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Autore: N3trosis    01/03/2012    2 recensioni
Il vecchio taxi si mette in moto rombando e scalcagnando, mentre il telaio vibra e le placche rinforzate che ne costituiscono il corpo hanno un sussulto. Finalmente, il veicolo giallo rigato di nero sui fianchi si muove, lasciando dietro di se una scia densa e maleodorante. Maledetti scarichi difettosi, penso, maledicendomi nuovamente per aver saltato l'ultima revisione.
Guido per quel tanto che basta per rilassarmi e dimenticarmi la giornata passata, allungando il tragitto usando le vie secondarie e non la superstrada sopraelevata. Mi piace godermi la freschezza della notte, ed è anche per questo che faccio il turno notturno.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie dall' Agglomerato'
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Mi sveglio urlando.

E' una cosa che ho sempre odiato, fin da bambino. Però, che ci posso fare: ho il sonno leggero e sopratutto agitato.

Un altra cosa che ho sempre odiato è dormire in auto mentre qualcun altro è alla guida. Deformazione professionale forse, ma su un veicolo in movimento non mi fido se non sono io ad avere il controllo. Figurarsi dormire!

“Non sai mai se al risveglio sei a destinazione o all'inferno.” ripetevo sempre.

A questa difficoltà mi aveva aiutato molto il karma, facendomi crescere forte, sano e solo.

Di amici, ne avevo pochi. Amici fidati, si intende. Nessuno di questi faceva parte della sfera legale della mia vita.


Di amici finti, invece... tutti i miei clienti... extra. Tutti amiconi. Ancora mi stavo chiedendo chi era stato a vendermi. Comunque, nemmeno loro, per forza di cose, facevano parte della sfera legale della mia vita.

 

Comunque, questa condizione mi aveva senza dubbio facilitato l'accesso al lavoro, oltre che a ovviare questo piccolo problema dei trasporti.

Lavoro?

 

In un lampo mi tornò in mente quello che era successo poche ore (o forse secoli?) prima.

Ma quale lavoro. Lo avevo perso il lavoro, e con lui la licenza e il taxi.

E un fottuto dente, la gengiva mi faceva ancora male.

Poi... cosa era accaduto? Deb parlava di rimettere a posto il catorcio, e poi era diventato tutto buio.

 

Di buono c'era da dire che non mi ero mosso di un centimetro: ero ancora sul taxi.

Ah già! Non ero riuscito ad uscire perchè la chiusura automatica si era bloccata.

Il fatto strano era che il taxi non era più nel parcheggio dove avevo posteggiato. Non era nemmeno all'aperto, a dire il vero.

“Deb?” chiamo, invano. Qualsiasi cosa stia facendo la mia intelligenza artificiale preferita, è qualcosa di talmente importante da non degnarmi di una risposta. E' strano come il sedile del passeggero mi sembri vuoto, senza il suo ologramma.

Dopo aver dato due manate al cruscotto, dove stava il suo processore, rinuncio. Cosa diavolo stava succedendo? Quelli della Orizon avevano forse ritirato il taxi e avevano già formattato tutto? Possibile non si fossero accorti che ero rimasto dentro?

Il suono della maniglia manuale della portiera risuona a vuoto diverse volte. La chiusura di sicurezza, che dovrebbe salvarti la vita in diverse occasioni, in quel momento mi stava impedendo di accedere al mondo esterno. Almeno teneva le mie imprecazioni all'interno dell'abitacolo, cosa per cui sicuramente il mondo terreno sarà grato.

 

Non mi rimane altro da fare che sprofondare nel sedile del conducente. Solo allora noto una piccola macchia di sangue sullo sterzo. Il dolore diffuso alla testa ora si concentra sulla fronte. Evidentemente avevo dato una zuccata parecchio forte, e quel coso di metallo aveva perso la propria fodera imbottita eoni fa.

 

Per quanto possibile, mi rilasso e penso. L'idea di essere stato trasportato fin dentro i magazzini della Orizon era alquanto improbabile. D'altro canto, erano gli unici con i mezzi per farlo.

