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Autore: Vanderbilt    27/02/2012    18 recensioni
Bella, ragazza di diciotto anni con una famiglia apparentemente perfetta. Desidera innamorarsi per la prima volta.
Edward, un passato difficile, non si è mai innamorato.
Entrambi si conosco da molti anni, ma non sono mai riusciti ad instaurare un rapporto a causa del carattere introverso di Edward.
Abitano a Savannah, sognano di andare al college, ma ora dovranno affrontare l'ultimo anno di liceo, pieno di imprevisti a grattacapi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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That's my home

Don’t lose it all in the blur of the stars!
Seeing is deceiving, dreaming is believing,
It’s okay not to be okay…
Sometimes it’s hard, to follow your heart.
Tears don’t mean you’re losing, everybody’s bruising.

Jessie J, Who you are

 

 

Tutto stava andando bene. Troppo bene.

Quella mattina mi svegliai con il sorriso sulle labbra che moriva pian piano che i minuti della giornata avanzano veloci come un fulmine. Mentre feci colazione avvertii qualcosa di diverso: nell'aria c'era l'odore di cambiamento in arrivo. Quella strana sensazione non mi abbandonò per tutta la giornata e, alla fine, non mi sbagliai. Tutto cambiò. Tutto peggiorò. Tutto non si aggiustò come credetti.

 

La mattinata iniziò già male, quando entrata in macchina mi accorsi di aver scordato di fare benzina il giorno prima. Nocciolo della questione: ero a secco.

Come diavolo avevo fatto a scordarmi di andare da quel maledetto distributore?! Solo io potevo essere così sbadata da dimenticare una cosa di simile importanza. Il fatto era che ormai da due settimane vivevo con la testa perennemente tra le nuvole. Tra i miei genitori le cose si erano sistemate. Edward ed io... lui era perfetto, noi lo eravamo. Lo amavo ogni giorno di più. Non c'era nulla fuori posto nella mia vita.

A quel punto l'unica soluzione era chiamare Edward e farmi passare a prendere. Chissaà come mai, ma l'idea di andare in auto con lui mi eccitava...

Questo perché stai ripensando a quel famoso pomeriggio di due settimane prima, quando vi siete imboscati nei boschi di Savannah, suggerì una vocetta fastidiosa.

Okay, potevo anche ammetterlo, ma non era solo per quello! Andare in macchina con lui significava passare più tempo insieme, tutto qua.

Certo, continua a cercare di convincerti, sussurrò nuovamente.

O dio, era un incubo! Ma da quando ero diventata così pervertita? Mi dovevo controllare e alla svelta, prima che Edward arrivasse a prendermi.

Lo chiamai e nel frattempo mi sedetti sugli scalini del portico di casa. Se fossi rientrata, Rain non avrebbe preso bene una mia seconda uscita e avrebbe combinato qualche guaio in casa, sebbene fosse uscito meno di mezzora fa.

«Buongiorno, Bella!», la sua voce dolce rilassò i miei nervi già molto provati.

«Edward», lo salutai mestamentente; «ho un piccolo problema».

«Cos'è successo?», mi disse subito preoccupato. A volte mi rendevo conto che era davvero pessimista. Non che nel mio caso non avesse ragione, succedeva sempre qualcosa di spiacevole quando usavo quel tono al telefono.

«Nulla di grave, ho solo scordato di far benzina», risposi imbronciata. Appoggiai la testa all'asse di legno che recintava il portico e mi rilassai leggermente. Mi sentivo così strana quel giorno...

«Cristo, mi hai fatto preoccupare!». L'avevo già detto che era ansioso e si faceva prendere subito dal panico quando lo chiamavo? «Ti passo a prendere tra... un quarto d'ora».

«Tranquillo, fai con calma».

«Ti porto una tanica di benzina?», domandò dolcemente. Sentii in sottofondo la battuta di Emmett e la sua risata tuonante quando comprese ciò che mi era successo.

