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Autore: taemotional    29/02/2012    2 recensioni
[Akame]
"All'improvviso si accesero i fari, e, con essi, anche le grida delle fan si fecero più acute. Un laser puntò dritto ai suoi occhi e il ragazzo si trovò costretto a doverli chiudere. Sbatté le palpebre più volte e infine si decise a guardare verso il palco.
La band era salita: un tipo piuttosto alto e con i capelli scuri si piazzò alla tastiera, un altro, un po’ più basso e con un viso femminile, entrò brandendo una chitarra elettrica. Alla fine, si fece vedere anche il cantante. E il pubblico esplose."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jin, Kazuya, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera il locale restò chiuso e Koki chiamò tutti gli host attorno a sé.
“Cosa succede? Perché oggi non apriamo?”
Koki guardò i suoi dipendenti uno ad uno. “Perché devo parlarvi,” fece una pausa, “Il club chiuderà.”
“Eh?” un brusio percorse gli host ma si placò subito, nel momento in cui Koki riprese la parola.
“Il locale non chiuderà definitivamente, ma si trasferirà.”
“E dove?”
“Qui viene il bello,” sorrise Koki, “a Los Angeles.”
 
Quella sera Koki aveva subito richiamato Junnosuke avvisandolo che sia lui che Kazuya si sarebbero trasferiti là al più presto. All’inizio il manager non fu molto convinto ma poi aveva sorriso all’idea accordandogli pure il proprio aiuto per la ricerca di un nuovo locale da poter ristrutturare.
Il club a NY aveva una certa fama in tutta l’America ed entrambi erano sicuri che non ci avrebbe messo troppo tempo a diventare uno degli host club più frequentati di LA. Anche la maggior parte degli host aveva accettato di trasferirsi insieme al locale, e Koki aveva accordato un aumento del salario per chi l’avesse fatto.
Da quel giorno della telefonata Junnosuke non aveva più detto nulla riguardo Jin, e Kazuya era così eccitato all’idea di poterlo rivedere che aveva completamente dimenticato la questione della droga.
 
“Koki, i bagagli sono partiti!” annunciò Kazuya rientrando a casa una sera. Ormai era passato un mese dalla notizia del loro trasferimento ma Koki voleva aspettare il nuovo anno per farlo concretamente. Kazuya invece era impaziente e non aveva ancora trovato il coraggio di dire a Koki che, oltre ad aver spedito i bagagli, aveva pure comprato un biglietto di sola andata per LA. Ma aveva ancora una settimana prima della partenza ed era sicuro che sarebbe riuscito a comunicarglielo in tempo.
E se proprio non ce la faccio, Koki si accorgerà sicuro che c’è qualcosa di strano. Non faccio altro che sorridere come un idiota da quando sono tornato a casa questa sera.
Invece Koki non gli domandò nulla durante la cena, e nemmeno dopo, quando si misero sul divano a guardare un po’ di tv.
“Certo che aver chiuso il club ci dà un sacco di tempo libero, eh?”
Koki annuì e cambiò canale. Kazuya lo osservò attentamente, il proprio entusiasmo gli aveva tappato gli occhi e, fino a quel momento, non si era accorto che invece l’altro aveva qualcosa di strano. C’era qualcos’altro che lo turbava?
“Koki, cos’hai?”
“Niente.”
“Hai risposto troppo velocemente e non ti credo.”
L’altro sorrise, “Tu sei così tranquillo all’idea di andartene da qui e mettere sottosopra tutta la tua vita... come fai?”
Kazuya fece spallucce, “Non ci penso... anzi, penso solo alle cose belle che potranno succedere d’ora in poi.”
“Che bambino che sei.”
“Heeey... brutto vecchiaccio, insulta poco, capito?”
Koki gli diede una botta in testa, “Chi sarebbe il vecchio?”
“Tu!” gridò Kazuya ridendo, “Guarda che zampe di gallina!”
