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Autore: ryuzaki eru    29/02/2012    5 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Potete tirarmi gli accidenti che volete… perdonatemi… Ho finito il capitolo ieri alle 2 di notte ed ero troppo a pezzi per pubblicarlo e combattere con l'editor…
Credo ormai di dover tristemente accettare che sono fagocitata da troppe cose, che al lavoro finisco più tardi e che non riesco più a postare un capitolo a settimana, quindi vi dico, con sincerità, che ogni volta ci proverò a rimanere nei 7 giorni, ma che sarà possibile che io non ce la faccia, come è capitato questa volta…
Preparatevi ad un capitolo “molto dialogo” (sembra quasi un fumetto…) ;D
E speriamo bene!!!
Buona lettura e grazie di essere qui!
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

23. La punta dell’iceberg

 
(Dal cap. precedente)
«…Ryuzaki…ti… ti fidi di me…?» gli chiese di nuovo Emma continuando a sfiorare a tratti la pelle vellutata della sua bocca…
Elle strinse le dita sulla stoffa dei suoi jeans «…Se così non fosse, non sarei già passato all’incognita numero due, non ci sarei mai arrivato, come hai capito tu stessa. Ma questo non vuol dire che siano cessati gli interrogatori e che la passerai liscia. Il caso Kira. Ora dovrai parlarmi del caso Kira e di Light Yagami...» respirò poi, solo appena più profondamente.
«…Sì… E tu non morirai, vero…?» gli disse come una bambina…
«Vincerò io.» le disse Elle calmo e glaciale…
«…Io credo che non riuscirò molto presto a rifare questo…non farò due volte lo stesso errore, non abbasserò lo sguardo…» gli disse Emma continuando a fissarlo, vicinissima, proseguendo ad assaporare il profumo del suo respiro…
«Lo credo anch’io…» le rispose lui…
Ed Emma fece aderire di nuovo le sue labbra su quelle di Ryuzaki…
Senza toccarlo, senza abbracciarlo, senza fare altro che quel semplice e quasi innocente bacio…
E lui non si spostò, ancora una volta…
E quella tensione che si assaporava nell’aria continuava ad aleggiare come polvere ed Emma sentì che da quel momento avrebbe aleggiato sempre, anche se quello fosse stato l’ultimo bacio che si fossero dati… anche se non si fossero più sfiorati… quella tensione avrebbe proseguito a circondarli e ad avvolgerli… se anche si fossero scontrati di nuovo verbalmente, se anche Elle l’avesse messa di nuovo alle strette, l’avesse smascherata, come lei voleva, quell’atmosfera ci sarebbe stata sempre… quella forza sottile ci sarebbe stata. Sottile e leggera, proprio come lieve era sempre stato il tocco delle dita di Emma sul bordo della maglietta candida di Ryuzaki…
 
