Cari lettori,
torno ad aggiornare dopo
otto mesi di silenzio. Me ne dispiace molto, anche se non ho potuto fare altro
visto che l’anno scolastico passato è stato molto impegnativo. Ho cominciato da
due settimane circa l’università e spero di avere più tempo per scrivere,
perché questa storia la voglio finire. Anche e soprattutto per rispetto di chi
l’ha apprezzata e l’ha recensita.
Non vi dico che
aggiornerò presto perché ogni volta che lo dico non riesco più a scrivere mezza
riga per scarsità di idee o mancanza di tempo. Quindi vi lascio con i
ringraziamenti a chi ha recensito il mio ultimo capitolo, un punto della
situazione (capisco che dopo tanto tempo qualcuno non si ricordi più le fila
della storia: anch’io l’ho dovuta rivedere! ^^) e con la speranza di riuscire a
farmi viva prima di altri otto mesi.
Un
abbraccio a tutti.
Un
grazie di cuore a VALE, che mi fa sempre troppi complimenti e alla quale
devo tutto questo. So che ti piace il triangolo Ted-Ginny-Harry e ti anticipo
che ne vedrai sempre di più, già da questo capitolo. Malfoy, beh, un cuore ce
l’ha anche lui, no? E Natasha… è la più umana. Spero che questo capitolo ti
piaccia, come spero che piaccia anche a MELISANNA, che mi ha fatto arrossire
quando ho letto i suoi complimenti. Ti ringrazio per aver detto che non ho
“tradito” lo spirito dei personaggi di Mamma Rowling, anche se con Ted mi sono
presa qualche libertà, che spero tu apprezzi. Sì, lo so che il citazionismo
all’inizio era un po’ esagerato, ma avevo diciassette anni ed ero convinta che
fosse una scelta vincente. In realtà era molto faticosa perché non riuscivo mai
a trovare una frase veramente giusta e spesso mi dovevo accontentare. Ti prego,
dimmi chi è Macha, allora: perché io l’ho trovato in un sito di mitologia
celtica (a dir la verità sono più ferrata nella mitologia greca! ^^)!! Grazie
ad entrambe. Spero che questo mio ultimo vi piacerà.
Riassunto: Draco
Malfoy è tornato in libertà dopo aver scontato sette anni ad Azkaban. Si
ritrova per la strada a combattere contro il freddo e la violenza di alcuni
ragazzacci. Subisce anche l’attacco da parte di un Vampiro e viene salvato
all’ultimo istante da un Auror, il quale altri non è che il suo vecchio
compagno di casata Theodore Nott. Ted, colto da un’improvvisa ispirazione, lo
invita ad arruolarsi tra gli Auror. Infatti, il Ministero sta avendo problemi a
gestire la violenza sempre crescente dei Vampiri e Ted crede che Malfoy possa
essere d’aiuto.
Dopo qualche esitazione,
Draco acconsente, ma solo se potrà riavere la possibilità di fare magie e la
sua casa. Benché le sue condizioni sembrino ad Harry e Ron decisamente
eccessive, il Colonnello Ligget dà il permesso a Nott di far addestrare Draco.
L’allenamento inizia, tra
battibecchi e male parole, ma si scopre in Malfoy una certa potenzialità; tanto
che verrà incaricato di seguire Ted ed Harry in una ronda notturna. Al ritorno
dalla sua prima “missione” ufficiale, il Colonnello Ligget lo informa della
morte dei suoi genitori e Draco, il giorno successivo, si reca ad Azkaban, dove
i due erano ancora rinchiusi.
Condotto a visitare la
loro cella, si accorge che lo stemma dipinto col sangue sulle pareti appartiene
ad un certo Vladimir Vladinsky, detto Vladek il Flagello. Costui è un ex-Mangiamorte,
dato in pasto ai Vampiri da Lucius Malfoy e trasformatosi in uno di loro.
