, conoscendo l’oblio di Chris su questo dettaglio rilevante.

“ Si, invece, lo è. Deve saperlo! Solo così, saprò se il suo è un sentimento passeggero o sincero. Se accetterà questa crudele verità, se riuscirà a perdonarmi, allora saprò se mi ama veramente. In caso contrario, lo perderò e continuerò a tormentarmi nel dolore del suo ribrezzo, oltre che del mio.”

Edward appoggiò la sua opinione, annuendo solenne.

“ Bene. Allora, se hai deciso, vai a parlargli. Così, smetterai finalmente di tormentarti.”

Jenna, tirando un lungo respiro, per darsi coraggio, si alzò, ringraziandoci e scusandosi per la sua reazione.

“ Non importa, Jenna.”

Jenna mi sorrise cordiale e riconoscente.

Subito dopo, avanzò aggraziata verso la porta, scomparendo dietro di essa, con un fioco sibilo.

 

 

Jenna.

 

Che cosa stavo facendo? Non avrei dovuto essere lì, davanti quella porta che per giorni avevo scrupolosamente evitato. Eppure eccomi lì, i pugni chiusi e lo sguardo dritto sul legno bianco e levigato. Avrei voluto che l’ospite di quella stanza non ci fosse, ma i rumori all’interno mi confermavano il contrario. Tre passi, un tonfo soffice – si era forse seduto sul letto? – uno scricchiolio di molle – si, molto probabilmente si era seduto – uno schiacciare soffocato di piume – la sua testa posata sul cuscino? – un sospiro lento, uno schioccare involontario di labbra, quelle labbra, così morbide, dolci, perfette…sulle mie.

Scossi la testa, energicamente. No, no, no! Così non andava affatto bene. Doveva smettere di pensare a quel bacio. Dovevo dimenticarlo… per ora.

In fondo, non era così difficile. Dovevo soltanto sollevare una mano e bussare a quella porta. Lo feci, sollevai il pugno destro, lo accostai alla porta, pochi centimetri mi dividevano dal toccarla… riposi la mano sul fianco, contraendone nuovamente le dita.

Oh, cielo! Perché doveva essere così difficile bussare ad una maledetta porta? Sospirai, passandomi le mani fra i capelli sciolti e scomposti. Li pettinai con le dita, ravviandoli all’indietro, in un gesto nervoso. Tutti quei gesti tipicamente umani, non li avevo mai compiuti in maniera così spontanea come in quel momento. Sembravo totalmente un’altra persona, e il centro della mia destabilizzazione era facile da individuare. Era proprio lì, dietro quella stanza, probabilmente semi-disteso sul suo letto: Christopher Dine.

Tirai un nuovo, profondo respiro, rilasciandolo in un sibilo tremulo, ansioso. Non capivo il motivo di quell’agitazione. Eppure ero così tranquilla e sicura di me, dopo aver lasciato la stanza di Edward e Bella. Il mio migliore amico mi aveva consigliato e in meglio anche. Avevo approvato le sue parole. Com’era possibile che il mio stato d’animo, fosse cambiato in pochi attimi, giusto il tempo di percorrere tre semplici rampe di scale?

Appoggiai la schiena contro il muro, la testa reclinata all’indietro, gli occhi, ritornati dorati, serrati dietro le palpebre abbassate. Me le strofinai, sentendole pesanti, stanche. Forse ero semplicemente io ad essere stanca. Si, stanca. Stanca di tutti quegli sbalzi d’umore, degli sguardi premurosi di mia madre, di quelli colpevoli e rammaricati di mio padre…Oh, Jack! Lui si sentiva in colpa, per aver provocato quella situazione, ed io invece di rassicurarlo, non avevo fatto altro che evitarlo, non concedendogli neppure di spiegarsi, di chiarire le sue posizioni…

Sospirai di nuovo, pesantemente, battendo la testa contro il muro, sentendolo quasi cedere per la pressione. Ero una persona orribile. Non meritavo la comprensione di un uomo così straordinario come Jack. Eppure aveva fatto tanto per me… Aprii gli occhi di scatto.