“Idiota, quelle ce l’ho da quando avevo la tua età.”
“Vecchio precoce.”
“No, sono solo dovuto diventare adulto prima del tempo.”
Kazuya si azzittì.
“Grazie,” disse poi.
“Eh?”
“Per esserti preso cura di me in questi venti anni, e per essere invecchiato prima del tempo.”
Koki lo colpì di nuovo, “Smettila con questa storia.”
Kazuya gli fece la linguaccia, voglio essere un bambino ancora per un po’. Poi gli premette i lati della bocca fino a formare un sorriso.
“Ecco, così va meglio.”
Koki lo allontanò sorridendo di sua iniziativa, “Akanishi deve essere un tipo fortunato ad avere uno come te. Sono geloso.”
Kazuya si allontanò di scatto, “Stammi alla larga, vecchio pervertito!”
“Ma sentilo... chi vorrebbe mai toccare un neonato senza peli sul corpo!” esclamò Koki spegnendo la tv ed alzandosi dal divano.
“Eeeh!” gridò Kazuya, “Vuoi i peli?” domandò e iniziò a slacciarsi la cintura.
“Che diavolo fai?!” esclamò Koki distogliendo lo sguardo ed uscendo dal salotto, “Prenderà freddo e poi bisognerà tagliarlo.”
Kazuya sgranò gli occhi. Poi entrambi scoppiarono a ridere.
“Koki,” lo richiamò Kazuya tornando serio, “Devo dirti una cosa,” fece una pausa e prese fiato.
“Te ne vai prima?” lo anticipò Koki.
Kazuya restò a bocca aperta.
“Lo avevo intuito, per questo ero un po’ giù prima. Ma ora va tutto bene, quando hai l’aereo?”
“E-ehm...” iniziò cercando di ritrovare la parola, Koki mi capisce così bene che quasi mi fa paura, “Il primo Dicembre.”
Koki annuì. “Okay,” poi lo salutò con la mano, “Allora buona notte.”
Il suo viso non era troppo sereno. Kazuya sospirò, poteva capire la sua incertezza, ma non aveva intenzione di tornare indietro.
 
Il tempo che Kazuya trascorse in aereo sembrò non finire mai.
Improvvisamente si era reso conto di quanto irresponsabile e infantile fosse stata quella scelta. E un nodo gli strinse la gola: non poteva più tornare indietro.
Cercò di dormire, chiuse gli occhi, ma l’espressione preoccupata di Koki riaffiorò alla mente.
Cosa ti spinge là?, gli aveva domandato. E ancora non aveva una risposta razionale. Era quella canzone, quelle parole che Jin cantava disperatamente, ad averlo spinto a partire. Sentiva che aveva bisogno di lui, e anche io ho bisogno di te. Si morse un labbro. Se poi aveva davvero iniziato a drogarsi doveva esserci una ragione. E’ inutile cercare di dimenticare questo particolare, devo iniziare ad affrontare la realtà. Ma perché non me ne hai mai parlato? Lo so, siamo solamente due sconosciuti, non so niente di te e tu non sai niente di me. Però... hai sconvolto la mia vita e ora non pensare di scomparire in questo modo. Perché non ho ancora visto un’alba in cui ci sia la tua voce.
Stava tornando indietro nel tempo, stava tornando nella sua vera città natale per poter capire chi volesse essere veramente.
Tutto quello che devi fare è vedere il mondo con i tuoi stessi occhi.
Non era più il capriccio di un bambino.
Ah, anche se solo in sogno,
Voglio vederti.
Restò ad occhi chiusi e, lentamente, si rassegnò al flusso incontrollabile dei propri pensieri.
 

***

Jin entrò nel camerino con un ritardo di due ore.
Yuichi alzò la testa da una rivista che stava leggendo e lo guardò storto.
“Grazie per averci fatto il favore di esserti fatto vivo,” commentò freddamente Tatsuya finendo di sistemarsi i capelli allo specchio.