«No, ci penserà mio padre», che dovevo ancora avvertire, ma quelli erano dettagli. «Ringrazia Emmett, lui sa sempre come tirare su il morale alle persone», dissi scocciata. Sì, quel giorno ero particolarmente capricciosa, come una bambina di cinque anni. Cosa c'era che non andava?! Giornata maledetta!

«Stai tranquilla, non è successo nulla, Bella», cercò di confortarmi Edward. Sospirai e riattaccai.

Due settimane di completo paradiso e ora mi sembrava così tanto Paradiso amaro. Non è che George Clooney mi aveva contagiata con il suo inferno personale?! Giurai a me stessa di non rivedere quel film per molto tempo, se non mai più. Ieri sera l'avevo visto con Edward e a quanto pare mi aveva portato sfiga, visto com'era iniziata la mattinata. Superstiziosa? Sì!




Edward arrivò prima del previsto. Corsi verso la macchina felice di rivederlo e, una volta dentro, lo abbracciai stile koala.

«Ehi», mi sussurrò Edward con il viso tra i capelli. «Che succede?».

«Non lo so, George Clooney mi ha portato iella!», risposi sempre più convinta della mia teoria.

Edward iniziò a ridere e la sua presa in giro mi indispettii alquanto. Mi rimisi seduta composta e incrociai le braccia al petto. Sindrome premestruale. Purtroppo quel giorno le avevo tutte. Ciclo, nervosismo, rabbia per chissà cosa e tensione, soprattutto quest'ultima e non capivo nemmeno perché.

«Andiamo, non ti arrabbiare! Me lo dai il bacio del buongiorno?», mi chiese suadente. Tsé se pensava di farmi cedere con due moine aveva... Mi ritrovai con le labbra molto impegnate nel giro di due secondi, senza avere il tempo di respingere i suo tentativi di farmi cedere. Con un gemito mi abbandonai a lui e a quelle labbra meravigliose. Come potevo respingere un simile essere?! Era impossibile!

«Edward», lo richiamai.

«Mmm». Era così impegnato a coccolarmi e baciarmi che non sicuramente la sua risposta era stato una risposta istintiva.

«Faremo tardi se non ci sbrighiamo», tentai cercando di convincere entrambi. Sarei stata ore in quella macchina a baciarlo.

«Entreremo un'ora dopo».

«Ci siamo già giocati questa carta ieri e siamo solo a martedì». Dio, com'era difficile fare la persona responsabile. In quel momento l'unico mio pensiera era di fuggire solo io e lui, saltare la scuola e andare in un parco, stenderci sotto il sole e continuare a baciarci all'infinito.

«Lo so», rispose staccandosi da me e cercando di mantenere la calma. I nostri respiri affannati e il groviglio che erano i nostri corpi parlavano per noi. «Andiamo», acconsentì controvoglia.


 

Le lezioni proseguirono lente e noiose come al solito. Chi aveva inventato questo sistema scolastico era un imbecille! Perché non cercare di invogliare gli studenti ad andare a scuola con un altro umore e non depressi e incapaci di farsi coinvolgere da qualsiasi cosa succedesse all'interno di quell'istituto? Lo studio era importante, sì, ma non necessariamente doveva essere legato ad un'istituzione. L'esempio più grandi ai giorni nostri era stato Steve Jobs, quell'uomo era un genio eppure non avevo preso la laurea. Quindi l'assurda concezione che solo chi sonseguiva un corso di studi era una persona colta, era alquanto fastidioso e da ipocriti. C'erano così tanti imbecilli laureati al mondo...

Se ne avessi avuto il potere, appena entrata al liceo avrei rivoluzionato ogni cosa! Invece eravamo costretti a sottostare ad un rigido protocollo gerarchico, dove il potere era nelle mani dei professori e del preside: loro dettavano legge. C'era solo la professoressa di letteratura ingelse e storia americana che adoravo, gli altri potevano anche sparire dalla scuola e io avrei solo gioito.

