Ambra davanti a me sorrideva, perché sorrideva? Bryan era in pericolo e io sulla Terra non potevo combinare nulla, perché ce ne eravamo andate? Io dovevo restare, io dovevo aiutare il mio Angelo, la mia unica ragione di vita.
Non era un
illusione, lui era tutto ciò che avevo di
prezioso al mondo e nessuno me lo avrebbe portato via, anche se quel
qualcuno era il Signore onnipotente con tutta la schiera angelica al
seguito. Intanto mi ero alzata e guardavo sospettosa quel sorriso, era
di
comprensione, di compassione oppure era un sorriso di cui
allarmarsi?
-Giada ora ti devi riprendere, devi far finta che non sia successo
nulla, io in realtà non avevo il permesso di fare
ciò che ho fatto,
ho agito in questo modo solo perché mi sembrava giusto che
avessi
qualche spiegazione, ora però devo attendere ordini da
Paride, non
posso più disubbidire- quel sorriso quindi era soltanto una
finzione, doveva dare l'impressione che non fosse successo
nulla.
-Capisco, ma io come faccio ad aspettare così senza poter
fare
niente, mi sento inutile- dissi disperata e con le lacrime che
continuavano a scendere senza sosta.
-Ambra io lo devo aiutare-
urlai, torturandomi le mani.
-Giada- disse prendendo le mie mani fra le sue -Evita di
farti prendere dal panico, devi restare calma- facile per lei dirlo,
avrei potuto non rivedere mai più Bryan, mai
più!
Forse però...
Dovevo solo resistere poco tempo...
Riuscii a racimolare quel
tanto di calma che mi serviva per ingannarla.
-Ambra hai ragione devo restare calma e tutto si risolverà-
non
sapevo mentire proprio bene, ma speravo almeno di essere stata
convincente.
-Brava...Vedi che non è
poi così difficile come sembra trovare la calma... Adesso ti
accompagno a casa e rimarrò lì con te a farti
compagnia, che ne
dici?- No! Se si fosse fermata a casa mia il mio piano sarebbe andato
in pezzi e con esso tutte le mie speranze. Ora cosa mi potevo inventare?
-Ambra non ti preoccupare per me, vado a casa da sola e poi ho
proprio bisogno di un po' di solitudine per pensare, grazie per la
tua disponibilità- speriamo che si sarebbe bevuta questa
orribile
scusa.
-Capisco che tu voglia stare sola, ti
accompagno soltanto a casa e poi me ne vado ok?- forse dopo tutto non
ero così pessima nella parte della bugiarda. Prese il
pullman con me e mi accompagnò fino a
dentro casa . -Ciao e ricorda resta calma e fai attenzione-
mi salutò Ambra prima di andarsene.
Eccomi di nuovo da sola, la mia casa non
sembrava più così ospitale come lo era sempre
stata, mi faceva
paura. Mi faceva paura
perché adesso avrei messo in atto il mio piano, la mia
ultima
speranza, avrei chiamato Bryan. Ambra non poteva sapere che io ero a
conoscenza di quella frase che
obbligava il mio Angelo a portarlo da me ovunque fossi, se lo avesse
saputo non mi avrebbe mai e poi mai lasciata da sola.
Ma adesso ero sola, e dovevo agire in fretta.
-Bryan
aiutami, vieni da me- lo dissi con fermezza, questa volta non c'era
alcun segno di esitazione nella mia voce. Ed eccolo.
Ero in piedi e
lo guardavo, il mio cuore cominciò a martellare nel petto.
Lui era seduto lontano da me, non capivo la
ragione di quella lontananza, non capivo perché non era
ancora corso
verso di me.
I suoi bellissimi occhi color cioccolato mi scrutavano,
osservavano ogni mio più piccolo movimento.
Era incerto, insicuro,e perché mai lo era
?
Sapeva benissimo che lo amavo, ero sicura che lo sapeva!
Forse proprio
per questo non sapeva cosa fare... perché non abbatteva per
una
buona volta quel muro, che lo teneva così distante da me,
così
dannatamente lontano.
Stava valutando ciò che
doveva fare, stava valutando se resistere ancora una volta ai suoi
sentimenti o rassegnarsi al suo amore verso di me.
Tentavo di intuire qualcosa
dai suoi occhi, ma ogni volta annegavo nella profondità di
quelle
pupille scure.
Dopo qualche secondo che
mi parve un eternità lo sentii respirare profondamente, si
era
arreso... lo intuivo anche dai suoi occhi accesi d'amore e di
desiderio che non poteva più starmi lontano.
Il suo braccio si alzò, e con la mano mi fece segno di
avvicinarmi.
Lentamente feci due passi
verso di lui, verso quel piccolo orsacchiotto insicuro, che si
credeva forte.
Ero davanti a lui.
Leggevo
nel suo sguardo ancora un filo di insicurezza...” ti prego
non
ripensarci...io ti voglio...io ti amo...anche se non dovrei”,
pensavo, sperando che il mio pensiero potesse arrivare fino alla sua
mente.
Un altro attimo, secondo...
ma cosa importava del tempo, la cosa importante fu quel gesto, quel
gesto che aspettavo da quando lo avevo visto per la prima volta, da
quando mi aveva detto che per noi due non c'era speranza, da quando
mi aveva abbandonato in quella strada buia nella notte più
brutta e
fredda di tutta la mia vita.
Quel
gesto che mi confermava l'abbattimento di quel muro.
Quel gesto che mi faceva capire
finalmente che mi amava.
Quel gesto così semplice, e allo stesso tempo
così raro.
Con le mani
diede una leggera pacca sulle sue cosce, si questo fu il gesto tanto
agognato, un semplice invito a sedersi sulle sue gambe fasciate dai
jeans. Mi sedetti lentamente, per
capire se veramente lo voleva, ma non vidi alcun ripensamento nel suo
sguardo, anzi per un secondo credo di aver visto solo decisione. Quando
fui completamente seduta sulle sue gambe, le sua braccia mi
avvolsero in un insicuro, ma allo stesso tempo deciso
abbraccio.
Mi
abbandonai completamente al suo corpo, al suo petto, finalmente mi
sentivo a casa, sentivo che avevo trovato il mio posto giusto.
Sentii
che si stava alzando... se ne voleva andare? No ti prego non andartene
avrei voluto urlare, ma capii che non era quello il suo
intento.
Mi voleva
solo abbracciare meglio, voleva sentire il mio corpo aderire al suo
perfettamente come due pezzi di un puzzle, lo sapevo perché
anche io
lo volevo, e lui lo sapeva perfettamente, perché noi due
eravamo due
pezzi di una stessa metà. Noi ci capivamo senza
bisogno di parole inutili. Non ci baciammo, ma il bacio non serve
quando ci si ama così profondamente, così
pazzamente e perché
no... così morbosamente.
Mentre ancora eravamo abbracciati, avvicinò la
sua bocca al mio orecchio e mi sussurrò due sole parole che
racchiudevano tutta la mia vita:- Ti amo- il suo sospiro caldo mi
sfiorò l'orecchio, mi fece
provare dei brividi mai sperimentati e quelle due parole mi diedero
una forza incomparabile e inimmaginabile, ma non era una forza
fisica, bensì una forza mentale che mi era stata negata per
quei due
orrendi mesi vissuta nella convinzione che il suo amore non fosse
altro che una mia assurda fantasia.
Una forza che mi diede nuova vita,
nuova speranza. E
finalmente riuscii a vedere uno spiraglio di luce in quel lungo
tunnel nero, in cui ero disgraziatamente stata risucchiata, e in cui
ero stara intrappolata per lungo tempo.