Emma si scostò lentamente da lui, continuando a percepire un languore nell’addome, come una stretta che da lì si irradiava, producendo un brivido interno che giungeva costante fino al collo… un brivido che si crede di provare solo nei sogni, che si pensa possa essere solo il frutto dell’immaginazione o della fantasia quando ci si immedesima in qualcosa di magico, che magari non sta accadendo veramente, ma che si sta solo leggendo, osservando, immaginando… Ma lo sentì reale, lo sentì davvero, lo sentì avendo Elle davanti a sé… E si sarebbe accoccolata nell’incavo del suo collo, perché sapeva che così quel brivido si sarebbe ingigantito… si sarebbe raggomitolata lì, al sicuro, protetta da quel profumo di bucato della sua maglietta bianca, difesa dalla sua mente unica, compresa dal suo intuito inarrivabile, e nascosta a tutti gli altri…
Avrebbe fatto tutto questo… ma quella tensione, quella tensione glielo impedì… era proprio quella stessa tensione che l’aveva portata ad avvicinarsi che invece ora le impediva di sfiorarlo più di quanto non stesse facendo… era quella tensione che la portava a tenere quel filo sottile in continua trazione, senza lasciarlo libero di allentarsi… Perché non si sentiva libera di fare quello che avrebbe voluto, perché lui non era come tutti gli altri… perché lei non poteva essere nei suoi confronti come tutte le altre… perché, sebbene fosse diretta e per certi versi avesse trovato il coraggio di fare quello che aveva fatto, si sentiva impaurita… perché temeva di esagerare, perché non riusciva ad immaginare la reazione del suo amato detective ad un contatto superiore a quello… perché quasi non le sarebbe piaciuto scoprirlo uguale a tutti gli altri… perché quasi aveva paura di rimanere delusa… di scoprirlo per quello che non era o che perlomeno lei non si era mai immaginata lui potesse essere. Già… “quello” era qualcosa di assolutamente nuovo. Perché lui era ora reale, ma l’idea che Emma si era fatta di lui, del suo personaggio, era ora quasi più grande della realtà… Perché i “miti”, come gli “idoli”, possono anche deludere… perché forse essi dovrebbero rimanere tali… Perché la realtà può essere diversa dalla fantasia ed in questo caso Emma aveva paura di scoprirla, quella realtà…
E poi ebbe anche un’altra paura. E questa invece era una comune paura, come forse ne avrebbero avuta molte altre. Paura di essere la sola a desiderare tutto quello che stava desiderando in quel momento. Paura perché si sentiva sola in tutto quello che provava… Quando invece avrebbero dovuto essere in due…
…E lo era veramente “sola”…?
Si scostò appena dalle labbra di Elle, poi, quasi istintivamente, abbassò lo sguardo e si ritrovò ad osservare le dita di lui che stringevano il cotone dei jeans, di poco sotto il ginocchio…
E seppe, per un unico brevissimo istante, che in fondo non era sola… Ma fu solo un brevissimo istante, per l’appunto…
Elle girò lentamente il capo verso il portatile che era ancora acceso sul tavolo, mostrando ad Emma il suo profilo asciutto «Ho ottenuto quello che mi premeva sapere, nel tempi che volevo. Dalla prossima settimana le cose cambieranno. Ma è andato tutto come mi aspettavo.» le disse serio e con voce atona, come se non fosse accaduto nulla, come se la sua mente e la sua bocca non fossero state collegate a quelle dita che ancora massaggiavano convulsamente il suo ginocchio.
Era questa la tensione.
L’apparenza che tutto fosse esattamente come prima.
Era questa la forza di quella tensione, che tratteneva e nello stesso tempo riusciva ad attirare ancora di più.
La forza delle parole non dette, delle emozioni non espresse ed interrotte, dei gesti non compiuti.
La tensione dei sentimenti nascosti, annidati nei pertugi più lontani e lasciati soltanto lì liberi di ingigantirsi, di diventare proprio lì forse anche più grandi di quanto non potrebbero se non confinati…