No! Ora basta commiserarmi! Dovevo affrontare quella situazione, sciogliere la matassa che mi costringeva all’isolamento. Affrontare Chris.

Guardai la porta di fianco a me, animata dal fuoco della determinazione. Mi staccai dalla parete, con insolita facilità, la mano destra già chiusa sul pomello della porta, dimenticandomi di bussare, la aprii bruscamente.

 

Chris.

 

Oh, cacchio!

Fu il mio primo pensiero, appena vidi Jenna sulla soglia della mia stanza.

Aveva spalancato la porta -  con discreta violenza aggiungerei – infischiandosene totalmente delle regole di buona educazione o perlomeno di civiltà, che richiedevano almeno di bussare.

Avrei potuto indispettirmi per quell’improvvisa entrata, ma la mia gioia di rivederla era tale, che non m’importai assolutamente di nulla. In quel momento, avrebbe potuto distruggere tutto in quella stanza, glielo avrei lasciato fare senza obbiettare.

Dio! Più la guardavo, e più sentivo dentro di me pulsare il desiderio di stringerla e divorarla di baci. Non avevo mai provato un sentimento simile per una donna. E si che, in Alaska, avevo conosciuto vampire  nomadi di incomparabile bellezza. Ma nessuna di loro, nemmeno Mary, l’unica ragazza che avevo amato nella mia vita umana… anzi, mi corressi, che avevo creduto di amare. Eh, si! Perché – ormai ne ero sempre di più convinto – il sentimento che provavo per Jenna era il vero amore.

Mi era bastato un solo sguardo, seppure turbato e poco socievole, da parte sua, per sentirmi incatenato a doppio filo da lei. Un legame che, in pochi giorni, in barba alle mie più rosee aspettative, si era fatto ancora più forte, più palpabile, fino a divenire reale e non soltanto più un’illusione. Quel bacio in salotto, poi…l’unico, indimenticabile bacio che ci fossimo scambiati, lo sentivo ancora impresso sulla mia bocca. Ogni tanto, mi ritrovavo a bagnare le labbra con la punta della lingua, come ad assaporare di nuovo, il gusto dolce-amaro delle sue.

Avevo cercato di non soffermarmi troppo spesso su quel ricordo meraviglioso, soprattutto per non perdere il lume della ragione ed evitare di scivolare nella tentazione di ripetere immediatamente l’esperienza. Ma ora che ce l’avevo davanti ai miei occhi, mi sentii nuovamente bruciare di desiderio e passione repressa.

Strinsi le lenzuola fra le mani, impedendomi di compiere atti di cui mi sarei pentito subito dopo. Jenna era maledettamente bella, quella sera. Alla luce artificiale e soffusa delle lampade, la sua pelle nivea sembrava d’alabastro e i suoi capelli si coloravano di riflessi dorati. Si era cambiata d’abito, indossando dei semplici jeans scuri, stretti fino alla caviglia, stivaletti bassi, neri e sportivi, e una felpa lunga con cappuccio, senza tasche, color grigio perla.

Vestiva sempre in modo molto semplice, quasi come a non voler dare nell’occhio. Sorrisi a quel pensiero, contemplando la sua bellezza. Tentativo impossibile, mia dolce Jenna.

Dolce, si. Perché, anche se a volte ostentava quell’atteggiamento freddo, scostante e talvolta duro, in cuor mio, sapevo che Jenna sapeva essere dolce come una calda colata di miele. Avrei voluto accogliere il suo corpicino minuto ed infagottato in abiti più grandi di lei, fra le mie braccia e baciare ogni centimetro di quel visino crucciato.

Jenna era capace di accendere le mie più intense passioni e, allo stesso tempo, di stuzzicare la mia anima più tenera e umana. Era un miscuglio intricato di contraddizioni, ma io l’amavo anche per questo lato del suo carattere.

“ Jenna.”

Mormorai, schiarendomi la voce subito dopo, per darmi un tono meno emozionato. Dovevo essere cauto e disinvolto. Non dovevo spaventarla più di quanto non avessi già fatto.

