Fanfic su artisti musicali > Altri
Segui la storia  |       
Autore: vinythaira    04/03/2012    2 recensioni
"Il divo della musica si guardò intorno. Alzò una mano per coprire il volto dagli insistenti e invadenti raggi del sole. Sorrise, ricordando i titoli sul giornale della mattina: “Altro grande successo per il più grande genio del rock inglese”. Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia dietro di sé e socchiuse gli occhi. "
"Ma non era neanche questo ciò che amava, ciò che lo spingeva a salire sul palco ogni qualvolta gliene si presentasse l’occasione, a salutare la gente e a sgolarsi talmente tanto da ritenere ogni volta che le sue corde vocali si fossero consumate. Era qualcos’altro.
Era la sensazione di sentirsi un dio. La sensazione che gli dava il sapere che tutta quella gente era lì per lui. Che VOLEVANO lui. Lui e nessun’altro. E gli altri Police, certo, Stew e Andy. Ma era lui che la folla amava."
"Sting salì sul palco ridendo, scosse i capelli e guardò raggiante tutte le persone di fronte a lui.
Ah, era questo ciò che amava di essere un cantante."
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Synchronicity

1.De do do do De da da da

Il divo della musica si guardò intorno. Alzò una mano per coprire il volto dagli insistenti e invadenti raggi del sole. Sorrise, ricordando i titoli sul giornale della mattina: “Altro grande successo per il più grande genio del rock inglese”. Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia dietro di sé e socchiuse gli occhi. “Il più grande genio del rock inglese”. Oh, si, suonava bene! Il fatto, poi, che fosse perfettamente cosciente di non esserlo era un altro paio di maniche. Eppure qualcuno doveva ritenerlo tale, se era stato scritto sul giornale! E sentirsi chiamare così era sicuramente una bella sensazione. Sospirò allegramente, mentre si girava in bocca le parole appena lette come caramelle di un nettare meraviglioso. E certo un po’ di umana vanità non poteva che fargli bene. Non si era forse impegnato fino allo stremo per raggiungere quei livelli? E le sue non erano forse delle canzoni davvero poetiche e profonde? Appoggiò il gomito sul bracciolo della sedia e il volto al palmo della mano. Chiuse gli occhi e, mentre le familiari mille luci gli balenavano sotto le palpebre, si concentrò sul proprio corpo. Sapeva di avere un bel fisico (in fondo tutti quei “we love you! Please kiss me!” ai concerti non potevano essere un caso, no?) e un sex appeal niente male, in quel momento si concentrò sui muscoli guizzanti sotto la maglietta, la sensazione della stoffa sulla pelle, gli addominali perfettamente piatti e scolpiti e le gambe fasciate dai morbidi jeans. Un sorriso ironico gli apparse sulle labbra, mentre la sua mente cinica formulava una battuta abbastanza malevola sul suo narcisismo da strapazzo. Si prese distrattamente in giro mentre lasciava che il suo corpo si rilassasse con un sospiro soddisfatto e che la sua mente divagasse. Proprio in quel momento il telefono squillò. Il giovane mormorò un paio di bestemmie tra i denti, poi, senza neanche aprire gli occhi, allungò mollemente un braccio per sollevare la cornetta.
“Gordon, figlio di puttana” gli abbaiò nell’orecchio  il suo adorato batterista. Il famoso bassista sbuffò alzando gli occhi al cielo. “Hai letto cosa ha scritto il Times?”
L’interlocutore dall’altra parte del  filo interruppe il monologo dell’amico ”Stewart” ruggì “Quante. Volte. Te. L’ho. Detto. Di. Non. Chiamarmi. Gordon? Sai perfettamente quanto io odi quel’ accidenti di nome!”
Il sospiro di Stewart è teatralmente estenuato, quando mormora “Signorsì, signore! Ma accidenti, in fondo è quello il tuo nome! E’… è come se io decidessi di chiamarmi barbiegirls! Ti pare?”