Junnosuke raggiunse il cantante e lo prese per le spalle.
“Dove diavolo eri?”
Jin alzò le spalle e distolse lo sguardo. Le borse sotto gli occhi erano scavate più del solito e lui non aveva la minima intensione di mostrarle.
“Idiota... per quanto ancora vuoi continuare...” sibilò Tatsuya in quel momento e, in meno di un secondo, scansò il manager afferrando il proprio cantante per il bavero della maglia. Lo sbatté contro la porta chiusa del camerino e lo fulminò con lo sguardo. Jin non cercò nemmeno di liberarsi e lasciò che l’altro lo colpisse allo stomaco. Solo un gemito attutito. Jin si accasciò a terra.
Junnosuke restò a bocca aperta e Yuichi si fece avanti bloccando il compagno per le braccia.
“Tatsuya...”
“Questo idiota... se non lo colpisco io non lo farà nessun’altro,” mormorò stringendo i denti, “Avanti! Rialzati!”
Jin restava con la testa china.
“Hey!” gridò ancora Tatsuya divincolandosi. “Non me ne frega niente se il nostro concerto viene annullato dalla tua stupidità, ma non ti permetto di ridurti così solo perché sei più testardo di un mulo!”
Taguchi aggrottò la fronte e prese il cantante per un braccio cercando di tirarlo su.
“Cosa intendi, Ueda?” gli domandò, ma il chitarrista lo ignorò.
“Perché hai smesso?” gridò ancora contro Jin che, in quel momento alzò il viso e lo guardò.
Yuichi strinse di più le sue braccia.
“Non so di cosa...” iniziò Jin ma Tatsuya lo interruppe: “Perché hai smesso di prendere i sonniferi? Non lo vedi che non ti reggi più nemmeno in piedi?”
Il manager guardò Jin sgranando gli occhi e Yuichi lo lasciò andare. Tatsuya rimase immobile, lo sguardo fisso negli occhi dell’altro.
“Da quanto non li prendi più?”
“Ueda... ma che sonniferi?” chiese il manager disorientato. Jin distolse lo sguardo e si strinse lo stomaco nel punto in cui poco prima l’altro lo aveva colpito.
“Come lo sai...?” chiese poi e Tatsuya sbuffò.
“Ti ho visto prenderli una sera, per caso... ma questo non importa. Rispondi alla mia domanda.”
“E’... è un po’ che non li prendo...”
“Perché?”
“Non sono affari tuoi.”
Tatsuya mosse un passo avanti ma Yuichi lo bloccò di nuovo. “Cazzo, certo che sono affari miei!”
Jin sorrise amaramente e si avvicinò.
“Maru, lascialo pure, lascia che mi picchi.”
Tatsuya socchiuse gli occhi e Junnosuke si intromise appena in tempo.
“Jin, non capisco, da quant’è che ti servono?” domandò con calma, cercando di far tornare l’atmosfera alla normalità.
“Da un po’...”
“Jin, o rispondi decentemente o vengo là e ti riempio di pugni.”
“Tatsuya...! Ora smettila,” lo esortò Yuichi. Il tastierista si liberò dalla sua presa sbuffando e si diresse sul divano del camerino. Sprofondò su di esso continuando a mormorare la parola idiota.
Taguchi lo ignorò e tornò a guardare il cantante negli occhi.
“Da quando siamo venuti in America,” buttò fuori Jin rispondendo alla domanda del manager, “Non riuscivo più a dormire tranquillamente... e alcune notti non mi addormentavo affatto...” sospirò, “Il medico ha detto che la causa è lo stress... e me li ha prescritti.”
“Non... lo sapevo...” commentò Junnosuke rimettendo a posto i pezzetti del puzzle nella sua testa, “Perché non lo sapevo?”
“Avevo tutto sotto controllo... non era una cosa grave... poi però...”