Mi alzai dal letto, forse troppo velocemente, visto che la vidi indietreggiare di un passo. Cercai di rimediare, sorridendole cordiale, imponendomi sempre molta calma.

Lei non ricambiò, ma abbassò lo sguardo per un attimo, riponendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, un gesto che le sembrava abituale e che, dal canto mio, trovavo adorabile.

“ Jenna! Ciao!”

La mia voce rimbombò nel silenzio generale come un tintinnio assordante di campane a festa. Tacqui sbalordito ed infastidito. A volte, non sopportavo affatto quell’alterazione forzatamente modulata, provocata dal veleno che aveva rinvigorite le mie corde vocali, rendendo la mia voce suadente ed irresistibile, ad orecchio umano.

No, no, così non andava! Ero fin troppo entusiasta. Per l’ennesima volta, mi imposi calma e tranquillità.

“ Sono felice di vederti…”

Iniziai sicuro di me. Ma, quando mi accorsi del suo sguardo diretto e di topazio liquido, fisso su di me, l’antica timidezza mi investì violenta, rendendomi goffo ed impacciato.

Mi maledii per quel lato del mio carattere, che non si era lavato via neanche dopo le torture della trasformazione. Infatti, come volevasi dimostrare, iniziai a balbettare intimidito, al di fuori del mio controllo.

“ Non… non mi aspettavo, di vederti così presto. Cioè, volevo dire…ehm… insomma, non che io non sia felice di rivederti. E’ solo che… si, insomma, non me lo aspettavo, ecco.”

Mi passai una mano fra i capelli, nervosamente. Stavo facendo l’ennesima figura da idiota. Immaginai già la sua espressione divertita davanti al mio imbarazzo. Oh, maledizione! Ma perché dovevo sempre essere così patologicamente imbarazzato, di fronte a lei? Non riuscivo a rilassarmi. Credevo di esserci riuscito, dopo l’uscita in spiaggia e l’intimità che avevamo condiviso. Ma, dopo quel bacio, era tornato tutto come prima. Anzi, la situazione era nettamente peggiorata.

“ Scusami.”

Le sentii dire, inaspettatamente. Alzai lo sguardo verso di lei, che aveva chiuso la porta ed ora vi era appoggiata, l’espressione turbata e il viso reclinato in basso, l’imbarazzo e l’impaccio di poco prima sparito come in un soffio leggero, lo stupore a riempirne il vuoto lasciato.

“ Come?”

“ Mi dispiace, Chris.”

Mi ripeté, più lentamente e in un sospiro grave.

“ Non capisco, Jenna. Di cosa ti stai scusando?”

La vidi impallidire ancora di più, l’espressione nascosta dai capelli, che erano scivolati di nuovo davanti al suo viso.

“ Di quello che sto per dirti.”

Mi sorpresi di quella risposta, ma la confusione, in quel momento, scacciava di gran lunga il mio stupore. Non dissi nulla, lasciando che il silenzio aleggiasse per pochi istanti fra di noi, sicuro dell’idea che ci fosse qualcosa covato al di sotto di esso. Infatti, quello che successe dopo, me ne dette la conferma.

“ Chris…”

Mi chiamò lei ed io, emozionato e in allerta, risposi al suo richiamo.

“ Si?”

“ Ti farò una domanda, una sola. Ti pregherei di rispondermi sinceramente, se puoi.”

Sembrò volerne conferma, ed io mi affrettai ad accontentarla, curioso. Cosa voleva chiedermi?

“ Ma si, certo.”

Jenna tirò un altro profondo sospiro, come a darsi coraggio. Sentivo il veleno scorrere velocemente sotto la pelle, quasi imporporandola. L’attesa mi sembrava estenuante, la curiosità cresceva, la morsa nel mio petto farsi sempre più mordace ed acuta, il cuore sembrava scoppiarmi, nonostante rimanesse silente.

“ Chris…è vero quello che mi hai detto in salotto, poche ore fa?”

Jenna mi guardò con un nuovo sguardo. I suoi occhi erano ansiosi, ma non più freddi, mentre mi chiedeva in un sol fiato:

“ Tu mi ami davvero, Chris?”

