Era stata una sua idea quella di trarli in salvo dalle fiamme?
Curioso come la risposta a quella domanda, qualunque fosse, aveva il
potere di spaventarlo più, o quasi, del pensiero di quello che
sarebbe stato di lui se non fossero tornati indietro a prenderlo.
Quando ormai stava per accettare il suo destino ecco Potter volargli
accanto, afferrare la sua mano, fu una questione di secondo e si
ritrovò salvo.
Si sollevò da terra, nella posizione in cui era rimasto da quando
avevano atterrato, cercando di ricomporre inutilmente le sue
priorità: ormai niente aveva più senso, neppure l'estremo
attaccamento alle sue radici fu in grado di riporlo al punto di
partenza, e il perché gli stava davanti agli occhi.
Tutto quanto è fermo
a te,
tanto
il resto cambia.
Vivrò ma non vivrò mai.
Il resto poteva cambiare, Hermione no. Da quando era entrata in lui, con fatica e mille resistenze, aveva preso un posto che non avrebbe più lasciato.
* * *
Era
facile farsi prendere dallo sconforto, non gliene faceva una colpa:
non sapeva quando esattamente aveva iniziato a rassegnarsi sul fatto
che non sarebbero mai usciti di lì, o almeno, quando facendo qualche
calcolo aveva intravvisto in quella possibilità una scappatoia.
Nessun compito da portare a termine, nessuna spada sulla fronte sua e
della sua famiglia: era una pazzia, forse, essere sollevati di
rimanere intrappolati a vita in una foresta, con l'unico incessante e
ridondante obiettivo quello di uscirne, eppure era ben più da pazzi
il sentirsi salvi tornando in quel mondo, dove era solo una questione
di inerzie il fatto che potesse venire ucciso o meno.
Non solo non
esisteva un no, tra gli eletti a cui era possibile sedere allo stesso
tavolo del signore oscuro, ma non esisteva nemmeno essere meno che
onorati per ogni sentenza di morte che veniva loro rivolta.
Hermione,
però, aveva qualcuno da cui tornare, una guerra sua da combattere,
amici fraterni e affetti che l'aspettavano e senza i quali la sua
vita non era definibile completa.
Così
più i giorni passavano e più i loro equilibri mutavano, dallo
sconforto alla resistenza, dalla speranza all'inerzia.
-come
poi essere così?- gli domandò una mattina, particolarmente
nervosa
-così come?- rispose lui, stupito dal dialogo fuori
programma.
Hermione inspirò,
-così rassegnato, così
menefreghista. Non ti importa più uscire di qua, sei sempre più
indolente- lo rimproverò, seccata dal ghigno che gli comparve sulle
labbra
-ho accettato questa condizione, continuare in eterno ad
aggrapparmi all'idea che prima o poi usciremo di qui è una follia,
mi aspettavo di meglio da te Granger, pensavo che tu fossi più
razionale, dato che te ne vanti tanto
-c'è
differenza tra l'essere razionali e essere cinici e stretti di
vedute
-inizi ad essere ridicola- la fulminò Draco. Ogni giorno
continuava ad alzarsi e a camminare, non poteva almeno essergliene
grata in silenzio? -è chiaro che continuare così non ci porterà da
nessuna parte: non una pendenza, non una montagna da quando siamo
partiti: solo alberi, tutti uguali. Chi ci dice che non stiamo
girando in tondo?
-mi oriento con il sole- precisò lei
-e
se fosse un'illusione? Non ci hai mai pensato, eh? Ovvio che no,
inizio a credere che in fondo non vali poi tanto, come dici tu.
Dovremmo cambiare strategia, visto che la tua
non porta da nessuna parte, e iniziare a prendere in
considerazione che forse non usciremo mai di qui.
Hermione
stringeva la mascella, arrabbiata
-hai
qualche proposta?- lo provocò, facendo una smorfia al suo silenzio
-come immaginavo. Sei impossibile Malfoy, se sei tanto convinto che
ho torto nessuno ti obbliga a seguirmi, stattene pure qui.
-credo
che lo farò- ribatté lui sprezzante, sedendosi su una radice.
Hermione ricominciò a camminare, senza curarsi di essere
seguita.
Quando la rabbia per la discussione si era
affievolita era sopraggiunta una spiacevole sensazione di colpa, che
riattizzò il nervosismo: in fondo non era certo colpa sua se lei se
ne era andata, non l'aveva cacciata. Bestie selvatiche non si erano
mai avvicinate, e in evenienza la Sanguesporco aveva la bacchetta,
fatti suoi se si fosse trovata in difficoltà.
Evitò di
pensare a cosa avrebbe fatto lui: non aveva tanto senso farlo. Forse
provare a ripetere qualche incantesimo che secondo lei non avrebbero
avuto successo, dato che avevano scoperto che la potenza delle loro
bacchette era molto limitata all'interno di quella foresta.
Strano
come, pur essendo che Hermione si era allontanata di sua spontanea
volontà, a lui spettava il senso di colpa.