E quella dannata e assurda mattinata, le lezioni mi sembravano ancora peggio del solito!

Il professore di bilogia, attuale lezione che seguivo, aveva una voce nasale, con i suoi occhiali da talpa era l'individuo più irritante che avessi mai conosciuto, sempre a urlare a qualche studente e a rimproverare gli alunni chiedevano precisazioni su un argomento. Come poteva una persona simile fare il professore? Erano persone come lui che ti facevano perdere la voglia di andare a scuola!

La lezione finì cinque minuti prima del previsto e io corsi in mensa per staccare da quelle ore caratterizzate da lezioni infinite.

A poco a poco il flusso di studenti invase la mensa e attesi impaziente l'arrivo dei miei amici, con solo una mela e una bottiglietta di Coca Cola in mano. Avevo lo stomaco chiuso dall'ansia assurda che mi aveva invasa da quando era suonata la sveglia.

Finalmente arrivò Edward, seguito da Emm, Rose ed Alice. Si sedettero al mio fianco e io partii con la domanda sbagliata: «Come mai Jazz deve ancora arrivare?».

Tutti mi guardarono con occhi sgranati e cercarono di coprire la mia domanda iniziando a parlare del tempo meravoglioso, del sole accecante...

Aggrottai la fronte perplessa e cercai spiegazioni. Che cosa stava succedendo?!

Appena esaurirono l'argomento, Alice prese la palla al balzo e si intromise furibonda: «Te lo dico io dov'è quello stolto ipocrita!».

«Sono sempre pronto a spezzare qualche ossa, sorellina!», le disse Emmett. Suo fratello cercava solo di tranquillizzarla, ma lei era una bomba a orologeria, quando iniziava la sua arringa nessuno era in grado di fermarla...

«Ehi, Aly, calmati», le disse Edward in tono dolce e tranquillo.

... o così credevo.

Alice sorrise al fratello con il volto illuminato da un amore che tra loro non avevo ancora notato. Sapevo che lei aveva un particolare debole per il fratello introverso e timido, ma non mi ero mai ritrovata davanti alla dimostrazione effettiva di ciò. Con questo non volevo dire che non amava anche Emmett, erano entrambi suoi fratelli e li adorava nello stesso modo, eppure per Edward provava un affetto quasi materno, era così accorta nei suoi confronti...

«Comunque, Bella, ti dicevo che quello stolto, ingrato, imbecille del mio tra un po' ex-ragazzo se non si...», iniziò Alice.

«Alice», la ammonì Rosalie. Dopotutto era sempre di suo fratello che la sua amica parlava in termini a dir poco esagerati.

Dal suo canto la piccoletta di casa Cullen non si fece intimidire e dopo un sonoro sbuffo riprese a parlare: «Nel corso di chimica c'è un ragazzo che mi ha dato il suo numero. Ovviamente io non gli ho dato corda, ma mentre uscivo dall'aula costui ha ribadito se una sera mi andava di chiamarlo e metterci d'accordo per andare a bere qualcosa. La parte divertente è che Jasper mi stava aspettando proprio fuori dall'aula, quindi ha sentito tutto e si è irritato con me! Con me, ti rendi conto?!».

«Non capisco», le rivelai sincera. Non riuscivo a collegare i pezzi. Se un ragazzo aveva dato il suo numero ad Alice, dov'era il problema? Non era stata lei a chiedere qualcosa.

Giocherellai con la mela e le diedi un morso, mentre con l'altra mano tormentavo le dita di Edward. Apprezzavo ogni singolo contatto tra noi, ogni più piccolo avvicinamento mi faceva stare bene e mi infondeva un senso di protezione e pace essenziali.

«Quello stupido pensa che io gli abbia nascosto che Mike, il mio compagno di corso, ci abbia provato altre volte. Ora fa l'offeso e il diffidente», piagnucolò Aly. Si vedeva che era una cosa che la faceva soffrire immensamente. Jasper ed Alice non litigavano mai, erano sempre la coppia tutto amore e niente rancore. Insomma, tutto il contrario di Emmett e Rose, i quali molto spesso litigavano per questioni inutili e non si parlavano per giorni.