“Poi?”
“Quella notte...”
Junnosuke lo esortò con gli occhi a continuare.
“Quella notte non mi sono serviti.”
“Quando?”
“La notte in cui siamo stati all’host club del tuo amico,” rispose tutto d’un fiato poi si mise a ridere, “Cioè... mi ero completamente dimenticato del fatto che era ormai da un anno che prendevo sonniferi... proprio come se fosse normale non prenderli, quando invece mi era diventato normale prenderli...” fece una pausa, “Ho perso il filo...”
Yuichi sorrise e Taguchi scosse la testa.
“Non li prendi più da quella notte?”
Jin annuì e si passò una mano tra i capelli chinando il viso. “Vorrei solo... vorrei solo poter smettere... questa dipendenza... non la sopporto più...”
Taguchi gli mise una mano su una spalla, “Ueda ha ragione... la tua testardaggine non ti porterà da nessuna parte... non puoi decidere da solo di smettere di colpo...”
“Io ho sempre ragione,” commentò Tatsuya dal divanetto.
Jin sorrise e Junnosuke alzo gli occhi al cielo.
“Comunque... ormai il concerto è annullato, ci siamo già scusati con i fan... che ne dici di andare a dormire?”
Jin lo guardò negli occhi.
“Prenderai i sonniferi, me lo prometti?”
Il cantante sembrò un po’ titubante ma poi annuì lentamente.
Junnosuke si mise a ridere. “Caspita... non pensavo che quel ragazzino potesse causare tutti questi guai!”
Jin sussultò, “Eh...?”
“Quell’host... Kazuya Kamenashi, no? Non mi dirai che lui non c’entra nulla con quello che è successo quella sera... sarebbe una coincidenza troppo grande.”
Jin sbuffò, “Come faccio a dimenticarlo se tu nomini continuamente lui e il suo capo?”
Junnosuke fece spallucce.
“Non è necessario che tu lo dimentichi,” commentò.
“Era solo un host... a quest’ora si sarà già scordato di me.”
“Tu però non ci riesci,” puntualizzò il manager, “Genki... non è forse dedicata a lui? Finché canterai quella canzone non potrai mai dimenticarlo...”
“Mi stai dicendo di non cantarla più?”
“Ti sto dicendo che non è giusto dimenticarlo.”
Jin fece un gesto di stizza con la lingua. “Continuerei solo a farmi del male. Devo solo tornare a prendere i sonniferi, smettere di cantare quelle note e tutto tornerà come prima.”
Junnosuke si morse il labbro inferiore. Sarebbe stato meglio dirgli tutto? Dirgli che il club si stava per trasferire a LA? Oppure avrebbe dovuto lasciare che il tempo seguisse il proprio corso e aspettare?
Per la prima volta, si chiese il perché di quella decisione improvvisa. Di chi era stata l’idea? Di Kamenashi? Di Koki? Ma lui non odiava la sua città natale? Non voleva che nemmeno il ragazzo potesse tornarci? O forse gliel’aveva detto, che LA era il luogo da cui entrambi provenivano?
Che faccio...
“Taguchi... sbaglio o mi nascondi qualcosa?” domandò Jin inclinando il viso.
“Eh? No, no... cosa ti dovrei nascondere?”
“Non so...” continuò Jin uscendo dal camerino, “O stavi solo pensando a Koki?”
“E tu smettila di pensare a Kamenashi allora.”
“Impossibile,” buttò fuori Jin, poi si tappò la bocca. “Comunque...” continuò poi, “Tatsuya, il tuo pugno era davvero forte.”
“Te lo meritavi.”
“Forse sì...”
“Sei un idiota.”
“Già...”
“Un deficiente.”
“Okay, ho afferrato il concetto!” esclamò Jin, poi si rivolse al proprio tastierista, “E... Yuichi, grazie per aver impedito alla belva di massacrarmi.”
