Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Beatrix Bonnie    28/02/2012    1 recensioni
Filosofo mi chiamavano, teologo, profondo conoscitore dei misteri del creato. Io, in realtà, non sapevo bene chi ero. Non capivo dove mi stesse conducendo la mia insaziabile sete di conoscenza e vagabondavo senza meta, stanco di ogni cosa, ma instancabile nella ricerca di qualcosa di meglio. Ero uno spirito inquieto, che non riusciva a trovare la sua collocazione nel mondo.
Dublino, 1185
Al giovane intellettuale sir Gregory è stata affidata dal suo signore una delicata missione da compiere alla corte di re Gilbert del Leinster. Certo, sir Gregory non si immagina che qualcosa verrà a turbare la sua affaticata esistenza: una ragazza, la pace di un vecchio podere di campagna e il profumo di una lontana leggenda.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo di Faerie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Liber VII




Quando lasciai la stanza di re Gilbert ero piuttosto turbato. In un certo senso mi sentivo quasi in colpa a tradire quel piccolo reuccio indifeso, troppo debole per governare qualsiasi cosa, tanto più un regno che stava crollando su se stesso. Incontrai Feamair quasi per caso, senza nemmeno accorgermi di dove stavo andando.
«Sir Gregory» sussurrò lei, prendendomi per mano e conducendomi in una stanza lontana da occhi indiscreti. Mi sfiorò le guance e si avvicinò a me per baciarmi, ma io ero troppo perso nei miei pensieri, per reagire. «Mio signore, cosa avete?» mi domandò allora la ragazza, in tono preoccupato.
Io smisi di fissare la venatura nel legno del pavimento e presi a guardare i suoi luminosi occhi verdi.
«Ho parlato con vostro cugino» rivelai infine.
A quelle parole, lady Feamair si irrigidì e i suoi muscoli del viso si contrassero in una smorfia. «È solo un inetto, non sa reagire». «Forse non ci riesce» azzardai, guardando Feamair di sottecchi. Lei scrollò le spalle con decisione.
«Ha nelle sue mani tutto il potere del regno. Lui potrebbe far risorgere il Leinster all'antico splendore dei nostri antenati e invece... non si rende nemmeno conto di ciò che ha e continua a piangere su se stesso» commentò in tono amaro.
Avevo come l'impressione che in quella critica forse troppo aspra fosse nascosto un velo di rimpianto. In fin dei conti, il regno sarebbe dovuto passare a suo padre Conchobhar, facendo di lei la legittima principessa del Leinster, e invece lui era morto lasciandola orfana e consegnando il potere nelle mani della sorella, lady Aoife.
Forse Feamair aveva ragione: re Gilbert non aveva saputo reagire quando il peso del regno gli era piombato sulle spalle, mentre lei sembrava nata per comandare. Mi ricordava tanto Boudicca, la regina dei celti che, alla morte del marito, aveva preso il comando della sua gente e li aveva portati a marciare contro i romani per respingerli dall'Inghilterra. Ero convinto che anche Feamair sarebbe stata in grado di farlo, se solo le avessero dato l'occasione.
Forse Feamair intuì i miei pensieri dall'espressione del mio volto, perché si avvicinò a me con fare accattivante. «Sapete che farei, se fossi io la regina?» mi chiese sorridendo. I suoi occhi brillarono di furbizia.
«Che cosa?» la incitai, cingendole la vita.
Lei mi baciò.
Ma non seppi mai cosa avrebbe fatto, se fosse stata regina, perché proprio in quel momento un gridolino isterico ci fece trasalire e fummo costretti a separarci di scatto.
Lì, ritta in piedi davanti a noi, con l'aria scandalizzata, stava lady Isabel de Clare, principessa del Leinster. I suoi occhi cerulei, così simili a quelli del fratello, saettavano tra me e Feamair, ridotti a due fessure.
«Isabel, ti prego...» cominciò a dire Feamair. Non l'avevo mai sentita usare quel tono: stava supplicando sua cugina. A quanto pareva, la reazione di sua zia Aoife alla scoperta della nostra storia d'amore doveva realmente terrorizzarla.
Isabel alzò le sopracciglia, con un malcelato disinteresse. «La regina non sarà per niente contenta» commentò in tono acido.
Feamair strinse la mia mano con maggiore forza e fece un passo titubante verso Isabel. «Non lo farai...» sussurrò, scuotendo lentamente la testa.
Sapevo che tra le due cugine non correva buon sangue: Isabel invidiava Feamair che, oltre ad essere decisamente più graziosa, aveva un carattere tanto forte e indipendente da concederle una certa libertà dalla vita di corte; Feamair, dal canto suo, invidiava solo una cosa alla cugina: il suo status di legittima principessa del Leinster.
