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Autore: Aout    03/03/2012    2 recensioni
(rating aggiornato)
In una delle stanze al primo piano di una casa tutta bianca, sul limitare della foresta, si trova un piccolo quadro.
È una cornice anonima dalle tinte scure, che, ad un occhio disattento, non dice nulla.
Ma, dietro la mano di un pittore inesperto, si nascondono ricordi di tempi passati, tanto sfocati da essere stati quasi dimenticati.
È la Londra del 1663.
Siamo nello studio di Carlisle Cullen, la cui vita, per episodi, ci spiega come si diventa un bravo vampiro.
Spero recensirete.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Carlisle Cullen, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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09/06/1640
Nacque in una casa di campagna del Surrey. Quando la madre, col suo ultimo respiro, lo affidò alle cure famigliari, si prospettava per lui nulla più che una vita consona ai tempi, breve e faticosa, ma, se non altro, felice.
Ma il destino aveva ben altro in mente per quel nuovo nato, venuto al mondo in una calda notte di giugno.
Fu chiamato Carlisle, come il nonno, Lord Cancelliere all’epoca della tanto amata Regina Vergine, ultimo ricordo della passata prosperità della famiglia Bradshaw. Forse il corso degli eventi avrebbe preso una piega diversa se quel giorno fosse stato presente il padre, forse, non solo avremmo dovuto chiamare il nostro protagonista con un nome diverso, ma non avremmo nemmeno una storia da raccontare. Fatto sta che lui, quella mattina, non c’era.
Quindi gli anni passarono e Carlisle crebbe e divenne un bambino vivace ed allegro che con due grandi occhi azzurri comunicava a tutti la sua spiccata intelligenza e curiosità. Viveva spensierato in quella piccola villa, accudito dai domestici e dalla zia Ruth, così la chiamava lui, una donna imponente con lunghi capelli biondi e ricci che tutte le sere gli leggeva le fiabe prima che andasse a dormire. Ogni mattina si alzava presto e occupava la giornata ad esplorare i campi di grano, a pescare trote dorate nel piccolo fiumiciattolo, ad ascoltare i canti dei fringuelli tra le fronde degli alberi.
Così fino al compimento del suo settimo anno d’età, quando tutto cambiò.


09/06/1647
Quel giorno le ore erano passate lieti e felici ed il festeggiamento si era concluso presto. La cuoca aveva preparato una torta dolce, col miele e lo zenzero, mentre Luke, il tuttofare che soleva venire ogni tanto alla proprietà per guadagnarsi qualcosa, gli aveva suonato al flauto una melodia svelta e altalenante che ancora Carlisle canticchiava sottovoce.
Era seduto sul morbido tappeto di lana davanti al camino acceso, necessario per quell’inaspettata estate fredda, e osservava rapito le fiamme scarlatte mentre sognava ad occhi aperti le guerre e gli amori della storia che Ann, la nuova governante, gli stava raccontando.
- E così Lancillotto, spinto dalla sua ardente passione, si lanciò nella battaglia e, sfoderando la spada, cominciò a fare strage dei nemici…- stava dicendo lei concitata, seduta su di una logora poltrona rossa, mentre riappuntava un bottone di una vecchia giacca.
-Cosa vuol dire “fare strage”?- la interruppe lui, come al solito incuriosito.
-Beh, vuol dire che li uccide- rispose lei, un po’ scocciata – comunque, Lancillotto stava…-
-E perché li uccide?- quelle non erano le prime domande che aveva posto da quando era cominciata la storia. Anzi, la povera ragazza aveva faticato a dire due frasi di seguito senza essere interrotta. Era arrivata da poco dalla città e non conosceva abbastanza Carlisle per averci fatto l’abitudine.
-Ma perché sono suoi nemici, è ovvio! Difendono il re malvagio che ha rapito la sua amata e lo ostacolano!- non rispondeva mai in modo così sgarbato, figuriamoci ad un bambino. Ma era ormai giunta al limite di sopportazione, confine che aveva solo da poco scoperto, proprio grazie a lui.