Nel frattempo, Ted viene
attaccato dai Vampiri e la sua casa viene distrutta dall’incendio che quelle
creature hanno provocato. Quando Ron lo va a trovare in ospedale, gli propone
di trasferirsi per qualche tempo alla Tana. Riluttante, Ted accetta.
A causa della possibilità
che Vladek potrebbe cercare di vendicarsi su Draco e Ted poiché figli di
Mangiamorte, il Ministero decide di operare dei Fidelius sui due. Ginny si
offre di essere la Custode di Ted e lui rimane particolarmente colpito dal suo
gesto. I due si erano conosciuti durante l’allenamento di Malfoy e Nott aveva
subito dimostrato una certa simpatia per la giovane Weasley. Così Ted si
trasferisce alla Tana.
Purtroppo i Vampiri non
sono l’unico nemico di cui gli Auror si devono occupare: anche Hake Coleman,
ex-Auror, neo-proprietario della fabbrica di gelatine Tutti i Gusti + 1 e
aspirante alla poltrona di Ministro, dà loro del filo da torcere. I due agenti
sotto copertura che lo controllano hanno già scoperto che è un ricettatore di
sostanze stupefacenti, ma i suoi loschi piani non si fermano qui: infatti,
Coleman è in combutta con i Vampiri. Grazie ai discorsi di due uomini di
Coleman, una dei due agenti viene a sapere dell’attacco che stanno preparando
al Ministero e informa immediatamente il Colonnello.
I Vampiri attaccano e si
trovano sulla loro strada Hermione e Draco, rimasti in biblioteca per cercare
di scoprire qualche informazione sull’Anello di Matra, manufatto di magia nera
che Draco ritiene interessi a Vladek. I Vampiri cercano di rubare il libro nel
quale i due hanno trovato qualche nozione e così comincia un inseguimento che
pare senza speranze.
Fortunatamente,
Harry e Ron arrivano in tempo per salvarli, ma ciò non impedisce ai Vampiri di
prendere il libro, che però si rivelerà inutile per Vladek, il quale sta
cercando il Guardiano dell’ultima chiave per giungere all’agognato anello.
Uff… che faticaccia! ^^
Beh, ora basta con le premesse. Via con la storia!
Capitolo
dieci
La piccola sala riunioni
era riempita interamente dal brusio delle chiacchiere. Che si spensero
all’istante quando la porta in legno si aprì all’improvviso.
“Molto bene, signori: vedo che ci siamo tutti.” Il
Colonnello Ligget raggiunse il tavolo già gremito dei suoi capitani. “I motivi
di questa riunione sono due. Il primo riguarda l’attacco dei Vampiri al
Ministero: come sapete è stato Coleman a rivelare l’esistenza della Biblioteca
e che, nonostante l’intervento dei vostri colleghi,” lo sguardo si posò brevemente
su Harry e Ron, entrambi con facce contrite “i Vampiri sono riusciti a portare
via un libro. Fortunatamente per noi, sembra che l’ubicazione esatta
dell’anello non sia riportata sul libro, ma sia nascosta all’interno di un
discendente del druido che lo ha creato.”
Ligget si sedette. Prese un grosso respiro prima di
continuare. “Il secondo motivo riguarda Hank Coleman. Sembra che la sua
posizione in questa brutta situazione sia tutt’altro che marginale. Uno dei due
colleghi che sono sotto copertura presso di lui ci ha informati che questa
mattina, precisamente alle 3.37, Coleman ha affermato di aver dato il
nominativo di un addetto ai Fidelius ai Vampiri: l’uomo si chiama Angus
McWhirter.”
Harry fece un salto sulla sedia. “Colonnello!”
esclamò, pallido, interrompendo il superiore. “È lo stesso mago che si è
occupato dei Fidelius per Malfoy ed il capitano Nott!”
Ligget corrugò la fronte. “Questo complica ancora
di più le cose…” borbottò. Si alzò dalla sedia appoggiando le mani sul tavolo.
