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Autore: IoNonLoSo    03/03/2012    4 recensioni
Tutt’ora, dopo quasi un milione di anni la terra dei due opposti è ancora divisa, il popolo della morte regna ancora caotico e violento ad ovest, mentre le creature della Luce vivono in pace la loro vita pura e serena. Purtroppo però, tutto ciò è destinato a cambiare a causa di due giovani: il guerriero Ate, e la poetessa Era.
Com’è possibile far scaturire tanto odio solo per amore?
Genere: Avventura, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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la terra dei due opposti

La terra dei due opposti.

Titolo: La Terra Dei Due Opposti.
Generi: Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Rosso
Avvertimenti: Lemon

 

Era POV

Solitudine.

 

Otto mesi dopo.

 

Mi alzo da terra controvoglia. La stanza è buia e puzzolente come sempre.

Ate. Penso subito, come a dargli il buongiorno. Poi delle fitte di dolore muscolare mi gettano nuovamente a terra, facendomi graffiare la pelle, già sporca, sottile e martoriata. Mi rialzo, appoggiandomi al muro di pietra nera tagliente e mi dirigo verso le sbarre, dove trovo la solita ciotola con della poltiglia beige, e mezzo bicchiere d’acqua.

Mi getto sull’acqua come un cammello nel deserto e poi mangio con le mani e la faccia, come un cane denutrito. Perché in fondo, da quando sono qui, anche io sono trattata da animale e in un certo senso sento di esserlo diventata perché da quando ho visto di cosa sono capace gli uomini preferisco essere considerata di specie diversa. Deglutisco.

Ho sentito due soldati parlare, tempo fa, so di certo che fuori di qui c’è la guerra e so che la colpa è mia. Probabilmente le persone che amo sono morte, stanno soffrendo o hanno sofferto.

Non ho notizie di nessuno, non ho idea della fine che mia madre o mio padre abbiano fatto. Drogo, Egle, Asia, Pan.. E soprattutto Ate. Da quando quel soldato mi ha strappato dal mio letto non ho più visto nessuno di loro, e nessuno di loro è venuto a cercarmi. Le lacrime escono copiosamente dagli occhi e mi maledico, avevo promesso a me stessa di non piangere più, ma non ci riesco.

- Puttana, è l’ora del bagno. – Il solito soldato, che ho identificato come Tysil - un grosso omaccione di colore, particolarmente brutale – apre la cella  e mi carica sulla spalla, di peso. Indosso una casacca lercia di panno irritante, originariamente color panna, adesso grigiastra che a malapena riesce a coprirmi il fondoschiena.

Tysil cammina per i corridoi con una spavalderia che trovo particolarmente irritante, l’odio che provo si trasforma in gocce salate che ancora una volta mi bagnano le lacrime. Maledette, maledette lacrime.

Riconosco il corridoio e cerco di memorizzare ogni particolare, qual’ora un giorno riuscissi a fuggire mi sarebbe utile, ma prima ancora che riesca ad abituare gli occhi alla luce, vengo scaricata in un barile d’acqua bollente che mi ustiona la pelle e mi fa urlare per il bruciore delle ferite.

- Ma come diavolo fai a combinarti così, lurida bestia? – Mi chiede, con tono sprezzante, voltandomi vedo che altre due ragazze sono in altre due vasche. Una è svenuta, l’altra sveglia e immobile.

- Dove siamo? – Chiedo, e vedo Tysil sogghignare per poi tirarmi un sonoro ceffone, la mia testa cade penzolando ed io riesco a rialzarmi a malapena, sento il calore del sangue scivolarmi sulla guancia.

Mi ha ferito e non riesco a vedere bene da un occhio, è incredibile quanta forza riesca a trasmettere con una manata.

- Sempre le solite domande, eh mostro? Dove siamo, dov’è Ate, cosa volete da me, perché mi fate questo.. Sei patetica, puttana. – Vedo chiaramente l’odio velargli gli occhi e sento il Dono in procinto di uscire, ma il collare magico che mi hanno fatto indossare prontamente lo blocca.

Maledizione, maledizione.

Sono senza scampo, non riesco quasi a respirare, l’acqua calda è una tortura quasi insopportabile. Per mia fortuna, Tysil mi prende per le ascelle e mi fa uscire.

- Indossa questi. – Mi dice, poggiandomi a terra e lanciandomi una semplice ed anonima tunica nera. – Oggi ti venderemo. – Disse ancora, sputando accanto a me. Io aspetto che vada via, prima di sfilarmi il vestito ma lui rimane a guardarmi, gustandosi la scena del mio corpo nudo, smilzo e martoriato.  Non m’importa più del mio corpo, né del mio cuore.