Ed Emma, con ancora quel brivido alla base del collo, era preda di una doppia emozione, di quella che si prova quando quella corda tesa si allenta, per un brevissimo attimo, e di quella che cova dentro quando la corda si tende di nuovo, ricacciando il sentimento in fondo…
E si riaccasciò sulle gambe, ritornando in ginocchio, aumentando di nuovo e ancora di più la distanza dalle labbra di Elle, rimanendo tuttavia fissa ad osservare la sua mano affusolata premere sui jeans.
«Anche tu avevi un piano, naturalmente…» gli disse poi «…ed io che stupidamente mi preoccupavo di non fare in tempo a parlarti prima della cerimonia di inaugurazione…»
«Era naturale che fosse così. Io mi devo fidare di te, ma a quanto pare sei tu che in questo non hai fiducia in me.» le disse lui, girandosi sulla sedia e riaccomodandosi di nuovo rivolto davanti al portatile e ricominciando a smanettare con quello.
«Questa è veramente assurda! “Io” che non mi fido di te! Ma non è che magari non ci ero semplicemente arrivata?! Non sono un genio, io.» ribatté Emma, cambiando tono. Elle la riportava sempre immediatamente coi piedi per terra.
«Allora sono io che ho troppa fiducia nelle tue capacità.» rispose secco lui, continuando a fissare lo schermo.
«Sì, mi sa di sì. Comunque… che significa che hai ottenuto quello che volevi nei tempi che speravi?» iniziò Emma con le sue solite domande curiose.
«Significa che dovevo conoscere quello che mi hai detto poco fa, prima di incontrare Light Yagami.» rispose Elle lapidario.
«Perché dopo avrai meno tempo per me?» proseguì Emma.
«Non solo per quello.»
Silenzio.
«Se ci ragioni un po’ ci arriverai.» ricominciò Elle con voce quasi annoiata.
Silenzio di nuovo.
«…Perché vuoi che io ti parli di lui… ora… prima di incontrarlo faccia a faccia…» provò Emma.
Elle non parlò subito.
Poi… «Watari. Dovresti portarmi del tè, del melone e dei biscotti. Li prenderò qui.» disse senza spostare lo sguardo. Poi si voltò verso Emma con fare ingenuo «Ti va bene solo del tè?»
Emma rimaneva sempre spiazzata da queste uscite… E poi rimuginò su altro… «…Lui… lui ha visto e sentito tutto…?» tentennò.
«Immagino di sì.» rispose Elle senza alcuna inflessione.
Silenzio.
«Allora, va bene del tè?» ribadì lui.
«…Ehm… Sì… anzi no, meglio una birra.» Sì, decisamente le ci voleva una birra… e poi alzò il volto verso l’alto «…Grazie, Watari…»
«Chi ti dice che le telecamere siano in alto? Non è la prima volta che fai questo gesto di sollevare lo sguardo se vuoi comunicare o farmi capire che vuoi comunicare con me.» disse Elle, tra l’incuriosito ed il saccente, sempre senza guardarla direttamente, apparentemente distratto.
«E chi ti dice che io abbia approfonditamente pensato anche a questo?!» rispose Emma ridendo «Non è così importante. Forse a te viene naturale ragionare al volo anche su queste cose.»
«Probabile. Diciamo che in generale sono certo che tu non ci abbia ragionato, ma mi rimaneva il dubbio. Tutto qui.» impenetrabile, ma a prima vista ingenuo.
Ma che significa… Da cosa potrebbe aver intuito che io possa aver ragionato sulla posizione delle telecamere… forse…
Elle si alzò e raggiunse il divano, sul lato del bracciolo, ed agilmente lo scavalcò mettendocisi seduto come suo solito. Ed Emma lo raggiunse, accoccolandosi sulla poltrona affianco a lui. Ormai aveva capito che lo doveva seguire.
«Tu conosci Light Yagami.» le disse Ryuzaki a bruciapelo, calmo.
«Ma no… Io non ho alcun rapporto con lui!» rispose Emma presa alla sprovvista.
«Intendevo dire lo conosci, come “conosci” me. So che non hai mai avuto alcun rapporto con lui. Non c’è nulla che vi possa collegare. Ho già effettuato questo genere di controlli. Altrimenti non staremmo qui a parlarne.»
Era ovvio. Questo in effetti era ovvio.
Emma si sentì come rassicurata ancora. Quindi Elle sapeva fin dal primo momento che lei non aveva nulla a che vedere col caso Kira…
«Sì, lo “conosco” come conosco te…» rispose alla fine lei.
«Parlami di lui.» le disse gelido.
Emma sospirò. Sentì come un senso di liberazione, anche se sapeva bene di non poter ancora esagerare con le rivelazioni…
 