Per un attimo, mi sentii frastornato, come svuotato. No, non ero vuoto, c’era una sensazione che ronzava nella mia mente. Non era dolorosa, né fastidiosa. Era piacevole, era come dormire. Si, quello doveva essere un sogno. Non poteva essere altrimenti. Jenna mi aveva chiesto, mi aveva realmente chiesto se io l’amassi?

In quel momento, mi sentii talmente felice, da provare un’ insolita voglia di ridere. E lo feci. Si, iniziai a ridere. Risi, in maniera così piena e piacevole, da liberarmi di tutte le angosce che avevo provato in quelle tre settimane. Sofferenze provocate dalla persona che mi stava davanti, con quell’aria mortificata ed offesa, perché non aveva capito, non aveva compreso quanto mi sentissi libero ed entusiasta in quell’istante. E tutto questo, grazie a lei, proprio lei, motivo di tormenti, gioie e d’amore.

Mi aveva chiesto se l’amavo? Bene, gliene avrei dato prova.

La sentii borbottare qualcosa, ma non me curai, preso dalla mia prossima mossa. Mi avvicinai a lei con solo tre invisibili passi, vedendola agitarsi e quasi correre all’indietro, lontano da me. Ma  questa volta non gliel’avrei permesso. La strinsi per le spalle, senza farle male, senza imporle nulla, continuando a sorriderle, incapace di smettere.

Scontrai la fronte con la sua, le feci scivolare i capelli dietro le spalle, le scoprii il collo, le accarezzai la nuca, le solleticai con il respiro i capelli serici sopra di essa, le baciai la linea elastica e profumata della gola, scivolando verso l’orecchio, premurandomi di mordicchiarle leggermente il lobo, baciandoglielo subito dopo. E fu lì, ansimando sulla punta del suo orecchio, che le sussurrai, non riconoscendo la mia voce, per quanto fosse roca:

“ Si. Si, Jenna. Io ti amo.”

Le baciai la guancia, ad occhi chiusi, assaporando il sapore della sua pelle, frizzante come acqua gassata, dolce e delicato come il gelsomino.

“ Ti amo adesso e ti amerò sempre. Non dubitarne mai. Mai.”

Non mi sorpresi più della mia completa assenza d’imbarazzo, né del suo irrigidimento, mentre la stringevo a me. Era naturale, perché conoscevo i miei sentimenti ed ero sicuro e fiero della veridicità delle mie parole.

Per me, a quel punto, non c’era bisogno di aggiungere altro. Ma Jenna non sembrava pensarla al mio stesso modo. Infatti, dopo un momento d’iniziale abbandono, dove sembrava voler ricambiare il mio abbraccio, se ne svincolò lentamente, le mani inerti sui miei avambracci, lo sguardo basso, mentre il mio era perso nella sua figura. Non volevo più nascondermi, non volevo più contenermi. Ero suo, solo suo e lo sarei stato per l’eternità, lo sapevo, lo avevo capito non appena l’avevo vista.

Ma lei? Cosa ne pensava lei? Se mi aveva posto quella domanda, se aveva cercato una conferma nei riguardi dei miei sentimenti, doveva voler dire pur qualcosa, dopotutto.

Forse, il suo era stato un tentativo indiretto per dirmi che anche lei mi amava in egual maniera?

Il piccolo me, nascosto nei recessi più profondi della mia mente, gridò di gioia a quel pensiero. Tuttavia, la sua reazione a quella mia, ormai, più che esplicita e significativa dichiarazione, non sembrò di gioia stupefatta. Benché non avesse sdegnato le mie carezze e miei baci, mi sembrava ancora sulle spine. Che le sorprese che mi stava riservando, non fossero ancora finite?

Le racchiusi il viso con entrambe le mani, costringendola gentilmente a guardarmi. Il turbamento che trovai inciso sul suo volto, fu paragonabile al dolore di una ferita atroce.

Era palesemente macerata dal dubbio e dall’incertezza e, stranamente, non ne compresi il motivo. Non poteva venire da me, quella lotta di sentimenti così devastanti. Sembrava sul punto di piangere o gridare e questo mi fece male più del fuoco sulla pelle viva.