Probabilmente lei ora
era sollevata dall'essersi levata quel peso dalle spalle, in quanto
se non in rare occasioni quello le aveva sempre dimostrato di essere,
ma lui sentiva di averla tradita, lasciando che si allontanasse sola.
E se davvero non fossero mai usciti di lì? Che senso aveva stare
separati?
Non riusciva a concentrarsi, così sebbene fosse ormai
notte si incamminò alla cieca nella direzione in cui l'aveva vista
scomparire, nonostante poteva sentire la sua ferita pulsare
nuovamente. Fu quando bevve la pozione che realizzò che Hermione
l'aveva stupidamente lasciata a lui, e aumentò il passo mosso da una
nuova urgenza: se le fosse successo qualcosa niente gli avrebbe
impedito di odiarla, e di odiarsi.
Aveva camminato per ore, senza
sosta, senza porsi il dubbio che la direzione fosse giusta;
la
trovò riversa al suolo in posizione innaturale, e mentre le corse
accanto sperò istintivamente che fosse un'allucinazione del buio.
La
ferita sulla fronte perdeva sangue, come se fosse appena stata
inferta, e le membra erano gelide, come se non vi fosse più vita a
scaldarle.
Le tastò il polso, la giugulare, sollevato di
percepire un debole battito, poi direttamente dalla bisaccia le versò
in bocca una generosa dose di pozione, mentre lanciava incantesimi
per rianimarla.
Il pensiero di averla persa gli aprì uno
sconosciuto squarcio nell'anima.
La tenne tra le braccia,
scaldandola con il suo stesso calore, mentre febbrilmente cercava sul
suo viso segni di miglioramento.
La palpebra tremò un paio di
volte, prima di socchiudersi.
-ce ne hai messo di tempo, -
sussurrò Hermione. Come se non avesse avuto dubbi sul fatto che lui
l'avrebbe raggiunta.
Sollevato dal suo risveglio Draco continuò
ad osservarla, cercando un'ombra di vitalità nello sguardo, spiando
la ferita da cui il sangue non usciva quasi più, controllando il
pallore del suo viso, senza soffermarsi sul distacco che avrebbe
dovuto dimostrare.
-chi ti diceva che sarei tornato da te?
Come
se non fosse stata lei ad allontanarsi, ma lui a staccarsi, rimanendo
fermo. Come in effetti era stato.
-ti aspettavo, non avevo dubbi.
Non sei tutto ciò che vuoi farmi vedere, c'è dell'altro in
te.
-come puoi dirlo?
Hermione tossì,
-a volte ti
dimentichi di dimostrarmi che sei stronzo. Come adesso, per
esempio.
La stava tenendo ancora tra le braccia, nonostante lei si
fosse svegliata ed apparentemente il pericolo fosse passato; ma era
naturale farlo, innaturale riadagiarla a terra e spostarsi.
-dormi ora.
Le consigliò, sperando quasi che
il buio nascondesse il ghigno benevolo, sorriso, che brevemente gli
aveva dipinto il volto.
Appoggiò la testa all'indietro, contro un
albero, e si assopì anche lui.
La prima cosa di cui si
accorse nell'incoscienza fu che per la prima volta, dopo tantissimo
tempo, il dolore era cessato, scomparso totalmente.
La seconda
cosa fu la sensazione di asciutto, che da tempo non provava. Un lieve
tepore, in confronto al gelo a cui ormai si era abituato.
Tra le
sue braccia ancora Hermione, ma i movimenti del suo respiro erano più
regolari, e la sua mano, che nel sonno si era intrecciata alla sua,
era calda.
Aprì gli occhi, buio pesto ma diverso da quello della
foresta. L'aria era come viziata, e non appena provò a muoversi
sentì il gomito sbattere contro qualcosa di duro, e realizzò che
sotto di sé non stava la radice su cui si era addormentato, ma una
superficie liscia e uniforme.
-che succede?- la voce di Hermione
era insonnolita, ma chiara e ferma.
Per provare il suo dubbio
Draco allungò una mano, alla cieca, e fece forza contro la parete:
l'anta dell'armadio si aprì, cigolando, la luce che filtrò
dall'esterno lo accecò per qualche breve istante ma, una volta
abituatosi, riconobbe la Stanza delle Necessità. Erano a
Hogwarts.
Lei si sollevò rapida, nel momento stesso in cui lui
d'istinto cercava di scansarsela di dosso, e uscirono al di fuori
dall'armadio.
Erano tornati o non si erano mai mossi?
Evitò di
incrociare lo sguardo di lei, allontanandosi svelto, scappando dallo
strano abbraccio in cui si erano svegliati, e lasciando la Stanza
delle Necessità in silenzio.
Raggiunse il suo dormitorio, a occhio e croce
Hogwarts era immersa nel sonno, non incontrò nessuno.
La stanza
era esattamente come l'aveva lasciata, i suoi compagni che russavano,
il suo letto che lo aspettava.
Mentre si spogliava sentì qualcosa
di strano, la camicia gli era appiccicata alla pelle, dubbioso la
strappò via per poi osservarla nella penombra. Sangue.
Erano
tornati.
