CAPITOLO II
CINQUE ANNI DOPO SEPHIRO
– Seconda parte
Marina non era il tipo
da lasciarsi sopraffare dagli eventi: “E ora che si fa?”
disse.
E Luce: “Beh tutte
queste coincidenze avranno pur sempre un
significato”.
“Dobbiamo andare
all’osservatorio” spiazzò tutt’e due Anemone “è lì il nostro punto di contatto
con Sephiro”.
Il solo pronunciare quel
nome fece battere forte il suo cuore. Era così tanto tempo che non sentiva la
sua voce scandire quella parola “Sephiro”.
“Mah, io non sono sicura
che sia una buona idea …” fece Marina; ma resasi conto che altre soluzioni non
c’erano, sospirando sentenziò: “Eh va bene! In fondo scartate le ipotesi di
andare alla Polizia o a fare una bella seduta di psicanalisi, non ci resta che
questa!” e con un tono più dimesso: “Osservatorio queste tre pazze stanno
arrivando!”
Come sempre Marina
riuscì ad alleggerire un po’ il peso dei loro
cuori.
Come al solito
l’osservatorio pullulava di persone: studenti in visita guidata; coppie che
volevano godersi il romantico panorama della città; e gruppi di ragazzi che
avevano marinato la scuola.
Mentre salivano nel
veloce ascensore, schiacciate quasi dalla calca, Anemone fu assalita dai ricordi
di Sephiro: tutte le esperienze vissute, le battaglie affrontate, la scoperta
dei propri poteri e dei managuerrieri, le persone incontrate e soprattutto…
Ferio.
Quest’ultimo pensiero si
faceva prepotentemente largo fra gli altri. La cosa che la faceva più soffrire è
che col tempo il ricordo del suo viso andava sbiadendosi. Stava pian piano
perdendo anche l’ultima cosa di lui che le restava… la sua
immagine.
E anche se qualcuno
avrebbe potuto dire che era meglio così, che la sua vita doveva andare avanti e
il destino fare il suo corso, magari facendole incontrare un altro uomo, per lei
questa idea era inaccettabile: l’unico da cui avrebbe voluto farsi stringere era
il suo adorato principe.
La prima volta su
Sephiro aveva salvato lei e le sue amiche nella Foresta del Silenzio, le aveva
seguite, aiutate, aveva teso loro una trappola, e poi di nuovo aiutate. Neanche
Anemone sapeva bene che cosa l’avesse conquistata. Certo la sua bellezza non
passava inosservata, ma non era quello: se in un primo momento l’aveva colpita
quell’aria da sbruffoncello, un po’ saccente ma anche tanto simpatica, era stata
poi la dolcezza e il suo fare protettivo che avevano espugnato il suo
cuore.
Il segnale acustico che
avvertivadi essere al capolinea la fece sobbalzare: Marina l’aveva presa per
mano e praticamente cavata fuori da quella folla
scalmanata.
“Eccoci” disse Luce. Il
modo con cui pronunciò quella sola parola aveva ben rappresentato il pensiero
che correva nelle menti di tutte e tre le ragazze. Cosa avrebbero dovuto fare?
Forse solo desiderare di fare ritorno su Sephiro.
Guruclef gli aveva
spiegato che il secondo viaggio sul magico pianeta era stato voluto da loro
stesse; era stata la forza dei loro sentimenti, la preoccupazione per quel mondo
e i suoi abitanti a spalancare quella “porta socchiusa ai confini del sole”.
Dunque dovevano solo
concentrarsi e allineare i loro cuori?
Anemone si sentiva
profondamente inquieta: era accaldata e le sembrava quasi di respirare a fatica,
come se stesse ripercorrendo le sensazioni provate nella notte. Forse aveva
paura di quello che stava desiderando profondamente, quasi violentemente:
tornare in quel regno fatato...tornare da LUI.
Si avvicinarono alla
vetrata. Il panorama era naturalmente meraviglioso. Era l’imbrunire e le luci
della città cominciavano a risaltare sotto quel cielo che esplodeva di mille
sfumature, che dal rosso scuro degradavano fino ad un timido
azzurro.
Le tre ragazze si
presero per mano; Anemone non percepì il leggero tremito che attraversava le sue
compagne, essendo lei per prima a non trattenere le vibrazioni del suo
corpo.
La prima ad accorgersene
fu Marina: “Ragazze” esclamò con un filo di voce “guardate”, indicando le
persone che le attorniavano.
Ferme. Immobili. Il
tempo aveva fermato le sue lancette.
Ma sia Luce che Anemone,
pur senza voltarsi avevano già capito: per qualche secondo l’eco delle voci e
delle risate era rimbalzato nell’osservatorio. Ma erano stati pochi attimi. Il
silenzio era sceso su di loro.
Tum…Tum…Tum…potevano
percepire distintamente il battito dei loro cuori.
Un lampo abbagliante
avvolse le tre ragazze.
Stavano fluttuando
nell’aria…leggere… ancora stordite da quella luce accecante, tuttavia
perfettamente consapevoli di dove fossero.. di quello che ancora una volta stava
loro capitando.
Come se mani giganti le
sostenessero furono poggiate delicatamente sul terreno… su
Sephiro.