“ Jenna, che cosa c’è?”

Lei mi guardò smarrita e spaventata.

“ Oh, Chris…”

Mormorò, stringendosi a me, per la prima volta, spontaneamente, afferrando il tessuto della camicia fra i pugni, quasi a volerlo lacerale, e affondando il viso sul mio petto. La strinsi forte, confortandola, incapace di comprenderla.

“ Jenna… amore…”

Le sussurrai, baciandole il capo e affondando entrambe le mani fra i suoi capelli.

“ Dimmi cosa ti tormenta, ti prego.”

Lei s’irrigidì per un attimo, celando maggiormente il viso al di sotto della mia spalla destra.

“ Se non me lo dici, non posso aiutarti.”

“ Non puoi…”

Sgranai gli occhi, di fronte a quell’affermazione lucida e secca.

Mi scostai da lei, abbastanza lontano dal suo corpo, per permettermi di guardarla.

“ Non puoi aiutarmi.”

Ripeté ancora, lo sguardo basso.

“ Per…”

Le sollevai il mento con due dita, cominciando a spazientirmi per quel comportamento senza senso.

“ Perché? Perché non posso aiutarti?”

Lei non rispose, lo sguardo crucciato.

“ Mi reputi un completo incapace, vero? E’ per questo?”

Dissi, con foga, rafforzando la presa sul suo mento. Lei si divincolò, esclamando:

“ No, non è questo!”

“ E allora cosa? Cosa c’è che non va in me, al punto da costringerti ad allontanarmi sempre di più?”

Lei si morse il labbro inferiore, ravviandosi i capelli, nervosa.

“ Io non lo vorrei, credimi. Ma…”

“ Ma cosa? Jenna dimmelo, per favore. Perché, io non lo capisco. Sto impazzendo per capirlo! Ma è più forte di me, non riesco a comprendere il tuo comportamento distaccato nei miei confronti. Ho forse fatto qualcosa che…”

“ No!”

Disse energica, interrompendomi, guardandomi dritto negli occhi, accesi di un fuoco intenso, pronto a divorarmi.

“ No, tu non hai colpe! La colpa di tutta questa situazione, è solo mia.”

Chiuse gli occhi per un attimo, respirando lentamente, come a darsi coraggio.

“ Per quello che ho fatto, per il mio passato…”

“ Jenna, cosa c’entra il tuo passato con me? Con noi?”

Jenna riaprì gli occhi, osservandomi combattuta, ansimante, ancora una volta sembrava in lotta con una parte di se stessa, che non la lasciava libera di riporre la sua corazza di fronte a me.

“ Tutto.”

Disse, in un ansito quasi forzato.

Scossi la testa, incapace di comprendere le sue parole. Tentai di avvicinarmi a lei, di stringerla a me. Ma lei si teneva distante, ancora incapace di lasciarsi andare, terrorizzata da qualcosa che l’angustiava terribilmente. Ed io, ero in preda all’agonia insieme a lei, trafitto dal suo dolore.

“ Tu… non sai… non sai, cosa ti ho fatto.”

“ Jenna, smettila, ti prego.”

Le dissi, raggiungendola in meno di un secondo, afferrandola per le spalle, strofinandole le braccia in repentine carezze, confortandola. Lei alzò le mani, rivolgendone i palmi contro il mio petto, quasi a respingermi via.

“ No, per favore…devi saperlo! Lasciami finire, non mi interrompere.”

A malincuore, assentii con un cenno, bloccando le mani sulle sue spalle, disegnando cerchi concentrici sulle sue scapole, per rilassarla.

Jenna sembrò essere riconoscente per quel tocco, visto che socchiuse gli occhi, traendo vari respiri.

“ Sono stata io, Christopher.”

Mi disse, con una tremula calma.

“ A fare cosa?”

Le chiesi, inconsapevole.

Lei mi trafisse con i suoi occhi bui, affermando, determinata.

“ A trasformarti.”

Jenna.