“Di niente,” rispose Yuichi, “Ma sei sicuro che sia una buona idea tornare a prendere i sonniferi?”
Jin restò a bocca aperta.
“Cioè...” continuò Yuichi, “Non potresti cercare di smettere? Facendoti seguire da un dottore, non di testa tua...”
“Ma voglio tornare alla mia vita di prima,” commentò Jin poco convinto.
“Non si può,” disse semplicemente Yuichi, “Non puoi più tornare indietro, lo sai vero?”
Jin esitò un secondo, poi annuì e, lentamente, chiuse la porta del camerino.
Già, una volta che il sasso è stato tirato non si può tornare indietro, le increspature sulla superficie del lago non si possono fermare, continueranno ad espandersi contro il tuo volere. E’ troppo tardi, non posso dimenticarti. E tu? Lo hai già fatto? Oppure un po’ senti la mia mancanza?
Ma che arroganza, sono solo stato uno dei tanti.
Jin si appoggiò alla parete esterna del camerino. Chiuse gli occhi e socchiuse le labbra.
Con i miei palmi... con la punta delle dita,”iniziò a sussurrare, “Voglio sfiorare... le tue guance,” poi riprese il respiro e intonò con voce un po’ più alta: “Ah... anche se solo in sogno...” ma era inutile continuare a pronunciare quelle parole. Resto in silenzio. E così qualcuno concluse la strofa al posto suo.
“...voglio vederti.
Jin sbarrò gli occhi e guardò nella direzione da cui quella voce era arrivata. Kazuya era in fondo al corridoio, a pochi metri da lui, e sorrideva.
“Che c’è?” domandò avvicinandosi, “Non ti ricordavi come finisse la frase?”
“I-io...”
“Ah... io pensavo che tenessi alla persona a cui hai dedicato quella canzone, e invece ti dimentichi pure le parole.”
Si fermò nel momento in cui gli arrivò di fronte. Jin aveva gli occhi sgranati.
“C-come... tu... che ci fai... qui?”
“Mhn...” commentò Kazuya, “...questa frase l’ho già sentita... quando? Aaah! Certo... me l’hai detta quella volta in cui te ne sei andato lasciandomi solo una lettera inutile e uno spartito strappalacrime.”
“Non... io... però...”
Però cosa?” domandò Kazuya secco, “Non avevi il coraggio di dirmelo in faccia che una notte ti è bastata?”
“Non è questo!” esclamò Jin riuscendo a collegare il cervello, “Ma tu sei un host! In meno di un secondo mi avresti lasciato, rimpiazzandomi subito con qualcun altro!”
Kazuya socchiuse gli occhi, “Sono un host, non una prostituta.”
“Ah... non intendevo...”
“Non tirare le tue conclusioni a caso!” gridò Kazuya e la voce rimbombò per tutto il corridoio.
Jin si ammutolì do colpo.
“Qualcuno mi ha detto questa stessa frase non molto tempo fa,” riprese Kazuya con un tono di voce più calmo, “Ed è per questo che sono venuto di persona a sentire le tue ragioni.”
Jin allungò una mano fino a sfiorare il suo viso con le dita, sembri così reale.
“Non volevo andarmene...”
Kazuya gli prese la mano, “Non volevo che tu te ne andassi.”
“Mi dispiace...” riuscì solo a sussurrare l’altro, poi la vista gli si annebbiò di colpo, le orecchie fischiarono e l’ultima cosa che percepì fu il calore del corpo di Kazuya che tentava di sorreggerlo.
“Jin...?”
Non riuscì a tenerlo sorretto a lungo. Lasciò che si accasciasse a terra.
“Jin!!”
 
Non riuscì a riacquistare i sensi contemporaneamente, e nemmeno la mente aveva intenzione di collaborare.
Mosse inizialmente le dita della mano... destra, sì, è la mia mano destra che sto muovendo. Provò anche con la sinistra. Bene, riesco a muovere anche questa. Ma perché non riesco ad avere la percezione del mio corpo come un intero?