“Se tu decidessi di chiamarti con questo nome da frocio mi starebbe più che bene!” Gordon si morse le labbra e restò in attesa della risposta dell’interlocutore
“Hmm… Si…” tentennò Copeland “Però… Farsi chiamare così persino da tua moglie! Non ti sembra di esagerare?”
“Copeland, non fare il coglione. Non me lo sono scelto io quel soprannome, ok? Ma ora che me l’hanno dato lasciami far chiamare così da chi mi pare, ok? E poi ti ricordo che ti chiami Stewart, e non hai niente, di cui lamentarti, per dio! Io mi chiamo GORDON!” l’accento del biondo su queste parole è quasi sarcastico.
Il batterista sbuffò, prima di mormorare uno sconfitto “Senti, come vuoi… comunque…” cercò il capo della conversazione per poi riprendere, più acceso di prima: “Hai letto sul giornale? ‘Il più grande genio blablabla..’ hey, e noi?” accusò il giovane musicista
“Stewart, scemo, è ovvio che nominano me ma siamo intesi tutti e tre!” Un paio di occhi verdi si alzarono al cielo
“Si, ma nell’articolo c’è solo il tuo nome, accidenti a te!” si intestardì il compagno, mentre il bassista rideva sotto i baffi
“Ma dai, allora, ascoltami: chi scrive le canzoni? IO! Chi le canta? IO! Chi è che è amato dalla folla per la sua” ridacchiò “voce fantastica e fisico da urlo? IO! Ma è ovvio che, se anche nominano solo me siamo intesi tutti! Come farei io senza voi?” Quest’ultima frase la mormorò in atto melodrammatico
Copeland sorrise, mormorando tra i denti un “Stronzo d’un vanesio!”
“Coop, senti, ti prometto che la prossima volta costringerò il Times a scrivere che sei il miglior batterista di tutta l’Europa, ok? Ma ora smettila con questa tua accidenti di gelosia, eh? Pure perché stavo riposando. E non voglio sentire parlare più di basso, voce, concerti, fan e altro per almeno.. hmmm … dieci minuti… pensi di farcela?” il cantante ammiccò malizioso mentre attendeva  la risposta del secondo membro della sua band
“Non so, ci proverò…” rise il batterista “Però, sai, è così difficile stare lontani da te…!”
“Stronzo!” ghignò pure l’altro
“Ciao, Gordon, buon riposo!”
“Oh, Coop!!” lo aggredì il bassista
“Ok, ok, non lo faccio più!” Copeland attaccò la cornetta.
Il sorriso del migliore cantante dell’Inghilterra (O almeno secondo il Times del 1979) si allargò. Una chiacchierata con Stewart metteva sempre di buon’umore. Per quanto riconosceva che il batterista potesse essere un vero stronzo, spesso e volentieri.
Il ventinovenne intrecciò le mani dietro la nuca e chiuse gli occhi, sospirando, mentre le note del concerto appena finito gli scorrevano davanti agli occhi.

Il chitarrista Andy Summers guardò in cagnesco l’amico di fianco a se. La voce e il basso della band, Gordon Matthew Thomas Sumner, o meglio Sting, come ormai si faceva chiamare da tutti coloro che lo conoscevano, ricambiò con uno sguardo carico di altera delusione.
“Oh, senti, Sting” lo attaccò Andy “se non mi piace non mi piace, ok? E non fare quella faccia, accidenti!”
Il broncio sul volto dell’interpellato si fece più visibile “Ok” mormorò il cantante, mentre la sua faccia assumeva un’espressione offesa “Non ti piace. Va bene. Ma perché?”
“Sting, ma che vuoi?” si difese il chitarrista “Non tutte le tue canzoni devono per forza piacermi, ok?”
“Si, Andy, perfettamente d’accordo con te… Ma perché no?”