 

Ecco, lo avevo detto. Trassi un respiro più quieto. Credevo che mi sarei sentita sollevata dopo aver esternato a Christopher quel terribile segreto. Ma non fu così. Una strana sensazione di vuoto serpeggiava in me, come l’abisso insonorizzato che precede la tempesta. E dopo il nulla, subentrò il dubbio e poi la paura. Si, ma questa volta si trattava di un nuovo tipo di timore. Avevo paura della reazione di Chris.

Lo osservai impotente, mentre riponeva le mani lungo i fianchi, prima così dolcemente appoggiate sulle mie spalle, per donarmi conforto, una gentilezza e una comprensione che non meritavo. Così com’era immeritato il suo amore per me.

Vidi Chris barcollare all’indietro, il volto una maschera di stupore e sbigottimento. Sembrava quasi stato colpito dalla mia rivelazione, come se fosse stato trapassato da lame ghiacciate di morte.

“ Io…lo so, sono imperdonabile.”

Continuai, mentre come svuotato, si afflosciava sul ciglio del letto, le ginocchia divaricate, le mani a sostenersi il viso.

“ Immagino vorrai sapere come sia successo?”

Non rispose, lo sguardo perso nei suoi pensieri, l’espressione del suo volto, mostrava soltanto una statica riflessione. Era immobile, come una statua di sale. Nessuna reazione.

Continuai, quasi per smuoverlo da quell’immobilità inaspettata ed inconcepibile.

“ Ti incontrai nel New Jersey. Eravamo al parco, vicino l’università. All’epoca, la frequentavamo entrambi. Eri seduto su di una panchina, stavi leggendo un libro sul marxismo. All’inizio, mi eri del tutto indifferente, come tutti gli umani. Ti passai accanto, senza che tu ti accorgessi di me, troppo preso dalle tue letture per notarmi. Sarebbe andato tutto liscio, se un venticello gelido non avesse deciso di alzarsi proprio in quel momento.”

Chiusi gli occhi, provata da quel ricordo.

“ Il tuo profumo… il vento catturò l’odore del tuo sangue. Era così… indescrivibile. Dolce, buono, dissetante. Io ero una vampira esperta. Sapevo dominare alla perfezione il mio istinto. Avevo anni d’esperienza e d’astinenza alle spalle, dettati dagli insegnamenti di Jack. Tuttavia, nessuno di questi mi servì a fermarmi. Eri troppo, troppo irresistibile.”

Lo guardai, in attesa di un gesto, un insulto, qualsiasi cosa, pur di non vederlo così, immerso nel suo ostinato silenzio, lo sguardo assente, ancora fisso davanti a sé. Ma, ancora una volta, non accadde nulla. Così, come se parlarne fosse un anestetico contro la mia ansia, continuai il mio racconto di morte.

“ Così, attratta irresistibilmente dalla tua essenza vitale, seguendo la scia del tuo profumo, ritornai sui miei passi. Mi fermai davanti a te e, senza parlare, ti abbassai il libro, per renderti cosciente della mia presenza. Mi bastò uno sguardo e un mio cenno che indicava il boschetto di mirti, dietro una curva del sentiero, che conduceva fuori dal parco, per renderti mio. Mi seguisti, affascinato inevitabilmente da me. Una volta nascosti e lontani da sguardi indiscreti, ti feci distendere sul prato tagliato di fresco, ma il profumo dell’erba bagnata non bastò a farmi rinsavire. Ero sconvolta dalla sete. Ormai, bere il tuo sangue era diventato indispensabile. Così…così l’ho fatto. Ti ho morso, direttamente sulla vene aorta, pulsante sul collo.”

Questa volta non lo guardai, le lacrime di amarezza ad offuscarmi la vista.

“ Jack e la mia famiglia arrivarono per fermarmi. Ma quando mi distaccarono con la forza da te, era troppo tardi. Ormai, eri già in preda alle fiamme della trasformazione. Se non fosse stato per il mio veleno, saresti morto dissanguato. Mancavano solo pochi sorsi, prima che il tuo cuore smettesse di battere.”