«Dove si trova?», chiesi sorpresa di non vederlo comunque al fianco della sua ragazza a tenere il muso.

«Non lo so! Dopo aver sputato sentenze si è voltato e se n'è andato. Comportamento maturo, vero?».

«Forse si è solo sentito minacciato da Mike», lo difese Rose.

«Allora quante volte avremmo dovuto litigare per le cheerleader con cui segue il corso di economia?! Ma no, mi sono sempre fidata!», le rispose Alice. Aveva gli occhi lucidi, ma non avrei saputo dire se per rabbia e per la delusione.

«Dovresti parlare con lui», le suggerii accarezzandole la mano in segno di comprensione.

«Almeno sapessi doe si è cacciato», pronunciò debolmente.

«Non può essersi allontanato, tra venti minuti riprendono le lezioni. Fossi in te controllerei in cortile», le consigliò Edward.

Alice sorrise al fratello e fuggì via senza voltarsi indietro.


 

«Dio, un'altra ora di diritto e avrei seriamente meditato di alzare la mano e urlare di tutto alla professoressa Jhonson! Ma come ad essere così pesante quella donna?! Tra lei e il professore di biologia non so chi è peggio!», esordii una volta entrata nella macchina di Edward. Ci trovavamo nel parcheggio della scuola e finalmente le lezioni erano terminate.

«I professori dovrebbrero prendere esempio da Mr Keating», scherzò Edward. Lo fulminai con lo sguardo e lui alzò le mani in segno di resa. «Perché sei così nervosa oggi?».

«Non lo so», sussurrai colpevole; lui stava solo cercando di buttare l'intera faccenda sul comico e io ero solo in grado di rendermi antipatica e indisposta a qualsiasi suo tentativo di rallegrare la mia pessima giornata.

«Cosa ti va di fare oggi?», domandò inizando a uscire dal parcheggio.

«Devo passare in libreria per ritirare die libri che ho ordinato».

Guardai la strada scorrere veloce al nostro fianco e mi domandai se Alice e Jasper avevano risolto il loro problema.

«In quale libreria?».

«Su Riverfront Plaza», risposi meccanicamente. «Hai visto Alice e Jasper?».

«No, ma credo Alice sia riuscita a trovarlo, perché è arrivata in ritardo a educazione fisica e sorrideva entusiasta come sempre». Giusto, seguivano quella lezione insieme.

Arrivammo in libreria verso le cinque di pomeriggio e subito andai al bancone dove si potevano ritirare le prenotazioni. Adoravo quella libreria, era così confortevole e a pensarci bene affermare una cosa simile era un atto di coraggio. Di certo non era una libreria piccola, con una commessa e tre libri in croce. Questa era enorme, di cinque piani ed era impossibile non riuscire a trovare qualcosa, anche se non vendeva solo libri, ma anche DVD e CD, oltre che strumenti musicali. Pensare che da poco avevano messo anche un bar al primo piano! L'adoravo e ogni volta mi perdevo tra gli scaffali a leggere tutte le trame dei libri che mi colpivano.

Sospirai estasiata da quel posto che per me era come il paradiso e notai con la cosa dell'occhio Edward rilassato e a suo agio. Anche lui amava leggere e, infatti, avevamo preso l'abitudine di scambiarci i libri e parlare per ore di quello che più ci aveva coinvolti. A volte riuscivamo a trovare il pelo nell'uovo di un romanzo di cui inizialmente eravamo entusiasti. Ci capitava anche di scontrarci quando non eravamo d'accordo, a volte proteggevamo i personaggi come se fossero entità reali.

«Che cosa hai ordinato?», mi chiese Edward. Le nostre mani intrecciate dondolavano mentre attendevamo il commesso che mi stava cercando la prenotazione.

