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Autore: rihanna_21    02/03/2012    4 recensioni
Lee Fletcher è una delle vittime della battaglia del labirinto. Rick Riordan, nel libro, ne cita solamente la morte. Ma chi è Lee? Lui ci cita solamente che è un figlio di Apollo. Com'è la sua storia? Io provo a scriverla e spero che vi piaccia. Partirò dall'arrivo di Lee al Campo Mezzosangue, scriverò delle sue gesta e delle sue amicizie, dei suoi amori e delle sue rabbie. Quando ho letto nel 4° libro che era morto ho sentito un tuffo al cuore ( lo stesso è stato per gli altri) così per "ricordarlo" scrivo questa storia. Buona lettura e spero che vi interessi
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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*Capitolo 1*


Avevo cinque anni quando arrivai al Campo Mezzosangue per la prima volta. Ricordo di essere mano nella mano con una strana creatura dai piedi caprini. Tutto mi pareva così magico che un sogno non era niente a quello che i miei occhi stavano guardando in quel momento: c’era un sacco di gente che andava in giro impugnando delle spade e combattevano tra loro per allenarsi; c’erano delle ninfe che mi salutavano allegre e dei satiri che suonavano il loro flauto magico per far crescere le fragole. Ricordo che nell’aria alleggiava un forte odore di fiori e fragole, infatti c’erano molti campi fioriti. Io, sempre con la mano stretta a quella del satiro, camminavo in mezzo a quello scenario che si poteva vedere solo in un film di avventura.
Arrivammo ad un grande edificio a colonne greche dove c’erano un uomo robusto e un centauro che giocavano a carte appoggiati a un tavolino.

-Mi dispiace deluderla, ma la vittoria è nelle mie mani- disse l’uomo robusto.

-Non cantare vittoria, la partita non è ancora finita.- rispose il centauro.
Appena i due individui ci videro il satiro si avvicinò ai due lasciandomi in disparte per cinque secondi. Appena finì di parlargli il centauro si alzò: era molto alto, tanto che io indietreggiai impaurito. Il centauro sorrise.

-Non aver paura Lee, non ti farò alcun male. Io sono Chirone e dirigo insieme a questo signore, ovvero il signor D, il Campo Mezzosangue.

-Perché io sono qui al Campo Mezzosangue? Perché ci sono delle creature strane? Perché sei per metà un cavallo?- Chiesi ingenuamente con la mia vocina ancora da bambino. Chirone mi sorrise dolcemente e mi caricò sul suo dorso e cominciò ad andare al passo.

-Vedi, è naturale che tu abbia molti perché. Tu sei un semidio, ovvero mezzo dio e mezzo umano. Tua madre era una donna mortale e tuo padre è Apollo, il dio del sole e della profezia. Ci sono in tutto dodici dei dell’ Olimpo. Infatti qui abbiamo rispettivamente dodici case che ospitano tutti i figli degli dei. Alcune però sono vuote, perché alcuni dei non hanno fatto dei figli.
Ci fermammo davanti ad una casa luminosa che sembrava fatta d’oro. Sull’ingresso della porta c’erano tanti ragazzi che mi guardavano sorridendo.

-Qui è dove vivrai con gli altri tuoi fratelli: è la casa numero sette, nonché la casa di Apollo. Vai, ti stanno aspettando.- E così dicendo mi fece scendere dal suo dorso. Io, timidamente, mi avvicinai alla casa luccicante. I ragazzi che stavano sulla soglia mi salutarono allegramente e facendomi tante domante. Ciao, come ti chiami? Quanti anni hai? Da dove vieni? E così dicendo. Io ero confuso perché non sapevo a chi rispondere per primo.

-Ma lasciatelo stare! Non vedete che è piccolo ed è appena arrivato. Vi sembra il modo di accogliere un nostro fratello, branco di avvoltoi?- Disse un ragazzo alto e biondo con gli occhi azzurri. Gli altri lo mandarono all’altro paese e lui si avvicinò a me, mentre gli altri si raggruppavano attorno.

-Ciao piccoletto, io mi chiamo Jonathan ed ho sedici anni. Noi siamo tuoi fratelli. Benvenuto al Campo Mezzosangue! Come ti chiami?

-Mi chiamo Lee Fletcher ed ho cinque anni. Vengo dal Kentucky e la mia mamma morta perché un uccello strano e brutto... l’ha uccisa.
Jonathan guardò gli altri mentre vociavano furtivamente . Povero piccolo. Forse era una furia. Che vada all’Ade, maledetta! E così via. Jonathan mi guardò negli occhi e mi prese la mano.

-Da quanto abbiamo capito hai perso la tua famiglia, ma ora non disperare: la tua famiglia siamo noi. Vieni entriamo dentro: ti facciamo vedere dov’è il tuo letto.
Mi sentivo a mio agio con i miei fratelli: tutti erano affettuosi e simpatici nei miei confronti. Finalmente ora avevo una famiglia. Ero felicissimo.

***

Arrivò ben presto la sera: il sole stava lentamente scomparendo dietro le colline in un cielo arancione. Io e i miei fratelli ci dirigemmo verso un padiglione senza tetto, contornato da candide colonne greche, su una collina affacciata sul mare, con una dozzina di tavoli di pietra da picnic. Alcuni tavoli erano ricolmi di un sacco di gente. Noi ci sedemmo al tavolo di Apollo, così mi disse Jonathan. Attendemmo l’arrivo delle altre case e, dopodiché, ci fu servita la cena. Arrivato il piatto a tavola, i miei fratelli si alzarono.

-Perché vi alzate? Non dobbiamo mangiare?
Jonathan mi spiegò che dovevamo dare in sacrificio parte della nostra cena agli dei. Feci cadere nel fuoco metà bistecca e ritornai al mio tavolo per mangiare: ero affamato. A fine cena Chirone ci parlò

-Mezzosangue. Spero che la cena sia stata di vostro gradimento. Vi informo dell’arrivo di un nuovo membro alla casa numero sette: diamo il benvenuto al piccolo Lee Fletcher.- Tutti quanti si girarono verso di me applaudendo. Non avevo fatto niente di speciale, eppure tutti applaudivano. Chirone li fece smettere.

-Bene, ora tornate alle vostre capanne e dormite bene.
Tutti si alzarono, lo stesso facemmo anche noi. Non vedevo l’ora di dormire. Appena entrato mi sedetti sul mio letto: c’era il mio piccolo peluche preferito, un orsacchiotto marrone che chiamavo Tito. Mi misi sotto le coperte abbracciando il mio peluche. Jonathan si avvicinò a me.

-Come ti sembra il Campo Mezzosangue?- Io ci pensai un attimo e dissi

-E’ mitico. Adoro stare qui. Ci sono le ninfe, i satiri, i mezzosangue...- e così dicendo chiusi lentamente gli occhi e mi addormentai. Si spensero le luci della capanna numero sette e con essa anche il mio primo giorno al Campo. 
   
 
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