Li ho persi entrambi, insieme alla libertà, quando mi hanno picchiata e violentata e umiliata. Non ho più nulla di cui vergognarmi, nessun onore da proteggere, nessun pudore da rispettare. Sono un animale, io.

Mi metto la tunica nera e poi Tysil mi riporta in cella.

- Non sporcare il vestito o ti ammazzo. – Dice, chiudendomi dentro la caverna e andando via. Altre lacrime, altro dolore.

Lo stomaco brontola incessantemente ed io lecco la ciotola da cui avevo mangiato prima, poi provo anche a recuperare qualche goccia d’acqua inutilmente.

Passano i minuti, le ore o forse i giorni.. e quando Tysil riapre la gabbia, mi ritrovo a non aver più lacrime da gettare.

Vorrei solo rimanere per sempre nella mia solitudine, a piangere e morire di fame, come una cagna.

- Non mordi più, eh mostro? – Mi chiede, sarcastico e per un attimo guardo la sua spalla dove il marchio dei miei denti regna sovrano.

Cammina a lungo tra cunicoli e corridoi, ogni tanto sento urla e suppliche provenire dalle celle e ricordo i mesi scorsi.

Quando anche io ero una gatta selvaggia pronta a graffiare, mordere e combattere chiunque si avvicinasse o provasse a toccarmi.

Quando non mi stancavo mai, non dormivo e mi spezzavo le unghie a scavare tra terra e rocce, per trovare una via d’uscita.

Quando piangevo per la disperazione e urlavo e invocavo Ate e pregavo gli dei di aiutarmi a scappare.

Ma poi le cose erano cambiate, il mio corpo e le mie speranze erano andate ad assottigliarsi sempre di più, lasciandomi senza forze né volontà.

Mi ero stancata di combattere o di ribellarmi e avevo imparato che accettare il dolore era meno doloroso che farselo infliggere.

E allora mi avevano violentata, e poi morsa e picchiata.

Ed io avevo urlato e graffiato, avevo immaginato Ate e avevo provato a togliermi la vita, senza risultato. Infine, una mattina, mi ero spenta.

- Esci con le tue gambe, o penseranno che sei malata. – Dice Tysil, gettandomi per terra e facendomi rialzare. Apro gli occhi e mi accorgo di essere di fronte ad una porta aperta, di fronte a me un piccolo palchetto in legno e poi una calca spaventosa di persone di tutte le razze e le età, urlanti e scalpitanti, pronti a comprarci, stuprarci, ucciderci.

Tysil mi spinge verso il palco e quando esco alla luce del sole ho l’istinto di chiudere gli occhi, ma non lo faccio.

Non vedo gente da mesi, e ho quasi la speranza di intravedere Ate o mio padre, pronti a rivendicarmi, in mezzo a tutti quei bruti.

Un uomo nel palco accanto a me mi lega una catena al collare magico che mi blocca i poteri, e mi trascina al centro del palco, dove cado in ginocchio.

- Ottanta denari per questa poetessa! – Sbraita e sei uomini urlando alzano le mani, le prime offerte sono state fatte. Inorridisco nel guardarli.

- Novanta denari! – Sbraita ancora, e stavolta tre uomini alzano le mani.

Sono sicura di avere uno sguardo spento e senza emozione, voglio piangere e disperarmi, voglio morire.

- Mille denari ed è mia! – Urla un ragazzo tra le prime file, lo guardo attentamente e mi accorgo che è di pelle abbastanza chiara, con occhi verde scuro che mi ricordano quelli di Ate, lineamenti abbastanza dolci, labbra carnose e corporatura normale, con muscoli accennati.

Lo schiavista accanto a me strabuzza gli occhi.

- Sei una miniera d’oro, puttana. – Mi dice e alza un piede per darmi un calcio ridendo. Improvvisamente il ragazzo salta sul palco e in men che non si dica  gli punta un pugnale alla gola.

- Non toccarla, è mia adesso, schifoso. – Dice, mentre il soldato indietreggia sconvolto. Il ragazzo gli tira un sacchetto addosso, che aprendosi rivela molti soldi che riconosco come più di ottocento denari.

- Fatteli bastare, rognoso. – Dice, sciogliendomi dalla catena e prendendomi su una spalla, come era solito fare Tysil.

Mi aggrappo alle sue spalle, stringendomi il più possibile al suo corpo imperlato di sudore a causa del sole. Sarà pure un maledetto, ma almeno mi ha portato via da quella prigione e gli sarò grata per sempre.

 

  
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