«Amore, zucchero e cannella, e Il meglio di me», risposi distratta dalle copertine delle nuove uscite. Alcune erano stupende, elaborate e intriganti, altre erano orrende e inguardabili, immagini piatte di nessuna valenza attrattiva.

«Interessanti», commentò Edward. Posò un braccio sulle mie spalle e io mi rilassai contro di lui. Era tesa e stanca, una combinazione vincente.

In cassa instette per pagare lui, dire che avevo combattuto era una bugia, alla fine vinceva sempre lui non appena sfoderava quel suo sorriso che dedicava solo a me e mi guardava con i suoi meravigliosi occhi verdi. Avevo già detto che adoravo gli occhi verdi?



 

«Domani ti passo a prendere», mi disse Edward non appena spense la macchina.

Eravamo sotto casa mia e la giornata era arrivata quasi al termine. Fissai il cielo buio e poi voltai la testa verso le finestre di casa mia. Le luci erano accese. Strano, solitamente ero io la prima a tornare a casa.

«No, tranquillo, stasera vado a fare benzina», lo rassicurai. Non volevo farlo alzare prima per passare a prendermi quando avrei potuto benissimo andare a scuola da sola.

«Non è un problema e poi dopo la scuola voglio portarti in un posto», mi disse facendo l'occhiolino. Sorrisi e mi sporsi a baciarlo.

«Scusami se a volte sono così intrattabile», sussurrai sulle sue labbra. Era stata una giornata strana e non mi ero di certo comportata bene con Edward, risultanto capricciosa e assente.

«Capitano le giornate no», mi rassicurò accarezzandomi una guancia con il dorso della mano. Mi accoccolai su di lui e restammo per parecchi minuti in silenzio, abbracciati e basta.

A volte non servivano baci, sesso o altro, a volte l'unica cosa di cui avevamo bisogno era sentire che quella persona c'era, che era al nostro fianco fisicamente e mentalmente per confortarti e farti sentire meglio quando ne avevi bisogno. E di lui ne avevo sempre.



 

«Sono a casa!», urlai appena aprii la porta. Rain mi corse subito incontro con quel pelo arruffato e le zampette corte. Era diventato così cicciottello da risultare sempre tenero e coccoloso, anche quando combinava guai e bisognava sgridarlo, lui ti guardava con quegli occhietti dolci che dire una sola parola contro di lui sembrava un crimine.

«Bella», mi chiamò mia madre. Mi diressi in sala, da dove proveniva la voce, ma una volta varcata la soglia della stanza pensai di trovarmi in un incubo. Un brutto e fottuto incubo.

Avevo davanti agli occhi la stessa e identica situazione di due mesi fa. Mio padre e mia madre seduti sul divano con una faccia che presagiva solo dolore.

«Ci dispiace», disse subito mio padre, non appena mi sedetti con il mio cucciolo in braccio.

«Di cosa?», chiesi tremante e impaurita.

«Ci abbiamo provato davvero, tesoro, ma abbiamo preso delle decisioni sbagliate. La cosa che più ci fa soffrire è averti illusa in queste due settimane», espose mia madre con voce sofferente. I suoi occhi erano lucidi, lo specchio dei miei.

«Spiegati meglio». Non seppi mai dove trovai la voce e la forza per ascoltare ancora le loro parole. Fatto sta che restai seduta lì, finché non ebbero finito e poi come un'automa mi alzai e me ne andai nella mia stanza.

Renèe e Charlie avevano capito che la loro scelta di darsi una seconda possibilità era sbagliata. Non erano ancora pronti per continuare la loro vita insieme. Non in quel momento o forse mai.

Continuavo a restare all'oscuro del perché dopo vent'anni di matrimonio fosse arrivata una simile crisi tra loro, da non riuscire nemmeno a risolverla senza bisogno che mio padre se ne andasse via di casa. E non volevo saperlo.

L'unica mia certezza era che questa volta non ci sarebbe stato nessun viaggio, nessun ritorno a sorpresa e, soprattutto, mio padre non sarebbe rimasto con noi.