Era stremato, nemmeno quella scoperta gli impedì di
addormentarsi di sasso non appena toccò per la prima volta dopo tanto tempo il suo
materasso.
Il giorno dopo capì che nessuno si era accorto
della loro assenza, perché per tutti quello che a lui erano parsi
mesi erano solo pochi attimi: per qualche strano motivo l'armadio
aveva fermato il tempo al di fuori di sé, mentre la prova
inconfutabile che per lui il tempo era passato anche fisicamente era
nei suoi capelli, più lunghi dell'ultima volta che aveva avuto il
piacere di guardarsi a uno specchio. Se li tagliò immediatamente,
prima che qualcuno potesse accorgersene, e approfittò di quella
domenica mattina per vagare indisturbato nel castello, svuotandosi la
mente.
Il chiosco a quell'ora era deserto, probabilmente i pochi
studenti svegli erano a fare colazione, ma mentre lo attraversava una
sagoma solitaria gli bruciò la vista.
Hermione era di fronte a
lui, si girò lentamente come se stesse aspettandolo, impedendogli la
fuga indisturbata.
Gli si avvicinò, inesorabile, e poté osservare come
anche sul suo viso, ora pulito, non c'era più traccia della
ferita.
-non è stato un sogno- gli comunicò, come volendolo
convincere.
-non capisco di cosa stai parlando- borbottò lui. Il
volto pallido ed emaciato, come lo aveva visto diventare in quei
mesi di sacrifici, era in contrasto con i capelli per una volta
puliti, l'uniforme nuova. Era lo scontro tra quello che era successo
e quello che ora era, la prova che le due cose coesistevano.
Quando
gli fu accanto Hermione gli sorrise, debolmente,
-grazie- gli
disse. Istintivamente le mani dei due ragazzi si ritrovarono, complici. -sei
tornato.
Ricordò.
Il ricordo di quello che qualche ora prima
era stato si fuse nel presente, come se fossero ancora nella foresta
e non più ad Hogwarts, e Draco tornò a spogliarsi della sua
maschera come aveva fatto quando l'aveva trovata.
Il rimorso per
il fatto che era stato colpevole con la sua testardaggine
dell'aggravarsi delle condizioni di Hermione lo colpì nuovamente,
-perché
hai lasciato la pozione a me?- la rimproverò.
Lei sollevò le
spalle, come incurante
-te l'ho detto: sapevo saresti arrivato. Ti
conosco -gli rivelò. Meglio di chiunque altro, sottintese, perché
con lei era impercettibilmente eppure decisamente cambiato.
Draco
le si avvicinò ulteriormente
-sei
stata stupida, avresti potuto morire- le fece notare.
Il suo
sguardo gli trasmetteva una strana complicità
-non
l'ho fatto. Tu sei
tornato, mi hai salvato
-cosa
volevi dimostrarmi?- disse, quasi irritato.
-che mi fido di te,
nonostante tutto.
La sua mano si mosse come se non gli
appartenesse, posandosi sulla guancia di Hermione e tirandola a sé,
mentre incontrando le sue labbra le spiegava, senza conoscerne le
parole, perché.
* * *
Potter e Weasley erano già lontani, Lei, Hermione, era
rimasta come paralizzata, di fronte a lui.
Draco, seduto sul davanzale, sollevò lo sguardo, e per la prima volta dopo tanto tempo, le
parlò
-siamo pari ora, questa volta sei stata tu a tornare a salvarmi -
osservò, quasi ironico.
-non saremo mai pari- lo corresse.
Continuò a osservarlo a lungo, in silenzio, poi sospirò -tu mi hai
lasciata
Inutile negare, era vero.
Mille volte scoprirò
Che non mi innamoro,
ma tu questo già lo
sai.
Ma lo aveva fatto perché era l'unica cosa che poteva fare: non
poteva trascinarla nel suo vortice di distruzione, non poteva
condannarla a sopportare in silenzio; e non poteva evitare il suo
destino, sottrarsi al compito che gli era stato affidato, condannare
a morte la sua famiglia.
Le rivelò
-il tuo amore era abbastanza per salvare me, non credere che sia il
contrario. Ma non potevi salvare anche i miei genitori, loro non lo
avrebbero accettato: era compito mio farlo, svolgendo il compito per cui ero stato scelto
La confessione gli era costata fatica, ma che senso avrebbe avuto
mentirle? La vide ascoltarlo, come se le sue parole scalfissero una
nuova ferita nel suo cuore notò che un velo di tristezza, rimpianto
forse, le aveva coperto lo sguardo.
-che cosa è cambiato ora?
Non si stupì che avesse già indovinato il cambiamento che era
appena avvenuto in lui, Lei era Hermione in fondo.
Si sollevò, allontanandosi per non metterla in difficoltà
e evitando che si sentisse costretta a rispondergli
-alla fine, dopotutto, sei più importante tu
nda Ecco un nuovo capitolo, questa volta "canonico". Sia il passato che il presente stanno volgendo al termine, grazie per le recensioni che mi avete lasciato, spero che ancora una volta mi facciate sapere cosa ne pensate ;-) e alla prossima!