“Che cosa...” mormorò, e solo in quel momento si rese conto di stare ad occhi aperti e di fissare la lampada al soffitto di una stanza che non conosceva. Si concentrò e anche la testa si voltò di lato. La vista era ancora un po’ annebbiata ma riuscì a distinguere alcune forme.
“Ah!” esclamò qualcuno che era là vicino, apparentemente seduto accanto a lui, “Akanishi, sei sveglio!”
Jin mise a fuoco.
“Taguchi...? Dove...?”
Junnosuke gli prese una mano.
“Da quanto...?” mi sembra di avere un buco nero nella mente che, lentamente, continua a risucchiare i contorni dei miei ricordi passati rendendoli sfocati. L’ultima volta... l’ultima volta non c’era forse...
“...Kazuya?” domandò con un tono leggermente più alto. O è stato tutto un sogno?
“Akanishi, sta calmo... non sforzarti, vado ad avvertire l’infermiera che ti sei svegliato.”
Aspetta, non hai risposto, dove diavolo sono? Perché sono qui in questa... stanza d’ospedale? Si guardò intorno e tutto era così grigio... aspetta...! Ma Junnosuke uscì dalla stanza e richiuse la porta dietro di sé.
Jin poteva sentire il suo cuore battere come impazzito. Ora esplode, ora esplode. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
La mente si scollegò di nuovo.
 

***

Kazuya spalancò la porta della stanza d’ospedale e si fiondò dentro. Il respiro era mozzato, e si appoggiò sulla ginocchia per respirare.
“E’...è...” mormorò rivolto a Junnosuke che si voltò di scatto.
“Kamenashi!”
Kazuya si avvicinò al letto. “Come sta...?” chiese senza fiato.
“E’ stato sveglio per poco...” commentò il manager, “...e si riaddormentato da qualche ora ormai. Comunque il dottore dice che sta bene ormai... ma forse dovrà prendere qualche farmaco.”
Kazuya annuì e guardò il viso di Jin. “Lo sapevo che dovevo restare anche questa notte...”
“E’ un settimana che sei qui ventiquattrore su ventiquattro, ti meritavi una notte di riposo.”
Kazuya si sedette sul letto e continuò a fissargli il viso. Le occhiaie sotto agli occhi erano meno evidenti e si vedeva che ora stava decisamente meglio.
Sorrise. Junnosuke gli aveva detto tutto sui sonniferi, e la consapevolezza che Jin, in verità, non si drogasse affatto gli aveva tolto un enorme peso dal petto.
“Kamenashi,” disse a un certo punto Junnosuke guardando il cellulare, “Mi hanno chiamato... posso chiederti di restare al mio posto? Tornerò il più presto possibile.”
Kazuya annuì, “Non ti preoccupare, tanto ormai non me ne vado più.”
Il manager sorrise, poi scosse la testa. Anche io farei la stessa cosa per la persona che amo.
“Allora ci vediamo,” concluse e uscì dalla stanza.
Kazuya tornò a guardare il viso addormentato dell’altro e lo sfiorò con le dita. I tuoi occhi mi mancano. Sorrise e si chinò a baciargli le labbra.
Quando si allontanò Jin socchiuse le palpebre. Kazuya trattenne il fiato.
“Ti stavo sognando...” sussurrò Jin facendo fatica a metterlo a fuoco, “Ma forse non era solo un sogno.”
Kazuya sorrise e gli strinse una mano. Gli occhi gli si velarono all’istante.
“Che fai, piangi?” domandò Jin cercando invano di ricambiare quella stretta, le proprie dita ancora non gli rispondevano. Poi sorrise anche lui: il mio angelo è venuto a Los Angeles.
“Sei un idiota,” commentò Kazuya chinando il viso, “Rovinarti così la salute...”