L'unica mia certezza era Edward.

Quella sera non dormii, non chiusi gli occhi nemmeno per un istante, fissando il soffitto senza vedere il bianco, ma stavo osservando la mia vita. La mia famiglia che si stava sgretolando sotto i miei piedi.

Mi alzai ancora prima che la sveglia suonasse e mi preparai ad iniziare una nuova vita con mia madre.

 

Cosa rimaneva della mia famiglia? Il nulla. Un vuoto era tutto ciò che era rimasto in quella casa, eppure sarebbe sempre rimasta tale. Nel bene e nel male avevo passato la mia vita lì, i miei momenti felici e quelli dolorosi. Non avrei mai cambiato la mia famiglia, anche se si era spezzata come un fragile rametto. Probabilmente non era così solida come credevo. Probabilmente avevo riposto troppa fiducia nella seconda possibilità che si erano concessi.

La domanda che continuai a pormi per tutta la notte fu semplice e complessa: come sarà domani? E l'indomani ebbi la risposta: ancora peggio di oggi.

 

Buonasera! Eccomi qui come avevo promesso! Sono sempre di parola, chi lo avrebbe mai detto? xD

Questa sera cercherò di rubarvi meno tempo possibile, ma tanto so che alla fine non sarà così, quindi dovrei solo smettere di scrivere questa frase e passare subito a quello che mi preme dirvi >.<

Grazie mille a tutte le persone che mi hanno capita e mi hanno dato il loro sostegno, siete davvero fantastiche, dalla prima all'ultima! Proprio per voi ho deciso di non sospendere la storia, perché non sarebbe giusto farvi attendere chissà quanto per un capitolo dopo che siete così dolci e meravigliose nel recensire sempre! Quindi se la storia va avanti è per voi ;)

In questi giorni ho conosciuto molte persone su FB che seguono questa storia e vi ringrazio davvero molto per le vostre parole! Ricordo a tutti che il contatto FB è Vanderbit Efp, se volete aggiungermi ;) Per chi non usa il nickname del sito ditemi chi siete, così vi riconosco =)

In questi periodo mi sembra di non saper più scrivere questa storia e questo mi deprime alquanto, quindi se anche voi notate qualcosa che non va o il fatto che io non riesca a trasmettere nulla ditemelo senza problemi! Non mi offendo di certo, ci mancherebbe altro!

Ora passiamo al capitolo! Cosa ne pensate? Voi avevate risposto molto fiducia nella seconda chance che si erano dati i genitori di Bella, ma io nelle recensioni ho cercato di mettervi la pulce nell'orecchio ;) Sono stata perfida con molte di voi ahah xD Comunque vorrei spendere due parole per loro: succede che due persone non riescano a proseguire il loro rapporto anche dopo una seconda possibilità, non ho voluto mettere le ragioni della loro separazione lasciando a voi il compito di immaginare qualsiasi fattore scatenante.

Per quanto riguarda i libri che Bella compra esistono davvero, Amore, zucchero e cannella è un romanzo di Amy Bratley, mente Il meglio di me è l'ultimo romanzo di Nicholas Sparks.

Mr J. Keating è il professore rivoluzionario de L'attimo fuggente.

Steve Jobs non penso ci sia bisogno di spiegazione e nemmeno per il film Paradiso Amaro, visto che è spiegato nel capitolo.

Bene, ho finito con le mie perle ahah xD Non penso ci sia altro da aggiungere, per il resto risponderò volentieri alle vostre recensioni.

Prossimo capitolo lunedì 19.

Una curiosità: le canzoni che metto le ascoltate qualche volta? =)

Ancora una domandina xD Chi ha preso il dvd di BD?

Un abbraccio a tutti e grazie mille del vostro sostegno e delle vostre parole *-*

Kiss :***

Jess

Ps il capitolo non l'ho ancora ricontrollato tutto, perdonate eventuali errori, ma l'ho terminato adesso e non ho il tempo di correggerlo ç.ç 

   
 
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