-E per questo deve per forza ucciderli? Ma se è il re in torto, non potrebbero discutere e allearsi per salvare Ginevra? Insomma, a che serve che muoiano se a loro della principessa non importa niente?- quando i suoi occhi zaffiro si accendevano così non c’era possibilità di vittoria, lo sapeva perfino lei.
-Dunque io…non credo che…- incredibile, si era fatta mettere in difficoltà da un bambino!
Come era arrivata a quel punto?
“Ti ho trovato un posto come governante” aveva detto sua madre “pagano bene e offrono il vitto e l’alloggio gratuiti per il personale” aveva aggiunto tutta allegra “è in campagna, in un posto bellissimo, poco a sud della Londra che ti piace tanto” Quasi una settimana in carrozza non erano poco! “e vedrai come ti troverai bene con il piccolo Carlisle, è un bambino così intelligente!” Ecco, appunto. Troppo intelligente. Parlava, parlava e lui lì, tutte le volte, a fissarla con quei due grandi occhi blu e con un sacco di domande a cui non sapeva rispondere…ne valeva davvero la pena?
-Forse è meglio che adesso tu vada a dormire. Vedi?- disse indicando l’orologio a pendolo che svettava sulla destra del camino- si è fatto tardi ed è ora che i bambini vadano sotto le coperte .-  già lo stava conducendo alle scale quando sentì un rumore dall’anticamera.
Un visitatore a quell’ora?
-Impossibile – una voce chiara e distinta giungeva dall’ingresso- Cosa…come…che ci fai qui?- una voce confusa e vagamente spaventata, la Signora Bradshaw.
-Sono qui per riprendermi ciò che ho lasciato. – un uomo. Un tono gutturale e grezzo, decisamente minaccioso.
Per un attimo incrociò lo sguardo di Carlisle.
-Rimani qui- gli disse e già si avvicinava alla porta del piccolo soggiorno. Piano la socchiuse e sbirciò oltre.
L’anticamera era poco illuminata e le due uniche fonti di luce erano l’una la candela nella mano della Signora Bradshaw, l’altra la lanterna dello straniero fermo sull’uscio. Era un uomo alto dai capelli castani e gli occhi chiari che, irati, cercavano insistentemente qualcosa oltre l’entrata.
Non appena si accorse che l’aveva vista chiuse la porta e tenne stretta la maniglia per impedirgli di entrare. Forse quella paura era in fondo ingiustificata, un bandito che, solo, si presenta in una villa nobiliare di campagna al calar della sera? Però poteva essere. Ma c’era dell’altro.
Quello sguardo acuto gli ricordava incredibilmente…si girò verso Carlisle che aveva lo sguardo fisso sullo stipite della porta. No, non aveva senso. Eppure…
-Lasciami passare Ruth, non ho intenzione di pazientare oltre. - la conversazione continuava e, presa dai suoi pensieri, si era evidentemente persa qualche battuta. Si conoscevano?
-Ma perché adesso Charles? Perché entrare nella sua vita dopo tutto questo tempo? Marie non avrebbe…-
-Marie vorrebbe che stesse col padre. – il suono diventava via via più forte. Si stava avvicinando.
-Come fai a dirlo?- ormai la voce della donna rasentava la disperazione- Mi chiedo se davvero la conoscessi. Nel momento in cui aveva più bisogno di te l’ hai abbandonata senza scrupolo! Lei e il suo bambino!-
- Ti sbagli, da quel giorno io…- sospirò afflitto- ma non posso avere rimpianti, era necessario…-
-Necessario? NECESSARIO? Ma come parli? Eri così un bravo giovane quando ti incontrammo per la prima volta. Ma sei cambiato. Ti guardo e non ti riconosco. -  la voce era rotta dal pianto.