“Potter, tu e la signorina Weasley non dovete uscire per nessuna ragione per le
prossime quarantott’ore. È un ordine.” aggiunse, vedendo che Harry aveva aperto
la bocca per discutere. “Ho mandato il tenente Morgan a cercare di portare via
McWhirter prima che lo facciano i Vampiri. Spero solo che faccia in tempo…”
mormorò, guardando Ron Weasley stringere i pugni, angosciato più che mai.
*
L’appartamento di McWhirter si trovava in un
quartiere fatiscente della periferia londinese.
Bruce si guardò intorno, circospetto. Ma, a parte
qualche bambino che giocava a calcio nel piccolo cortile impolverato, non c’era
anima viva nei dintorni.
Esaminò il citofono della casa popolare e, trovando
nome e cognome dell’Addetto, bisbigliò un “Alohomora”, avendo cura di non far notare la bacchetta
sotto il pesante cappotto babbano.
Diede un’occhiata
all’ascensore e le sue condizioni lo convinsero ad optare per le scale. Un po’
di moto non ha mai ucciso nessuno, si disse.
Dopo la quinta rampa
decise che avrebbe dovuto mettersi a dieta.
Finalmente, con un po’
di fiatone, giunse alla meta. Il pianerottolo del quarto piano presentava tre
porte e quella dell’Addetto si rivelò essere quella a destra. Bruce bussò.
“Angus McWhirter?” lo
chiamò. Nessuna risposta. Provò a suonare il campanello. Ancora una volta non
venne nessuno ad aprire.
Questa volta tirò fuori
la bacchetta. Bastò un comune Incantesimo di Apertura.
Bruce corrucciò le
sopracciglia. E dov’erano finiti tutti gli incantesimi di Protezione che il
Ministero aveva consigliato di adottare? Non poteva credere che proprio un
dipendente ministeriale se ne fosse dimenticato, mettendo a repentaglio la
propria incolumità.
Doveva essere successo
qualcosa. Forse era troppo tardi.
“Angus? Non aver paura:
sono Bruce Morgan.” disse, entrando. “Angus? Ci sei?” L’appartamento era buio e
non riusciva a vedere ad un palmo dal naso. “Lumos!” Ciò che si
presentò ai suoi occhi fu un completo sfacelo. I mobili erano rivoltati, le
lampade in pezzi, i cuscini squarciati: il combattimento doveva essere stato piuttosto
acceso.
I muri bianchi recavano
ancora segni di bruciature dovute ad incantesimi. Sfiorandole con le dita,
Bruce seguì le tracce fino a trovare…
“Sì, è sangue. Il tuo
amichetto del Ministero si è difeso abbastanza bene, ma poi si è dovuto
arrendere.” Bruce si voltò di scatto, cercando il volto di chi stava parlando.
Dalle ombre comparve Slen. “Un vero peccato per te, vero Joe? O forse dovrei
chiamarti, tenente Morgan?”
Bruce deglutì,
sentendogli il gelo vischioso della paura penetrargli le ossa. Fece per alzare
la bacchetta, ma quella gli fuggì dalle dita prima ancora che avesse il tempo
di formulare un qualsiasi incantesimo. Non gli rimase che fissare paralizzato
l’indice di Slen che si muoveva ritmicamente a destra e a sinistra.
“No, no, no, Bruce:
niente incantesimi disperati.” ridacchiò Slen. “Sai benissimo che non
funzionerebbero…”
*
“Ecco a lei, signorina.”
La commessa le porse il pacchettino.
Con un cenno del capo
accettò il regalo impacchettato e lo mise in borsa. Uscì dal negozio addobbato a
festa e cercò di concentrarsi sui vestiti in mostra nelle vetrine dirimpetto a
lei.
Niente.
La mente rimaneva
focalizzata unicamente sul contenuto del pacchetto. Sospirò, sconfitta. Lo tirò
nuovamente fuori dalla borsa.
Se lo rigirò tra le
mani, rosa dai dubbi. Aveva fatto bene a prenderlo? Beh, sì, certamente: era
Natale. Quello era un semplice regalo natalizio.