L’amico esitò prima di rispondere “Senti, eh, tu mi hai chiesto ‘Ti piace?’ E io ti ho detto no. Al ‘Ti piace?’ uno può rispondere di si o di no, accidenti. Altrimenti dovevi dirmi ‘questa canzone è fenomenale. E non dirmi che non è vero che sennò ti spezzo le gambe.’” Si intestardì Summers.
Sting ridacchiò, mettendo in mostra i bei denti bianchi prima di ribattere con un “Hai ragione, ok? Ma spiegami almeno il perché!” sorrise “cos’è, ti vergogni di cantare un ritornello stupido come de do do do de da da da?” Il mordicchiare di labbra con cui gli rispose l’amico parse a Sting un segno affermativo più che evidente, perché continuò, imperterrito “E io, allora? Ti ricordo che sono io colui che deve urlare a pieni polmoni questo ritornello, tu devi solo farmi il controcanto!” rifletté un attimo: “E comunque meglio de do do do de da da da che tutti i mugolii che mi hai fatto fare in Can’t stand losing you, non trovi? Lì c’era davvero da sotterrarsi!”
Summers ridacchiò, prima di affermare “In effetti…”
Sting si lanciò in un’imitazione di se stesso con un microfono (improvvisato) mentre mugolava i suoi famosi “yo… ye… yeyo”. Entrambi i compagni furono stesi a terra da un eccesso di risa. Poi  esitò, mentre formulava una battuta sarcastica per l’occasione “E comunque, accidenti, dobbiamo fare ogni tanto una canzone allegra! Altrimenti se le facciamo tutte serie i fan ci si addormentano! E invece degli applausi tutto quello che sentiremo sarà il russare di centinaia di persone!”
Andy si morse le labbra per reprimere un sorriso “Ok, Sting… Ma capisci pure tu che non ha il minimo senso, e che diamine!”
“Ma cosa non ha senso, cosa? Senti il testo, dio santo. Lascia stare il ritornello. Pensa al resto. E’ serio, quello, accidenti!”
Canticchiò sottovoce il riff della canzone
Andy scosse la testa “Sting, a me pare una stronzata, un giochino per bambini!”
“Oh, Sam, fanculo. Ascolta il testo!” alzò gli occhi al cielo, nervoso, prima di continuare “Ed è orecchiabile! Mi spieghi cosa c’è di strano a dire de do do do de da da da? E allora tutti quelli che cantano ‘Da doo ron ron’? Mica stai bestemmiando! Su, ripeti con me…”
Summers lo fissò in cagnesco e poi canticchiò il ritornello con una voce così bassa che non si sarebbe sentita neanche a cinque centimetri di distanza. Tuttavia il cantante sembrò soddisfatto, il suo volto si illuminò e esclamò, entusiasta: ”Oh, wow, visto? E comunque smettila di fare il cazzone con questa idiozia che non significa niente… Non hai sentito il testo? … La loro innocenza mi salverà… capisci? E’ una canzone contro l’ipocrisia e tutte quelle cazzate lì della cultura moderna!”
“Oh ma senti, GrandeGenioDellaMusica, se a me non piace…” Il chitarrista si voltò a guardare Sting. Lui assunse un’espressione mortificata.
Andy lo maledisse mentalmente, mentre gli occhi del compagno diventavano più liquidi. Accidenti a lui! Con quegli occhi e quell’espressione da vittima riusciva sempre a fargli fare quello che voleva.
Il fatto era che il chitarrista aveva un cuore troppo buono, si impietosiva sempre, soprattutto per i cucciolotti abbandonati (odiava coloro che li lasciavano, che avrebbe volentieri spedito in prigione) e quando voleva lo sguardo di Sting diventava assurdamente simile a quello dei cagnolini al margine dell’autostrada. Ogni santa volta lo fregava, il maledetto. Si morse le labbra. Oh, ma oggi no, maledizione. Un po’ di carattere, Andy, cazzo! In fondo sei il chitarrista! La tua opinione conta! E chi se ne importa se ci resta male!