Mi chiedevo solamente fino a che punto le avrebbe spinte l'odio che provavano l'una per l'altra.
«Che cosa dovrebbe impedirmi di spifferare tutto?» la provocò lady Isabel, arricciando quel suo naso a punta che la faceva somigliare ad una cornacchia.
Feamair deglutì: non aveva una carta vincente da giocare contro la cugina, per proibirle di fare la spia e questo lo sapeva benissimo anche Isabel.
Non era un peccato tanto grave quello di cui ci eravamo macchiati io e Feamair, ma era proprio di quel genere che destavano tanto di quello scalpore ipocrita da suscitare il biasimo di chiunque all'interno della corte e far meritare ai colpevoli qualche esemplare punizione.
Anche questo Isabel lo sapeva e pareva gongolare all'idea di infangare l'onore della tanto odiata cugina.
«Isabel, ti prego» la supplicò un'ultima volta Feamair.
Vidi un lampo di folle malizia attraversare gli occhi azzurri di lady Isabel. «Non ci sono preghiere che tengano» rispose con un tono quasi malvagio. Poi, senza smettere di fissare con uno sguardo di sfida la cugina, chiamò a gran voce: «Guardie!»
Fu allora che Feamair lasciò andare la mia mano e si scagliò contro Isabel come una furia, ricoprendola di insulti. Non feci nemmeno in tempo ad accorgermene, che le due ragazze erano a terra in un groviglio di corpi e vesti. In poco tempo Feamair ebbe la meglio: strappò il diadema dalla testa della cugina e poi la afferrò per i capelli, strattonandola con foga. Isabel si difendeva a suon di calci e graffi, ma con il suo fisico gracile non poteva competere con la cugina.
Quando arrivarono le guardie, si trovarono di fronte una scena alquanto insolita: due lady che rotolavano sul pavimento come due ossesse, mentre io cercavo in vano di separarle.
«Feamair!» tuonò una voce imperiosa.
La ragazza si immobilizzò all'istante, ancora con una ciocca di capelli di Isabel tra le mani.
«Lasciala andare, immediatamente» ordinò lady Aoife; quando entrò nella stanza, sembrò che ogni spazio libero fosse stato occupato dalla sua presenza, tanto era ingombrante e pesante la sua autorità.
Feamair liberò lentamente dalla sua presa lady Isabel che si affrettò a ricoprirsi il capo con il velo, fermandolo con il diadema. Aveva un labbro gonfio e sanguinante e un piccolo ematoma sotto l'occhio destro. Anche Feamair si alzò da terra: ciò che maggiormente mostrava lo scontro appena avvenuto, non erano tanto i graffi lasciati dall'avversaria, quanto lo sguardo furente simile a quello di una bestia feroce ricacciata a forza nella gabbia.
«Cos'è successo qui?» domandò lady Aoife, in un tono che faceva passare qualsiasi voglia di disobbedire.
Fu lady Isabel a rispondere, con un tono di voce acido e scontroso: «Mi ha aggredito lei!»
Lady Aoife si voltò lentamente verso Feamair, per riceverne una spiegazione sensata, ma la ragazza non smetteva di digrignare i denti verso la cugina, gli occhi verdi infiammati da un sentimento di puro odio, così la donna fu costretta a rivolgersi nuovamente alla figlia. Quel patetico teatrino stava cominciando ad attirare l'attenzione degli altri membri della corte, che facevano capolino alle spalle delle guardie.
«E perché l'avrebbe fatto?» chiese lady Aoife con un tono neutro, che sembrava non voler propendere per nessuna delle due contendenti.
Ma io sapevo che la bilancia della giustizia pendeva nettamente a favore di Isabel, che poteva vantare non solo una vita di corte pienamente onesta, ma anche un notevole ascendente sulla madre. Feamair, al contrario, aveva dei notevoli precedenti negativi che le avevano procurato lo sfavore di tutta la corte, zia Aoife compresa.
Lady Isabel scoccò uno sguardo di sfida alla cugina e tentennò per qualche secondo, ma capii subito quali sarebbero state le sue intenzioni, quando la vidi arricciare il naso in quella sua smorfia disgustata. «Perché non lo chiedete a lei, madre?» suggerì in un tono che perfino a me parve veramente odioso, benché non avessi nulla contro di lei.