O no?
Insomma, che significato
aveva per lei? E per lui, che significato avrebbe avuto?
Fu tentata di riportarlo
indietro, colta da un’improvvisa codardia che non le era solita.
“Ehi, Ginny!”
Quell’esclamazione le
impedì di entrare nuovamente nel negozio da dove era appena uscita. Si girò per
rintracciare il suo interlocutore. “Karen, chi si rivede!” esclamò a sua volta,
una volta riconosciuta la donna bionda che si stava avvicinando di gran
carriera.
Quella le prese le mani
coperte dai guanti. “È una vita che non ho tue notizie! Come va?”
“Tutto bene.” rispose.
“Tu?” In realtà non aveva molto da dirle.
“Benissimo, grazie!”
ribatté Karen, radiosa. Si sfilò il guanto e le mostrò l’anulare con gioia.
“Sam ed io ci siamo fidanzati!” la informò con gli occhi brillanti.
Doveva farle piacere.
Eppure si sentiva come vuota. “Sono… contenta per voi.” riuscì a dire,
addirittura sorridendole.
Karen annuì vivacemente.
“A febbraio ci sposiamo!” proferì in brodo di giuggiole. “Sai, con un bimbo in
arrivo…” aggiunse, carezzandosi il ventre con tenerezza.
“Oh.” Ginny rimase un
attimo incantata. Poi si riscosse. “Oh, ma che bello! Immagino sarai al settimo
cielo!” esclamò, ormai contagiata da quella conversazione felice.
“Beh, sì,” ammise
l’altra “a parte la nausea, direi che è tutto quello che ho sempre desiderato.”
Gli occhi le caddero sul pacchettino di Ginny. “Oh, perdonami, sono sempre qui
a parlare di me. Ma tu che mi racconti? Il regalo è per Kyle?” chiese,
ammiccando in quella direzione.
Ginny abbassò gli occhi
sul pacchetto. Si morse il labbro inferiore, prima di affrontare nuovamente lo
sguardo curioso ed eccitato di Karen. Riuscì a fare una smorfia, che con molta
immaginazione poteva essere un sorriso. “Oh, no. Io e Kyle ci siamo lasciati
mesi fa.” la informò con voce che sperò essere distaccata.
“Oddio, tesoro, mi
dispiace…” commentò Karen, fissandole addosso due occhi falsamente tristi.
Rimase in silenzio due secondi. “Ma allora per chi è?” domandò, non riuscendo a
frenare la curiosità. “Ah, no, aspetta: fammi indovinare. È per lui, vero? Per
Harry?” chiese, con la voce fremente per l’ansia di sapere.
“Beh, veramente…”
“No, non dire altro. Hai
ragione: sono fatti tuoi.”
“No, non è per quello…”
Karen sventolò una mano
facendole cenno di tacere. “Ah, non preoccuparti: il tuo segreto è al sicuro
con me!” la rassicurò, facendole l’occhiolino. In quel momento l’orologio di
Diagon Alley batté le sei. “Oddio, non mi ero resa conto che fosse così tardi!
Ginny devo proprio scappare: Sam mi aspetta per la cena dai suoi.” Si sporse in
avanti per baciarla sulle guance. “Mi ha fatto così piacere rivederti! Perché
non usciamo insieme uno di questi giorni?” le propose.
Ginny sembrò un po’
imbarazzata. “Beh, sai, il Natale in famiglia è tradizione e quest’anno abbiamo
parecchi ospiti… Ci sono tante cose da preparare…”
Karen alzò le spalle.
“Non ti preoccupare: prima o poi troveremo un giorno! Allora, ciao!” la salutò
voltandole le spalle. Cominciò a camminare in tutta fretta, facendo risuonare i
tacchi contro l’asfalto. Come aveva potuto dimenticare che quella sera aveva
una cena con i futuri suoceri?! Cielo, da quando aveva scoperto di essere
incinta aveva la testa tra le nuvole! Allora, doveva portare i pasticcini dai
genitori di Sam e decidere cosa fare per le bomboniere… Si fermò
all’improvviso, sorridendo alla sua sbadataggine. Aveva dimenticato di
invitarla. Si girò. “Ginny ti andrebbe di…!” La voce le si spezzò in gola di
fronte a quello che stava accadendo.