E freddò con il suo sguardo nocciola quello del compagno. Sting ricambiò con la sua migliore espressione da cucciolo.
Andy Summers abbassò lo sguardo, mormorando una bestemmia tra le labbra. Sting rise, consapevole del suo effetto sull’amico.
“Un altro po’” lo sfottè  “E ti faccio diventare frocio, già siamo ad un buon punto… Sei cotto di me, tesoro!” lo adulò il biondo con voce androgina
Summers strinse i denti, prima di aggredirlo con una sequela di bestemmie miste ad un discorso consequenziale “Senti, coglione, primo non sono gay, ok? E smettila con quel sorrisino da imbecille, perché non sei affatto divertente. E secondo un pezzo di merda come te non mi piacerebbe neanche se fossi una checca isterica, ok?”
La voce del gruppo rise sotto i baffi, prima di dire “Ok, ok, scherzavo, calmati!”
“Calmati un…” cominciò Summers prima di essere interrotto dal batterista della band, che bloccò la sequela di imprecazioni che il giovane stava per lanciare al compagno e frenò la rissa che ne sarebbe seguita con un “A me piace!” alla vista degli sguardi sorpresi dei due amici si affrettò a precisare “La canzone, intendo. Mi piace la canzone”
“Oh, Stew!” sbottò il chitarrista “Ma tu sei così… così pazzo che la tua più grande aspirazione sarebbe una canzone fatta solo di ululati!”
Proprio mentre Sting abbracciava Stewart, esclamando: “Oh, Coop, sei un genio! Tu si che ci capisci qualcosa! Due a uno, Andy, due. A. uno! La democrazia vince!” e lanciò uno sguardo in tralice al chitarrista.
Copeland assunse un’espressione mortificata: “Perché, cos’hai contro gli ululati? E poi non è vero!” mormorò, rivolto ad Andy.
Summers incassò l’occhiataccia dell’amico e esitò, incerto: “Ma… Oh, accidenti! Quella canzone non si fa, ok? Vale anche la mia parola, in questa band, no?” si intestardì poi “Questa canzone non si fa!” ripetè, fiero della sua virile autorità e sopportò gagliardamente lo sguardo carico d’ira che gli altri due componenti della band gli lanciarono.

DA UN ARTICOLO SUL TIMES:

Nuovo grande successo per i Police
Il nuovo singolo dei Police, chiamato De Do Do Do De Da Da Da, è ormai in testa alle classifiche.
“Stavo tentando di spiegare in maniera intellettuale come le cose semplici possano essere così potenti. Perché le nostre canzoni preferite sono ‘Da Doo Ron Ron’  e ‘Do Wah Diddy Diddy’? Nella canzone ho tentato di spiegarlo.” Ha affermato il cantante della band, Sting, ai giornalisti “Ma tutti” aggiunge “ hanno iniziato a dire: ‘è una stronzata, un giochino per bambini’. Nessuno ha ascoltato il testo. Fanculo! Ascoltate il testo. Lo rifarò nuovamente e metterò più enfasi sul discorso che stavo facendo.”



Sting salì sul palco ridendo, scosse i capelli e guardò raggiante tutte le persone di fronte a lui.
Ah, era questo ciò che amava di essere un cantante.
Non erano i fan che gli facevano la posta sotto casa e lo aggredivano con le loro pretese e esigenze quando usciva.
Non era la stanchezza di stare le ore su un palco in una località sconosciuta e lontana mille miglia da casa ad ammazzarsi di fatica e sudare così tanto da desiderare solamente una doccia e da farsi schifo da solo.
Non era il vedersi in tv o leggere gli articoli su di lui sul giornale, né la sensazione del microfono tra le dita (anche se quello dava una bella sensazione di potere, niente da ridire).