“Luce; Marina…state bene
vero?” disse allarmata Anemone. Pur essendo coetanee, quest’ultima era sempre
molto protettiva verso le compagne: Luce non era affatto cambiata negli anni,
sembrava ancora una quattordicenne; e Marina aveva sì un corpo capace di far
girare la testa a qualsiasi uomo, ma era pure testarda e impulsiva, così da
finire spesso nei guai.
“Si stiamo bene” fecero
quasi all’unisono.
“ Dunque siamo di nuovo
su Sephiro”. La voce di Luce era velata da un ben chiaro
turbamento.
“Probabilmente” pensò
Anemone “ha la stessa mia sensazione”.
Anche su quel pianeta
stava scendendo la sera. C’era un venticello leggero che agitava i vestiti
estivi delle ragazze e increspava i loro capelli. Erano finite nel mezzo di un
prato. Qualche fiore spuntava qui e là, e più lontano si scorgevano degli
alberi, un po’ distanti l’uno dall’altro, poi via via sempre più fitti,
probabilmente l’inizio di una foresta.
Ma se anche il paesaggio
poteva parer bello, c’era qualcosa …qualcosa di strano…sembrava finto…o meglio
morto. Non si sentiva battere la vita…non si avvertita la presenza di alcun
essere vivente…di nessuna di quelle fantastiche creature che popolavano la
vegetazione di Sephiro e che le ragazze avevano conosciuto nei precedenti
viaggi. Erano quelli i pensieri che correvano nelle menti delle ragazze: “E’
tutto arido, sterile…senza vita”.
“Ma quello è…” fece Luce
senza completare la frase; “il castello di Guruclef” proseguì
Anemone.
Voltatesi, si erano
trovate di fronte quell’immenso castello che si stagliava alto nel cielo, e che
spezzava il fiato tanto era maestoso.
Anemone vide Marina
molto agitata, e nonostante fosse anche lei incredula e spaesata, le prese la
mano e le rivolse uno sguardo rassicurante.
Cominciarono a camminare
verso il castello, lentamente, guardinghe, in quanto ancora non sapevano cosa le
aspettasse oltre quelle mura. Certo se Sephiro le aveva richiamate a lui, voleva
dire che ancora una volta il pianeta correva un qualche
pericolo.
Il portone che si parava
davanti a loro era chiuso, ma non appena Luce fece per aprirlo, con un lungo e
tetro lamento, da solo, si spalancò.
“Marina…Anemone…entriamo” fece voltandosi appena verso di
loro.
Stavano percorrendo il
buio corridoio: nonostante fosse passato tanto tempo non avevano certo
dimenticato come raggiungere la sala principale, dove probabilmente ci sarebbe
stato ad aspettarle il grande saggio.
Se non fossero state
così tese mille ricordi ed emozioni sarebbero affiorate nelle loro
menti.
Ma quando passarono
davanti a quella immensa vetrata che dava sul cielo di Sephiro, un sussulto fece
battere più forte il cuore di Anemone.
Si fermò e vi guardò
attraverso. Lì davanti, un giorno era stata stretta dalle forti braccia di
Ferio; lui l’aveva confortata, aveva asciugato le sue lacrime e accarezzato i
suoi capelli.
Lì per la seconda volta
le aveva fatto dono di quell’anello, capace di unire con un filo invisibile due
persone.
Ogni volta che lei
faceva ritorno sulla Terra, però, lui ritornava al suo proprietario, come a
significare impudentemente che non poteva unire due persone appartenenti a regni
differenti. E così sentiva bruciare il suo anulare sinistro, come scosso da una
ferita privata della sua fasciatura.
Cosa avrebbe dato per
avere avuto con sé, in quegli anni, l’anello regalatole da Ferio; l’avrebbe di
certo fatta sentire meno sola, le avrebbe dato una speranza in più di essere
legata indissolubilmente a lui, e lui a lei.
Ma tanto tempo era
trascorso da quei momenti condivisi col principe: momenti che l’avevano, a volte
dolcemente, a volte ossessivamente, tormentata.
Ora, ritrovarsi lì, le
provocava un turbinio di emozioni indefinibili.
“Anemone”. Luce pronunciò il suo nome con
una dolcezza infinita. Aveva compreso i pensieri dell’amica. E sapeva bene anche
lei come potevano essere dolorosi i ricordi.
Ripresero a camminare
giungendo finalmente dinanzi alla loro meta. Questa volta le porte erano aperte
e senza indugiare le ragazze entrarono.
La prima cosa che non
poterono far a meno di notare era il fatto che quel salone, un tempo luminoso ed
accogliente, era diventato ombroso, freddo; aveva perso quel calore che le aveva
riscaldate anche nelle fasi più dure delle battaglie
combattute.
“Sono felice di
rivedervi”. Una voce familiare aveva scosso i loro pensieri. E da un lato buio
della stanza una figura si fece avanti.
“Guruclef” esclamò
emozionata Marina, che fece alcuni passi verso di lui. Evidente era la gioia
della ragazza.
“Guruclef” la seguì a
ruota Luce, non nascondendo la commozione nel
rivederlo.
Anemone, ferma dietro le
compagne, non riusciva a scrollarsi di dosso quello stato di disagio e
turbamento. Forse tutte quelle emozioni… forse il ritrovarsi nel giro di pochi
minuti in quel mondo parallelo.
Forse la speranza di trovare lì anche un’altra persona.
Fatto sta che il suo
cuore batteva potente, quasi ad uscirle dal petto, e il suo corpo non accenava a
voler obbedire di nuovo ai suoi ordini.
- continua
-