Già. Emma non poteva esagerare.
Come al solito doveva fornire le informazioni poche per volta. E questo per un motivo soltanto.
Gli eventi dovevano proseguire, dovevano andare avanti così come lei li ricordava. Un cambiamento impercettibile avrebbe potuto modificarli tutti a partire proprio da quell’eventuale cambiamento impercettibile. Le cose avrebbero potuto prendere una piega completamente diversa. E allora la trama di Death Note sarebbe cambiata. Ed era quello che lei voleva, ovviamente. Ma Emma voleva che quella trama cambiasse nel dettaglio della morte di Elle. Ed era certa che questo aspetto l’avrebbe potuto cambiare solo in un modo. Ci aveva ragionato tanto. Ed era scaturita un’unica soluzione possibile. C’erano solo un modo ed un momento precisi: il punto che potremmo chiamare il punto X. Se ci fossero stati passi avanti nelle indagini per merito di Emma prima di quel punto X, quei passi avanti avrebbero causato altri eventi. Ed altri eventi avrebbero scatenato altre azioni e reazioni di Light, assolutamente differenti da quelle a lei note. E a quel punto Emma non avrebbe saputo più nulla… Lei a quel punto sarebbe diventata inutile… Perché gli eventi non sarebbero più stati quelli che lei ricordava alla perfezione, che quindi poteva “prevedere”… E come avrebbe fatto allora a salvare Elle? Magari lo avrebbe ucciso Misa. Magari la idol senza cervello avrebbe avuto il tempo di dire a Light il vero nome di Ryuzaki. Magari Elle avrebbe ottenuto le prove che Light e Misa erano i due Kira ed avrebbe incastrato entrambi, ma Rem lo avrebbe ucciso ugualmente prima che questo potesse avvenire. Due Shinigami, due quaderni della morte, una mente diabolica come quella di Light ed una sciocca e succube come quella di Misa. Queste erano le variabili e nessuno può prevedere come queste possano entrare in gioco, tanto meno con “queste” variabili, che erano più incontrollabili di qualunque altra.
Per questo Emma doveva arrivare a dire ad Elle una cosa per volta. Almeno finché non fossero arrivati al punto X.
Ed io aggiungo: almeno finché Elle non la inchioderà un’altra volta.