Respirai pesantemente, incapace di smettere di raccontare, di parlare di quella vicenda. Troppo a lungo avevo fatto finta di nulla, tenendomi tutto dentro, cercando di affogare i ricordi con le futilità che la vita umana offriva. Ma così facendo, le amarezze si erano moltiplicate, il dolore e il disgusto erano giunti alla gola, imbrattando la lingua di veleno e amarezza. Ed ora, ero giunta al punto, in cui la parola vestiva il difficile ruolo della catarsi.

 “ Tu, non hai idea di come mi sono torturata in questi anni, al pensiero di averti condannato alla dannazione, per un’eternità vissuta nel sangue. Non ho mai dimenticato quel giorno, fonte di tutti i miei incubi ad occhi aperti e dei miei fantasmi.”

Lo vidi osservarsi le mani, toccarsi con le dita le braccia, il volto indecifrabile, la bocca serrata in una linea dura. Che stesse meditando di attaccarmi? Come dargli torto.

“Ora, capirai sicuramente il motivo che mi ha spinto ad evitare ogni tipo di rapporto con me. Se ritieni che sia giusto vendicarti, sei liberissimo di farlo. Io non ti fermerò né proverò a difendermi. Ti pregherei soltanto, di non coinvolgere la mia famiglia né i Cullen. Credo che anche tu sarai concorde nel ritenerli innocenti in questa faccenda. La colpa di quello che ti è successo, è soltanto mia e se Jack ha deciso di rintracciarti dopo tanto tempo e lasciarti vivere con noi, è soltanto perché nutre davvero dell’affetto per te, anche se non nego che abbia voluto riscattarmi, integrandoti a tutti gli effetti nella nostra famiglia. Ti prego di risparmiarlo per questo. Voleva solo provare a scacciare le mie sofferenze.”

Attesi nuovamente una sua reazione. Il mio discorso era finito e con esso erano scivolati via tutti i miei mali. Ora, dovevo soltanto attendere il verdetto di Christopher.

Dopo qualche lungo minuto, lo seguii alzarsi lentamente dal letto, avanzare verso di me, con passo misurato, lo sguardo chino, le mani aperte e serene. Forse era fin troppa la tensione, per compiere qualcosa di più violento. Immaginai i suoi occhi iniettati di sangue, il viso furente, pronto ad attaccarmi. Ma, ancora una volta, quando Chris fu di fronte a me, trovandomi immobile, pronta ad affrontare senza rimorsi la sua vendetta, fui colta dall’ennesimo stupore, lo stesso che mi provocava con ogni suo gesto inaspettato.

Incredibilmente, Chris sorrideva. Era sereno, tranquillo, per nulla furente, nessuna smorfia vendicativa a trasfigurargli il viso. Forse simulava?

“ Sei stata tu a trasformarmi.”

Annuii stupita, nuovamente e forse ancora di più, per la sua voce calma e priva di tensioni.

“ E per questo motivo, mi hai evitato tutto quel tempo.”

Annuii di nuovo, lentamente, incapace di decifrare tanta innaturale tranquillità. Dov’erano le urla, le recriminazioni, i tentativi folli – ma giustificati – di uccidermi?

Il mio sbigottimento aumento a dismisura, quando scoppiò a ridere di cuore. Lo osservai ridere in modo quasi liberatorio, incredula e quasi indispettita.

“ Insomma, cosa c’è da ridere? Ti ho appena rivelato di essere stata io ad ucciderti, e tu…?!”

“ Si, lo so, ho capito quello che mi hai detto. Ogni singola parola.”

Mi disse, continuando a sorridere, racchiudendomi il viso fra le mani, accarezzandone le guancie con il dorso delle dita. Il suo tocco mi fece rabbrividire, non di paura, bensì di piacere.

“ Se fossi stata una vampira nomade, assetata di sangue, forse non ti avrei perdonata e molto probabilmente mi sarei vendicato. Ma tu…”

Mi sussurrò, abbassando il capo, lo sguardo timido, le labbra socchiuse in un tenero sorriso.

“ Tu sei la mia Jenna. E alla mia Jenna, non posso fare del male.”