Ecco che finalmente, anche a me lady Isabel apparve sotto la stessa luce con cui la vedeva Feamair: quel volto da cornacchia, con il nasino a punta che si torceva ogni volta in smorfie di disgusto o indifferenza, coronato da un paio di inespressivi occhi cerulei, era tanto più sgraziato quando più odioso era il comportamento della lady a cui apparteneva. Si sarebbe anche potuto soprassedere sul suo aspetto spigoloso e così poco leggiadro, se solo avesse compensato con una naturale freschezza e spontaneità di carattere. Cosa che, a quanto pare, non le riusciva affatto bene.
Lady Aoife si voltò nuovamente verso Feamair, ma questa continuava nel suo ostinato silenzio, puntando lo sguardo furioso sulla cugina.
La mancanza di risposte surriscaldò l'animo della regina. «Allora, si può sapere che sta succedendo?» proruppe con il suo tono più autoritario e terribile.
Lady Isabel, forse spaventata dallo scatto d'ira della madre, si affrettò a rispondere con una vocetta acuta: «Ho scoperto lady Feamair in atteggiamenti lascivi con...» Isabel fece una breve pausa, che provocò un improvviso innalzamento della tensione.
Ecco, stava per arrivare il mio nome. Ero spacciato.
Chiusi gli occhi.
«Sir Gregory!»
Quando li riaprii, mi sembrò che improvvisamente fosse comparsa in quella stanza tutta la corte del Leinster, tutta concentrata sulla mia figura ammantata, come se sperasse di scorgervi chissà quale diabolico aspetto che fino ad allora era rimasto nascosto. Là, che sbucavano da dietro la figura della madre, gli occhi sbarrati e increduli di re Gilbert, quelli di biasimo di tante dame e cavalieri; il capitano dei soldati che ci scrutava con aria di superiorità, l'arcivescovo della cattedrale, Lorcan Ua Tuathail, che scuoteva la testa.
Eppure là, in mezzo a tutti quei severi giudici, c'era la figura di un giovane chierico, con il volto straziato dalla preoccupazione: fratello Cormac, l'unico seriamente angosciato da ciò che sarebbe potuto succedere.
«È un'accusa molto grave, la tua, Isabel» commentò in tono neutro lady Aoife. Sembrava che non volesse ancora esprimere il suo giudizio, ma gli occhi saettavano in modo inequivocabile tra me e Feamair. «Non dici niente per difenderti?» chiese poi, rivolta alla nipote.
Feamair finalmente distolse lo sguardo dalla cugina per puntarlo su lady Aoife, ma il sorriso beffardo che le increspò gli angoli della bocca non lasciava presagire nulla di buono. «Oh, sì. Dico che Isabel è una vipera inacidita dall'invidia!» esclamò con un tono provocatorio.
Ormai il danno era fatto, tanto valeva goderci dentro, per quanto possibile, e prendersi la propria meritata vendetta.
Questa era la filosofia di Feamair, io sarei stato di tutt'altro parere. Ma con la sua battuta sarcastica nei confronti della cugina, trascinò anche me sul fondo.
Fu l'ultimo affronto che lady Aoife fu in grado di sopportare. «Guardie, scortare lady Feamair nella sua stanza e fate in modo che non ne esca» ordinò con la voce leggermente incrinata dall'ira repressa.
Due uomini si fecero avanti per apprestarsi ad eseguire il comando.
Feamair si lasciò condurre fuori a testa alta, passando in mezzo ad un corridoio di cortigiani scandalizzati. Prima di sparire completamente dalla mia vista, si voltò impercettibilmente verso di me e per una frazione di secondo lessi nei suoi occhi una sfumatura di angoscia.
E poi un oceano di ipocrisia ci separò definitivamente.
«Quanto a voi, sir Gregory» continuò lady Aoife.
Quasi non mi interessava nemmeno scoprire quale sarebbe stata la mia punizione: ora che Feamair se n'era andata, la stanza mi sembrava improvvisamente vuota e fredda. «Re Gilbert vi dispensa dal vostro incarico di segretario e vi prega di non farvi più vedere qui a palazzo».
Poco dietro, vidi re Gilbert che si stingeva nelle spalle a mo' di scusa, come se si ritenesse colpevole di quell'ordine che lui non aveva mai dato.
Ma, sinceramente, accolsi la notizia con la più completa indifferenza: non mi importava nulla di tutto il resto se non potevo avere Feamair al mio fianco.




Ecco che è successo il casino!
Ma se pensate che le cose si stiano mettendo male, sappiate che il peggio deve ancora venire! Sono sadica, lo so!
Non ho molto da dire su questo capitolo... spero che vi sia piaciuto!
Alla prossima,
Beatrix

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Beatrix Bonnie