 
Emma sospirò e iniziò «…Light Yagami è Kira. Ma questo te l’ho già detto…» commentò, ripensando a come glielo aveva detto…
Elle rimase impassibile e lei proseguì «…Su questo non c’è alcun dubbio. Lui è Kira al 100%» e qui osservò Elle con maggiore veemenza. «Solo che non posso darti alcuna prova del fatto che lui lo sia… almeno per il momento… Posso dirti che uccide davvero senza sporcarsi direttamente le mani, senza l’utilizzo di nessun mezzo conosciuto… ma questo lo sai anche tu…»
Emma si fermò un attimo ad osservare Elle in silenzio, cercando di scorgere nei suoi occhi una qualunque espressione di approvazione, di soddisfazione, di fiducia…
Il punto era che le sembrava così assurdo quello che gli stava dicendo… Era così banale il modo in cui stava avvenendo il tutto… E lui? Lui come avrebbe reagito? Il quaderno… gli doveva già nominare il quaderno? No…
«Continua, Emma.» quasi le ordinò lui, impassibile.
«Sì… Io credo che tu debba sapere che lui è un bugiardo. Lo è anche più di te. Qualunque cosa ti dirà sarà sempre ragionata e calcolata. Non c’è nulla di spontaneo in lui. Tutto quello che hai pensato di Kira e di lui è vero. Kira è infantile, non vuole perdere, ed ha perso completamente la sua umanità. Non ha nessuno scrupolo. Nessuno! E Light in alcuni momenti ti sembrerà premuroso, ti sembrerà un figlio adorabile ed un ragazzo d’oro. Ma è un serpente diabolico senza nessun briciolo di umanità. Quello non è il vero Light. Ciò che lo porta ad uccidere lo ha cambiato. Lo ha reso di ghiaccio. Solo grazie a questo lui riesce a reggere psicologicamente tutto quello che ha fatto e che continua a fare…» e si fermò, fissandolo di nuovo come una bambina in attesa di un giudizio, di un voto, di un’approvazione, di un “sì”…
Se Elle fosse rimasto colpito da quest’ultima considerazione, certamente Emma non se ne accorse. Sicuramente però questo era un aspetto che lui aveva considerato ed Emma lo sapeva bene. Ricordava perfettamente la pagine del manga in cui Elle aveva fatto quelle considerazioni.
Elle però non commentò in alcun modo e rimase serissimo. La fissava intensamente ed infine le chiese «Gli omicidi sono proseguiti anche quando lui non poteva accedere alle informazioni. Quando le telecamere lo sorvegliavano giorno e notte e lui palesemente non aveva accesso alle informazioni.» e si portò il pollice sul labbro…
Lo stava veramente chiedendo a lei o la stava mettendo alla prova?
«Tu sei convinto che lui sia Kira nonostante questo… le telecamere per te non lo hanno scagionato, nonostante questa considerazione… questa è una deduzione che avrebbe potuto fare qualunque poliziotto, ma non tu… Tu da me vuoi la conferma… Io ti dirò com’è andata, ma non ho prove neppure qui per avallare ciò che ti dico e tu non potrai usare le mie parole per accusarlo…» e si fermò di nuovo…
«Uhm…Le prove. Se ci fossero delle prove ne sarei a conoscenza e saprei anche io com’è andata. E temo che tu non abbia neppure delle prove valide da mostrarmi per spiegarmi “come” tu sappia tutte queste cose, comprese le cose che sai di me. Se le avessi me le avresti già mostrate, la nostra conversazione sarebbe finita molto tempo fa e non ci sarebbe stato bisogno di tutto questo, del tuo piano in pillole e di quant’altro. È proprio per questo che hai inserito quelle scansioni nel tuo pc. Perché quelle sono le uniche prove che hai da mostrarmi e che possano darti credibilità. E dubito che anche gli altri files, quelli che hai nascosto altrove e che io ancora non ho potuto vedere, siano tanto diversi da quel genere di prova là. È proprio perché non hai le prove di nulla che parli poco. Ed è per questo che non ho intenzione di discuterne ora e che tu non devi preoccuparti di fornirmi le prove delle cose che mi dirai. So benissimo che non ne hai, lo so da tempo. Quindi dimmi semplicemente come sono andate le cose.» fluido, impeccabile, spiazzante, Elle.
Ed Emma si sentì rincuorata ancora una volta. Spiazzata, ma liberata di un peso che l’aveva oppressa a lungo e che non credeva si sarebbe risolto così semplicemente.
«“Come sono andate le cose”… Tu dai per scontato che quello che ti dirò sarà esattamente la realtà dei fatti… Ti fidi di me e mi credi fino a questo punto…» proseguì Emma, titubante ed incredula, dopo aver ragionato sulle parole utilizzate da Elle.
«Non credo di voler perdere tempo a spiegarti nel dettaglio cosa mi porti a crederti, diciamo che principalmente il motivo è che non ho motivo di non crederti. Per esclusione, non c’è n’è neppure uno.» non voleva parlare neppure di questo.
Ed Emma lo capì subito.
Poi bussarono alla porta e poco dopo Watari arrivò con il tè, la birra, il melone col prosciutto ed i biscotti, che posò sul basso tavolino davanti al divano, e poi silenziosamente se ne andò, lasciandoli di nuovo soli, almeno all’apparenza.
Elle in silenzio iniziò a spostare il prosciutto dalla fetta arancione che aveva davanti. Finita l’operazione osservò il mucchietto che aveva creato al lato del piatto e poi guardò Emma, senza dirle altro.
«Sì, grazie.» disse lei, senza che lui le avesse esplicitamente offerto nulla e allungò la mano afferrando la prima fettina ammonticchiata.
E mentre Elle trapassava il suo melone con la forchetta in punta di dita, Emma ingoiò il prosciutto, allungando poi di nuovo la mano per prenderne un’altra fetta dal piatto di lui.
Con naturalezza.
«Lui aveva una televisione piccolissima nella busta di patatine. Con quella ha potuto seguire i notiziari mentre studiava.» iniziò Emma all’improvviso. «L’ha gettata subito dopo. Gli è bastata una volta soltanto.»
Elle ingoiò il suo melone. «Ma contemporaneamente ha ucciso. Lo ha fatto mentre studiava.» commentò.
Eh già.
Il punto non erano tanto le informazioni. O meglio. Il punto iniziale erano quelle. Se Light non poteva conoscere i nuovi criminali non poteva neppure ucciderli. Ma una volta appurato che Light aveva avuto le informazioni, Elle era passato immediatamente al passaggio successivo…
«Sì, ha ucciso… Gli basta scrivere il nome. Gli basta fare quello.»
Gliel’aveva detto… così… in un attimo… mesi di attesa e gliel’aveva detto così, con una fetta di prosciutto in mano mentre lui spiluccava una fetta di melone… ma quest’ultima scena forse era proprio la meno strana di tutte…
«Uhm.» commentò Elle in modo assolutamente impenetrabile…
Poi sollevò il coperchio della zuccheriera e prese una zolletta. La mise sul tavolo. Ne prese un’altra. La posò affianco a quella che aveva appena poggiato.
«Raye Pember.» le disse semplicemente questo, mentre con calma allungava la mano a prendere un altro cubetto di zucchero e lo posizionava affianco agli altri…
Uno dopo l’altro sembrava stesse tirando fuori gli avvenimenti che avevano degli anelli mancanti nella sua testa…
«Light era su un autobus e Raye Pember era con lui, lo pedinava. La linea fu dirottata da un pregiudicato che poi morì lanciandosi in mezzo alla strada e praticamente suicidandosi. E in quell’occasione fu Raye stesso a mostrare a Light il suo distintivo… Il tutto prima del primo di Gennaio. Io non posso stabilire i tempi… però puoi controllare tu i fatti, la cronologia e la linea del pullman! È vicino a casa Yagami!» si infervorò Emma.
Elle nel frattempo continuava a sovrapporre zollette di zucchero…
 