Per prelevare i loro veicoli non sprecano nemmeno un corriere, per paura che scappi con tutto il mezzo. No, loro bloccano tutto, sistemi di guida, di sicurezza, qualsiasi cosa, e poi mandano un drone. Un incrocio fra un camion della nettezza urbana e un elicottero, che aggancia magneticamente il veicolo e lo riporta all'ovile per la revisione e il reset di tutti gli imprinting che lo rendono pilotabile solo e soltanto da il guidatore designato e pochi altri.

 

Tuttavia sapevo benissimo che quei droni di recupero sono proprio come i camion della nettezza urbana: sono equipaggiati con dei sensori terminaci a doppio spettro. In parole povere, se cè qualcosa che emana abbastanza calore da essere vivo e a grandezza d'uomo, il drone (o lo scaricarifiuti) non può agganciare il veicolo (o il cassonetto). Le vite di innumerevoli barboni sono state salvate da questo comodo e pratico aggeggio.

 

Quindi, o ero morto e non emanavo più calore, oppure ero arrivato li per altre vie.

 

Un brivido mi guizza lungo la colonna vertebrale. Esistono modi molto più comodi per far sparire un auto, magari con sopra un povero uomo timorato di dio.

Basta tagliare i giunti delle ruote magnetiche, che tengono la macchina in frenata, e farla scivolare dolcemente dentro un camion abbastanza grande.

 

Certo, se era andata così, la cosa era ben più seria.

Cacciatori d'organi è la primissima cosa che mi venne in mente. Di solito ti fermano, ti fanno scendere dall'auto e ti mettono in un frigorifero. Poi le storie si fanno divergenti, di sicuro nessuno che ci è entrato ha poi raccontato cosa accade dopo.

 

Il traffico di organi era ormai comune quanto lo spaccio di eroina, anche se era più facile trovarli nei pressi di Bombay City piuttosto che nel centro di Madison Heaven, dove aveva parcheggiato.

Però...

 

Inizio ad agitarmi sul sedile.

“Deb! Dove cazzo sei finita?!”

Se erano davvero dei cacciatori d'organi, o qualsiasi altra cosa, di sicuro poco gli importava di una IA mal funzionante. Perchè disattivarla?

 

Una lucina sul monitor del terminale impiantato nel cruscotto cattura la mia attenzione. E' il filtro esterno, che mi comunica che l'ora di punta serale di inquinamento è terminata, e che sarebbe bene aprire i finestrini.

Serale? Per quanto avevo dormito?

 

Grazie a dio la Oryzon prendeva molto sul serio il benessere della clientela, e per cose del genere erano anche capaci di commettere l'imprudenza di escludere i finestrini dalla chiusura automatica. Infatti, premendo l'apposita leva, il vetro semi rinforzato del veicolo slittò con un rumoraccio meccanico dentro la portiera.

I rumori esterni esplodono nell'abitacolo, ormai non più insonorizzato. Sei i vetri, oscurati dal blocco, mi avevano fatto capire che non ero all'esterno ma all'interno di qualche struttura, il rumore assordante di lamiere tagliate e di flessibili in opera mi confermarono il fatto che sono dentro un officina... un officina abusiva, per l'esattezza. Probabilmente era il laboratorio di modifica per veicoli illegali, sperso da qualche parte nei livelli più bassi dell'agglomerato.

 

Dove diavolo sono finito?

 

Mi sporgo fuori dall'abitacolo, ma non riesco a vedere nessuna forma di vita. Chiunque stia facendo tutto quel casino, non è nel mio campo visivo. Tanto meglio.

 

“Fanculo. Io me ne vado.” Continuo a sporgermi fuori dall'abitacolo, fino a raggiungere con le mani un appiglio sul tettuccio: una depressione nella lamiera che, originariamente, doveva ospitare una barra magnetizzata per l'utilizzo delle sopraelevate.

La prima cosa che avevo perso a poker: ora quella depressione mi serviva da appiglio per potermi issare e uscire da li senza cappottarmi. Tirandomi su con le braccia mi misi a sedere sul finestrino, con ormai solo le gambe nell'abitacolo. Prego che l'ora d'aria che permetteva l'apertura dei finestrini non finisse in quel momento: tutti i veicoli erano progettarsi per sigillarsi non appena lo smog raggiungeva livelli critici. Il che voleva dire trovarsi con le gambe amputate da una ghigliottina ascendente di vetro rinforzato. Evviva la sicurezza!

