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Autore: MiseryShallNotDie    29/02/2012    0 recensioni
Il cielo nero di Parigi era infiammato dal fuoco delle torce, come astri ardenti, e spezzato dalle grida di guerra e d'incitamento dei rivoltosi.
L'assedio della Bastiglia si era protratto fino alla notte tarda, mentre i prigionieri politici erano sostituiti dagli ufficiali assolutisti, e le lussuose dimore dei nobili erano incendiate.
Le grida di vittime ed assalitori si confondevano, si contorcevano nell'aria.
C'era anche Nicolas, tra loro, e Charlotte temeva per la sua vita.
Si voltò: alle sue spalle il castello diroccato della sua famiglia appariva ancora più tetro, e nonostante non fosse accesa alcuna luce, poteva avvertirne la vita.
Doveva salvare Nicolas: per lui, avrebbe ricominciato a succhiare sangue
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Charlotte corri immediatamente!"
La voce del gestore della bottega risuonò nelle orecchie della ragazza, facendola sobbalzare mentre frugava tra i bauli lignei per trovare la fragranza di profumo richiesta dalla cliente già da tempo.
Come se la voce del proprietario, quasi un pifferaio magico, avesse chiamato al suo cospetto il profumo, finalmente trovò l'agognata boccetta di vetro: dopo aver tolto il tappo di sughero ed aver appurato l'integrità del contenuto, immerso nel caos di bauli polverosi, risalì alla bottega facendo attenzione a non inciampare sulla lunga gonna.
Dopo aver sistemato i capelli ed aver riassettato l'abito semplice ma curato, sfoderando uno dei suoi prodigiosi sorrisi Charlotte porse il profumo alla cliente, all'acqua di rose: stappando la boccetta per permettere di assorbirne l'odore, esso invase l'intero stretto abitacolo, come coprendolo con un velo che potesse celare qualsiasi negatività.
Accanto alla cliente, un'aristocratica che collezionava profumi provenienti dall'estero, Thenardieu osservava soddisfatto la compravendita: era lui che produceva le fragranze, chiudendosi in un laboratorio al quale non era consentito a nessuno l'accesso; aveva rilevato da poco la bottega, affermando di perseguire quella professione già dall'età puerile, ed oltre ad aver incrementato la produzione, aveva incrementato anche il guadagno. I suoi capelli neri, costantemente legati da un fiocco rosso come s'addiceva ad un gentiluomo, incorniciavano un volto scarno e cereo, ed i suoi occhi scuri ed incavati sembravano penetrare nell'anima del suo interlocutore, o di chiunque incrociasse il suo sguardo.
Charlotte ammirava le sue capacità imprenditoriali, ma c'era qualcosa nel suo sorriso tirato, nel suo sguardo fisso, nelle sue mani sottili dai gesti appena accennati, ad insospettirla...ad inquietarla.
C'era qualcosa, in lui, che le ricordava Philippe.
Spesso attribuiva questo pensiero ad un'impressione fallace, ad una stranezza non insolita nella classe borghese che stava emergendo, intenzionata ad imitare la classe nobiliare ma riuscendo solo nell'intento di parodiarla, oppure al terrore, insito in lei, di Philippe.
A distanza di 1 anno, durante il quale era riuscita ad integrarsi nella società, aveva visto la sua famiglia solo una volta, aveva scorto in lontananza i mantelli neri ed i cappucci con i quali cercavano di mescolarsi tra la folla di Parigi, ed era andata a nascondersi nel magazzino: intuiva essi stavano facendo una spedizione punitiva per ritrovarla, persino la piccola Lalage, con i suoi riccioli biondi, il suo pallore di porcellana e l'innocenza di una bambina di 7 anni strappata alla vita e ripudiata dalla morte.
Lavorando presso il profumiere, la ragazza aveva sempre immaginato di poter incontrare la madre naturale di quella che considerava sorella minore: non conosceva le sue fattezze, nè il suo nome, nè la sua estrazione sociale, ma guardandola, avrebbe avvertito un moto interiore. Una madre, a cui era stata sottratta la propria bambina.
La giornata lavorativa terminò senza troppa fatica, e dopo aver ricevuto dal datore di lavoro 3 monete d'argento, quasi oboli, si diresse verso la casa in affitto in cui dimorava presso la Sorbonne, ricordandosi di dover pagare l'affitto all'anziana madame Roux.
Avvolta nel peplo rosso che tanto si discostava da quello nero della sua precedente vita, Charlotte si districò tra le carrozze dei nobili ed i corpi dei miserabili e dei mendicanti, in una città che alternava oro e cenere davanti ai propri occhi, senza alcuna sottile linea rossa di separazione tra i due paradossi inconciliabili.
Tornata nel suo alloggio, dopo aver pagato madame Roux, ella si sciacquò nel catino, indossò la veste da camera e si stese sul duro giaciglio, cercando di recuperare l'abitudine del sonno che faticosamente aveva acquisito e che da pochi giorni aveva perduto: mentre fissava il soffitto bianco della piccola stanza, poteva avvertire attraverso le pareti sottili i discorsi degli studenti che occupavano la casa adiacente alla sua.
Parlavano di eguali diritti, di privilegi nobiliari obsoleti, di un'assemblea degli Stati Generali che si sarebbe tenuta a breve, delle riforme che avrebbero presentato, del coinvolgimento della piccola borghesia e del popolo illetterato nel loro intento.
Parlavano di Costituzione.
Parlavano di Repubblica.
Parlavano di rivoluzione
  
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