Gliela vorreste dare un’occhiata vero? So che è così… Eh eh eh…
Naturalmente Elle non si limita alle informazioni che gli ha dato Emma… Lui deve capire. Deve inserire ogni anello.
E questo vi serva anche per il futuro, quando vi sembrerà strano che Elle possa ascoltare Emma dando per scontati gli eventi, così come lo fa Emma e così come lo fate voi. Per lui nulla è scontato. Perché lui non ha letto Death Note. Lui “è” Death Note. E deve quindi ricollegare tutti quei tasselli del puzzle che Emma gli sta fornendo ora, per la prima volta, e che voi invece avete visto già composti.
Non so quanto ne capirete… però… ve la concedo un'occhiatina… Peccato io non possa comunicarvi la velocità… di certo è immensamente superiore a quella che voi impiegherete a leggere… E con quest’ultima affermazione potrei essermi compromesso più del dovuto anche su altri fronti.

 
Un caso. No. “Pregiudicato”. Già noto. “Lo sai che gli Shinigami mangiano mele?”. Pilotare azioni prima della morte. Dirottamento. Pedinamento. Lui sapeva di essere pedinato. Suicidio. No. Dirottamento. Agente dell’FBI. Lui sapeva che Pember sarebbe intervenuto. Perché tirare fuori il distintivo però? Era uno sciocco anche lui?
«Perché Pember avrebbe tirato fuori il distintivo?» le chiese.
«Perché Light aveva fatto finta di voler intervenire… ma non c’è nessuno che possa provare questa cosa… Perché anche Naomi Misora è morta…» e sganciò la bomba numero tre.
Emma si sentiva così strana… Le sembrava di scorrere le pagine di Death Note. Si sentiva in corpo la stessa adrenalina, se così la si poteva definire. Poteva dire quasi di stare rileggendo Death Note per l’ennesima volta, ma era come se lo stesse “rileggendo” per la “prima volta”… In realtà era una contraddizione in termini. Ma era proprio così che si sentiva.
Accidenti! Cosa stai pensando?! Voglio sapere cosa stai pensando?!
Elle continuava a sovrapporre cubetti di zucchero. «Naomi Misora è morta.» disse quasi tra sé e sé…
Ed Emma iniziò… iniziò col suo racconto… raccontò di come sarebbe dovuta morire e di come invece era morta, semplicemente tirando fuori una confezione di fazzoletti dalla borsa…
Elle sorseggiava il suo caffè ed Emma aveva finito la sua birra. Lo osservava con lo sguardo stanco ed anche lei ormai con una leggera ombra sotto gli occhi…
«Credo che per oggi possiamo terminare qui. E credo che tu non dovrai mai più fare quello che hai fatto quel giorno, nonostante le tue accortezze. È chiaro questo?» le disse serio.
Ma ad Emma non interessava questo… A lei interessava dell’altro… «…Credi che sia morta lo stesso, nonostante il mio intervento, per un puro caso…?»
«Credo di averti già detto come la penso in proposito. È di questo stai parlando, vero? Del destino. Non è questo ciò che conta ora. Il tuo pc sarà pronto per domani. Lo spegnerò io quando la formattazione sarà finita. Reinserirò tutti i programmi che avevi. Quando domani tornerai sarà a posto.» e si alzò, rinfilò le scarpe e si diresse verso la porta, senza aggiungere altro.
Ed Emma in quel momento capì che lo avrebbe rivisto solo alla Todai, il giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico.
«Sai che dal momento in cui ti mostrerai a Light innescherai una miccia che non potrà spegnersi, vero?» gridò Emma, ancora seduta, mentre lui era di spalle, davanti alla porta ancora chiusa.
«Sì. Ed anche in base alla tua presenza qui, la miccia deve accendersi ora con ancora maggior convinzione, esattamente come tu ti aspetti che accada.» ed uscì, senza voltarsi.
Ancora una volta senza voltarsi.
Cosa aveva voluto dire?
Perché non le aveva chiesto altro?
Sembra che stia facendo esattamente quello che voglio io… Io non saprei ancora come spiegargli la faccenda del quaderno… Dovrò farlo… Ma non è il momento... E’ assurdo… Mi ha chiesto esattamente le uniche cose che io avrei voluto dirgli… Le cose passate. Gli eventi che sono già accaduti. Mi ha chiesto solo quelli. Ma come può non chiedersi ancora “come” io faccia a sapere tutto?
Emma era sprofondata sulla sua poltrona, con lo sguardo fisso sui cuscini smossi e schiacciati, lì dove era stato appollaiato Elle.
E allora si alzò, passò sul divano, si sdraiò su quei cuscini… Anche se per un attimo si sentì una sciocca nel farlo… Ma lo fece ugualmente… Si rannicchiò su di essi…
Erano ancora caldi… I cuscini erano ancora caldi… Ed avevano il suo odore… Perché ora Emma conosceva l’odore di Elle… Bucato e vaniglia… Semplicemente bucato e vaniglia… Sospirò…
Che cosa stupida… che cosa infinitamente stupida…
 