Ann si accorse di qualcuno al suo fianco. Carlisle l’aveva raggiunta e teneva stretto tra le dita un lembo della sua gonna, quasi come un’ ancora di salvezza. Sul suo viso scendeva silenziosa una lacrima. Possibile che avesse capito tutto e fosse giunto alle sue stesse conclusioni? Sentì il forte istinto di avvicinarlo e prenderlo tra le braccia, di sussurragli che non c’era nulla di grave e non c’era bisogno di piangere. Ma stava immobile, legata da corde invisibili a quella maniglia che ancora stingeva.
-Zitta donna- era davanti a lei, lo sentiva così vicino. - non puoi impedirmi di vedere mio figlio!-
E la porta si aprì. Aveva forse involontariamente mollato la presa?
- Dov’è?- quell’uomo la sovrastava, era alto almeno tre spanne più di lei. Ma la fissava dritto negli occhi. E sì, lo sguardo era proprio lo stesso.
-Aspetta Charles. Io…non…-la voce giungeva dalle sue spalle.
Ma non prestò alcuna attenzione alla cognata, guardava il piccolo Carlisle, appena apparso davanti a lui. Aveva i suoi occhi, ma il naso piccolo, l’ovale del viso, perfino il portamento, era tutto la sua Marie.
Ebbe un attimo di smarrimento, ma si riprese subito.
- Carlisle, il mio nome è Charles Abraham Cullen, e sono tuo padre. -
Le sopracciglia del bambino si corrucciarono appena un po’ di più, dando al suo viso un’ aria molto adulta, ma non disse niente. E per un attimo infinito fu solo il silenzio.
-Preparate le sue cose, partiamo immediatamente. - disse allora l’uomo, senza smettere di studiare con lo sguardo il figlio.
-No, no aspetta ti prego. Non puoi portarcelo via così!- urlava la Signora Bradshaw. L’angoscia di perdere ciò che di più amava al mondo, l’unico ricordo della sorella, le impediva quasi di respirare.
-Ormai ho deciso. Vieni Carlisle. - il bambino continuava a non dire niente, ma ormai non piangeva più. Aveva un’espressione decisa e risoluta.
-Ma a me piace qui. – forse quella protesta uscì più debole di quanto volesse, solo un sussurro appena udibile.
In quel momento arrivò Luke che portava un piccolo bagaglio e delle coperte. Il padre prese tutto con un braccio solo, mentre con l’altra mano afferrava Carlisle, troppo sconcertato per opporsi.
-Non era una domanda. –

E così partirono, senza una spiegazione o anche solo una parola in più; mentre la vita prendeva un nuovo corso.
Ma non fu l’ultima volta che Ann e Carlisle si incontrarono.



Note: (augurandomi ardentemente che qualcuno si arrischi a leggerle)
Innanzitutto, Ann è un personaggio di mia invenzione che sarebbe saggio dipingere come frutto di attente riflessioni e ragionamenti, ma che, dicendo la verità, è nato come pretesto per descrivere la situazione dal punto di vista di un adulto piuttosto che di un bambino (cosa che trovo spaventosamente difficile), per poi crescere con una personalità tutta sua…(riguardo all’ultima frase, tranquilli, sono e rimango una grande sostenitrice della coppia Carlisle-Esme…)
Comunque non temete, il protagonista è e rimane il nostro caro e vecchio amico compassionevole! Che mi sono immaginata come un piccolo genietto rompiscatole, non chiedetemi il perché…
Le date sono deliberatamente arbitrarie, ho solo cercato di farle coincidere con quelle descritte nel libro, spero solo di non essermi sbagliata.
La storia raccontata è quella di Lancillotto che, incaricato da Artù, va a salvare la bella Ginevra che amerà follemente…boh, sono inglesi e quindi raccontano storie del ciclo bretone…punto.
Altro…no, ho finito le idee…
Allora arrivederci e a presto!
Aout
(un commentino piccolo piccolo?)
  
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