 

Con un colpo di reni salto finalmente fuori dal veicolo. Ora ero libero di correre veloce come il vento fuori da quel posto del cazzo, magari trovare un agente e tornare in forze per rompere le gambe a chi mi aveva voluto giocare questo scherzetto.

Eppure... la curiosità era troppa. E sopratutto, non ero sicuro di volermi affidare a uno di quegli stessi agenti che mi avevano appena fatto perdere il lavoro e, di fatto, messo in quella condizione.

No, niente camice di seta, almeno oggi.

Sopratutto, dovevo trovare chi aveva disattivato Deb e costringerlo a manate a riattivarla.

 

Faccio il giro della vettura, notando con orrore come la parte anteriore fosse completamente sventrata.

 

Il mio taxi non era un gioiello di tecnologia. Anzi, era un vecchio modello 40, un poco modificato da me nel tempo libero, ma proprio a tempo perso. Lo scheletro interno è simile a quello di tutte le auto, le placche che ne costituiscono la carrozzeria sono rinforzate e testate antiurto, ovviamente gialle rigate di nero come ogni taxi dell'universo. Impiantato nel muso arrotondato stava il mainframe collegato alla Orizon, i miei ex datori di lavoro... che grazie a quello mantenevano il contatto con il veicolo. Non solo, attraverso quel processore, io potevo accedere a telefonate, dati, mappature... il tutto veniva elaborato da Deb.

L'intelligenza artificiale, invece, aveva sede in uno dei comparti posteriori, vicino al motore termico. Nei taxi normai non prendeva nemmeno dieci centimetri di spazio, in fondo doveva funzionare come navigatore e stop.

Il mio riempiva praticamente l'intero bagagliaio, grazie al mio predecessore che si era divertito allegramente ad espandere i banchi di memoria di Deb. Una pratica comune, intendiamoci. Non era quello a renderla speciale.

 

Comunque, l'intero mainframe era scomparso. Rimaneva soltanto un enorme spazio vuoto, con qualche cavo scollegato penzolante che scompariva all'interno della vettura.

Mi immaginavo la faccia del muso giallo che imprecava, bestemmiandomi dietro mentre immaginava chissà cosa potessi mai aver fatto al suo veicolo. Il contatto fra veicolo e compagnia, infatti, era continuo, 24 ore su 24. Il contatto non si interrompeva nemmeno se mi schiantavo contro un muro. Semplicemente, mandava un input al qg dicendo che l'auto era danneggiata. Del guidatore non importava niente a nessuno, evidentemente.

 

Perso come sono nei miei pensieri, non mi accorgo che il forte rumore dello smerigliatore ha smesso da un po. Con la coda dell'occhio vedo un movimento alle mie spalle. Mi giro e un tizio in tuta da lavoro con tanto di maschera protettiva mi scruta, con espressione indecifrabile. (Aveva, appunto, la maschera. Che spirito di osservazione!)

 

“Hey bell'addormentato!” saluta, la voce distorta dal filtro dell'aria, mettendo mano allo smerigliatore che reggeva.

Mi lancio verso di lui.

Prima di fare il tassista avevo lavorato al Servizio Maniaci, per un paio di anni. Non ero un pugile, non avevo il fisico e se mai lo avevo avuto lo avevo perso da anni, ma sapevo ancora come assestare qualche colpo.

 

Lo colpisco forte all'addome: è chiaro che non se lo aspetta, e mentre si piega reggendosi la pancia per il dolore, gli tiro una ginocchiata sulla faccia, facendogli volare via la maschera.

“Al! Che minchia fai!”

La voce digitale di Deb mi fa voltare istantaneamente, come se avesse premuto un interruttore.

“Deb?” domando, mentre vedo l'ologramma in piedi davanti a me, con le braccia incrociate e il volto corruciato.

 

“E vaffanculo!” Ulula il mio avversario, mentre mi colpisce con rabbia sulla nuca con una chiave inglese.

Di nuovo, tutto si fa nero.

  
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