Elle entrò nella sua stanza, superò il salottino, mentre Watari posizionava una torta al cioccolato sul tavolo. L’anziano inventore spostò i suoi occhi gentili e seri sul suo pupillo, che ruotò lo sguardo solo per un attimo, incrociando quello di Wammy. Gli concesse solo quello. Ma non era più di quello che Watari si sarebbe aspettato, naturalmente, e poi il suo genio dai capelli neri, il suo unico ed ineguagliabile genio, proseguì silenzioso e curvo verso il computer bianco che era per terra, come sempre. Si appollaiò e protese il collo diritto verso lo schermo, incrociando le braccia sulle ginocchia…
La figura alta e sottile di Emma, avvolta nella sua felpa vecchia e gigante era abbandonata sul divano ora… lei rannicchiò le gambe al petto e le strinse, sospirando, e poi chiuse gli occhi…
Elle rimase fermo per qualche istante, davanti a quell’immagine.
«Ryuzaki» gli giunse la voce di Watari «Cosa ti porta a fidarti di lei?»
«Sappiamo entrambi che non è coinvolta in nessun modo nel caso Kira, perlomeno dal punto di vista delle indagini. Nessuna delle sue mosse, né tanto meno la sua persona, può in alcun modo essere ricollegata a Light Yagami, alla morte dei criminali o degli agenti dell’FBI, né a tutto ciò che finora mi ha portato sulla pista del figlio del nostro soprintendente. E questo lo sapevamo fin dal primo momento.» rispose Elle diffusamente.
«Anche che non fosse una bugiarda, l’hai intuito fin dall’inizio… Così come hai potuto appurare che sapeva chi tu fossi da molto prima di incontrarti, senza contare che in quei disegni, fatti mesi fa, lei ha associato Light Yagami a Kira…» proseguì Watari.
«Esatto. Vuoi sapere cosa mi abbia convinto ora, cosa mi abbia portato ora a credere sopra ogni ombra di dubbio che tutto ciò che ha fatto è a fin di bene e che posso parlarle del caso Kira senza temere che possa tradirsi o utilizzare le conversazioni fatte con me a sproposito o ancora andarle a raccontare in modo subdolo?»
Watari non rispose ed Elle continuò.
«Emma non finge. Emma non sa fingere, come non sa mentire. Il suo fine è quello che mi ha confessato. Non ce ne sono altri. Ne sono sicuro al 100%. Mi ha convinto la sua disperazione. Già me ne aveva dato prova una volta, ma allora la sua mente non era stata lucida.»
Emma aveva ragione anche su questo. Elle sapeva capire le persone. Le sapeva capire, anche se freddamente, quasi cinicamente.
«Cosa intendi per disperazione, Ryuzaki?» domandò Watari, che forse voleva semplicemente farlo parlare, perché con tutta probabilità aveva già capito cosa passasse per la testa del suo detective.
«La sua reazione alla festa di Misao e questa sera. Era quasi disperata, di fronte a me. Disperata di fronte alla possibilità che ad Elle possa succedere qualcosa, che Elle possa perdere. Ma non è solo ad Elle che pensa. Vuole aiutare “me” come persona, non solo come Elle, come detective, come rivale di Kira. Emma è coinvolta a livello emozionale.» gelido e cinico, per l’appunto.
Non c’era da aspettarsi nulla di più calzante…
Watari lo osservò. Impenetrabile anche per lui. O meglio. Watari aveva intuito, ma sapeva che su quell’argomento la conversazione era chiusa. Così abbassò gli occhi, tagliò una fetta di torta e la portò ad Elle.
«Ora che hai chiarito cosa lei voglia da te, perché vuoi tenerla ancora sotto controllo, se hai anche appurato che puoi crederle su tutta la linea? Potremmo anche rimandarla a casa sua… Ti fidi di lei, ormai…» continuò l’anziano signore.
«Perché, come sai, non avremo molto tempo, fra breve. Io non mi potrò allontanare da qui. E lei dovrà essere a disposizione in qualunque momento io abbia necessità di parlarle. Qualunque spostamento sarebbe logisticamente inutile e scomodo. Deve stare qui. Sa tutto. E devo sfruttarla quando e come voglio nei ritagli di tempo. Quei disegni sono solo la punta dell’iceberg. Ho appena iniziato con l’incognita numero due, il caso Kira. A proposito, non c’è bisogno che tu l’accompagni ogni mattina. Le farai prendere un taxi. Preoccupati di fargliene trovare sempre uno. Tu ora servi a me e non c’è più motivo che tu perda tempo dietro a lei e soprattutto nessuno, alla Todai, la dovrà collegare a me, d’ora in poi.»
Elle iniziò a sbocconcellare la torta, staccandone brandelli con le dita sottili. Poi iniziò a smanettare col suo pc.
«… Eccolo qui… Dirottamento di un autobus diretto a Shinjuku…» disse a voce alta, rimuginando.
Si leccò la punta dell’indice e sollevò lo sguardo su Watari «Interroga il conducente e mostragli le foto di Raye Pember e di Light… Recupera poi le registrazioni del primo di Gennaio delle telecamere dell’ingresso della questura, ci troveremo sicuramente Light Yagami insieme a Naomi Misora…» e riprese a digitare la sua tastiera…
«In questo modo potrai confermare le parole di Emma… Ma nessuna di queste sarà una prova della colpevolezza di Light Yagami…» commentò Watari.
«Esatto. Emma conosce gli eventi passati alla perfezione… questo mi interessava appurare. Non posso “provare” ciò che lei dice accadrà in futuro, posso solo verificare ciò che è già accaduto. E queste nuove informazioni saranno solo ulteriori prove indiziarie a carico di Light. Come quelle che abbiamo raccolto finora. Per accusarlo veramente potremo solo coglierlo sul fatto… Ma saranno prove che fingeremo di non conoscere, che non useremo finché non arriverà il momento, saranno prove di cui saremo a conoscenza solo noi due…» proseguì Elle, portandosi il pollice sul labbro e sollevando lo sguardo verso l’alto.
«Noi tre…» concluse Watari, osservando l’angolino in alto del monitor di Elle, dove c’era la figurina di Emma distesa sul divano… «Come credi che lei possa sapere quello che sa?»
«Io ora ho bisogno di tempo per ragionare su altre cose, devo definire alcune intuizioni. Ed il “come” lei sappia quello che sa è la mia incognita numero tre, Watari. Lei non me lo dirà adesso. E ora non mi interessa assolutamente scoprirlo. Quello che mi preme sapere ora è come battere Kira.» riabbassò lo sguardo e lo puntò sul monitor, con gli occhi sgranati «Perché Kira deve sparire dalla faccia della terra!»
Chiunque sarebbe rimasto gelato da quella determinazione, ma non Watari…
 