E neanche l’idea di avere un palco tutto per lui, un palco a suo disposizione e dove poteva muoversi a suo piacere lo emozionava più che tanto.
E gli piaceva la sensazione di sapere precisamente le mosse da fare, le note da suonare e le parole da dire. Ma non era neanche questo ciò che amava, ciò che lo spingeva a salire sul palco ogni qualvolta gliene si presentasse l’occasione, a salutare la gente e a sgolarsi talmente tanto da ritenere ogni volta che le sue corde vocali si fossero consumate. Era qualcos’altro.
Era la sensazione di sentirsi un dio. La sensazione che gli dava il sapere che tutta quella gente era lì per lui. Che VOLEVANO lui. Lui e nessun’altro. E gli altri due Police, certo. Stev e Andy. Ma era lui che la folla amava. Era a lui che urlava. Era lui che bramava. Gli piaceva seguire con gli occhi l’onda delle grida che si propagavano, il senso di eccitazione che scoppiava nell’aria e sfociava in un urlo. Ed era LUI che provocava questa reazione. Nessun altro. LUI.
Non che amasse la folla, anzi. Non era sicuramente uno di quei cantanti che si mescolavano alla moltitudine di gente, ci parlava e accettavano di farsi abbracciare e baciare dai fan. Anzi. Lo odiava. Non sopportava neanche firmare gli autografi o farsi foto abbracciato alla Mary o Jane di turno.
Era la sensazione di potenza che quei fan gli davano che amava.
Il sapere che lui non conosceva nessuno di quei volti. E che mai li avrebbe conosciuti. Ma loro sapevano chi era lui. Lo conoscevano. Ed erano lì per acclamarlo.
Sting rivolse un sorriso a quella moltitudine calda e sudata che si affannava sotto al palco, sporgendo le braccia per farsi notare. In mezzo alla folla notò qualche cartellone con scritte del genere “We want Police” o “Sting, we love you” ecco, era questo ciò che amava, dell’essere famoso. Adorava le grida di giubilo delle persone sottostanti, il senso di essere amato, il sapere che quelle persone desideravano LUI e lui soltanto. E adorava sentire tutti i loro occhi puntati addosso, il sapere che centinaia di persone lo stavano fissando, e che, quelle stesse persone, erano lì apposta per lui. Per la sua bravura. Per il posto che si era guadagnato nella società con tanto sudore.
Inclinò la testa all’indietro con un sospiro soddisfatto.
Era una bellissima giornata. E faceva un caldo bestiale.
Sting prese un asciugamano e si scompigliò i capelli, ben sapendo che tanto il suo aspetto sarebbe stato estremamente bello e sexy anche con tutti i capelli dritti in testa.
Prese il microfono tra le mani e si avvicinò con la bocca ad esso.
“Oh, so hot!” ruggì, mentre la sua voce veniva ampliata e risuonava per tutto lo stadio.
La folla rispose con urla e fischi.
Il sorriso di Sting si allargò, mentre posizionava le dita sui tasti del basso e abbassava lo sguardo a controllare le note.
Poi con un ultimo sospiro soddisfatto iniziò a suonare.

Sting s’incamminò velocemente verso le quinte, mentre la folla lo acclamava, richiamandolo sul palco, spingendolo a tornare, a prendere in mano il microfono e cantare fino allo sfinimento.
Un ghigno soddisfatto gli apparve sulle labbra non appena furono fuori dal palco. Oh, amava la vita del cantante!
Copeland sorrise, sarcastico: “Soddisfatto della tua dose di successo giornaliera, eh, Sting?”
“Oh, si, Coop!” il cantante alzò gli occhi al cielo con un sorriso beato, tirò la testa all’indietro e si scompigliò allegramente i capelli “Oh, Coop, io amo la vita del cantante… Te l’ho mai detto?”