Due energumeni avevano
avvicinato Ginny ed ora la stavano trascinando via con loro, nonostante le sue
vivaci proteste.
Karen si riscosse da
quello stato di paralisi ed si affrettò a fare qualche passo nella loro direzione.
“Aiuto! Aiutatela!” gridò, attirando l’attenzione dei commercianti, ma anche
dei due uomini. Uno di loro le piantò gli occhi rosso sangue dritti in viso e
si lasciò andare ad una specie di ruggito. Poi guardò il compagno e si
Smaterializzarono, portandosi via anche Ginny, che si divincolava tra le loro
braccia.
Karen raggiunse il punto
dove si erano Smaterializzati, fermandovisi ansante, mentre i negozianti
cominciavano a vociare spaventati. Si chinò a raccogliere qualcosa di colorato
sull’asfalto scuro e freddo della sera.
Era un regalo. “Ginny…”
mormorò sconvolta.
*
“È in ritardo…” Arden Aylmer commentò a bassa voce,
ma lei lo sentì lo stesso. Rabbrividì. Non sapeva perché, ma aveva un brutto presentimento.
Cercò di calmarsi: dopotutto, aveva brutti presentimenti da quando aveva
cominciato questa missione.
Eppure non era da Bruce
ritardare di un’ora e mezza all’appuntamento… Forse gli era successo qualcosa…
No.
Non era successo niente.
Solo un contrattempo, si disse.
Cominciò a mangiucchiarsi
l’unghia del pollice. Non era nervosa. Assolutamente.
Sobbalzò visibilmente
quando Arden si alzò dalla sedia. Lui la guardò stranito e lei cercò di
sorridere.
“Stai bene?” le chiese
avvicinandosi. “Sei pallida…”
“Sono solo un po’
stanca.” Si passò una mano sugli occhi. “Ieri sono stata in piedi tutta la
notte…”
“Vatti a sciacquare la
faccia con un po’ d’acqua fredda.” le propose Arden. Quando la vide adocchiare
il Ricevitore, le mise una mano sulla spalla. “Lo controllo io.” la rassicurò.
“D’accordo…” concesse,
alzandosi dal letto e andando verso il piccolo e malandato bagno della stanza,
che fungeva momentaneamente da quartier generale. La luce al neon le illuminò
impietosamente il viso pallido e stremato. Si toccò le guance, stentando a
riconoscersi.
Sfiorò le occhiaie scure
con la punta delle dita e poi si tirò la pelle del viso con i palmi delle mani.
Decisamente quella missione non le stava giovando… Se va avanti così mi
ritroverò vecchia e decrepita ancor prima di aver compiuto ventidue anni!, si
lamentò nella sua mente, schiaffeggiandosi leggermente il viso per ridargli un
po’ di colore.
Aprì il rubinetto
dell’acqua fredda, ascoltando con un po’ di apprensione l’inquietante rumore
che fecero i tubi prima di sputacchiare un rivoletto di liquido non proprio
trasparente.
Aww, pensò schifata. Puntò la bacchetta verso il
rubinetto e mormorò un incantesimo. L’acqua divenne trasparente. Borbottando
improperi sulla tirchieria del Ministero, si spruzzò un po’ d’acqua sul viso,
traendone immediatamente beneficio. Proprio mentre si stava asciugando, udì lo
squillo e la voce di Arden. Sospirò di sollievo. Bruce stava bene.
“Cosa vuoi in cambio?” sentì Arden chiedere con
voce dura.
Corrucciò le sopracciglia. Ma che stava succedendo?
Uscì dal bagno, giusto in tempo per vedere un lampo della faccia di Slen. Il
panico le strizzò lo stomaco. “Perché c’era Slen al Ricevitore?” domandò
tremante.