Il 5 Aprile l’aula magna dell’università era tutta un fermento.
Quelli che erano già arrivati chiacchieravano, seduti, in attesa di conoscere il volto del primo classificato ai test.
Altri entravano e cercavano posti dove sedersi.
Alcune matricole arrivavano sole, timorose, si guardavano intorno intimidite. Qualcuno di loro invece, tranquillamente, iniziava a parlare con i vicini e attaccava bottone liberamente, a partire da qualunque argomento gli si presentasse davanti. Altri camminavano alla ricerca di una sedia in compagnia di amici e compagni di studi. Altri ancora, spavaldi e dall’alto del loro non essere più matricole, si guardavano intorno per scoprire le facce nuove.
La grande aula era tutta un vociare e un andirivieni di ragazzi e ragazze.
Ed Emma, naturalmente, era lì.
Appoggiata al muro di fondo, dalla parte opposta al palco, al fianco delle grandi porte.
Non si sarebbe persa quel momento per nulla al mondo…
 
 
 
Io credo che questo capitolo sia diverso dagli altri. Meno introspettivo, meno “romantico” del precedente… Credo che fosse inevitabile che nel momento in cui si fosse arrivati al dunque, il dialogo e le indagini avrebbero fatto da padrone… O perlomeno era necessario che lo fossero ora, in base alle mie solite limitate capacità, probabilmente… Non so se vi piaccia, se lo abbiate trovato noioso… Se vi siano mancate le parti narrative (che comunque ritorneranno). Spero che il fatto di aver ripetuto alcune cose della trama di DN non vi abbia annoiato… Ma era inevitabile. Il caso Kira non sarebbe potuto tornare in scena altrimenti… Spero anche che alcune cose siano ora più chiare e spero di essere stata in grado di farmi capire (dilemma!), mentre altre incognite si insinuano ed il nostro Cantastorie non ce le risparmia mai ^^,
I pensieri di Elle… Aaaargh! Un altro dei miei azzardi… Potete insultarmi quanto volete! Avevo fatto un esperimento a Natale provando a buttare giù qualcuno dei suoi pensieri, proprio in previsione di questo chappy o di qualche altra escursione nella sua testa. Il risultato di quell’esperimento era stata una one-shot, impostata più o meno dal punto di vista di Elle (più o meno), ambientata il 25 Dicembre al Teito Hotel (e solo lunedì scorso mi sono decisa a pubblicarla, dopo quasi due mesi… anche la nostra Emma fa lì la sua velata comparsa, senza che Elle sappia ancora chi lei sia… se vorrete leggerla, mi farà piacere… --> click). Ho tanta paura di aver esagerato però!!! Ma dai? Veramente? Ryuzaki eru che ha paura di aver scritto una cosa orrenda? Ma quando mai!!! Lei è sempre così sicura di sé ;D
Vi lascio adesso, perchè sto veramente crollando!
E spero veramente tanto di riuscire a pubblicare al più presto, perché non vedo l’ora di scrivere il seguito (e invece voi magari mi abbandonerete dopo questo capitolo così “diverso”)…
Grazie sempre a tutti, nessunissimo escluso!!! Adoro le recensioni, adoro voi che mi preferite, che mi seguite! Mi fate tanta, tanta, tanta compagnia, anche voi che leggete in silenzio (e di una di voi che legge in silenzio adesso so anche il nome, hi hi hi…)
Alla prossima!!
 

Eru

 
 
 

   
 
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