“Almeno una decina di volte” rise Andy
“Si, ma negli ultimi dieci minuti!” aggiunse Stewart sorridendo divertito
“E sbrigati a cambiarti, cantante dei miei stivali!” Lo rimbrottò Summers
“Dei tuoi stivali a chi, stronzo?” rise Sting, cominciandosi a sbottonare la camicia
“Prima che i nostri ‘cari fan’” continuò imperterrito Andy “si mangino l’un l’altro!” e accennò con il capo alla massa di gente affollata al di là delle transenne, che cominciava ad agitarsi, urlare e spingere in avanti per raggiungere il Santo Grahal (o più conosciuto con il nome di “palco”), schiacciando, calpestando e stritolando la gente che gli stava davanti.
Sting lanciò un’occhiata impietosita ai poveri martiri con la pancia schiacciata contro le transenne.
Si cominciò a sfilare la camicia sudata “Mio dio!” rise Stewart “Ma fai proprio schifo! Non osare avvicinarmiti in queste condizioni!”
Sting ridacchiò tra i baffi e prese l’asciugamano che Andy gli porgeva.
“Ok, torniamo alla ribalta!” affermò, avviandosi per il palco. Quando Stewart lo affiancò il bassista gli saltò addosso con un urlo divertito. Copeland barcollò, spingendo indietro il compagno. Sting e Andy scoppiarono a ridere, mentre Stewart pronunciava: “Oh, Sting, fanculo!”
“Oh, dai, Stew, non mettermi il muso!” rise “Sei stato tu a spingermi a farlo! E poi” ammiccò divertito “Non ti dona il muso!”
“Sei un coglione, Gordon Matthew Thomas Sumner! E non ti provare a rimproverarmi perché t’ho chiamato Gordon!”
“Oh, Coop, dai, non fare così! In fondo sei stato tu a implorarmi di farlo!” mormorò il cantante demoralizzato.
“Io? Sting, mi sa che stai sbagliando persona!” lo rimbeccò il batterista.
“Coop, sai che non resisto alle tentazioni!” scherzò il cantante.
“Ma sai dove devi ficcartele le tue tentazioni?” gli domandò molto galantemente Stewart, mimando con le mani.
“Oh, Coop!” Sospirò Sting alzando gli occhi al cielo. Poi gli rivolse un’elegante linguaccia prima di risalire sul palco, dove fu accolto dalle ormai familiari urla di giubilo dei fan.


Saaaalveee a tutti!!!
Beh, che dire…  La mia sfrenata passione sui Police mi ha portato ad iniziare questa mia ff… Diciamo che la mia passione è sfociata in questo sclero senza né capo né coda.
E… Insomma… Questa storia penso resterà di pochissimi capitoli.
Beh…  Ormai mangio, bevo, vivo con i Police, in casa mia non si parla d’altro e.. insomma, li amo!
Come sempre grazie a tutti coloro che mi hanno COSTRETTO a postare (anche con ricatti, non è vero, Giu?) e che si sono presi cura della mia scarsa autostima.
Questo capitolo è dedicato a Fiore, che ha sopportato tutta la mia sfrenata passione per Sting, a Giulia, che mi ha ricattata e spinta a postare questo capitolo… E beh… C’è tanta gente da ringraziare… Federica, Sara, Giorgia, Mariarita, Livia, Zia Giulia… E ovviamente la mia adorata sorellina, che mi spinge perennemente a scrivere e a postare e che è la fan più grande e la dialogatrice più instancabile dei Police che io conosca (a parte me stessa...). Spero davvero di non essermi dimenticata nessuno… Mi siete state tutte vicine, siete grandi!!!
Fan dei Police, io so che esistete ancora, da qualche parte, e che li amate quanto li amo io. Se volete farmi felice, o anche dirmi solo cosa ho sbagliato (date o altro…) scrivetemi una recensione! Anche piccola piccola…
Baciii
Vinythaira
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Altri / Vai alla pagina dell'autore: vinythaira