La Sentinella richiuse il Ricevitore e si girò
verso di lei lentamente. Il suo viso era pallido e contraeva nervosamente la
mascella. “Lo hanno preso.”
“Che cosa?” La sua voce era più acuta del normale.
“Hanno scoperto chi è ed ora è il loro ostaggio.”
spiegò con calma apparente Arden.
“Che cosa?!” ripeté, sentendo il gelo infiltrarsi
nelle ossa.
“E dicono che lo libereranno solo se consegneremo
il Colonnello Ligget…”
*
Due crack a breve
distanza l’uno dall’altro si riverberarono nel salotto di casa Weasley.
“Ginny!”
“Dov’è Ginny?”
“Dov’è mia sorella?”
Un verso strozzato
interruppe le domande ansiose.
“Mamma? Che hai?”
Molly Weasley si girò
verso i due ragazzi. Tirò su col naso. “Oh, Ron!” esclamò con voce rotta dal
pianto, prima di scoppiare in singhiozzi disperati.
*
Ted li sentiva. E ogni singhiozzo della Signora Weasley
erano un pugno nello stomaco. Chiuse gli occhi e tentò di calmarsi, di pensare
a cosa fare, a dove nascondersi.
La sua mente gli urlava
di andarsene da quella casa, da quella contea, forse addirittura
dall’Inghilterra. Di mettersi in salvo. Di scomparire nel nulla come se non
fosse mai esistito.
Ma non poteva.
Non poteva.
Aprì gli occhi e si
diresse a passi decisi verso lo scrittoio. Carta e penna. Un biglietto.
Perdonatemi. È colpa mia.
Sono io. Ted.
Poche parole, che sperava
avrebbero capito.
Quel ramo, che la notte
toccava il vetro della finestra, gli sarebbe servito per sgattaiolare via senza
essere visto e, soprattutto, fermato.
Un bel respiro profondo.
Scese a terra,
appigliandosi alla corteccia rugosa dell’albero. Diede un’ultima occhiata alla
Tana. La sua mascella si contrasse, quando digrignò i denti al pensiero che
forse non l’avrebbe più vista.
Colse un movimento fugace
di una testa nera che andava in cucina. Harry. Probabilmente andato a fare un
the alla Signora Weasley.
Perdonatemi, pensò, prima
di voltarsi ed incamminarsi verso il bosco.
Quando vi arrivò, era già
buio e faceva freddo. La selva era piena dei versi degli animali ed ogni ombra
sembrava allungarsi affamata verso di lui.
Il cuore gli batteva forte nel petto e tentò di calmarsi, ma la sensazione di avere occhi addosso che lo seguivano ad ogni passo lo agitava. Finché non decise.
“So che sei qui. Fatti
vedere!” gridò, apparentemente alle ombre e alle chiazze di luna.
Poi un’ombra si mosse e
dalle tenebre uscì un uomo in nero. “Signor Nott. Finalmente si è deciso a
venire allo scoperto…” disse e Ted colse un brillio di denti. “È molto che
l’attendiamo.”
Ted si irrigidì e strinse
i pugni. “Dov’è la ragazza?”
“Chi? La signorina
Weasley? Oh, è con noi.”
“Voglio che torni a
casa.” dichiarò Ted con voce dura.
L’uomo rise una risata
vuota. “Non credo che lei sia nelle condizioni di dettar legge. La ragazza
rimane nelle nostre mani finché lei non ci avrà condotti all’anello. Diciamo
che sarà merce di scambio: la ragazza in cambio dell’anello. Cosa gliene pare?”
gli chiese, prendendolo in giro.
“Maledetto!” ringhiò Ted.
L’uomo si avvicinò, fino
a prenderlo per un braccio. La luna gli illuminò brevemente il viso, sfregiato
da una lunga cicatrice scura. “Può chiamarmi Lyron, Guardiano…” disse un attimo
prima di Smaterializzare entrambi.