“E’ la seconda volta in poco tempo che me lo dicono...” disse Jin, “Ma è proprio vero... ti ho fatto preoccupare, mi dispiace...”
“Pensavo che avessi iniziato a drogarti...”
“Eh...?”
“Lo pensava anche Taguchi... non farmi prendere più un infarto del genere.”
“Scusa...”
“E poi...” continuò Kazuya alzando il viso e guardandolo attraverso un velo d’acqua salata, “...che ti salta in mente di interrompere così con i sonniferi? Sei impazzito?”
“Sono stato egoista, eh?” continuò Jin sorridendo, “Chissà cosa volevo ottenere portando il mio corpo fino al limite... anzi, forse speravo che tu, sapendolo, saresti venuto...”
Una lacrima solitaria scese lungo la guancia di Kazuya. “Non scherzare...”
“Non sto scherzando...”
“Idiota! Stavo per venire da te anche solo dopo aver sentito la tua canzone! Non serviva tentare il suicidio!”
“Esagerato...” mormorò Jin trattenendo una risata.
“E non ridere!” esclamò Kazuya continuando a piangere, “Non fa ridere!”
Jin alzò un braccio, gli strinse la manica della camicia e lo strattonò leggermente. Kazuya tirò su col naso e si chinò su di lui. Lo baciò bagnandogli il viso.
“Mi sono comportato da immaturo, mi dispiace,” mormorò Jin sulle sue labbra.
Kazuya scosse la testa, “Ogni tanto va bene comportarsi da immaturi...”
“Ma non così tanto da rischiare di morire!” esclamò qualcuno alle loro spalle. Tatsuya era sulla porta e si guardava le unghie. “Fate pure, io aspetto.” Poi anche Yuichi apparve da dietro le sue spalle e li salutò con una mano.
Kazuya arrossì di botto e Jin avrebbe gridato se solo avesse avuto un po’ più di forze in corpo. Invece si limitò a ridacchiare.
“Ciao ragazzi...” disse poi.
 “Allora, come stai?” chiese Yuichi entrando nella camera.
“Sono sopravvissuto a cose peggiori,” rispose Jin e Yuichi annuì sorridendo.
Kazuya non sapeva quasi niente di lui, davvero aveva passato dei periodi peggiori di quello? Arricciò le labbra e lo osservò ridere insieme ai suoi compagni. Sorrise anche lui. D’ora in poi avrò tutto il tempo che mi serve per conoscerti fino all’ultimo dettaglio. E spero che, anche fra qualche anno, io possa ancora essere al tuo fianco e sorridere nello scoprire una sfumatura della tua vita che ancora non conoscevo.
“Ma come l’avete fatto solo una volta?” domandò Tatsuya e Kazuya sgranò gli occhi. Ma di che diavolo stavano parlando ora? Mi distraggo un secondo e questi parlano di cose del genere?
“Eh, dammi tempo...” commentò Jin sbuffando.
“Tatsuya...” lo apostrofò Yuichi arrossendo leggermente.
“Che c’è? Vuoi che Jin mi diventi frustrato sessualmente come Taguchi?”
Kazuya restò a bocca aperta.
“Questo è un altro discorso...” rise Jin.
Già, questo è un altro discorso, e un’altra storia.
Poi Kazuya si alzò di scatto, “Ho bisogno di aria.”
Tatsuya si mise a ridere, “Povero, lo abbiamo eccitato...”
“Non ho parole.”
“Kazuya aspetta,” gridò Jin,  “Non dargli retta!!!”
 
< Sono nato solo per incontrarti.
Non ho ancora visto una mattina in cui ci sia la tua voce.
Quindi continuo a tenere questo nel mio cuore,
E vado avanti.>>


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Commento: ecco qua, finita anche questa ^o^ GRAZIE mille Sara per averla seguita fino alla fine *^* Spero che il finale non ti abbia deluso xD chu!
   
 
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