Trasalii, incapace di credere a quelle parole così dolci ed immeritate e glielo dissi, tremante, cercando di distaccarmi dalla sua presa, coprendo le sue mani con le mie.

“ Ma io… io non merito tutto questo. Io…”

“ Shhh…”

Mi bloccò, posando la fronte sulla mia, strofinando, pelle contro pelle.

“ Non è vero. Non dire così.”

Mi mormorò, dolce e delicato.

“ Ma, Chris! Tu…Tu non puoi perdonarmi. Non puoi, non è giusto!”

“ Shhh…Certo che posso. Io ti perdonerò sempre, perché ti amo.”

Mi disse tenero, baciandomi la fronte e gli zigomi con le labbra socchiuse, incandescenti. Lo sentii ansimare, quasi in preda ad una frenesia. E, a malincuore, dovetti ammettere che la sua vicinanza e i suoi teneri gesti, pieni di un sentimento incomprensibile, ma vero, lo sapevo, mi turbava. Anch’io, infatti, cominciai ad avere il respiro grosso e sospiri di desiderio fuoriuscivano, vergognosi, dalle mie labbra. Chiusi gli occhi, troppo debole per sostenere i suoi, rimasti cangianti e speziati d’oro, e per cercare di ritrovare il mio normale equilibro e la mia lucidità.

“ Ti amo, Jenna. E devo confessarti che…”

Respirò pesantemente, emettendo quasi un gemito sulla punta del mio orecchio, quando mi bisbigliò con voce rauca:

“ L’idea che il tuo veleno circoli nel mio corpo, legandomi ancora di più a te, rendendomi… si, un certo senso…tuo…mi eccita in una maniera quasi indecente.”

Trasalii, scuotendo il capo, cercando di dimenticare l’effetto devastante che quelle parole mi causavano. Tuttavia, nonostante tutti i miei sforzi, mi sorprendevo ad aderire sempre di più al suo corpo, tanto che la barriera dei vestiti sembrava essere inesistente, a porgergli remissiva la fronte, gli occhi, le guance, le labbra alla sua bocca affamata di ogni strato del mio viso.

Lo desideravo e forse, ora che lo osservavo guardarmi con occhi bui ed eccitati, ma amorevoli…si, forse ne ero anche innamorata.

Mi strinse a sé, di nuovo fronte contro fronte, labbra contro labbra, il mio respiro nel suo.

“ Mi ami, Jenna?”

Articolò sulla mia bocca, baciandola ad ogni movimento. Mi scostai quel tanto necessario per guardarlo negli occhi.

“ Si.”

Bisbigliai, con il fiato corto e soffocata da un leggero imbarazzo.

Lo vidi sorridere e i suoi occhi neri brillare di stelle di felicità, prima di catturarmi le labbra in un bacio più intenso e più profondo.

Circondai il suo collo con le braccia, affondando entrambe le mani nei suoi capelli indomabili e color del tramonto, prima che Chris mi spingesse dolcemente sul letto, che cigolò protestando per la nostra dolce violenza, le sue mani già sull’orlo della mia felpa, pronta a sollevarla…

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Siiiiiiiiiiii!!! Sono tornata!! Se siete arrivati fin qui, sono contentissima! Un capitolo lunghissimo, tutto per voi, per farmi ripagare della lunga attesa! :D

Alloooora?? Vi è piaciuto??? Commentate e leggete in tanti, mi raccomando (soprattutto l’ultimo punto! Non perdetevi neppure una riga, è importante!) :D

Siii, so cosa state pensando: “ Ora che i nostri due vampirelli si sono lasciati andare alla passione, è tutto finito e chiarito, no?” E invece le sorprese non sono ancora finiteeee!!!! C’è molto altro da aggiungere a questa storia e altre rivelazioni da svelare nel corso della narrazione! Lo so, lo so… sono tremenda! Vi lascio nel mistero e mi raccomando, occhio ai miei aggiornamenti nel fine settimana! :D

VI ADORO TUTTIIIIII!!!

Bacioni, amici e amiche di EFP!!

 

<3 <3 <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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